Gian Pio Mattogno
UMBERTO ECO E IL POLPETTONE ROMANZATO
SUI “PROTOCOLLI DEI SAVI ANZIANI DI SION”
BREVE CRONACA DI UNA NON-RECENSIONE
Nel 2010 Umberto Eco, il guru dell’intellighenzia nostrana, diede alle stampe la sua ultima fatica letteraria, il romanzo Il Cimitero di Praga, una confusionaria rimasticatura romanzata della questione dei cosiddetti “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”
Tre anni dopo pubblicai una brossura dal titolo eloquente: L’Eco di Israele. Falsi propagandistici, verità occultate e ambigue imprudenze nel romanzo di Umberto Eco “Il Cimitero di Praga” (Effepi, Genova).
Il titolo giocava sul fatto che con questo romanzo e con tutti i suoi scritti sulla questione ebraica, in vero assai modesti, Eco si faceva eco della propaganda ebraica, e che per i suoi servigi era stato anche premiato in Israele.
In questa mia brossura, dopo il romanzo storico alla Alessandro Manzoni e il romanzo d’appendice alla Carolina Invernizio, ho accusato Eco di aver creato un nuovo genere letterario: il polpettone filogiudaico propagandistico alla Umberto Eco, un mediocre romanzone cucinato secondo i canoni consolidati della propaganda hollywoodiana, dove il nemico è sempre sporco, brutto e cattivo e l’americano è sempre lindo, bello e buono.
Nel nostro caso l’antisemita naturalmente è sempre sporco, brutto e cattivo, e l’ebreo è sempre lindo, bello e buono.
Ho accusato Eco, troppo ignorante in materia olocaustica, di avere mandato allo sbaraglio la povera Valentina Pisanty, che fino ad allora si era occupata solo di Cappuccetto Rosso, contro Carlo Mattogno, un osso troppo duro per i suoi dentuzzi da latte.
Citando fatti storici, documenti, fonti tratte dalla tradizione rabbinico-talmudica, nonché autori ebrei contemporanei, ho accusato Eco di aver partorito un’opera di pura propaganda politica mascherata da romanzo storico, mirata a dissimulare la vera natura e i veri scopi del giudaismo internazionale.
Ho accusato Eco di essere entrato non dalla porta principale dello storico, ma da quella di servizio del romanziere, con l’aggravante che, mentre allo storico non è consentita la mancanza di rigore scientifico, al romanziere Eco, con la scusa della licenza poetica e della tecnica narrativa della riscrittura, è perdonata ogni concessione alla caricatura, alla incongruenza, alla inverosimiglianza, al plagio e perfino al falso storico. Tutto fa brodo quando si tratta di «smascherare», come scrive, le trame dei biechi antisemiti contro le candide verginelle di Israele.
In altre parole, ho smascherato lo smascheratore.
Invano per anni ho atteso dal guru o da qualcuno dei suoi sodali una replica, una qualche parvenza di critica.
Ma ecco che, dopo tre lustri, sul sito della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna compare una recensione (o meglio una non-recensione) della mia brossura (Album “Il Cimitero di Praga”, archiginnasio.it. Anche in: bibliotechebologna.it e altrove).
Una non-recensione, perché, di fronte a tutta una serie di accuse circostanziate, mi sarei aspettato un’altrettanto circostanziata serie di repliche e confutazioni. Nulla di tutto ciò.
L’improvvisato e sprovveduto non-recensore, che della questione ebraica evidentemente ne sa ancor meno di quanto ne sapesse Eco, il che è tutto dire, si limita a scrivere:
«Il tema di nostro interesse non è la “questione ebraica”, che naturalmente divenne l’argomento principale di discussione intorno al romanzo, ma quello che potremmo definire il grado di verità e verificabilità delle vicende narrate», ed aggiunge che la mia brossura «è un perfetto esempio del modo sbagliato di leggere un romanzo e ancor più questo romanzo».
Il modo giusto di leggere il romanzo di Eco ‒ risum teneatis! ‒ sarebbe il seguente:
«Proprio il gioco della riscrittura, del celare le fonti utilizzandole nella narrazione senza dichiararle, di dare per veri documenti falsi, è il tema fondamentale del romanzo, che Eco trasferisce sapientemente ‒ pur se talvolta in maniera quasi esagerata, tanto da rendere meno piacevole il semplice godimento della storia narrata ‒ dal piano del contenuto a quello della forma».
Tutti i lettori di Eco sono avvisati: il romanzo va letto unicamente secondo i criteri di una interpretazione ufficialmente autorizzata, che è quella dell’Archiginnasio!
In realtà, al di là delle sue elucubrazioni ermeneutiche, appare con tutta evidenza che il nostro sprovveduto non-recensore persegue gli stessi fini di Eco. Così come Eco fa opera di pura propaganda politica al servizio della Sinagoga, dissimulando la vera natura e i veri scopi del giudaismo internazionale dietro la veste di un mediocre romanzone storico, il nostro non-recensore fa esattamente la stessa cosa mascherando da recensione ufficialmente autorizzata una semplice e mediocre non-recensione, che è anche un modo come un altro, per viltà o ignoranza, di mettere la testa sotto la sabbia, per non affrontare di petto la questione.
O forse anche per malafede.
Ad un certo punto infatti il nostro non-recensore scrive:
«Mattogno rappresenta coloro che dei Protocolli (…) pensano: “Sarà un falso, ma è un libro che dice esattamente ciò che gli ebrei pensano, quindi è vero».
E questo dopo che nell’Introduzione ho scritto testualmente:
«Come ho già scritto altrove, ritengo i Protocolli un falso tanto grossolano, quanto inutile e controproducente: grossolano, perché confezionato dai falsari senza la benché minima conoscenza della tradizione rabbinica (cosa alquanto singolare per chi pretendeva di firmarsi col titolo roboante, ma inesistente, di Savi Anziani di Sion); inutile, perché non vi è alcuna necessità di ricorrere a fantomatici Protocolli per dimostrare l’esistenza di una volontà e di una prassi di dominio universale da parte del “popolo eletto”, quando esiste tutta una letteratura rabbinica dalla quale ciò emerge in modo inequivocabile; controproducente, perché falsi di questo genere fanno il gioco della propaganda avversaria e finiscono per screditare anche la polemica più seria. Infatti, il vero problema (o pseudo-problema, o meglio non problema) dei Protocolli, eluso sistematicamente da Eco come da tutti i propagandisti giudei e filo-giudei, non è se questi siano falsi, autentici o veridici, ma se ‒ indipendentemente dai Protocolli ‒ esista realmente una volontà (e una prassi) di dominio universale da parte degli ebrei».
Il nostro non-recensore scrive, bontà sua, che la brossura «ha un unico merito, quello di offrire una panoramica piuttosto ampia delle recensioni uscite all’indomani della pubblicazione».
Ad onor del vero, anche questa non-recensione un merito ce l’ha: quello di aver fatto un po’ di pubblicità gratuita alla mia brossura.
Sarà pure l’unico merito, ma di questo sentitamente ringrazio.
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