CRITICA DELLE AFFERMAZIONI FORMULATE DA ROBERT JAN VAN PELT
Nella causa di
David John Cawdell Irving, querelante
contro
(1) Penguin Books Limited, primo convenuto
(2) Deborah E. Lipstadt, seconda convenuta
Germar Rudolf, gennaio-aprile 2000
https://web.archive.org/web/20050212120620/http://vho.org/GB/c/GR/RudolfOnVanPelt.html
Chi sceglie di essere l’avvocato di se stesso, ha come cliente uno sciocco
David Irving si è rifiutato di presentare Germar Rudolf come perito testimone. Ecco il prezzo che deve pagare per questa scelta: ha perso la causa e deve pagare 3,2 milioni di dollari (AP) o addirittura 4,5 milioni di dollari (Reuters). Il giudice Gray ha detto senza mezzi termini che il suo rifiuto di presentarmi come testimone lo ha costretto a respingere la causa di Irving:
“Il rapporto Leuchter”
13.79 La ragione per cui Irving inizialmente negò l’esistenza delle camere a gas ad Auschwitz fu, come si è visto, il rapporto Leuchter. Ho riassunto in dettaglio, ai paragrafi 7.82-7.89 di cui sopra le conclusioni tratte da Leuchter. Non mi ripeterò. Ho anche esposto ai paragrafi da 7.104 a 7.108 di cui sopra, le ragioni per cui van Pelt, per conto degli imputati, ha bocciato il rapporto Leuchter in quanto viziato e inattendibile. Queste ragioni sono state sottoposte a Irving nel controinterrogatorio. È un riassunto onesto della sua testimonianza affermare che ha accettato la maggior parte di queste ragioni come valide. Ha convenuto che la relazione Leuchter era fondamentalmente viziata. Per quanto riguarda l’analisi chimica, Irving non è stato in grado di contestare la testimonianza del dottor Roth (riassunta al paragrafo 7.106 di cui sopra) secondo la quale, poiché il cianuro sarebbe penetrato nella muratura e nell’intonaco a una profondità non superiore a un decimo dello spessore di un capello umano, il cianuro presente nei campioni, relativamente grandi, prelevati da Leuchter (che dovevano essere ridotti in polvere prima dell’analisi) sarebbe stato talmente diluito che i risultati sui quali Leuchter si basava non avevano effettivamente alcuna validità. Ciò che è più significativo è che Leuchter presumeva, erroneamente, come Irving aveva convenuto, che per uccidere gli esseri umani sarebbe stata necessaria una concentrazione di cianuro maggiore di quella necessaria per disinfestare gli indumenti. Infatti, la concentrazione necessaria per uccidere gli esseri umani è 22 volte inferiore a quella richiesta per scopi di disinfestazione. Come indicato nel paragrafo 7.105 di cui sopra, e come Irving è stato costretto ad accettare, l’errata supposizione di Leuchter ne ha viziato le conclusioni. Irving ha ammesso l’esistenza di molti altri errori fattuali nel rapporto Leuchter.
13.80 Alla luce delle prove delle risposte di van Pelt e Irving, fornite nel controinterrogatorio, non ritengo che uno storico obiettivo avrebbe considerato il rapporto Leuchter come una ragione sufficiente per respingere, o anche solo dubitare, della convergenza di prove su cui si basano gli imputati per la presenza di camere a gas omicide ad Auschwitz. Non ho trascurato il fatto che Irving ha affermato che le scoperte di Leuchter sono state replicate, in particolare in un rapporto di Germar Rudolf. Ma quel rapporto non è stato prodotto al processo, quindi è impossibile per me valutarne il valore probatorio.”
Sentenza del giudice Gray, Queen’s Bench Division, Royal Courts of Justice, Strand, Londra, David John Cawdell Irving ./. (1) Penguin Books Limited, (2) Deborah E. Lipstadt, rif. 1996 I. n. 113, 11 aprile 2000, sezione 13.79 seg.
Esperienze personali pregresse
Mi chiamo Germar Rudolf.[1] Ho studiato chimica presso le Università di Bonn e Stoccarda tra il 1983 e il 1993. Ho conseguito la laurea in chimica nel 1989 presso l’Università di Bonn. Tra il 1990 e il 1993 ho ottenuto una borsa di studio del Max-Planck-Institute for Solid State Research di Stoccarda per preparare una tesi di dottorato nel campo della chimica dello stato solido/cristallografia.
Dal 1990 nel tempo libero, svolgo ricerche per verificare il cosiddetto “Rapporto Leuchter”,[2] che ha portato infine alla stesura di una perizia[3] sui dettagli chimici e tecnici delle cosiddette “camere a gas” di Auschwitz.[4] La diffusione di una versione di questo rapporto ha determinato, infine, un procedimento penale contro di me in Germania per “incitamento all’odio” e “istigazione all’odio”. Alla fine sono stato condannato a 14 mesi di reclusione per dei commenti aggiunti al mio rapporto a mia insaputa.[5] In realtà, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, un caso del genere non sarebbe mai arrivato in tribunale, poiché questi Paesi garantiscono un’adeguata libertà di parola.
Successivamente, l’Università di Stoccarda rifiutò di fissare una data per il mio esame finale per il conseguimento del dottorato, facendo riferimento all’art. 4 della legge tedesca sul possesso di titoli accademici (Gesetz zur Führung akademischer Grade), che fu introdotta nel 1939 da Adolf Hitler e che consente di negare o ritirare i titoli accademici nel caso in cui l’imputato non dimostri sufficiente “dignità accademica”. Secondo l’Università di Stoccarda, per il fatto di essere stato giudicato colpevole da un tribunale tedesco di un grave crimine che ha danneggiato la mia dignità accademica, le autorità accademiche avevano il diritto e il dovere di negarmi il dottorato.
Dal 1991 ho partecipato alla pubblicazione di due antologie che costituivano un rilettura critica della versione consolidata del cosiddetto “Olocausto” e che sono state pubblicate rispettivamente nel 1994 e nel 1995, delle quali io ero il curatore.[6] Anche queste pubblicazioni hanno originato indagini penali e, in un caso,[7] un processo in Germania. Sebbene due famosi storici tedeschi,[8] nel corso di questo processo, avessero dichiarato che il libro “sotto accusa” rispondeva agli standard scientifici e che avrebbe dovuto essere protetto dalla libertà di parola e dalla libertà di ricerca, il Tribunale distrettuale di Tubinga ordinò che tutte le copie a disposizione delle autorità fossero bruciate e che l’editore, il curatore, alcuni degli autori, molti librai che avevano venduto il libro e i clienti che ne avevano acquistato più di una copia fossero puniti con multe più o meno pesanti e pene detentive.[9]
A causa dell’oppressione del sistema giuridico tedesco, i miei contratti di locazione furono annullati due volte tra il 1993 e il 1996 e i miei rapporti di lavoro furono risolti anticipatamente, a causa delle pressioni esercitate sul mio datore di lavoro o perché dovetti fuggire dal paese per evitare di essere incarcerato per molti anni. Di conseguenza, non ho avuto altra scelta che fare della revisione critica della storia contemporanea la mia professione, dal momento che la mia carriera di semplice chimico accademico era stata distrutta dalle autorità tedesche. Dal 1996 pubblico una rivista trimestrale in lingua tedesca che si concentra principalmente su argomenti che vengono rimossi dai media tradizionali, siano essi popolari o accademici.[10] Il “revisionismo dell’Olocausto” è uno dei temi più importanti della rivista, poiché non c’è argomento in cui la repressione legale e sociale sia più dura, e poiché è mia ferma convinzione che le voci critiche devono levarsi proprio lì, dove i poteri vogliono metterle a tacere.
Penso che la mia formazione di chimica dello stato solido, abbinata alla mia ricerca decennale e alla discussione approfondita soprattutto degli argomenti chimici del “Rapporto Leuchter”, mi abbiano reso uno dei massimi esperti in questo campo a livello mondiale. Al contrario, non riesco a vedere quali qualifiche abbia il Prof. Robert Jan van Pelt che potrebbero renderlo un esperto nel giudicare uno qualsiasi degli argomenti affrontati da Leuchter, specialmente quando si tratta di chimica.
Il rapporto Leuchter
Il Rapporto Leuchter ha ormai 11 anni. Fu un lavoro pionieristico, perché per la prima volta fu condotta un’indagine forense sulle “camere a gas” di Auschwitz, Birkenau e Majdanek, senza l’influenza di alcun regime totalitario. Fu redatto dall’autore in un lasso di tempo molto breve, in cui non ebbe abbastanza tempo per raccogliere tutte le informazioni sull’argomento che sono ora disponibili. Pertanto è comprensibile che presenti molte lacune, che non affronterò in questa sede.
Il rapporto Van Pelt
- Osservazioni generali non chimiche
- Designazione delle camere
Sebbene io possa dire molto di più sul rapporto di van Pelt, mi limito al capitolo IX, dove van Pelt affronta dettagliatamente il rapporto Leuchter, perché sono convinto che ci siano altri esperti, più qualificati per criticare le affermazioni non chimiche di van Pelt, specialmente per quanto riguarda il suo capitolo VI sui documenti.
Parlando dei crematori IV e V, van Pelt dichiara [p. 289]:
“Prima di tutto, non è rimasto praticamente nulla di queste strutture, tranne delle lastre di cemento e alcuni muretti ricostruiti dopo la guerra, e i progetti di questi edifici non mostrano alcuna designazione di camere a gas come obitori. Quindi non si capisce in base a quali prove [Leuchter] sia stato in grado di giungere a una verifica nel caso dei crematori 4 e 5.”
Questa affermazione mostra la preoccupazione di van Pelt: ha ragione quando dice che non c’è nulla nei progetti che designi le stanze che egli chiama “obitori”, ma non c’è nemmeno nulla che le designi come “camere a gas”! In effetti, i progetti di queste stanze ci forniscono un indizio che segnala la destinazione per cui erano state pianificate in origine. I punti in cui dovevano essere installate le luci sono contrassegnati come “ex.gesch.” che significa “explosionsgeschütz” (a prova di esplosione).[11] Ciò indica l’intenzione degli architetti progettisti di riempire queste stanze di gas esplosivi come l’acido cianidrico (“Zyklon B”) ad una concentrazione[12] che potrebbe come minimo avvicinarsi a un livello esplosivo. Se il Prof. van Pelt avesse ragione sul fatto che le gasazioni omicide di massa con lo Zyklon B non richiedono alcuna protezione contro l’esplosione [pp. 289 segg., 332, 340], allora queste disposizioni indicherebbero che le stanze erano effettivamente destinate a servire come camere di disinfestazione, e non come “camere a gas omicide”, come sostiene. D’altro canto, se le gasazioni omicide di massa avessero comportato il rischio di esplosione, allora il fatto che tali disposizioni non fossero incluse nei sotterranei dei crematori II e III di Birkenau, etichettati da van Pelt come “camere a gas”, indicherebbe che non erano destinati ad essere utilizzati come tali (i progetti dicono che erano semplici “obitori”!). In ogni caso, il modo di argomentare di van Pelt lo porta in contraddizione con i fatti.
- Colonne in rete metallica
Una delle maggiori ossessioni del Prof. van Pelt sono alcune colonne di rete metallica a forma di pilastro che si suppone siano state aggiunte agli obitori 1 dei crematori II e III; van Pelt afferma che il loro scopo era quello di introdurre lo Zyklon B nelle “camere a gas” [p. 294]:
“I lati di questi pilastri, che salivano attraverso il tetto, erano di pesante rete metallica. All’interno di questa griglia, c’era un’altra rete a maglia più fine e all’interno di quella una terza a maglia molto fine. All’interno di quest’ultima griglia di rete metallica c’era un barattolo rimovibile che veniva estratto con un filo di ferro per recuperare i granuli [di Zyklon] da cui era evaporato il gas.”
Per quanto sopra, van Pelt si basa principalmente su due resoconti di “testimoni”:
- Cita Henryk Tauber [van Pelt p. 294, 13]:
“Il tetto della camera a gas era sostenuto da pilastri di cemento che correvano a metà della sua lunghezza. Ai lati di questi pilastri ce n’erano altri quattro, due per parte. I lati di questi pilastri, che salivano attraverso il tetto, erano di pesante rete metallica. All’interno di questa griglia, c’era un’altra maglia più fine e al suo interno una terza maglia molto fine. Dentro quest’ultima griglia di rete metallica c’era un barattolo rimovibile che veniva estratto con un filo di metallo per recuperare i granuli da cui era evaporato il gas.”
van Pelt descrive Tauber come segue [p. 112]:
“La testimonianza di Tauber è senza dubbio la documentazione più importante sulla procedura di sterminio, raccolta subito dopo la guerra. È ampiamente corroborata dalle testimonianze contemporanee di Jankowski e Dragon, e dalle successive memorie di Filip Müller.”
E nella sua nota 87 van Pelt aggiunge [p. 138]:
“È altamente improbabile che le memorie di Filip Müller siano state ispirate e/o modellate dalla testimonianza di Tauber.”
Forse ha ragione, ma ha notato che Müller ha copiato intere frasi della testimonianza di Miklos Nyiszli?[14] Quindi la falsificazione di Müller non può certo corroborare nulla. Henryk Tauber è comunque un testimone importante, poiché la sua buona conoscenza di molti dettagli dei crematori indica che aveva effettivamente lavorato al loro interno. Tuttavia, alcune delle sue affermazioni sono ovviamente assurde e/o impossibili, il che denota che Tauber tendeva a esagerare e inventare storie [van Pelt p. 108,[15]]:
“Durante l’incenerimento di tali cadaveri [non emaciati], usavamo inizialmente il coke solo per accendere il fuoco della fornace, perché i cadaveri grassi bruciavano spontaneamente grazie alla combustione del grasso corporeo. A volte, quando il coke scarseggiava, mettevamo un po’ di paglia e legna nei bidoni della cenere sotto le muffole, e una volta che il grasso del cadavere cominciava a bruciare, gli altri cadaveri prendevano fuoco da soli. […] In generale, incenerivamo 4 o 5 cadaveri alla volta in una sola muffola, ma a volte caricavamo più cadaveri. Era possibile caricare fino a 8 “Müselmann” (gergo con cui gli internati di Auschwitz e Birkenau designavano i loro “compagni” di prigionia esausti e votati alla selezione per le camere a gas – N.d.T.) Questi grandi carichi venivano inceneriti all’insaputa del capo del crematorio durante gli allarmi antiaerei, al fine di attirare l’attenzione degli aviatori con un fuoco più grande che emergeva dal camino.”
Nel loro vasto studio termodinamico, Franco Deana e Carlo Mattogno hanno dimostrato che è impossibile che i cadaveri brucino del tutto “spontaneamente”, che si possa dar fuoco ai cadaveri con un semplice fuoco di paglia e legna, che un cadavere grasso possa incendiare e incenerire quelli magri. A parte questo, la procedura descritta da Tauber è assurda: è impossibile accendere un fuoco “nei bidoni della cenere sotto [sic!] le muffole” per bruciare un corpo sopra questi bidoni. Questi “bidoni della cenere sotto le muffole” avevano lo scopo di raccogliere la cenere dei cadaveri inceneriti. Il flusso di gas di tale cremazione è il seguente:
Aria fresca dalla stanza del forno > Generatore di gas di coke (fuoco) > muffola con cadavere > contenitore di cenere > recuperatore > canna fumaria > camino
A condizione che questo flusso d’aria fosse mantenuto, qualsiasi fuoco acceso nel bidone della cenere avrebbe semplicemente riscaldato il recuperatore, la canna fumaria e il camino, ma non avrebbe potuto “dar fuoco” ad alcun cadavere sopra di esso. È più probabile, tuttavia, che un fuoco acceso nel contenitore della cenere giri intorno alla direzione del flusso dei gas, poiché i gas caldi tendono a fluire verso l’alto:
camino > canna fumaria > recuperatore > bidone cenere > muffola con cadavere > generatore di gas > sala forno
Ciò significa che i gas di scarico caldi si sarebbero riversati nella stanza del forno, il che sarebbe stato decisamente disastroso.
Inoltre, Deana e Mattogno hanno dimostrato che, anche se fosse possibile inserire due o anche tre cadaveri contemporaneamente in una muffola (non se ne possono inserire più di tre a causa dell’altezza limitata delle porte), non avrebbe alcun senso, in quanto il processo di incenerimento è drasticamente rallentato per vari effetti termodinamici (ridotto rapporto superficie/volume, flusso d’aria calda ristretto e quindi accelerato con conseguente maggiore della perdita di energia).[16] L’affermazione di Tauber secondo cui il Sonderkommando metteva fino a 8 cadaveri in una muffola è quindi una menzogna. Deana e Mattogno hanno inoltre dimostrato che è impossibile far uscire le fiamme da qualsiasi camino del crematorio, poiché hanno dovuto percorrere circa 30 m. attraverso la canna fumaria e il camino per raggiungere lo spazio aperto. Nessuna fiamma può essere così lunga, tranne in caso di esplosione, il che avrebbe danneggiato o distrutto il crematorio. Poche righe dopo, Tauber scrive (i numeri in corsivo tra parentesi si riferiscono a pagine di J.-C. Pressac) [van Pelt p. 109]:
“Una volta che le persone erano entrate nella camera a gas, la porta veniva chiusa e l’aria veniva pompata fuori.” [489]
Ciò è assurdo e tecnicamente impossibile. Altrove Tauber scrive [van Pelt p. 109 segg.]:
“Un’altra volta, le SS inseguirono un prigioniero, che non lavorava abbastanza velocemente, in una fossa vicino al crematorio che era piena di grasso umano bollente. A quel tempo, i cadaveri venivano inceneriti in fosse a cielo aperto, da cui il grasso scorreva in un serbatoio separato, scavato nel terreno. Questo grasso veniva versato sui cadaveri per accelerarne la combustione. Quel povero diavolo fu tirato fuori dal grasso ancora vivo e poi fucilato.” [499]
È vero che la carne bruciata nel fuoco rilascia grasso. Ma poiché il grasso è altamente infiammabile, non si può raccoglierlo. E il grasso non bolle, si decompone e prende fuoco oltre una certa temperatura (184°C/363°F[17]). Tauber sta raccontando storie di atrocità che non possono essere vere. Tauber continua [van Pelt p. 111]:
“Così, durante l’incenerimento dei corpi grassi, gli incendi venivano generalmente spenti. Quando questo tipo di corpo veniva caricato in una fornace calda, il grasso iniziava immediatamente a fluire nel contenitore della cenere, dove prendeva fuoco e iniziava la combustione del corpo.” [495]
Cito queste sciocchezze solo per dimostrare che Tauber sa benissimo che il grasso, una volta rilasciato, prende fuoco quando viene riscaldato oltre una certa temperatura… E più tardi: [van Pelt p. 112]
“Ci si rese conto che nelle fosse i cadaveri bruciavano meglio, così i crematori chiusero uno dopo l’altro, dopo che le fosse entrarono in funzione.” [500]
Niente di più sbagliato. Se ciò fosse vero, l’umanità non avrebbe mai sviluppato i forni crematori. Infatti, immagazzinando e riflettendo il calore, che altrimenti andrebbe disperso, le pareti di mattoni ignifughi delle muffole del crematorio costituiscono i componenti che permettono di risparmiare energia, tollerano temperature più elevate e quindi accelerano il processo di incenerimento. In una cremazione all’aperto, enormi quantità di energia vengono disperse a causa delle radiazioni e della convezione.
Dopo aver dato un’occhiata più da vicino alle dichiarazioni dei testimoni superstar di van Pelt (e di Pressac), chi può onestamente credere alle storie di sterminio di Tauber?
- Avendo appena menzionato Fillip Müller, ecco la sua versione ingarbugliata per questi dispositivi (van Pelt, S. 28):[17 bis]
“I cristalli di gas Zyklon-B venivano inseriti attraverso delle aperture in pilastri di lamiera incavati. Questi ultimi erano perforati a intervalli regolari e al loro interno una spirale [sic!] correva dall’alto verso il basso per garantire una distribuzione il più uniforme possibile dei cristalli granulari.”
- Forse per van Pelt altrettanto importante di Henryk Tauber è il “testimone” Michal Kula, che presumibilmente costruì quei dispositivi di introduzione nella rete metallica che Kula descrive come segue: [van Pelt p. 113,[18]
“Tra le altre cose, l’officina metallurgica costruiva le false docce destinate alle camere a gas, nonché le colonne di rete metallica per l’introduzione del contenuto delle lattine di Zyklon nelle camere a gas. Queste colonne erano alte circa 3 m. e avevano una pianta quadrata di 70 cm. Tale colonna consisteva di 6 schermi metallici che erano costruiti uno dentro l’altro. Lo schermo interno era fatto di filo metallico di 3 mm. di spessore, fissato ad angolari di ferro di 50 x 10 mm. Questi angolari di ferro si trovavano ad ogni angolo della colonna ed erano collegati in cima allo stesso modo. Le aperture della rete metallica erano di 45 mm. quadrati. Il secondo schermo era fatto nello stesso modo e costruito all’interno della colonna a 150 mm. di distanza dal primo. Le aperture del secondo erano di circa 25 mm. quadrati. Negli angoli questi schermi erano collegati tra loro da angolari di ferro. La terza parte di questa colonna avrebbe potuto essere spostata. Si trattava di una colonna vuota con una superficie quadrata di circa 150 mm. realizzata in lamiera di zinco. Era chiusa in cima da una lastra metallica, e in fondo da una base quadrata. A una distanza di 25 mm. dai lati di queste colonne erano saldati degli angoli di stagno sostenuti da staffe di latta. Su questi angoli era montata una maglia sottile con aperture di circa 1 mm quadrato. Questa maglia terminava in fondo alla colonna e da qui correva nel [prolungamento] dello schermo un telaio di latta fino alla sommità della colonna. Il contenuto di una lattina di Zyklon B veniva gettato dall’alto sul distributore, il che permetteva una distribuzione uniforme dello Zyklon B su tutti e quattro i lati della colonna. […]”
Prego? Colonne di rete metallica in una stanza piena di 1.000-2.000 persone in preda al panico? Secondo Henryk Tauber, citato dallo stesso van Pelt (!), le vittime avrebbero demolito l’intera attrezzatura in quella stanza – e credetemi: se fossero state gasate, lo avrebbero certamente fatto [van Pelt, p. 106]:
“Le persone che stavano per essere gasate e quelle nella camera a gas danneggiarono gli impianti elettrici, strappando i cavi e danneggiando le apparecchiature di aerazione. [483 segg.]”
Cosa pensate che avrebbero fatto a queste colonne di rete metallica? Se fossero esistite, la loro struttura esterna sarebbe stata in acciaio massiccio, ma certamente non una fragile costruzione in rete metallica.
Cos’altro ci dice Kula? Innanzi tutto, è uno di quei testimoni che ci raccontano dettagliatamente della presunta gasazione di diverse centinaia di prigionieri nel campo centrale di Auschwitz. Secondo Kula, le SS gasarono 250 prigionieri il 15 agosto 1941 [van Pelt, p. 112]. Carlo Mattogno ha mostrato in dettaglio come siano contraddittorie e totalmente inattendibili le varie dichiarazioni dei “testimoni” su questo presunto evento. [18 bis] Alla fine Kula demolisce la sua credibilità, quando descrive come apparivano i cadaveri delle vittime gasate, che presumibilmente aveva visto mentre venivano portati via:
“Vidi allora che [i cadaveri] erano verdastri. Le infermiere mi dissero che i cadaveri erano screpolati e che la pelle si era staccata.”
Povero Michal. Le vittime delle gasazioni con Zyklon B non sono verdastre (sono rosate-rossastre)[18b], e non c’è motivo per cui la “pelle si sia staccata” e i cadaveri si siano screpolati.
Ma ascoltiamo ciò che raccontano altri “testimoni oculari” su come le SS avrebbero versato lo Zyklon B:
- Rudolf Vrba, il testimone che ammise pubblicamente di aver usato una “licenza poetica” per inventare liberamente le cose, [18c] ci dice:[19]
“Sollevò un coperchio di forma circolare e lasciò cadere i granuli sulle loro teste sotto di lui.”
Le colonne di rete metallica sono scomparse!
- Jerzy Tabeau dichiara nel Rapporto del Consiglio per i rifugiati di guerra:[20]
“Tutto era chiuso ermeticamente e unità delle SS appositamente addestrate lanciavano bombe di acido cianidrico attraverso le prese d’aria.”
Accidenti, questa è un’azione per Steven Spielberg!
- Olga Lengyel ne conosce ancora un’altra versione: [21]
“Sul soffitto della camera a gas c’era un’apertura di forma quadrata, con una griglia ed era coperta da un vetro. Quando fu il momento, una guardia delle SS con una maschera antigas aprì lo sportellino e vi versò dentro una bombola di Zyklon B. […]”
O lo sapeva esattamente – si può vedere una griglia del genere e una copertura di vetro solo se si è abbastanza vicini alla scena – o lo sta inventando.
- Lo sa anche un altro importante “testimone”: Alter Feinsilber alias Stanislaw Jankowski alias Kaskowiak alias Alter Szmul Fajnzylberg dice che c’erano semplicemente[22]
“Due aperture nel soffitto”
“C’erano tre colonne per i ventilatori, attraverso le quali si riversava il gas. Uno speciale gruppo di lavoro spingeva con il manganello le persone all’interno della camera. Quando la stanza era piena, i bambini piccoli venivano gettati dentro da una finestra.”
A parte il suo pasticcio di ventilazione/introduzione (la ventilazione non aveva nulla a che fare con ciò di cui stiamo parlando qui), Janda ha commesso un grave errore: la stanza di cui sta parlando era nel seminterrato e quindi non aveva finestre. A quanto pare Janda era mentalmente confusa durante la testimonianza.
- Myklos Nyiszli ha scritto:[14]
“Al centro della stanza c’erano dei pilastri a intervalli di trenta metri. Si ergevano dal pavimento al soffitto. Non pilastri di sostegno, ma tubi di lamiera, i cui lati presentavano molte perforazioni.”
Dal momento che l’obitorio 1 (la presunta “camera a gas”) era lunga solo 30 m, ci si chiede quanti pilastri ci potevano stare, dato che erano collocati a intervalli di 30 m…
- Il partigiano di Auschwitz e plagiatore del Nyiszli.[14] Filip Müller ha riportato un disegno molto sofisticato:
“I cristalli di Zyklon B venivano lanciati attraverso degli orifizi nel soffitto di cemento che si aprivano in pilastri di lamiera cavi. Questi erano perforati a intervalli regolari; Al loro interno una spirale correva dal soffitto al pavimento per consentire una distribuzione il più uniforme possibile dei cristalli granulari.”
- Ota Krauss e Erich Schön-Kulka [24], un amico di Vrba, Wetzler, Müller e Jankoswki, tutti facenti parte dei cosiddetti partigiani del campo di Auschwitz, coinvolti in quello che chiamavano “fare propaganda”[25], sanno qualcosa anche sui pilastri, come menzionato dal Prof. van Pelt, che dissente però da Kula e Tauber riguardo al numero di pilastri [van Pelt, p. 123]:
“Tra i pilastri di cemento c’erano due pilastri di ferro, 30 x 30 cm., ricoperti di filo metallico intrecciato. Questi pilastri passavano attraverso il soffitto di cemento fino alla terrazza erbosa sopra citata; qui terminavano in botole ermetiche in cui gli uomini delle SS versavano i granuli di Zyklon B che producevano il gas. Lo scopo del filo intrecciato era quello di prevenire qualsiasi interferenza con i cristalli del Zyklon B. Questi pilastri furono aggiunti successivamente alla camera a gas e quindi non compaiono nel progetto.”
- E, dulcis in fundo, abbiamo le confessioni degli ingegneri e degli architetti impegnati nella costruzione della presunta “camera a gas”. Queste confessioni furono ottenute dal KGB e due degli interrogati (Fritz Sander e Kurt Prüfer) morirono nella prigione del KGB. Viene da chiedersi perché? Si dice che uno di questi uomini abbia ammesso: [25a]
“C’erano aperture di forma quadrata nel soffitto [della ‘camera a gas’] (25 x 25 cm)”
Ora, cosa ci dicono dei crematori i progetti un po’ più attendibili? I progetti non dimenticano, non distorcono, non mentono, non aggiungono né detraggono nulla. Dr. van Pelt, Professore di Architettura [p. 294]:
“Queste colonne di rete metallica non compaiono nei progetti dei crematori.”
Ma se non compaiono nei progetti, perché poi li include in un disegno presumibilmente preparato – lo dice la didascalia – utilizzando esclusivamente (!) i dati derivati da questi progetti in una delle sue pubblicazioni?[26] Non è un caso di contraffazione? E come può presumere che queste colonne fossero [p. 294]
“attaccate a quattro delle sette colonne strutturali che sostenevano il tetto (molto probabilmente le colonne 1, 3, 5 e 7), […]”
quando afferma di non avere dati per questo? E come può un architetto affermare che un grave cambiamento nella costruzione di un obitorio con l’aggiunta di quattro orifizi nel soffitto, che dovevano essere resi impermeabili rispetto ai due piedi di terreno circostanti, non ha richiesto un cambiamento dei progetti? van Pelt continua [p. 294, 112]:
“[…] E quindi non c’era bisogno di redigere una nuova serie di progetti dopo che era stata presa la decisione di inserirli nell’obitorio.
[…] Sono stati inseriti retroattivamente nello spazio, ma non appaiono sui progetti che, con una sola eccezione, sono stati tutti disegnati prima che fosse presa la decisione di utilizzare la Leichenkeller 1 come camera a gas. Eppure la loro esistenza è confermata in modo indipendente dai vari resoconti dei testimoni oculari della camera a gas, dai disegni eseguiti da David Olère (vedere sotto) e dalla successiva testimonianza di Michael Kula, che ha fabbricato queste colonne.”
Ogni cavo elettrico, ogni tubo dell’acqua, ogni canalone era incluso nei progetti. È davvero credibile che dei cambiamenti così consistenti siano stati ignorati?
Naturalmente, il Prof. van Pelt non solo non ha alcuna prova che qualcosa sia stato “inserito retroattivamente nello spazio”, ma non ha alcuna prova su quando – o se mai – “è stata presa la decisione di utilizzare la Leichenkeller 1 come camera a gas”. Ci sta semplicemente raccontando una favola. E lo storico dell’architettura Dr. van Pelt si affida ai disegni di un artista, David Olère. Ma purtroppo questo artista sta mentendo, come si può vedere dai suoi disegni: disegna continuamente camini di crematori che vomitano fumo e fuoco. Se van Pelt fosse un vero e proprio architetto, avrebbe capito subito che si trattava di una bufala propagandistica (“artistica”). Ma van Pelt non si accorge di nulla…
David Olère, disegno che ritrae presumibilmente il crematorio II di Birkenau in attività; tratta dal suo libro The Eyes of a Witness, Beate Klarsfeld Foundation, New York 1989, p. 51
In realtà, van Pelt si sbagliava completamente:
- Non c’è neanche una prova attendibile di “testimoni oculari” che le colonne di rete metallica a cui si riferisce siano realmente esistite, come ho mostrato sopra.
- Infatti, lo stesso van Pelt scrive nel suo rapporto [p. 295]:
“Oggi, questi quattro piccoli fori che collegavano le colonne di rete metallica e i camini non sono visibili nei resti rovinati della soletta di cemento. Ma questo significa che non sono mai stati lì? Sappiamo che dopo la cessazione delle gasazioni nell’autunno 1944 tutte le apparecchiature di gasazione furono rimosse, il che implica sia le colonne di rete metallica che i camini. Sarebbero rimasti i quattro stretti fori nella lastra. Anche se non c’è certezza in questa particolare questione, sarebbe stato logico attaccare nel punto in cui si trovavano le colonne alcune casseforme alla base del soffitto della camera a gas, e versare un po’ di cemento nei fori, e quindi ripristinare la soletta.”
L’affermazione del Prof. van Pelt che “Sappiamo che dopo la cessazione delle gasazioni, nell’autunno del 1944, tutte le apparecchiature di gasazione sono state rimosse” è totalmente infondata. Tutto quello che sappiamo è che i Tedeschi hanno sempre rimosso il più possibile del loro equipaggiamento quando si ritiravano (come fa ogni esercito), ma finché non abbiamo documenti su alcuni dispositivi che si dice siano stati ivi installati, non abbiamo idea di cosa fosse questo equipaggiamento rimosso. Quindi non sappiamo quale “apparecchiatura di gasazione” sia stata presumibilmente rimossa, perché non sappiamo se in primo luogo esisteva un’apparecchiatura del genere.
La successiva affermazione di van Pelt secondo cui le autorità del campo alla fine del 1944 avrebbero rimosso le “colonne di introduzione dello Zyklon B” e poi riempito i fori per “restaurare” le lastre, è di nuovo priva di qualsiasi prova. Ma almeno, il Prof. van Pelt pensa che le autorità delle SS abbiano agito in modo logico quando hanno cercato di distruggere tutte le tracce del loro presunto crimine. Ma van Pelt pensa davvero che sarebbe stato più sensato riempire i fori di questo soffitto che rimuovere completamente il tetto della “camera a gas” come era stato fatto per l’obitorio n. 2, lo “spogliatoio”? Una foto aerea alleata scattata il 21 dicembre 1944 mostra che il tetto dell’altro obitorio, presumibilmente meno “incriminante”, è stato completamente rimosso. [26a] Certo, non ha alcun senso. Per credere a van Pelt, dovremmo credere che invece di rimuovere semplicemente i tetti come era stato fatto con lo “spogliatoio”, le SS avessero deliberatamente creato dei reperti architettonici per confondere le generazioni successive di turisti e ricercatori dell’Olocausto. Sembra troppo assurdo per essere credibile.
Ma se van Pelt avesse solo una conoscenza rudimentale dell’architettura, saprebbe che è impossibile ripristinare dei fori delle dimensioni di 70 ×70 cm. (cioè quasi mezzo metro quadrato!) in un soffitto di cemento “senza lasciare tracce ben visibili”.
Ma almeno è d’accordo con noi revisionisti sul fatto che non esistono resti di quei presunti orifizi. Infatti, affermando che tali tracce non ci sono, van Pelt ha fornito la prova che non ci sono mai stati fori nel soffitto di questa stanza, e di conseguenza nessun tipo di dispositivo di introduzione dello Zyklon B e quindi nessuna introduzione di sostanze velenose come descritto dai “testimoni”. Ha dimostrato che i suoi “testimoni oculari” mentono. Ha dimostrato che non ci sono prove di omicidio di massa ad Auschwitz. In realtà, ha dimostrato che non ci sono prove dell’Olocausto. “Niente fori, niente ‘Olocausto'” (Robert Faurisson). È bello vedere che nel 2000 il grande professore di architettura Robert Jan van Pelt è arrivato allo stesso risultato che ho ottenuto io nel 1991 (come descritto nel mio rapporto del 1993), analizzando il tetto della presunta “camera a gas” del crematorio II di Birkenau. Solo che le nostre conclusioni sono leggermente diverse…
- Foto che mostrerebbero le prese d’aria di introduzione dello Zyklon B
Il Prof. van Pelt scrive [p. 295]:
“Queste colonne erano collegate a piccoli orifizi che penetravano nel soffitto di cemento della camera a gas, che si apriva in quattro piccoli “camini” in mancanza di un termine più appropriato. Questi sono visibili in una delle foto del crematorio 2 scattate dalle SS durante la costruzione, foto aeree scattate dagli americani nel 1944 […]”
Il Prof. van Pelt è un esperto nell’analisi delle foto? Se lo è, allora potrei aggiungere le seguenti conclusioni delle analisi delle foto a cui van Pelt si riferisce:
- Analisi di una sezione di una foto aerea del campo di Birkenau scattata da un aereo canadese nell’agosto 1944.
- L’allineamento delle macchie che il Prof. van Pelt chiama “camini” non concorda con la direzione dell’ombra proiettata dal camino del crematorio!
- In una foto del 13 settembre 1944, le macchie del crematorio III mantengono la loro direzione e forma anche se la posizione del sole è cambiata![27]
- Nella stessa foto mancano le macchie sull’obitorio 1 del crematorio II!
- La lunghezza delle macchie corrisponderebbe a oggetti larghi 4,5 piedi e che si ergono per 10-13 piedi sopra il tetto – in altre parole, oggetti di grandi dimensioni, non i portelli alti circa 20 pollici attestati dai testimoni.
- Queste macchie frastagliate e irregolari non possono essere ombre proiettate da portelli di introduzione perpendicolari e diritti.
Quindi, qualunque cosa siano questi oggetti, non sono ciò che il Prof. van Pelt presume che siano!
Fig. 1 : Dettaglio ingrandimento di RG 373 Can F 5367, exp. 3185, 25 agosto 1944, crematori II e III.
Fig. 2: Disegno schematico della foto aerea riprodotta in Fig. 1. Si può facilmente notare che le macchie sugli obitori I non possono essere portelli di introduzione: troppo grandi, irregolari, allineamento errato per le ombre.
- Analisi di una foto a livello del suolo scattata dalle SS
- La foto a cui si riferisce il Prof. van Pelt è nota da decenni ed è stata pubblicata, tra l’altro, da Pressac [27a] e Czech [27b], cfr. Fig. 3 (ampliata nella Fig. 4). Se questi oggetti fossero veramente bocchette di introduzione dello Zyklon B, come suppone van Pelt, dovrebbero essere di uguali dimensioni ed equidistanti, cioè uniformemente distribuiti sul tetto dell’obitorio 1. Ma come mostrato nella Fig. 4, gli oggetti hanno dimensioni diverse. Secondo le loro ombre, probabilmente hanno una forma rettangolare, ma non lo stesso orientamento. Se si valuta la loro possibile posizione sul tetto per mezzo di un disegno prospettico, Fig. 5, si scopre che si trovano vicini tra loro e molto probabilmente si trovano tutti sulla stessa metà del tetto.
- Infatti, in nessuna delle possibili posizioni di questi oggetti si possono trovare orifizi in quel soffitto (o tracce di fori riempiti). Questa, da sola, è la prova che questi oggetti non possono essere stati portelli per lo Zyklon B. Forse si tratta solo di materiale edile depositato sul tetto, dato che questo crematorio era ancora in costruzione nel febbraio del 1943.
- Inoltre, va sottolineato che questi oggetti non sono visibili sulle foto simili a livello del suolo del 20 gennaio 1943[27c] e dell’estate del 1943.
Fig. 4: Ingrandimento della Fig. 3. La larghezza di tutti e tre gli oggetti varia tra i 55 e gli 80 cm. Inoltre, le ombre sono diverse, il che indica una posizione diversa e forse forma e/o materiale diversi.
Il Prof. van Pelt scrive [p. 296]:
“Ci sono anche documenti tedeschi che attestano il fatto che la camera a gas era riscaldata (il che, come sopra segnalato, fa decisamente pensare che quella stanza non fosse più destinata ad essere utilizzata come obitorio). [parentesi fuori luogo nell’originale]”
Se il Prof. van Pelt avesse letto attentamente una delle fonti più importanti per lo studio di Auschwitz e Birkenau, avrebbe scoperto che il riscaldamento, temporaneamente previsto in una delle stanze sotterranee del crematorio II, fu abbandonato poco dopo.[28] L’errore di vedere solo metà della storia è già stato commesso dal Prof. Gerhard Jagschitz nella sua perizia, in un processo a Vienna nel 1991, ed è stato criticato nella letteratura specialistica nel 1994, dove è stato sottolineato, che secondo la letteratura specialistica contemporanea, gli obitori avevano e hanno un sistema di riscaldamento per evitare il gelo nel periodo invernale.[29] Inoltre, non vi è alcuna prova dell’installazione di un riscaldamento nelle presunte “camere a gas” dei crematori I, II e III nonché nei cosiddetti bunker. Quindi, tutte le sue riflessioni su cosa potrebbe significare l’installazione di un sistema di riscaldamento in un obitorio sono sforzi inutili.
- Il sistema di aerazione
Il Prof. van Pelt scrive [p. 208]:
“È importante notare qui che non c’è alcuna indicazione che né Bischoff né Prüfer abbiano immaginato un uso omicida per l’obitorio più piccolo del nuovo crematorio. Ma la presenza del potente sistema di aerazione attribuì, fin dall’inizio, al progetto un potenziale genocida, che avrebbe richiesto solo piccole modifiche per essere realizzato. In effetti, era stata la presenza di un tale sistema di aerazione nel crematorio del campo principale che, sette settimane prima, aveva ispirato il Lagerführer Fritsch ad usare la camera mortuaria del crematorio come camera a gas sperimentale.”
Il Prof. van Pelt non fornisce alcun riferimento per la sua affermazione sperimentale sulla gasazione. Ma, più importante ancora, nasconde le reali prestazioni dei sistemi di aerazione, che in effetti rivelano che l’obitorio 1, la presunta “camera a gas”, non è mai stato destinato ad essere utilizzato come “camera a gas” omicida.
- Tutti gli obitori di Birkenau avevano sistemi di aerazione con circa 10 ricambi d’aria all’ora, una prestazione normale, poiché ciò era richiesto dalla legge tedesca del periodo bellico per gli obitori sotterranei (5-10 ricambi d’aria all’ora)[30]
- Un confronto tra le prestazioni della presunta “camera a gas” e quelle dello spogliatoio della presunta vittima rivela che non c’è nulla di sinistro nell’aerazione dell’obitorio 1 (“camera a gas”), poiché le sue prestazioni sono persino inferiori a quelle dello spogliatoio:
obitorio 1 (‘camera a gas’): | 9,94 ricambi d’aria all’ora |
obitorio 2 (‘cantina di svestizione’): | 10.35 ricambi d’aria all’ora |
- La letteratura specialistica del periodo bellico raccomandava circa 70 ricambi d’aria all’ora per le camere di disinfestazione professionali, uno standard che ci si deve aspettare anche per le “camere a gas” omicide “professionali”.[31] In effetti, è un livello 7 volte superiore a quello dei sistemi di questi obitori!
Dopo un attento esame dei fatti documentati, è chiaro che il “potente sistema di aerazione” del Prof. van Pelt non è altro che una finzione.
- Porte
Il Prof. van Pelt afferma [p. 297]
“che le porte delle camere a gas, situate a sinistra della mappa, ma raffigurate a destra del prospetto, si riaprono nuovamente verso l’esterno.”
Il Prof. van Pelt ha forse notato che si trattava di doppie porte che non potevano essere a tenuta di gas e difficilmente potevano essere sufficientemente rinforzate contro centinaia di vittime in preda al panico? Che tutte le porte di Auschwitz, anche quelle provvisoriamente “a tenuta di gas” (non lo sono mai state in senso tecnico) erano fatte di semplice legno? Che tali porte, specialmente quando si aprivano verso l’esterno, non avrebbero mai potuto resistere a una folla in preda al panico di diverse centinaia di persone?[32]
- Capacità di incenerimento
L’ignoranza di van Pelt risulta evidente, quando affronta il problema della presunta enorme capacità dei crematori di Auschwitz. Questo è il suo argomento preferito, lo copre ampiamente [pp. 29, 40 segg., 48, 51, 53 segg., 72, 74 segg., 78, 100 segg., 115, 117, 121, 153, 157, 170, 173 segg., 202, 207-210, 226, 231, 235 segg., 239, 246 segg., 263, 299-305, 324, 344, 404]. Mi chiedo, cosa fa di uno storico un esperto di tecnologia di cremazione? E perché ignora l’unico studio di esperti pubblicato finora su questo argomento?[16] E perché non fa riferimento a neppure una fonte di letteratura tecnica specialistica? Perché non cerca nemmeno di verificare le accuse mosse dai testimoni confrontandole con i dati tecnici? Perché non cerca di verificare l’unico “documento” su cui basa realmente le sue dichiarazioni? Sì, certamente, ha un solo documento su cui fare affidamento! E perché ignora gli studi critici su questo “documento” davvero molto sospetto?[32a] van Pelt non sta facendo scienza, sta cavillando sui fondi del caffè.
- Rivestimento delle pareti
Il Prof. van Pelt afferma [p. 306]:
“Inoltre [Leuchter] ha erroneamente dedotto dalle rovine dei crematori da 2 a 5 che le pareti delle camere a gas non erano state rivestite, […]”
Anche se è vero che non sappiamo nulla delle pareti dei crematori IV e V, le pareti delle presunte “camere a gas” del crematorio II sono ancora oggi parzialmente intatte e possono essere esaminate; le pareti di questa stanza avevano un intonaco di malta cementizia, ma non vernice o altro rivestimento. Si deve presumere che il crematorio III sia stato costruito in modo simile. È sorprendente vedere come il Prof. van Pelt, che afferma di aver visitato questo luogo almeno una volta, possa diffondere tale falsità. Oppure ignora che il termine specifico “rivestimento”, come riportato da Leuchter, significa almeno in parte un rivestimento a tenuta di gas, e che l’intonaco indubbiamente non è un rivestimento a tenuta di gas? In effetti, Leuchter stava parlando di una vernice a tenuta d’acqua e/o di gas come quella applicata oggi alle pareti della cucina e del bagno e come si può vedere ancora oggi sulle pareti delle strutture di disinfestazione del campo di concentramento di Dachau. Né la malta cementizia né la malta di calce, materiali utilizzati nei crematori e negli impianti di disinfestazione di Birkenau, possono essere chiamati rivestimenti.
- “Combustione con simultaneo trattamento speciale “
Come spesso in passato, van Pelt fa riferimento a un documento del 29 gennaio 1943, che non è nemmeno contrassegnato come “Segreto”, relativamente alla … fornitura di energia elettrica. Ricorda che l’attrezzatura già installata nel crematorio II consente “la combustione [cremazione] con simultaneo trattamento speciale ” [p. 201 segg.], sostenendo di aver inserito questo documento nel suo contesto storico – no, non utilizzando altri documenti sull’attrezzatura del crematorio – ma riflettendo sulla deportazione degli ebrei dalla Grecia. van Pelt giunge alla conclusione che per elettricità necessaria per il “trattamento speciale” s’intende qui “per estrarre lo Zyklon-B dalla camera a gas”, cioè per alimentare i ventilatori degli obitori. Sfortuna per il Prof. van Pelt che non ha esaminato i documenti nel loro contesto, che dimostrano chiaramente che alla fine di gennaio i sistemi di ventilazione per gli obitori non erano nemmeno stati consegnati e non sono stati installati per molte altre settimane, come ha dimostrato Carlo Mattogno. Quindi, qualunque fosse l’obiettivo per cui il “trattamento speciale” aveva bisogno di elettricità, non era per estrarre l’HCN dalle camere a gas.
- Lo Zyklon B e i suoi effetti
Nel rapporto di Van Pelt, il nome di Germar Rudolf non è menzionato. Secondo la dichiarazione da lui resa durante il processo Irving/Lipstadt, egli ha sentito parlare del mio rapporto, ma non l’ha mai visto.[32b] Ovviamente non ha mai cercato di trovarlo. È liberamente accessibile su Internet dalla fine del 1997 e tutti i motori di ricerca sputano il mio nome e il mio articolo fin dalle prime righe, se solo ci si azzarda a chiederglielo. Leggendo le dichiarazioni di van Pelt sulla “chimica” di Auschwitz si ha l’impressione che negli ultimi 8 anni io abbia parlato al muro.
van Pelt ha ragione quando afferma che si è spesso esagerato sul pericolo di esplosione dell’HCN rilasciato dallo Zyklon B durante le gasazioni/disinfestazioni [pp. 289 segg., 332, 340], ma dovrebbe essere consapevole che, anche se il pericolo è inferiore a quello spesso supposto, esiste comunque. Un incidente avvenuto negli Stati Uniti nel 1947 lo dimostra: durante una procedura di disinfestazione con Zyklon B di una casa normale, la miscela esplosiva di acido cianidrico e aria esplose e rase al suolo l’intero edificio.[33] La domanda è: quale concentrazione di acido cianidrico è necessaria per effettuare una gasazione di massa come descritto dai presunti testimoni oculari.
Il Prof. van Pelt non fa alcuno sforzo per stabilire questa concentrazione. Si riferisce semplicemente alla concentrazione letale per l’uomo, come menzionato in un manuale DEGESCH e citato durante il controinterrogatorio di Fred Leuchter a Toronto nel 1988, e successivamente afferma senza prove [p. 298]:
“Prima di tutto, le camere di disinfestazione sono state progettate per funzionare con concentrazioni molto elevate di acido cianidrico, tra 40 e 70 volte la concentrazione che i Tedeschi usavano per uccidere gli esseri umani a Birkenau, […]”
Per stabilire la quantità di Zyklon B e quindi la concentrazione risultante di acido cianidrico nelle presunte “camere a gas”, abbiamo diverse fonti.
- Resoconti di testimoni oculari sulla quantità di Zyklon B applicata
Non ci sono molti resoconti di testimoni oculari riguardo alla quantità conosciuta di Zyklon B, ma secondo una fonte polacca si riferiscono generalmente all’uso di 6-12 kg di acido cianidrico.[34]
- Resoconti di testimoni oculari sul tempo necessario per uccidere tutti gli esseri umani nella presunta “camera a gas”
Un modo indiretto per calcolare la quantità di Zyklon B eventualmente necessaria per uccidere tutti gli esseri umani in una “camera a gas” è il calcolo del tempo che si suppone sia stato necessario per ucciderli. Secondo quasi tutti i “testimoni oculari” ci sono voluti solo pochi secondi e fino a dieci minuti per uccidere nelle presunte “camere a gas” dei crematori II e III.[35] Ciò può essere utile per i calcoli approssimativi della quantità effettivamente necessaria per ottenere un tempo di uccisione così breve.
- Il tempo necessario per uccidere i prigionieri nelle camere a gas di eseuzione degli Stati Uniti
Diverse centinaia di esecuzioni capitali negli Stati Uniti, effettuate con acido cianidrico, hanno dimostrato che un’esecuzione rapida e indolore con il gas richiede la collaborazione della vittima designata. I prigionieri in procinto di essere gasati erano di solito incoraggiati a inalare profondamente non appena il cianuro veniva rilasciato, in modo da facilitare la loro morte. Tuttavia, se una vittima designata non fosse stata collaborativa, l’esecuzione si sarebbe facilmente potuta rivelare un fiasco totale. Se la vittima designata rifiutava semplicemnte di inspirare profondamente, come necessario per assumere rapidamente una dose letale di cianuro, l’agonia – anche in condizioni ideali – poteva durare più di diciotto minuti. Ma anche in circostanze normali, le esecuzioni capitali nelle camere a gas statunitensi durano in media dai 10 ai 14 minuti.[36] La concentrazione di acido cianidrico applicata durante queste esecuzioni è solitamente simile a quella applicata nelle normali procedure di disinfestazione (0,3%-1%).[37] La vittima è immediatamente esposta a un’altissima concentrazione di gas velenoso che si sviluppa sotto di lei, salendo direttamente al suo viso.
- Calcoli successivi
È ovvio che i tempi di uccisione riportati dai presunti testimoni oculari delle gasazioni di massa con lo Zyklon B ad Auschwitz e altrove, che sono simili o più brevi di quelli delle esecuzioni statunitensi, avrebbero richiesto concentrazioni simili a quelle applicate nelle esecuzioni statunitensi (0,3%-1%). Infatti, lo Zyklon B rilascia il suo acido cianidrico solo molto lentamente, circa il 10% nei primi 10 minuti.[38] Inoltre, poiché non c’era ovviamente alcun apparecchio per distribuire rapidamente il gas velenoso in tutta la stanza, sarebbero passati ulteriori minuti prima che tutte le vittime (anche quelle che si trovavano negli angoli della stanza) fossero circondate da un’alta concentrazione di acido cianidrico. Dobbiamo quindi supporre che la quantità minima di Zyklon B da introdurre in queste stanze sarebbe stata dell’ordine di grandezza di dieci volte la quantità normalmente utilizzata per le procedure di disinfestazione, al fine di raggiungere una concentrazione simile già nei primi 5-10 minuti dell’esecuzione anche nell’angolo più arretrato di quella stanza.[39] Sarebbe stato l’unico modo per assicurarsi che tutte le vittime in una stanza del genere venissero uccise nei primi 10 minuti, dopo che lo Zyklon B aveva iniziato a rilasciare il suo veleno.
La differenza tra la concentrazione di acido cianidrico necessaria per uccidere l’uomo(0,03%), come indicato nei manuali tossicologici e citato dal Prof. van Pelt e le concentrazioni qui stabilite (1%) può essere facilmente spiegata.
La letteratura tossicologica fornisce principalmente due valori soglia per le sostanze velenose:
- La dose letale 100%, LD100, che fornisce la concentrazione o la quantità di veleno necessaria per uccidere tutti (100%) gli individui di una specie osservata. Questo valore viene utilizzato per assicurarsi che tutti gli individui vengano effettivamente uccisi.
- La dose letale 1%, LD1, che fornisce la concentrazione o la quantità di veleno necessaria per uccidere l’1% di tutti gli individui di una specie osservata. Questo valore viene utilizzato per contrassegnare una soglia oltre la quale un’esposizione a quel veleno è decisamente pericolosa.
Ovviamente, entrambi i valori differiscono enormemente, cioè il valore LD100 è spesso molto più alto del valore LD1. Quando si parla della quantità necessaria per uccidere i pidocchi, la letteratura specialistica usa il valore LD100, perché si vuole avere la certezza di ucciderli tutti, mentre quando si tratta di rischi per la sicurezza degli esseri umani, si utilizzano i valori LD1 o anche inferiori per assicurarsi che non vengano uccisi esseri umani. Pertanto, non ha senso confrontare entrambi i valori tra loro: un pidocchio in cattive condizioni può essere ucciso dallo 0,03% soltanto di acido cianidrico, come è molto probabile che un essere umano sveglio e sano possa sopravvivere a un’esposizione di 5 minuti all’1% di acido cianidrico. Infine, c’è una bella differenza tra il caso in cui uno abbia inalato una quantità letale di veleno, o il caso in cui sia già morto. Sebbene il valore soglia di circa 100 mg di un sale di cianuro solubile (o 300 ppm di HCN nell’aria) possa probabilmente uccidere la maggior parte delle persone, in realtà può richiedere molto tempo prima che una persona muoia. D’altra parte, se si vuole uccidere o morire rapidamente, si deve applicare una grande overdose per raggiungere questo obiettivo con certezza.
- Analisi chimica di campioni di mattoni e malta
- Stabilità a lungo termine del Blu di Prussia (ferro-ferri-cianuro)
Il Prof. van Pelt sostiene che il Blu di Prussia non sopravviverebbe a 45 anni di esposizione agli agenti atmosferici, specialmente alle piogge acide [p. 306]:
“Poi [Leuchter] non tenne conto del fatto che […] i loro resti [dei crematori] erano stati esposti agli agenti atmosferici per 45 anni, e che le pareti erano state lavate da piogge acide, un fatto di una certa importanza perché, contrariamente a quanto crede Leuchter, il ferro-ferri-cianuro non è stabile in tutte le condizioni, ma tende a dissolversi lentamente in un ambiente acido.”
L’affermazione del Prof. van Pelt è totalmente infondata ed è stata smentita. La letteratura pertinente descrive costantemente il Blu di Prussia come un pigmento estremamente stabile. È insolubile in acqua, [40] resistente alle piogge acide[41] e anche sorprendentemente resistente alla luce solare.[42] Se esposti agli agenti atmosferici, altri composti dell’acido cianidrico si convertono di preferenza in Blu di Prussia. Tre esempi dimostreranno la natura resistente all’ambiente del Blu di Prussia:
- Le pareti esterne dell’edificio di disinfestazione di Birkenau, che sono colorate di blu dal Blu di Prussia, non hanno perso nulla del loro colore nonostante 50 anni di esposizione agli agenti atmosferici avversi della regione industriale dell’Alta Slesia.[43]
- Un test a lungo termine, iniziato negli anni ’50, per accertare la resistenza ambientale delle vernici ha chiarito la questione. In questo test, molti pigmenti tra cui il Blu di Prussia e l’ossido di ferro (cioè la “ruggine”) sono stati testati dopo essere stati applicati solo superficialmente e senza rivestimento protettivo su un pezzo di alluminio. Dopo più di 20 anni di esposizione all’aria di un sobborgo industriale occidentale di Londra, due pigmenti hanno mostrato dei cambiamenti minimi (appena percettibili): il Blu di Prussia e l’ossido di ferro (ruggine).[44]
- Anche sparso sul terreno, il Blu di Prussia rimane stabile e fisso per decenni, come hanno dimostrato i test eseguiti nelle officine del gas chiuse decenni fa. In questo caso il Blu di Prussia ottenuto nelle officine del gas di città veniva utilizzato come diserbante ed è ancora oggi presente in quantità praticamente invariate.[45]
Pertanto, se si è formato il Blu di Prussia su e in un muro, ci si può aspettare di trovare una stabilità a lungo termine simile a quella dell’ossido di ferro da cui si è formato. Così, una volta che notevoli quantità di sali di acido cianidrico si sono accumulate nella muratura, nell’intonaco o nella malta, e una volta che le condizioni di umidità hanno permesso a queste di convertirsi in Blu di Prussia, allora non ci si può aspettare una riduzione apprezzabile del contenuto di composti di acido cianidrico dopo 50 anni.[46]
Un tipico esempio del modo in cui i media trattano questi fatti è il rapporto pubblicato dall’agenzia di stampa tedesca Dpa, stampato il 29 marzo 1993 in quasi tutti i principali quotidiani tedeschi e diffuso anche in alcune trasmissioni radiofoniche. In esso la Dpa ha affermato che, secondo un esperto anonimo, i sali di acido cianidrico in questione hanno pochi mesi di vita. Delle indagini condotte presso l’ufficio della Dpa di Stoccarda responsabile di questo comunicato stampa ha rivelato che il direttore responsabile, Albert Meinecke, aveva inventato questa “opinione di esperti” dal nulla. Evidentemente anche l’agenzia di stampa Dpa non esita a rilasciare false notizie. [47]
- Penetrazione nel materiale edile da parte dell’acido cianidrico
Il Prof. van Pelt ha aggiunto a questo vecchio dibattito un nuovo svarione, che voglio affrontare in questa sede, perché i media vi hanno prestato molta attenzione. Per il suo documentario Mr. Death su Fredrick A. Leuchter, Errol Morris ha condotto un’intervista con il Prof. Dr. James Roth, direttore degli Alpha Analytic Laboratories di Toronto. Nel 1988, questi laboratori analizzarono i campioni di pareti prelevati da Leuchter ad Auschwitz dalle cosiddette “camere a gas” e li testarono per verificare la presenza di residui di cianuro. Successivamente il Prof. Dr. Roth ha testimoniato come perito durante il processo contro Ernst Zündel. Per non essere accusato di complicità con i “negazionisti dell’Olocausto” Ernst Zündel e Fred Leuchter, il Prof. Roth ha fatto tutto il possibile per dissociarsi dai risultati analitici della sua azienda. Il Prof. van Pelt scrive a proposito della dichiarazione di Roth nel documentario di Morris [p. 307]:
“Roth ha spiegato che il cianuro reagisce sulla superficie del mattone o dell’intonaco, penetrando nel materiale per non più di 10 micron, o 0,01 mm., o un decimo dello spessore di un capello umano (un micron equivale a 1/1.000.000 di metro, o 0,000039 pollici). In altre parole, se si vuole analizzare la concentrazione di cianuro in un campione di mattoni, si dovrebbe prelevare un campione rappresentativo della superficie, di 10 micron di spessore, e non di più.”
Questa affermazione è così stupida che, per molto tempo, mi sono persino rifiutato di prenderla in considerazione. Ma dal momento che mi vengono inviate sempre maggiori richieste, mi sento obbligato ad accusare pubblicamente il Prof. Dr. James Roth di mentire e/o di essere incompetente, e spero che una buona volta si pentirà di queste sciocchezze. Giustifico la mia accusa come segue:
- Fino ad oggi non ho notato che il Prof. Roth abbia presentato delle prove scientifiche a sostegno della sua affermazione. Il fatto è che le pareti delle camere di disinfestazione di Auschwitz, Birkenau, Stutthof e Majdanek sono sature di composti di cianuro non solo in superficie, ma in profondità, come ha dimostrato Germar Rudolf prelevando dei campioni da diverse profondità, si vedano in particolare i campioni n. 11, 13, 17, 19b, 23, nella tabella seguente, che dimostrano che il cianuro raggiunge facilmente gli strati più profondi dell’intonaco e della malta. Anche gli altri campioni mostrano che l’affermazione del Prof. Roth è falsa. È logicamente impossibile che solo i 10 micron superiori (0,010 mm) contengano tutto il Blu di Prussia, poiché ciò significherebbe che tra il 10 e il 75% dell’intero ferro di questi campioni (colonna in alto a destra) è concentrato in questo strato sottile che costituisce meno dell’1% dei campioni.
Concentrazioni di cianuro in campioni d’intonaco selezionati prelevati dalle pareti delle camere di disinfestazione di Birkenau.Acc. a G. Rudolf/Institut Fresenius, Taunusstein, Assia, GermaniaValori espressi in mg per kg; %Fe: proporzione del contenuto totale di ferro del campione convertito in Blu di Prussia (Rudolf Gutachten 3) capitolo 4). |
||||||
No | Edificio | Posizione e profondità del campione prelevato | Materiale | c[CN-] | c[Fe] | %Fe |
9 | B1a BW 5a | Lato interno, parete esterna (ovest), 120 cm. dalla parete nord, 155 cm. dal pavimento, 0-2 mm. | Intonaco | 11000.0 | 12000 | 75 |
11 | B1a BW 5a | Come 9, 1-10 mm. | Intonaco | 2640.0 | 6000 | 36 |
12 | B1a BW 5a | Parete est (interno), 170 cm. dalla parete nord, 170 cm. dal suolo, (esterno Camera d’aria calda), 0-2 mm. | Intonaco | 2900.0 | 8500 | 28 |
13 | B1a BW 5a | Come 12, 2-10 mm. | Intonaco | 3000.0 | 9000 | 27 |
14 | B1a BW 5a | Esterno muro occidentale, 40 cm. dal lato sud, 160 cm. dal suolo, 0-5 mm. | Mattone | 1035.0 | 25000 | 3,5 |
15 a | B1a BW 5a | Esterno parete sud, 40 cm. dal lato occidentale, 210 cm. dal suolo, 0-3 mm. | Malta | 1560.0 | 10000 | 13 |
16 | B1b BW 5b | Esterno parete sud, 2 m dalla porta d’ingresso, 1 m. dal suolo, 0-7 mm. | Mattone | 10000.0 | 47000 | 17 |
17 | B1b BW 5b | Interno, parete sud, 130 cm. dalla parete est, 130 cm. dal pavimento, 4-10 mm. | Intonaco | 13500.0 | 15000 | 74 |
19 a | B1b BW 5b | Interno, parete nord, 230 cm. dalla parete est, 90 cm. dal pavimento, 0-4 mm. | Intonaco | 1860.0 | 4300 | 35 |
19 b | B1b BW 5b | Come 19a, 4-8 mm. | Intonaco | 3880.0 | 9500 | 33 |
20 | B1a BW 5a | Interno, parete esterna (ovest), 40 cm. dalla parete sud, 210 cm. dal pavimento, 0-3 mm. | Intonaco di calce | 7850.0 | 11000 | 59 |
22 | B1a BW 5a | Lato interno, parete esterna (sud), 40 cm dalla parete occidentale, 155 cm. dal pavimento, 3-10 mm. | Intonaco di calce | 4530.0 | 11000 | 34 |
- E il fatto è che la letteratura specialistica afferma molto dettagliatamente che l’acido cianidrico
- Inoltre, come è generalmente noto, gli intonaci cementizi e di calce sono materiali altamente porosi, paragonabili forse alle spugne.[50] In questi materiali non c’è uno strato definito di 0,01 mm oltre il quale un gas come l’HCN non potrebbe muoversi, poiché non c’è motivo per cui l’acqua non penetri in una spugna per più di un millimetro. Il vapore acqueo, ad esempio, che si comporta fisicamente in modo abbastanza simile all’HCN, si può facilmente diffondere attraverso l’intonaco.
- E infine, le macchie blu dello scolorimento delle pareti esterne delle strutture di disinfestazione a Birkenau, Majdanek e Stutthof sono una prova evidente e convincente di quanto facilmente l’HCN e i suoi composti possano penetrare in tali pareti.[51]
Il Prof. Roth lo deve sapere, e ci si può solo chiedere perché diffonde menzogne tanto vergognose. E sta mentendo, ne sono assolutamente sicuro! Il Prof. Roth potrebbe aver sentito il bisogno di attaccare Leuchter per evitare di essere egli stesso attaccato dalla stessa lobby che ha distrutto la carriera di Fred Leuchter. Ma resta il fatto che è un bugiardo. Ne volete una prova? Guardate che cosa ha dichiarato il Prof. Roth sotto giuramento durante il secondo processo Zündel (vedere http://www.zundelsite.org/english/dsmrd/dsmrd34roth.html):
“Nei materiali porosi come i mattoni e la malta, il Blu di Prussia poteva arrivare abbastanza in profondità, finché la superficie rimaneva aperta, ma quando si formava il Blu di Prussia, era possibile che sigillasse il materiale poroso e cessasse la penetrazione.
Quindi il Prof. Roth è un bugiardo o un bugiardo che ha commesso uno spergiuro. Non è una bella alternativa, vero?
- Interpretazione dei residui di cianuro a basso livello
Il Prof. van Pelt sostiene che l’analisi di alcuni campioni prelevati dalle pareti di presunte “camere a gas” [p. 309]
“mostrano chiaramente la presenza di cianuro nelle pareti delle camere a gas, confermando il “presunto” uso di questi spazi come installazioni omicide.”
In realtà, piccole quantità di residui di cianuro sono state trovate anche da Leuchter e da me in alcuni campioni prelevati dalle pareti di stanze presumibilmente utilizzate come “camere a gas” omicide. Ma ciò non prova affatto che queste gasazioni abbiano avuto luogo. In effetti, ho eseguito delle analisi molto più approfondite per determinare come possono essere interpretate le piccole quantità di cianuro risultanti. La seguente tabella riporta alcuni risultati interessanti di vari campioni prelevati da edifici ad Auschwitz (contrassegnato), Birkenau e altrove, analizzati per il cianuro totale:
isultati di bassi livelli di cianuro (in mg/kg) | ||||
Autore | Campione n. | Ubicazione | Storia | CN- |
Fred Leuchter | 15 | crematorio IV | Materiale di provenienza sconosciuta, utilizzato dalle autorità del Museo nel dopoguerra per ricostruire parti dei muri | 2.3 |
Fred Leuchter | 16 | crematorio IV | Materiale di provenienza sconosciuta, utilizzato dalle autorità del Museo nel dopoguerra per ricostruire parti dei muri | 1.4 |
Fred Leuchter | 20 | crematorio IV | Materiale di provenienza sconosciuta, utilizzato dalle autorità del Museo nel dopoguerra per ricostruire parti dei muri | 1.4 |
Fred Leuchter | 21 | crematorio IV | Materiale di provenienza sconosciuta utilizzato dalle autorità del Museo nel dopoguerra per ricostruire parti dei muri | 4.4 |
Fred Leuchter | 22 | crematorio IV | Materiale di provenienza sconosciuta utilizzato dalle autorità del Museo nel dopoguerra per ricostruire parti delle mura | 1.7 |
Fred Leuchter | 28 | crematorio I (Auschwitz) | Lavanderia, durante la guerra non inclusa nella cosiddetta “camera a gas” | 1.3 |
Germar Rudolf | 25 | Agriturismo Bavarese | Mattone prelevato nella Bassa Baviera nell’estate del 1991 da una fattoria bavarese crollata | 9.6 |
Germar Rudolf | 25 | Agriturismo Bavarese | Come sopra, ma analizzato dall’Institute für Umweltanalytik Stuttgart (IUS) | 9.6 |
Germar Rudolf | 8 | Settore del campo B1b, baracca degli internati #13 | 2.7 | |
Germar Rudolf | 8 | Settore del campo B1b, baracca degli internati #13 | Come sopra, ma analizzato dall’Institute für Umweltanalytik Stuttgart (IUS) | 0.0 |
Germar Rudolf | 10 | Settore del campo, B1a , impianto di disinfestazione BW 5a | Aggiunta di un muro interno, mentre l’edificio è stato ricostruito in un impianto di disinfestazione ad aria calda | 3.6 |
Fred Leuchter | 1-7 | Crematorio II | Risultati di vari campioni prelevati da parete/soffitto di presunta “camera a gas” (obitorio 1) | 0.0 |
Fred Leuchter | 8 | Crematorio III | Presunta “camera a gas” (obitorio 1) | 1.9 |
Fred Leuchter | 9 | Crematorio III | Presunta “camera a gas” (obitorio 1) | 6.7 |
Germar Rudolf | Crematorio II | 7.2 | ||
Germar Rudolf | 2 | Crematorio II | 0.6 | |
Germar Rudolf | 3 | Crematorio II | 6.7 | |
Germar Rudolf | 3 | Crematorio II | Come sopra, ma analizzato dall’Institute für Umweltanalytik Stuttgart (IUS) | 0.0 |
Germar Rudolf | 11 | Settore del campo B1a, BW 5a (disinfestazione) | 2640.0 | |
Germar Rudolf | 11 | Settore del campo B1a, BW 5a (disinfestazione) | Come sopra, ma analizzato dall’Institute für Umweltanalytik Stuttgart (IUS) | 1430.0 |
Germar Rudolf: Se non diversamente specificato, analizzato dall’Istituto Fresenius, Taunusstein |
Permettetemi di attirare la vostra attenzione sui campioni di Leuchter prelevati dal crematorio IV. Il materiale da cui ha prelevato i campioni è di origine sconosciuta.[52] Non è quindi possibile interpretarli. Il campione n. 28 di Leuchter è stato erroneamente prelevato da una parete di quello che in tempo di guerra era un lavatoio, non appartenente alla presunta “camera a gas”. Tuttavia, è abbastanza sorprendente la piccola quantità di cianuro rilevata. Ho trovato piccole quantità di cianuro in un campione prelevato da una baracca di internati (#8) e in un campione prelevato da un muro che è stato costruito nelle strutture di disinfestazione durante la sua conversione in struttura di disinfestazione ad aria calda (#10), anche se questo muro non era esposto all’HCN. Il più rimarchevole è il campione che ho prelevato da una fattoria bavarese (#25). Ha un valore di cianuro più alto di tutte le presunte “camere a gas”, anche se nessuno sostiene che milioni di ebrei siano stati gasati in quel luogo. Mentre questo risultato potrebbe essere riprodotto, se analizzato da un’altra società di analisi professionale, i valori di quei campioni provenienti da presunte “camere a gas” o baracche per internati non potrebbero esserlo (vedere valore di IUS di #3, 8, 25). Il valore di un campione prelevato da un impianto di disinfestazione (#11) è stato riprodotto solo nel suo ordine di grandezza, probabilmente perché le analisi del cianuro non sono progettate per far fronte a quantità così ingenti di cianuri. Ciò può causare una variazione dei risultati maggiore del solito.
Le mie conclusioni sono quindi le segueti: i valori inferiori a 10 mg di cianuro per kg di materiale campione non possono essere interpretati. Tali analisi non sono riproducibili. Possibili influenze ambientali possono influire sui risultati, quando si tratta di piccole tracce di cianuro, poiché possono essere presenti tracce di cianuro ovunque, almeno in un laboratorio che si occupa di campioni polverosi pieni di cianuri. E infine, il livello di rilevabilità del metodo utilizzato non permette una corretta interpretazione dei valori che si possono trovare nelle presunte “camere a gas”.[53]
- Analisi condotte dall’Istituto polacco Jan Sehn
Il Prof. van Pelt cita eccessivamente un articolo pubblicato da tre chimici polacchi, che affermavano di aver confutato il rapporto Leuchter. (van Pelt p. 307-312).[54] Li ho accusati pubblicamente di frode e non si sono mai difesi da questa accusa.[55] Quindi devo supporre di aver ragione. Senza entrare troppo nei dettagli chimici, permettetemi di riassumere il punto principale che prova la disonestà di questi autori polacchi:
- I Polacchi sostenevano di non aver capito come il Blu di Prussia potesse formarsi nei muri a causa della loro esposizione ai gas di HCN:[54]
“È difficile immaginare le reazioni chimiche e i processi fisico-chimici che potrebbero aver portato alla formazione del Blu di Prussia in quel luogo”
- Quindi, hanno ipotizzato che il Blu di Prussia delle pareti delle camere di disinfestazione debba avere un’origine diversa, ad esempio derivante dalla vernice:
“Abbiamo quindi deciso di determinare gli ioni cianuro utilizzando un metodo che non induce la rottura del complesso composto di ferrocianuro (questo è il blu in questione) […]”
- Sebbene fossero a conoscenza delle mie fondate ipotesi sul meccanismo di formazione del Blu di Prussia nei muri, a seguito di esposizioni ai gas di HCN, e conoscessero le mie argomentazioni che confutavano le affermazioni secondo cui il Blu di Prussia potrebbe derivare da qualsiasi tipo di vernice. [56] hanno deciso di ignorarli.
- Quindi, hanno scelto un metodo di analisi che escludeva la rilevazione di composti di Blu di Prussia, e che alla fine si è concluso con i risultati delle analisi che presumibilmente dimostravano un contenuto di cianuro simile sia nelle camere di disinfestazione che nelle presunte “camere a gas” omicide, il che dimostra presumibilmente la realtà delle affermazioni di gasazione di massa di esseri umani nelle “camere a gas” omicide di Auschwitz. Un confronto tra i risultati delle analisi effettuate a partire da campioni di mattoni e malta prelevati da diverse persone lo dimostra:
CONFRONTO DELL’ORDINE DI GRANDEZZA DEI RISULTATI DELLE ANALISI DEI VARI CAMPIONI | |||
Autore: | Markiewicz et al. | Leuchter | Rudolf |
Rilevamento di: | Cianuro senza cianuri di ferro | Cianuro totale | Cianuro totale |
Camere di disinfestazione | 0 – 0,8 mg/kg | 1,025 mg/kg | 1.000 – 13.000 mg/kg |
Presunta “camera a gas” | 0 – 0,6 mg/kg | 0 – 8 mg/kg | 0 – 7 mg/kg |
Baracca degli internati | 0 mg/kg | – | 0 – 3 mg/kg |
Campioni esposti ai gas | 0 – 12 mg/kg | – | 50 – 100 mg/kg |
- In una successiva corrispondenza con gli autori polacchi ho chiesto una spiegazione scientifica per questo e ho dato loro la prova inconfutabile del fatto che il Blu di Prussia si può effettivamente formare nelle pareti, se esposte ai gas di acido cianidrico.[57] Gli autori polacchi non sono stati in grado di fornire una ragione scientifica per la loro deliberata omissione di rilevare il Blu di Prussia e si sono rifiutati di ammettere di aver commesso un errore. [58]
E’ mia convinzione che non sia compito di nessun tribunale di questo mondo decidere chi ha ragione e chi ha torto in questa lotta, poiché nessun giudice avrà mai la conoscenza e la competenza per decidere in merito, e perché trovare la verità è una questione che deve essere affrontata esclusivamente dalla comunità scientifica mondiale. Ma ciò che può essere giudicato da ogni uomo e donna ragionevole è se questi autori polacchi si siano comportati in modo imparziale e formalmente corretto o meno. Permettetemi di riassumere il loro metodo, decisamente non scientifico e politicamente parziale, di affrontare l’argomento:
- Il compito più importante di uno scienziato è cercare di capire ciò che finora non è stato compreso. I Polacchi hanno fatto esattamente il contrario: hanno deciso di ignorare ed escludere ciò che non capivano (la formazione di Blu di Prussia nelle pareti esposte all’acido cianidrico).
- Il successivo compito importante di uno scienziato è quello di discutere i tentativi di altri scienziati di renderlo comprensibile. I Polacchi hanno fatto esattamente il contrario: hanno deciso di ignorare ed escludere dalla discussione ciò che forse avrebbe fatto capire a loro (e agli altri) l’incomprensibile.
- Infine, nel loro articolo e in una lettera a me indirizzata, i Polacchi stessi affermarono che lo scopo del loro giornale era quello di confutare i “negazionisti dell’Olocausto” e di impedire che Hitler e il nazionalsocialismo venissero insabbiati, cioè che il loro scopo non era quello di scoprire la verità, ma di servire un obiettivo politico! [58] Così, hanno usato metodi non scientifici al fine di produrre i risultati desiderati allo scopo di raggiungere determinati obiettivi politici.
Quindi, sono frodi scientifiche. Nessuno dei tre autori ha mai respinto quell’accusa. Il Dr. Markiewicz è morto nel 1997, e da allora gli altri due coautori sono rimasti in silenzio in merito, come imbroglioni che si nascondono per non essere scoperti.
Ora, permettetemi di formulare ancora qualche osservazione sul valore generale della ricerca condotta dai Polacchi che mostra l’enorme generale incompetenza:
- Anche dopo un’indagine, non sono riusciti a chiarire completamente cosa intendessero con i seguenti termini usati nel loro articolo: vecchio/nuovo, intonaco/malta, secco/umido. Per rendere gli esperimenti riproducibili, devono essere note, le condizioni esatte cioè a quanti ore/giorni/settimane/mesi/anni risalivano i campioni? Quali materiali erano stati utilizzati per realizzare “intonaco/malta”? A quali condizioni (temperatura, umidità) sono stati esposti i campioni prima e durante l’esposizione ai gas di HCN? Quale quantità di acqua è inclusa nei campioni “secchi/umidi”?
- Consultando i risultati degli esperimenti condotti dai Polacchi, si può osservare un fatto particolarmente rivelatore. Secondo i loro risultati, l’intonaco caldo, asciutto, per lo più privo di CO2 (come presente nelle camere di disinfestazione) mostra un livello di 0,024 mg di cianuro per kg di materiale campione. La malta umida, fredda, caricata con CO2 (come sarebbe stata presente nelle presunte “camere a gas” dei crematori II e III) mostra un livello di 0,388 mg/kg, una cifra superiore a quella delle camere di disinfestazione di un fattore 16. Il fatto è che gli autori polacchi affermano nel loro articolo che le presunte “camere a gas” omicide “non avevano” una reattività superiore a quella delle camere di disinfestazione per quanto riguarda la formazione di Blu di Prussia! Contraddicono i loro stessi risultati!
- Nel 1991 l’articolo dei Polacchi sosteneva, contrariamente a tutta la letteratura specialistica, che il Blu di Prussia si deteriora sotto l’influenza delle agenti atmosferici, specialmente se esposto a piogge acide.[59] In effetti, il Blu di Prussia è più stabile proprio in un ambiente leggermente acido come quello creato dalle piogge acide. I Polacchi avrebbero potuto facilmente riconoscerlo guardando le pareti esterne degli impianti di disinfestazione di Birkenau (quegli edifici non hanno grondaie, e quindi molta pioggia cola lungo le pareti). Queste pareti sono state esposte alle piogge acide per più di 50 anni, eppure ancora oggi sono ricoperte di Blu di Prussia (vedere il mio rapporto.3] per le foto). Al contrario, la maggior parte delle pareti della presunta “camera a gas” del crematorio II, in particolare i punti in cui ho prelevato i miei campioni, erano protette dal tetto da qualsiasi influenza ambientale.
- In una corrispondenza tra Jan Markiewicz, Werner Wegner e me del 1990/91,[60] Markiewicz ha ammesso apertamente di non essere in grado di spiegare la presenza di macchie blu sulle pareti esterne degli impianti di disinfestazione di Birkenau, e ha dichiarato che deve essere confermato che si tratta effettivamente di Blu di Prussia. Anche se ho dimostrato che queste macchie sono davvero costituite da Blu di Prussia, [3] in seguito i Polacchi non hanno fatto nulla per verificarlo. Questo punto avrebbe confutato la loro teoria secondo cui il Blu di Prussia non può essere il risultato di una gasazione con Zyklon B. Erano a conoscenza del problema dal 1990/91, ma hanno scelto di non risolverlo perché questo avrebbe potuto falsificare la loro teoria!
- Risultati attesi delle analisi
Il Prof. van Pelt afferma che ci si dovrebbero aspettare livelli molto inferiori di residui di cianuro nelle presunte “camere a gas” rispetto alle strutture di disinfestazione, e lo spiega come segue [p. 306]:
- “Leuchter presumeva erroneamente che le camere a gas di Auschwitz non fossero aerate. Inoltre, egli ipotizzò erroneamente che le camere a gas funzionassero a temperature molto basse, e che quindi ci sarebbe stata “una notevole quantità di condensazione di acido cianidrico liquido sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto di questi impianti”. [63] Per di più, egli dedusse erroneamente dalle rovine dei crematori da 2 a 5 che le pareti delle camere a gas non avevano alcun rivestimento, e che quindi l’acido cianidrico liquido avrebbe potuto reagire con il ferro dei mattoni e nella malta per formare ferro-ferri-cianuro. Poi dedusse erroneamente che, come nella pratica americana, i Tedeschi avevano usato un’alta concentrazione di 3.600 parti di acido cianidrico per milione di parti di aria – la concentrazione usata nelle camere a gas degli Stati Uniti per garantire che i condannati muoiano di una morte rapida – mentre in realtà i Tedeschi usavano una concentrazione di 300 parti per milione per uccidere le loro vittime.[64] Né considerò la quantità di acido cianidrico che sarebbe stata assorbita dai corpi delle vittime.”
Poiché l’unico rudere dove si possono fare ricerche adeguate è il crematorio II, mi limiterò a questo edificio, riferendomi a ciò che ho già spiegato sopra:
- Non c’erano sistemi di riscaldamento in questi obitori, quindi le loro pareti erano fredde e umide.
- Le pareti degli obitori 1 dei Crematori II e III non erano coperte con alcun materiale sigillante a tenuta di gas.
- La concentrazione di HCN applicata nelle presunte “camere a gas” omicide sarebbe stata paragonabile a quella applicata nelle strutture di disinfestazione. Altrimenti l’attestata rapida uccisione non avrebbe potuto funzionare.
- Le vittime non sono riuscite ad assorbire quantità considerevoli di gas per due motivi:
- Non vivevano abbastanza a lungo da filtrare l’aria che li circondava (vedere il mio calcolo in merito su http://www.vho.org/D/rga/erstick.html).
- Qualunque cosa le vittime avessero inalato, avrebbe dovuto essere sostituita da HCN appena evaporato, poiché dobbiamo insistere sul fatto che deve essere raggiunta una certa concentrazione per uccidere rapidamente tutte le vittime. Se le vittime vicine allo Zyklon B avessero inalato HCN, allora avrebbe dovuto essere introdotta una maggiore quantità Zyklon B per compensare quella perdita. Pertanto, l’inalazione di HCN non ha alcun effetto sul nostro studio.
- Come mostrato, il sistema di aerazione dell’obitorio 1 (presunta “camera a gas”) non era appropriato per un uso omicida. La velocità di aerazione dipende in realtà da diversi fattori:
- Quanto Zyklon B c’è nella camera?
- Quanto velocemente rilascia il suo veleno?
- Quanto è efficace l’aerazione?
Per i calcoli successivi, formuliamo le seguenti ipotesi, basandoci sulle nostre conoscenze di questo crematorio:
- Non c’erano orifizi nel soffitto della presunta camera a gas, così, una volta introdotto lo Zyklon B, che non poteva essere rimosso con nessun mezzo, prima che la camera fosse stata sgomberata.
- Non c’era riscaldamento in questo obitorio. Data la sua collocazione sotterranea, la temperatura media avrebbe difficilmente superato i 15°C.
- L’umidità relativa in questo obitorio era vicina al 100% (traspirazione delle vittime).
- Presumendo una velocità di rilascio di HCN come data da R. Irmscher nella letteratura specialistica contemporanea,[38] anche se l’elevata umidità avrebbe sicuramente rallentato l’evaporazione. I valori misurati da Irmscher possono essere descritti come una funzione esponenziale.
- Per uccidere tutte le vittime in pochi minuti, come raccontato dai “testimoni”, supponiamo che lo Zyklon B abbia dovuto rilasciare abbastanza HCN per raggiungere una concentrazione media di 10 g/m3 dopo 10 minuti.
- Le prestazioni del sistema di aerazione erano di un ricambio d’aria ogni 6 minuti (10 volte all’ora). [30] I valori effettivi di HCN nel tempo possono essere descritti anche come una funzione esponenziale, come mostrato in dettaglio nel mio rapporto.[61]
- Poiché l’aspirazione e l’uscita dell’aria sulla stessa parete dell’obitorio erano molto vicine tra loro (2 m) – al contrario di quelle sulla parete opposta (7,3 m) – ciò avrebbe portato a un cortocircuito dell’aria, riducendo drasticamente le prestazioni della ventilazione. (Immagine a sinistra: sezione trasversale attraverso l’obitorio 1 dei crematori II e III.)
- Poiché la stanza sarebbe stata riempita da un’enorme ammasso di cadaveri, le prestazioni dell’aerazione sarebbero state ulteriormente ridotte.
- Pertanto, pesumiamo un’efficacia del sistema di aerazione paragonabile a un’aerazione perfettamente funzionante di 12 minuti per ricambio d’aria nel migliore dei casi, forse anche paragonabile solo a una con 24 minuti/ricambio o più.
Possiamo ora sviluppare un’equazione per l’effettiva concentrazione di HCN nella presunta “camera a gas”:
- Equazione per il rilascio di HCN dal vettore (in parti del totale):A(t) = e-t/a
- con t = tempo in minuti dopo l’inizio dell’evaporazione
- con a = 43,5/min (per raggiungere la velocità indicata da Irmscher per 15°C e bassa umidità)
- Equazione per la diminuzione dell’HCN dovuta all’aerazione: B(t) =e-t/b
- con b = tempo necessario per un ricambio del volume d’aria della stanza osservata.
- Equazione per il contenuto effettivo di HCN: Per i primi 10 minuti (nessuna aerazione, solo rilascio di HCN):C1(t)=(1-A(t))×D
- con D=e/f
- con e=massa di Zyklon B-HCN applicata(in grammi)
- con f=volume della camera=430m³ (spazio netto meno volume dei corpi)
- e viene regolato fino a raggiungere una concentrazione di circa 10 g/m³ dopo 10 minuti di evaporazione (portando a poco più di 20 kg = 20.000 g, anche ignorando che le vittime ne inalano un po’, che dovrebbe essere sostituito, poiché la concentrazione deve essere raggiunta per garantire un rapido omicidio! Ecco, prendo esattamente 20 kg per semplificare)
- Equazione differenziale per il contenuto effettivo di HCN dopo 10 minuti con ventilazione:C2(t+1)=C2(t)×e-((t+1-t)/b)+(A(t))-A(t+1))×D
oppure C2(t+1)=C2(t)×e-1/b+(A(t)-A(T+1))xD
- con (B(t))-B(t+1))×D équantità di HCN aggiunta ad ogni passaggio a causa dell’evaporazione in corso.
Il risultato è mostrato nel grafico seguente con diversi valori b, dove i valori b superiori a 6 min indicano il tempo necessario per raggiungere un livello di gas velenoso pari a quello ipotizzato per una ventilazione perfetta senza ostacoli, ovvero n.1 dopo 6 min.
- Un ricambio d’aria in 6 minuti (riga più bassa): perfetta miscelazione di aria fresca con aria carica, nessun oggetto nella stanza, nessun cortocircuito dell’aria. Un ricambio d’aria significa: in tempo il volume d’aria pari a quello dell’obitorio (meno il volume di 2.000 cadaveri) sostituito.
- Un equivalente di ricambio d’aria in 12 minuti (2a riga dal basso): miscelazione meno perfetta di aria fresca con aria carica, alcuni oggetti nella stanza, solo un piccolo cortocircuito d’aria consentito.
- Un equivalente di ricambio d’aria in 24 minuti (3a riga dal basso): miscelazione media perfetta di aria fresca con aria carica, molti oggetti nella stanza e/o cortocircuito dell’aria.
- Un equivalente di ricambio d’aria in 96 minuti (4a riga dal basso): cattiva miscelazione di aria fresca con aria carica, moltissimi oggetti nella stanza, cortocircuito dell’aria.
Non so dove si sarebbe situato il tempo effettivo di un equivalente di ricambio d’aria, ma certamente non al valore ideale di 6 minuti, nemmeno vicino ai 12 minuti. Considerare il valore di 24 min potrebbe essere troppo conservativo – probabilmente ci è voluto più tempo – ma voglio andare sul sicuro per la seguente tabella, che elenca i tempi necessari per raggiungere alcuni valori di soglia di HCN:
Alcuni valori della riuscita aerazione di un’ipotetica camera a gas omicida (tutti i valori in minuti) tempo in minuti | ||||
tempo di ricambio d’aria | t (5 g/m3) | t (2 g / m3) | t(0,1g/m3) | Ic(t) dt/10g/m3 |
6 minuti | 24 | 61 | 192 | 35 |
12 minuti | 56 | 97 | 228 | 63 |
24 minuti | 81 | 123 | 254 | 90 |
96 minuti | 100 | 144 | 278 | 118 |
La colonna di sinistra fornisce nuovamente il tempo necessario per abbassare la concentrazione di HCN al valore che raggiungerebbe dopo 6 minuti, con ventilazione perfettamente funzionante.
La seconda colonna indica il tempo necessario per abbassare la concentrazione di HCN fino a un valore a partire dal quale si può lavorare nella “camera a gas” (misurata dall’inizio dell’esposizione ai gas di HCN, non della ventilazione!) senza tute protettive.
La terza colonna indica il tempo necessario per abbassare la concentrazione di HCN fino a un valore a partire dal quale si può eseguire un duro lavoro nella “camera a gas” (misurata dall’inizio dell’esposizione ai gas di HCN, non della ventilazione!) senza tute protettive, poiché oltre a questo si deve prevdere l’avvelenamento attraverso la pelle sudata.
La quarta colonna indica il tempo necessario per abbassare la concentrazione di HCN fino a un valore che deve essere raggiunto per lavorare più a lungo nella “camera a gas” senza maschera antigas ,al fine di evitare qualsiasi rischio (misurato ancora una volta dall’inizio dell’esposizione ai gas di HCN, non della ventilazione!).
L’ultima colonna è un integrale della concentrazione di HCN per l’intero tempo della procedura di gascazione, livellata a 10 g/m3. Dà il tempo equivalente di esposizione delle pareti a una concentrazione costante di HCN di 10 g/m3, che è ciò di cui si ha bisogno per confrontare le “camere a gas” omicide con le camere di disinfestazione che funzionano con circa 10 g/m3 per molte ore.
La quantità di HCN che deve essere assorbita dalle pareti non dipende solo dalla concentrazione di HCN nell’aria, ma anche dalla temperatura delle pareti, dal loro contenuto d’acqua e dal loro materiale.
- Le pareti fredde e umide, come ci si poteva aspettare negli obitori sotterranei dei Crematori II e III, tendono ad assorbire dieci volte più HCN rispetto alle pareti calde e asciutte, come ad esempio le pareti interne delle disinfestazioni BW 5a e BW 5b a Birkenau. [62]
- L’intonaco cementizio utilizzato negli obitori ha una tendenza molto più elevata ad accumulare HCN rispetto all’intonaco di calce utilizzato negli impianti di disinfestazione, e questa tendenza prevale più a lungo poiché la malta cementizia e l’intonaco rimangono alcalini per molti mesi e anni, mentre la malta di calce diventa neutra in tempi relativamente brevi (in settimane piuttosto che mesi, a seconda della temperatura, umidità, quantità di CO2 disponibili e della consistenza della malta.)[63]
Infatti, la tendenza delle pareti dell’obitorio 1 del Crematorio II ad assorbire HCN era molto più alta di quella delle strutture di disinfestazione. Lì le pareti erano a livello del suolo, le stanze erano riscaldate ed erano costruite con malta di calce a buon mercato. Molto probabilmente, questa maggiore tendenza ad assorbire HCN avrebbe compensato il tempo di esposizione un po’ più breve degli obitori 1 (“camera a gas”). Ciononostante, i risultati dell’analisi di un campione prelevato dalla parete interna certamente calda e asciutta di questa stanza hanno prodotto circa 2900,0 mg di cianuro per kg di materiale campione (vedere il mio campione #12, http://www.vho.org/D/rga/rudolf.html), ma i campioni prelevati dalla presunta “camera a gas” non hanno ancora prodotto alcun risultato che possa essere interpretato.
- Conclusione
Non pretendo di aver risolto tutti i problemi connessi con la formazione e la rilevabilità del Blu di Prussia nelle cosiddette “camere a gas” di Auschwitz, Birkenau o altrove, né pretendo di aver compreso il significato di ogni documento riguardante i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Ma so che fare riferimento o fare affidamento sulle opere imperfette di Jean-Claude Pressac [vedere critica in nota6], come fa il Prof. van Pelt, e sull’articolo pubblicato dagli autori polacchi di cui si è discusso in questa sede dimostra la sua ignoranza dello stato attuale della discussione [64] o di un deliberato tentativo di inganno. Questo articolo polacco su cui fa molto affidamento il Prof. van Pelt si è definitivamente rivelato una frode scientifica che non vale più la pena di menzionare. In particolare, non è adatto a confutare il rapporto Leuchter, né parlare del mio Rapporto. Il Prof. van Pelt dovrebbe ricevere una migliore consulenza in materia di architettura e chimica.
Germar Rudolf, Hastings, ultima revisione: 10 aprile 2000
[1] In realtà ho assunto il cognome di mia moglie nel maggio 1994, ma per proteggere la mia famiglia dalle vessazioni e dalle persecuzioni anti-revisioniste, non lo uso in pubblico.
[2] Frederick A. Leuchter,Il primo Rapporto Leuchter, Samisdat Publishers, Toronto 1988 (www.zundelsite.org/english/leuchter/report1/leuchter.toc.html)
[3] Rüdiger Kammerer, Armin Solms (a cura di), Das Gutachten. Gutachten über die Bildung und Nachweisbarkeit von Cyanidverbindungen in den ‘Gaskammern’ von Auschwitz, Cromwell Press, Londra 1993 (www.vho.org/D/rga/rga.html).
[4] Ho intenzionalmente messo “camere a gas” tra virgolette per il seguente motivo: nella letteratura specialistica tedesca contemporanea, così come in molti progetti di mappe architettoniche tedesche, questo termine è stato usato esclusivamente per descrivere le strutture di disinfestazione, ma mai nel contesto delle “camere a gas omicide”. Tuttavia, capisco che ogni volta che questo termine viene usato oggi, si intende normalmente una “camera a gas omicida”. Ma poiché si tratta di una corruzione del termine originale, l’ho messo tra virgolette per distinguerlo dal termine originale che si riferisce alle camere a gas di disinfestazione.
[5] Tribunale di Stoccarda, rif. 17 KLs 18/94. La corte ha erroneamente supposto che io fossi d’accordo con questi commenti prima della distribuzione di questa versione commentata. Per una traduzione dei commenti per i quali sono stato punito, vedere www.vho.org/GB/Books/cq/remer.html
[6] Il primo edito sotto lo pseudonimo di Ernst Gauss:Grundlagen zur Zeitgeschichte. Ein Handbuch über strittige Fragen des 20. Jahrhunderts, Grabert, Tubinga 1994. (www.codoh.com/inter/intgrundex.html; Versione italiana www.vho.org/GB/Books/fsfth); il secondo, pubblicato sotto il nome di Herbert Verbeke: Auschwitz: Nackte Fakten. Eine Erwiderung an Jean-Claude Pressac, Vrij Historisch Onderzoek, Berchem 1995 (www.vho.org/D/anf/AR.html; versione inglese in preparazione).
[7] Grundlagen zur Zeitgeschichte, op. cit.
[8] Tribunale di prima istanza di Tubinga, rif. Az. 4 Gs 173/95; Prof. Dr. Ernst Nolte (Berlino), Dr. Joachim Hoffmann (Friburgo); vedere “Deutsches Gerichtsurteil: Wissenschaftliches Werk wird verbrannt!”, in: Herbert Verbeke (ed.), Kardinalfragen zur Zeitgeschichte, Vrij Historisch Onderzoek, Berchem 1996; versione inglese www.vho.org/GB/Books/cq/burn.html; per una ristampa completa del rapporto peritale del Dr. Hoffmann vedere “Grundlagen zur Zeitgeschichte: Gutachterliche Stellungnahme”, “Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung1” (3)(1997), pp. 205 segg. (www.codoh.com/rudolf/rudrhoff.html); Inglese:www.vho.org/GB/Books/fsfth/22.html
[9] Sfortunatamente, questa è una pratica comune in Germania, vedere la mia documentazione sulla censura in Germania (scritta sotto lo pseudonimo di Anton Maegerle) suwww.vho.org/censor/D.html#GB.
[10] “Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung”, www.vho.org/VffG/index.html.
[11] Un articolo di un architetto è attualmente in fase di preparazione per la pubblicazione in “Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung” su questi dettagli. Anche le stufe costruite in queste stanze indicano tale scop:o dovevano essere accese dall’esterno.
[12] La concentrazione è qui indicata come massa di acido cianidrico per volume. Ciò rende il nostro calcolo indipendente dal volume effettivo della stanza in questione.
[13] J.-C. Pressac, Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers, Beate Klarsfeld Foundation, New York 1989, pp. 483 segg.
[14] Si veda per questo Carlo Mattogno, “Auschwitz: un caso di plagio”. “JHR”, primavera 1990; vol. 10 n. 1: p. 5 (ihr.org/jhr/v10/v10p–5_Mattogno.html).
[15] J.-C. Pressac, op. cit., nota13, p. 489.
[16] Carlo Mattogno, Franco Deana, “Die Krematoriumsöfen von Auschwitz-Birkenau”, in: Ernst Gauss (a cura di), “Grundlagen zur Zeitgeschichte”, Grabert, Tubinga 1994 (www.codoh.com/inter/intgrmattogno.html; Engl.:www.vho.org/GB/Books/fsfth/16.html).
[17] J. H. Perry, Chemical Engineer’s Handbook, Wilmington, Delaware, 1949, p. 1584, citato secondo C. Mattogno, op.cit., nota
[17 bis] Filip Müller, Sonderbehandlung, Steinhausen, Monaco di Baviera 1979, p. 95; cfr. la critica di Jürgen Graf, Auschwitz: Tätergeständnisse und Augenzeugen des Holocaust, Neue Visionen, Würenlos, 1994, p. 139-154.
[18] Testimonianza protocollare, Michael Kula, 11 giugno 1945, aggiunta come Appendice 16 a: Commissione distrettuale di Cracovia per l’indagine sui crimini di guerra tedeschi, Protocol on the Machinery of Mass Extermination of Humans in Birkenau, 26 novembre 1946, trad. Roman Sas-Zalaziocky, in Repubblica d’Austria, Ministero della Giustizia, Caso 20 Vr 3806/64 (Ertl/Dejaco), Tribunale Penale, Vienna, fascicolo ON 393v (r & v).
[18 bis] Carlo Mattogno, ” The First Gassing at Auschwitz: Genesis of a Myth”, “The Journal of Historical Review”, 9(2) (1989), pp. 193-222 (online:www.vho.org/GB/Journals/JHR/9/2/Mattogno193-222.html)
[18b] Cfr. la letteratura specialistica in tossicologia, ad esempio W. Wirth, C. Gloxhuber, Toxicologie, Georg Thieme Verlag, Stoccarda 1985, p. 159 segg.; W. Forth, D. Henschler, W. Rummel, Allgemeine und spezielle Pharmakologie und Toxikologie, Wissenschaftsverlag, Mannheim 1987, p. 751 segg.; S. Moeschlin, Klinik und Therapie der Vergiftung, Georg Thieme Verlag, Stoccarda 1986, p. 300; H.-H. Wellhöner, Allgemeine und systematische Pharmakologie und Toxikologie, Springer Verlag, Berlino 1988, p. 445 segg.
[18c] Processo Zündel a Toronto nel 1985, trascrizione, pp.1447-1448, 1636. Il libro in questione è: R. Vrba, I Cannot Forgive, Bantam Books, Toronto 1964; cfr. Robert Faurisson, “Witnesses to the Gas Chambers of Auschwitz”, online:www.vho.org/GB/Books/fsfth/6.html
[19] Ho dovuto ritradurlo dal tedesco (Jürgen Graf, Auschwitz: Tätergeständnisse und Augenzeugen des Holocaust, Neue Visionen GmbH, Verlag, CH-8116 Würenlos (Svizzera), agosto 1994). Se qualcuno ha la dicitura originale in inglese, per favore la inoltri, affinché io possa sostituirla; I Cannot Forgive,Bantam, Toronto, 1964, p. 10 segg.
[20]Anche questo è stato ritradotto dal libro di Graf, scusate: The Extermination Camps of Auschwitz (Oswiecim) and Birkenau in Upper Silesia, Franklin Delano Roosevelt Library, New York, Collezione War Refugee Board, Box no 6, Campi di sterminio tedeschi, 1. Rapporti originali da McClelland, 10-12-44
[21]Anche questo è stato ritradotto dal libro di Graf, scusate: Olga Lengyel, Five Chimneys,Chicago/New York, 1947, pp. 72 e seguenti.
[22]Hefte von Auschwitz, Numero speciale 1, Handschriften von Mitgliedern des Sonderkommandos,Verlag Staatliches Auschwitz-Museum, 1972, S. 42 segg.
[23]Documento 159, “Experiences of a Fifteen-Year-Old in Birkenau” in David A. Hackett (a cura di), The Buchenwald Report Westview Press, San Francisco e Oxford 1995, p. 349.
[24] Ota Kraus e Erich Schön-Kulka,Továrna na Smrt, Cin, Praga 1946, p. 121 segg.
[25]Vedere Knud Bäcker, “Das Krematorium von Auschwitz-Birkenau in der Kriegspropaganda und in der sowjetischen Nachkriegsdarstellung”,Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung3(1) (1999), pp. 39-63
[25a]”Engineers of Death”,”The New York Times”, 18 luglio 1993, p. E19; cfr.”Der Spiegel”, 40/1993, p. 162
[26] R.J. van Pelt, Deborah Dwork, Auschwitz: 1270 to the Present, Yale University Press, New Haven e Londra 1996, p. 270.
[26bis]Dino A. Brugioni, Robert G. Poirier, The Holocaust Revisited: A Retrospektive Analysis of the Auschwitz-Birkenau Extermination Complex, CIA, Washington 1979, p. 15. Grazie a Fritz P. Berg per questa argomentazione.
[27]Referenza RG 373 Can B 8413, exp. 6V2, J. C. Ball, Air Photo Evidence, Ball Resource Services Ltd., Suite 160-7231, 120th St., Delta, BC, Canada, V4C 6P5, 1992, p. 65. Cfr.http://www.air-photo.com/
[27a] J.-C. Pressac, op. cit. (nota 13), p. 340, datato all’incirca 9-11 febbraio 1943.
[27b]D. Czech,Kalendarium der Ereignisse im Konzentrationslager Auschwitz-Birkenau 1939 – 1945, Rowohlt, Reinbek 1989, p. 454.
[27c] D. Czech, op. cit. (nota 27b), p. 398, e J.-C. Pressac, op. cit. (nota 13), p. 335.
[28]J.-C. Pressac, op.cit., nota13, p. 221, 223. Questo riscaldamento è stato temporaneamente messo in discussione, perché i ventilatori del crematorio a tiraggio forzato avevano bisogno di essere raffreddati, ma si sono guastati presto (si sono bruciati) e quindi il progetto è stato abbandonato.
[29]W. Rademacher, in: Ernst Gauss, Grundlagen zur Zeitgeschichte, Grabert, Tubinga 1994 http://www.vho.org/GB/Books/fsfth/4.html
[30]Per quanto riguarda i requisiti, vedere W. Heepke, Die Leichenverbrennungs-Anstalten (die Krematorien), Verlag von Carl Marhold, Halle a.S. 1905, p. 104; re. prestazioni ad Auschwitz: Archivio del Museo di Auschwitz, D-Z/Bau, nr. inw. 1967, pp. 246 – 247; cfr. la ricerca di C. Mattogno su questo in “Auschwitz: Das Ende einer Legende”, in: H. Verbeke (a cura di), Auschwitz: Nackte Fakten, VHO, Berchem 1995 http://www.vho.org/D/anf/MattognoR.html; Inglese; Auschwitz: The End of a Legend, Granata, Palos Verdes 1994.
[31]P. Puntigam, H. Breymesser, E. Bernfus, Blausäurekammern zur Fleckfieberabwehr, Edizione straordinaria del Reichsarbeitsblattes (Foglio di lavoro del Reich – N.d.T.), Berlino 1943, p. 50. I documenti qui citati e quelli della nota 30 si trovano nell’articolo citato di C. Mattogno (nota 30);http://www.vho.org/D/anf/MattognoR.html
[32]Si veda l’analisi di quelle porte “a tenuta di gas” di Hans Jürgen Nowak e Werner Rademacher, “Gasdichte Türen in Auschwitz”,”Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung” 2(4) (1998), pp. 248-261 (www.vho.org/VffG/1998/4/NowRad4.html. Inglese come parte di M. Gärtner et al., “Some Details of the Building Administration of Auschwitz””, in: E. Gauss (ed.) Final Solution for the Holocaust, www.vho.org/GB/Books/fsfth/13.html
[32a]Vedere Manfred Gerner, “‘Schlüsseldokument’ ist Fälschung”, “Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung” 2(4) (1998), pagg. 166-174 (www.vho.org/VffG/1998/3/Gerner3.html. Inglese come parte di M. Gärtner et al., “Some Details of the Building Administration of Auschwitz”, in: E. Gauss (ed.), Final Solution for the Holocaust, www.vho.org/GB/Books/fsfth/13.html; Carlo Mattogno, “The Auschwitz Central Construction Headquarters Letter Dated 28 June 1943: An Alternative Interpretation”
[32b]Protocollo del caso, op. cit. (nota 13 ), 25 gennaio 2000, p. 18, avvocato difensore Rampton: “Irofessor van Pelt has not Read the Rudolf Report”(Il Prof. van Pelt non ha letto il Rapporto Rudolf – N.d.T. , p. 23, Prof. van Pelt: “I am vaguely familiar with it. I have not read it in its entirety” (Lo conosco vagamente, ma non l’ho letto interamente – N.d.T.) riferendosi alla versione breve in lingua inglese di 16 pagine del mio rapporto, che non è assolutamente sufficiente per avere un’idea della versione completa di 120 pagine (Rüdiger Kammerer, Armin Solms (eds.), A Scientific Sensation: The Rudolf Report. A Discussion of the Rudolf Report on the Formation and Demonstrability of Cyanide Compounds in the Gas Chambers at Auschwitz, with additional research findings on the Holocaust, Cromwell Press, Londra 1994.). L’indirizzo per ordinare la versione completa è indicato in quel riassunto, ma van Pelt evidentemente non ha sentito il bisogno di procurarselo.
[33] “How to get rid of termites”, “Life”, 22.12.1947, p. 31.
[34]Cfr. J. Buszko (a cura di), Auschwitz, Nazi Extermination Camp, 2a edizione, Interpress Publishers, Warschau 1985, p. 118; massa indicata sullo Zyklon B, il che significa 6-12 kg di acido cianidrico, poiché la massa indicata sulle lattine di Zyklon B si riferisce sempre al contenuto effettivo di acido cianidrico.
[35] L’unica eccezione è il presunto primo processo di gasazione in una stanza del seminterrato di una delle baracche degli internati nell’Auschwitz-Stammlager. Per una critica si veda: Carlo Mattogno, “The first gassing at Auschwitz: Genesis of a myth”, “The Journal of Historical Review”, estate, 1989; vol. 09 n. 2: p. 193-222; per i «resoconti dei testimoni oculari» sulla durata delle gasazioni, si veda: Schwurgericht Hagen, sentenza del 24.7.1970, rif. 11 Ks 1/70, S. 97 (5 min.); esame del testimone oculare R. Böck, Schwurgericht Frankfurt, rif. 50/4 Ks 2/63, rif. 4 Js 444/59, p. 6881 segg. (8-10 min.); Memoria processuale finale dell’accusa, in: U. Walendy, Auschwitz im IG-Farben-Prozeß, Verlag für Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, Vlotho 1981, pp. 47-50 (3-15 min); E. Kogon, H. Langbein, A. Rückerl et al., Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas, S. Fischer Verlag, Francoforte 1983, passim (immediatamente ,10 min., raramente fino a 20 min.); J. Buszko (a cura di), op.cit., pp. 114 + 118 (pochi min.); H.G. Adler, H. Langbein, E. Lingens-Reiner (a cura di), Auschwitz, 3a ed., Europäische Verlagsanstalt, Köln 1984, pp. 66, 80 + 200 (da pochi minuti a 10 min.); Hamburger Institut für Sozialforschung (ed.),Die Auschwitz-Hefte, vol. 1, Beltz Verlag, Weinheim 1987, pp. 261 ss. +294 (immediatamente a 10 min.); C. Vaillant-Couturier, Der Prozeß gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem Internationalen Miltärgerichtshof Nürnberg (IMT), vol. VI, p. 242, vol. XVI, p. 499 ss. (5-7 min.); M. NyiszliIm, Jenseits der Menschlichkeit,Dietz Verlag Berlin, 1992, p. 32 segg.. (“cinque min.”); C.S. Bendel in: H. Langbein, Menschen in Auschwitz, Europaverlag, Wien 1987, p. 221 (fine del pianto delle vittime dopo 2 min.); P. Broad in: B. Naumann, Auschwitz, Athenäum, Francoforte sul Meno 1968, p. 217 (4 min.), dopo 10-15 min di apertura delle porte: A. Rückerl, NS-Verbrechen vor Gericht, 2a ed., C.F. Müller, Heidelberg, 1984, p. 58 segg.; K. Hölbinger in: H. Langbein, Der Auschwitz-Prozeß, Europäische Verlagsanstalt, Francoforte sul Meno 1965, p. 73 (1 min.): R. Böck, ibid., p. 74 (dopo la chiusura delle porte 10 min. vittime in lacrime, dopo l’apertura delle porte); H. Stark, ibid., p. 439 (10-15 min. vittime che piangono); F. Müller, ibid., p. 463 (8-10 min.); E. Pyš, ibid., p. 748 (dopo che fu attivata la ventilazione per alcuni minuti); K. Lill, ibid., p. 750 (e pochi secondi dopo che fu versato lo Zyklon B un grido, pochi minuti dopo uscì del fumo dal camino); protocollo della perizia del Prof. Dr. G. Jagschitz, 3.-5. giorno del processo contro Gerd Honsik, 29 aprile, 30 aprile, 4 maggio 1992, rif. 20e Vr 14184 e Hv 5720/90, Landgericht Wien, p. 443 (2-3 min); Documento 3868-PS, IMT-vol. 33, p. 275 segg., citato secondo L. Rosenthal,“Endlösung der Judenfrage”, Massenmord oder “Gaskammerlüge”?, Verlag Darmstädter Blätter, Darmstadt 1979 (da 2 min., in rare occasioni fino a 15 min); R. Höß, in: M. Broszat (a cura di), Kommandant ad Auschwitz, Deutsche Verlags-Anstalt, Stoccarda 1958 (30 minuti per l’intera procedura, compresa la ventilazione); Hans Münch, in G. Rudolf, “Auschwitz-Kronzeuge Dr. Hans Münch im Gespräch”, “Virteljahreshefte für freie Geschichtsforschung”, 1(3) (1997), pp. 139-190 (2 in estate – 5 min. in inverno); Salmen Lewenthal, Hefte von Auschwitz,numero speciale 1, Handschriften von Mitgliedern des Sonderkommandos,Verlag Staatliches Museum Auschwitz, 1972, S. 155 (“silenzio improvviso”); Dov Paisikovic, in: Léon Poliakov, Auschwitz, René Julliard, 1964, S. 159 segg. (“3-4 min.”), Rapporto Franke-Grcksch, in: J.-C. Pressac, op.cit. (nota 15), p. 238 (un minuto per uccidere, un altro fino all’apertura delle porte); Rudolf Vrba alias Walter Rosenberg, Alfred Wetzler, n. d’archivio M 20/153, Yad Vashem (citato in: War Refugee Board, “German Extermination Camps – Auschwitz and Birkenau”, in David S. Wyman (ed.), America and the Holocaust, vol. 12, Garland, New York/ Londra 1990, p. 20: “Dopo tre minuti nella stanza sono morti tutti.”); Jerzy Tabeau, in: The Extermination Camps of Auschwitz (Oswiecim) and Birkenau in Upper Slesia.??? (10 minuti); André Lettich, Trente-quatre mois dans les Camps de Concentration, Imprimerie Union Coopérative, Tours, 1946 (“alcuni momenti”). Janda Weiss ci racconta, secondo van Pelt: “I polmoni delle vittime scoppiarono lentamente, e dopo tre minuti si sentì un forte clamore. Poi la camera venne aperta, e coloro che mostravano ancora segni di vita vennero picchiati a morte” (Documento 159, “Experiences of a Fifteen- Year-Old in Birkenau”, in Hackett, ed. The Buchenwald Report, 349). I periodi di tempo più lunghi per uccidere si riferiscono di solito ai crematori IV/V, ai Bunker 1/2 o al crematorio I nello Stammlager. Le uccisioni nei Crematori II e III sono presumibilmente avvenute in modo estremamente rapido.
[36]Vedere ad esempio: The News &’Observer, Raleigh (NC), 11 giugno 1994, p. 14A; ibid., 19 giugno 1994, p. A1;Newsweek, 8 novembre 1993, p. 75;Il New York Times, 6 ottobre 1994, p. A20; ibid., 16 giugno 1994, p. A23; Bettina Freitag, “Henker warten nicht”,New Yorker Staats-Zeitung, 13 marzo – 19. marzo 1999, p. 3; (secondo il direttore del carcere normalmente 10 – 14 min.); C.T. Duffy,88 Men and 2 Women, Doubleday, New York 1962, p. 101 (13-15 min.); C.T. Duffy è stato il direttore del carcere di San Quintino per quasi 12 anni, e in questo periodo ha ordinato l’esecuzione di 88 uomini e 2 donne, molti dei quali giustiziati nella locale “camera a gas”; Stephen Trombley, The Execution Protocol, Crown Publishers, New York 1992, p. 13 (circa o più di 10 min.); Amnesty InternationalEsecuzioni fallite, Fact Sheet dicembre 1996, distribuito da Amnesty International USA, 322 Eighth Avenue, New York, NY 10001-4808 (più di 7 min). Vedi anche Conrad Grieb (alias Friedrich OPaul Berg), ” Der selbstassistierte Holocaust-Schwindel”,”Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung1″ (1997), p. 6 segg.,www.vho.org/VffG/1997/1/Grieb1.html; Inglese:www.codoh.com/gcgv/gcgvself.html
[37] Cfr. The News & Observer, Raleigh (NC), 11 giugno 1994, p. 14A.
[38]Cfr. R. Irmscher, “Nochmals: ‘Die Einsatzfähigkeit der Blausäure bei tiefen Temperaturen'”,”Zeitschrift für hygienische Zoologie und Schädlingsbekämpfung”, 1942, p. 35 segg. presumiamo una temperatura media del materiale vettore dello Zyklon B (gesso) non superiore a 20°C (molto probabilmente il vettore sarebbe stato più freddo a causa dei pavimenti freddi e della perdita di energia durante l’evaporazione) e un’umidità relativa di circa il 100% (seminterrato freddo e umido pieno di esseri umani); per maggiori dettagli vedere Wolfgang Lambrecht, “Zyklon B – eine Ergänzung”,”Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung1″ (1997), pp. 2-5 www.vho.org/VffG/1997/1/Lambrecht1.html.
[39]Ordine di grandezza significa: all’incirca nell’intervallo del fattore da 3 a 30 (100,5a 101,5). Non fornisco dati più precisi perché le nostre conoscenze sulle condizioni ambientali effettive non sono abbastanza accurate.
[40La letteratura specialistica dà spesso solo il termine piuttosto insoddisfacente “insolubile”. Per maggiori dettagli vedere Rudolf Gutachten, op. cit., nota3, pp. 45 segg.
[41]Il Blu di Prussia è considerato un pigmento resistente agli acidi; cfr. ad esempio B. J. A. Sistino, in: T. C. Patton (a cura di), Pigment Handbook, v. 1, Wiley, New York 1973, pp. 401-407; non si verifica alcuna decomposizione apprezzabile fino a quando il pH non scende al di sotto di 1. Il pH delle sospensioni di Blu di Prussia, ad esempio, è di circa 4-5; H. Ferch, H. Schäfer,Schriftenreihe Pigmente, 77, Degussa AG, Francoforte 1990.
[42]Ullmanns Encyklopädie der technischen Chemie, v. 13, Urban & Schwarzenberg, Monaco di Baviera 1962, p. 794; ibid., v. 18, Verlag Chemie, Weinheim 1979, pp. 623 segg.; L. Müller-Focken, Farbe und Lack 84 (1987), pp. 489-492.
[43]Un esempio si può trovare in Rudolf Gutachten, op.cit., nota 3. Analoghi sono i casi delle strutture di disinfestazione nei campi di concentramento di Majdanek e Stutthof, vedi Jürgen Graf, Carlo Mattogno, KL Majdanek. Eine historische und technische Studie, Castle Hill Publishers, Hastings 1998 (www.vho.org/D/Majdanek/MR.html); Jürgen Graf, Carlo Mattogno ,Das Konzentrationslager Stutthof und seine Funktion in der nationalsozialistischen Judenpolitik, (con Jürgen Graf), Castle Hill Publishers, Hastings 1999 (www.vho.org/D/Stutthof/index.html).
[44]J. M. Kape, E. C. Mills, Transactions of the Institute of Metal Finishing 35 (1958), pp. 353-384; ibid., 59 (1981), pp. 35-39.
[45]D. Maier, K. Czurda, G. Gudehus, Das Gas- und Wasserfach, Gas × Erdgas,130 (1989), pp. 474-484.
[46]Per una discussione dettagliata di questo e altro si vedano le sezioni acc. nel mio rapporto (Capitolo 2.4.segg. &Capitolo 2.5.6.).
[47]cfr. W. Schlesiger, Der Fall Rudolf, Cromwell, 20 Madeira Place, Brighton/Sussex BN2 1TN, Inghilterra, 1994, pp. 21-24 (www.vho.org/D/dfr/Fall.html); G. Rudolf,DGG42(2) (1994), pp. 25 segg. (www.vho.org/D/DGG/Rudolf42_2.html; Inglese:www.vho.org/GB/Books/cq/media.html).
[48]Cfr. W. Baker, A.L. Mossman, “Matheson Gas Data Book, Matheson Gas Products”, East Rutherford 1971, p. 301; Vedi il mio rapporto sui dati fisici dell’HCN, nota 3, capitolo 2.5. (www.vho.org/D/rga/hcn.html#eigen).
[49]Vedere gli esperimenti di diffusione con lo Zyklon B condotti da L. Schwarz, W. Deckert, Z. Hygiene und Infektionskrankheiten, 107 (1927), pp. 798-813; ibid., 109 (1929), pp. 201-212.
[50]Vedere la mia relazione su un’analisi della porosità del cemento e della malta di calce, nota 3, capitolo 2.5. (www.vho.org/D/rga/zement.html).
[51]Cfr. le immagini del mio rapporto, op. cit. (nota 3) capitolo 4.3.3.3., (vho.org/D/rga/prob9_22.html) e il libro di Jürgen Graf e Carlo Mattogno, Konzentrationslager Stutthof, Castle Hill Publishers, Hastings fig. 1,4., 14., 17 nelle illustrazioni (online: vho.org/D/Stutthof/Dokumente.html).
[52]J.-C. Pressac, nota 15, p. 390; J. Markiewicz, W. Gubala, J. Labedz, B. Trzcinska,Gutachten, Prof. Dr. Jan Sehn Institut für Gerichtsgutachten, Dipartimento di Tossicologia forense, Cracovia, 24. settembre 1990; Pubblicato in parte in: “Deutschland in Geschichte und Gegenwart”, 39(2) (1991), p. 18 segg.. (www.vho.org/D/DGG/IDN39_2.html)
[53]Per Leuchter vedere: www.vho.org/D/rga/leucht.html(o la copia cartacea ivi citata); per Rudolf vedere: www.vho.org/D/rga/rudolf.htmlewww.vho.org/D/rga/prob1_8.html(o la copia cartacea ivi citata).
[54]Jan Markiewicz, Wojciech Gubala, Jerzy Labedz, ” A Study of the Cyanide Compounds Content in the Walls of the Gas Chambers in the Former Auschwitz and Birkenau Concentration Camps “,Z Zagadnien Nauk Sadowych / Problems of Forensic Science, vol. XXX (1994) pp. 17-27 (online:www2.ca.nizkor.org/ftp.cgi/orgs/polish/institute-for-forensic-research/post-leuchter.report).
[55]G. Rudolf, “Leuchter-Gegengutachten: Ein Wissenschaftlicher Betrug?”, in: “Deutschland in Geschichte und Gegenwart” 43(1) (1995) pp. 22-26 (www.vho.org/D/Kardinal/Leuchter.html; Engl.:www.vho.org/GB/Books/cq/leuchter.html); G. Rudolf e J. Markiewicz, W. Gubala, J. Labedz, “Briefwechsel”, in: “Sleipnir”, 1(3) (1995) pp. 29-33; ristampato in Herbert Verbeke(a cura di), Kardinalfragen zur Zeitgeschichte, Vrij Historisch Onderzoek, Berchem 1996, pp. 86-90 (online: come sopra).
[56]In realtà hanno citato il mio libro dove tutti questi punti sono spiegati dettagliatamente e fondati, cfr. Vorlesungen über Zeitgeschichte, Grabert, Tubinga 1993, pp. 163 segg., 290-294 (www.vho.org/D/vuez/v3.html#v3_4e~/v5.html#v5_5).
[57]Nel 1976, in Baviera (Meeder-Weisenfeld), si verificarono dei danni ai muri di una chiesa recentemente intonacata, quando fu sottoposta a procedura di disinfestazione con Zyklon B. Dopo diversi mesi l’intonaco era coperto da macchie blu formate da Blu di Prussia, vedere Günter Zimmermann (a cura di), Bauschäden Sammlung, vol. 4, Forum-Verlag, Stoccarda 1981, pp. 120 segg.; ristampa in Ernst Gauss (a cura di),Grundlagen zur Zeitgeschichte, Grabert, Tubinga 1994, pp. 401 ss.; (www.codoh.com/inter/intgrgauss.html; Inglese:www.vho.org/GB/Books/fsfth/21.html.) Inoltre, tutte le strutture di disinfestazione degli ex campi di concentramento dell’Europa orientale ancora esistenti oggi hanno sviluppato enormi quantità di Blu di Prussia in tutto il muro, cfr.43.
[58]G. Rudolf e J. Markiewicz, W. Gubala, J. Labedz, “Briefwechsel“, op.cit. nota55.
[59]J. Markiewicz, W. Gubala, J. Labedz, B. Trzcinska, “Gutachten“, Prof. Dr. Jan Sehn Institute For Forensic Research, Dipartimento di Tossicologia Forense, Cracovia, 24 settembre 1990; Pubblicato in parte in: “Deutschland in Geschichte und Gegenwart”, 1991, 39(2), p. 18 segg. (www.vho.org/D/DGG/IDN39_2.html); Inglese: “An official Polish report on the Auschwitz ‘gas chambers‘.” “Journal of Historical Review”, estate 1991; Vol. 11 n. 2: p. 207. Questa affermazione errata viene ripetuta dal Prof. van Pelt: “Il ferro-ferri-cianuro non è stabile in tutte le condizioni, ma tende a dissolversi lentamente in un ambiente acido”.
[60]Prof. Dr. Jan Sehn Institute For Forensic Research, Dip. di Tossicologia forense, Cracovia, lettera a W. Wegner, non datata (inverno 1991/92), firma illeggibile, ma probabilmente lo stesso Dr. Markiewicz, non pubblicata.
[61]Vedere http://www.vho.org/D/rga/lueft.html per ulteriore matematica.
[62]Vedere K. Wesche, Baustoffe für tragende Bauteile, Banda 1, Bauverlag, Wiesbaden 1977, p. 37; L. Schwarz, W. Deckert, Z. Hygiene und Infektionskrankheiten, 107 (1927), pp. 798-813; ibidem, 109 (1929), pp. 201-212.
[63]Si veda la discussione nel mio rapporto su: http://www.vho.org/D/rga/zement.html
[64]Vedere su: www.vho.org/GB/c/GR/CharacterAssassins.html per il recente stato dell’arte.
Si veda anche la mia critica al Giudizio del Giudice Gray
Ultimo aggiornamento: 19/02/2025 17:36:35.
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