JÜRGEN GRAF, 15 AGOSTO 1951 – 13 GENNAIO 2025
Necrologio
Di Germar Rudolf, 17 gennaio 2025[1]
Un grande Revisionista dell’Olocausto è morto. Di solito non scrivo “revisionista” con la lettera maiuscola. Ma in questo caso, devo farlo. Jürgen era un mio amico molto caro. Lo incontrai per la prima volta nel 1994 nella sua Basilea, quando uscimmo a cena una sera. L’anno precedente, Jürgen aveva pubblicato due libri revisionisti: il volume di oltre 300 pagine intitolato Der Holocaust-Schwindel (non c’è bisogno di tradurre questo)[2] e il molto più breve opuscolo di 100 pagine Der Holocaust auf dem Prüfstand (“L’Olocausto allo scanner”). In quello stesso anno, uscirono la prima edizione del mio rapporto peritale sulla Chemistry of Auschwitz[3] (l’odierno titolo in inglese) come pure il volume di 350 pagine Vorlesungen über Zeitgeschichte (ora in inglese come Lectures on the Holocaust)[4]. Evidentemente, stavamo lavorando entrambi ai nostri rispettivi progetti simultaneamente, ma ignari l’uno dell’altro. Entrambi, a partire dal 1991, eravamo stati in contatto con il prof. Robert Faurisson, che era al corrente dei nostri progetti e che ci diede dei consigli, ma Robert non menzionò mai a nessuno di noi l’esistenza dell’altro. Questo fu un peccato, perché entrambi avremmo potuto beneficiare grandemente delle competenze e delle conoscenze reciproche.
Mentre i libri che avevo scritto mi misero nei guai in Germania, rovinando la mia carriera come promettente chimico ricercatore e procurandomi una condanna al carcere a causa della mia iconoclasta ricerca forense, Jürgen inizialmente perse solo il suo incarico di insegnante di lingue straniere in Svizzera, mentre un successivo libro da lui scritto gli procurò parimenti una condanna al carcere (alla quale si sottrasse con successo andando in esilio in Russia).
Durante la nostra cena di quella memorabile serata nel 1994, decidemmo di lavorare non più separatamente, bensì di unire le forze per aiutarci reciprocamente nei nostri sforzi di capire cosa davvero accadde agli ebrei all’interno della sfera d’influenza tedesca durante la seconda guerra mondiale.
Quando andai in esilio in Inghilterra nel 1996 e fondai una piccola casa editrice revisionista di lingua tedesca lì (nel 1998 battezzata come Castle Hill Publishers), Jürgen si unì al ricercatore revisionista italiano Carlo Mattogno e insieme intrapresero diversi viaggi negli archivi dell’ex Blocco Orientale. Jürgen era un poliglotta che poteva conversare in 12 lingue, credo. O erano 17? L’ho dimenticato. In ogni caso, supera la comprensione della maggior parte delle persone il fatto che un cervello umano possa padroneggiare con competenza così tante lingue differenti. E le sue cognizioni non erano limitate alle solite lingue europee (tedesco, francese, inglese, russo, polacco, danese, spagnolo, italiano…). No, egli parlava anche l’indonesiano e il cinese mandarino. Una volta mi disse scherzando di aver sviluppato un serio complesso di inferiorità quando incontrò un russo che parlava fluentemente 21 lingue.
Le sue capacità linguistiche tornarono utili quando lui e Carlo visitarono gli archivi polacchi e russi durante gli anni Novanta. Senza le capacità linguistiche di Jürgen e il suo charme vincente, Carlo non avrebbe potuto viaggiare in questi paesi e avere accesso a così tanto materiale d’archivio. Una fatidica visita dei due riguardò un archivio di Mosca che conservava i documenti lasciati ad Auschwitz dalla Direzione Centrale delle Costruzioni delle Waffen SS e Polizia di Auschwitz, l’organizzazione incaricata della costruzione del campo – recinti, alloggi, torrette di guardia, bagni, docce, edifici di disinfestazione, c’era di tutto… e i famigerati crematori che si ritiene abbiano ospitato le presunte camere a gas omicide. Ma non furono tanto i contenuti di questo archivio che furono fatali per Jürgen. Bensì la signora responsabile di tale collezione. Ella aveva vagliato questi circa 80.000 documenti per anni, ordinandoli e catalogandoli. Quando Jürgen e Carlo entrarono nell’archivio, questa signora fu molto accomodante, e anche onesta. Ella disse subito ai due ricercatori revisionisti che, secondo la sua modesta opinione, non c’era traccia di prove in tale collezione che ad Auschwitz erano esistite camere a gas omicide, e che ella perciò non credeva nei racconti orripilanti su Auschwitz. Il suo nome era Olga, ed ella finì per sposare Jürgen. Sono rimasti insieme fin quando la morte non li ha separati.
A parte ciò, Olga era una tipica russa (o piuttosto bielorussa, se non mi sbaglio, originaria di Minsk). Ella non credeva nel mito delle camere a gas, ma credeva che tutti gli americani sono malvagi. Una qualche forma di propaganda sovietica doveva essere rimasta. Comunque, Jürgen e Olga vennero a visitarmi nell’estate del 2002 quando vivevo a Coosa Circle a Huntsville, in Alabama. La mia casa in affitto si trovava nei sobborghi settentrionali della città, costeggiando una foresta con una bella rete di sentieri per escursioni, il che è raro in America. I coniugi Graf rimasero con me per due settimane, se ricordo correttamente. Facemmo numerose gite nei boschi, nelle quali ravvivai la memoria arrugginita di Jürgen dei tedeschi Wanderlieder (canzoni escursionistiche). Ci divertimmo un mondo insieme. Cantavamo canti folk anche durante il nostro ritorno a casa, alcuni dei quali con una chiara influenza dell’Europa orientale, che Olga amava. Sebbene ella non capisse le parole tedesche, ella percepiva i suoni della Russia nelle melodie. Fu l’ultima volta che vidi Jürgen di persona. Quando se ne andarono, Olga aveva radicalmente mutato la sua opinione sugli americani: dovunque ella andò e rivelò le sue origini (bielo)russe, fu accolta con grande cordialità da tutti gli americani che incontrò. Non c’era ostilità in nessuno di loro.
Il mio rapporto con Jürgen negli anni successivi consistette soprattutto nel fatto che egli traduceva libri in tedesco che erano stati scritti principalmente o esclusivamente dal nostro amico Carlo Mattogno. Jürgen era un traduttore eccellente, se non addirittura straordinario. Migliorava qualunque libro ricevesse per essere tradotto non solo effettuando un’accurata traduzione, ma anche rifinendo il linguaggio e rendendolo più elegante e piacevole da leggere. Egli qualche volta si prendeva anche la libertà di sottolineare il punto di vista dell’autore aggiungendo ironia, sarcasmo e un’occasionale osservazione maliziosa. Non c’è bisogno di dire che ciò talvolta non incontrava l’approvazione dell’autore. Ma considerando il materiale talvolta assurdo o persino grottesco che doveva vagliare, Jürgen non poteva trattenersi dal lasciar trasparire il proprio umorismo e la propria arguzia. A volte dovetti intervenire per conservare il materiale in questione libero da aggiunte non volute dall’autore. Ma devo ammettere che personalmente mi piaceva. Carlo è un autore iper-asciutto, e Jürgen gettava qualche spezia nel mix che i lettori revisionisti stagionati possono apprezzare. Ma i coristi non sono il nostro unico target. Anche gli studiosi seri sono importanti, e costoro di solito si fanno beffe di tali artifici retorici.
La carriera post-professorale di Jürgen consistette principalmente in traduzioni professionali da varie lingue nella propria lingua madre tedesca, soprattutto per case editrici di destra in Germania. A partire dal 2016, il carico di lavoro di Jürgen era diventato così intenso, e la sua situazione finanziaria così incerta, che egli dovette respingere la mia proposta, quando gli chiesi il suo solitamente iper-scontato servizio di traduzione per l’ennesimo libro di Carlo. Così, dovetti sedermi e farlo da me. Dopo pochi anni e numerosi libri di Carlo, e con l’indispensabile assistenza di traduzioni automatiche, sono diventato piuttosto abile nel tradurre testi italiani, o piuttosto nel revisionare testi tradotti automaticamente. Non ho più bisogno di nessun traduttore umano. Questo è stato un bene per il revisionismo, in quanto ha rimosso il principale ostacolo alla pubblicazione di nuove ricerche, ma ha anche allentato gli stretti legami che avevo con Jürgen. Iniziammo a perderci di vista.
Jürgen si faceva beffe all’idea di utilizzare computer per tradurre testi. Se pensiamo all’eleganza stilistica, aveva ragione. Le sue competenze di traduttore hanno sempre superato quelle della Stupidità Artificiale. Ma le mie non sono altrettanto valenti e così uso le traduzioni automatiche come un trampolino per ottenere un vantaggio iniziale, e per me sta funzionando proprio bene. Il problema è che far tradurre un libro di 300 pagine da un traduttore professionista costa almeno circa 3.000 dollari, che noi revisionisti non ci possiamo permettere. Inoltre, un traduttore professionista di solito produce un testo che è un caos dal punto di vista della formattazione, che richiede giorni di elaborazione redazionale e di formattazione. Oggi i software di traduzione, d’altro canto, lasciano la formattazione perfettamente intatta, e mi costano solo pochi dollari. Mentre il testo in questione abbisogna di un’attenta correzione di bozze per rilevare i difetti occasionali, non c’è sforzo maggiore del correggere le bozze di un traduttore umano, con le sue idiosincrasie e i suoi occasionali pasticci. Statene certi: i giorni dei traduttori e degli interpreti professionisti sono contati. Presto, nessuno avrà più bisogno di parlare lingue differenti. Sarà un mondo più povero.
A Jürgen è stata risparmiata questa esperienza. Quando seppi della triste notizia, la scorsa estate, che egli stava combattendo ancora una volta con il cancro, questa volta ancora più seriamente, capii che si stava probabilmente avvicinando l’addio finale. Sono contento di sapere che ha ricevuto il sostegno di cui pensava di aver bisogno per questa battaglia conclusiva.
Sono triste di aver perso ancora un caro amico e compagno in questa epica battaglia per la verità storica. Solo due giorni prima, avevo perso un’altra amica che mi era molto cara. Nata lo stesso anno di Jürgen, ella è morta nelle mie braccia. Sono rimasto devastato da questa esperienza. Ora sento che Jürgen l’ha seguita negli eterni Campi Elisi. Il mio cuore sanguina.
Possano le loro anime riposare in pace, e i loro spiriti custodirci!
Bibliografia
A seguire un elenco dei libri di Jürgen. Elenco le edizioni in lingua inglese, laddove disponibili, e le collego alla loro ubicazione in rete. Gli anni tra parentesi denotano la prima edizione (inglese) e l’attuale edizione per ciascun libro. Sentitevi liberi di consultarli a piacere.
- Der Holocaust auf dem Prüfstand (1993)
- Der Holocaust-Schwindel (1993)
- Todesursache Zeitgeschichtsforschung (1996)
- Das Rotbuch. Vom Untergang der Schweizerischen Freiheit (1997)
- The Giant with Feet of Clay (2001, 2022)
- Concentration Camp Majdanek (con Carlo Mattogno, 2003, 2016)
- Concentration Camp Stutthof (con Carlo Mattogno, 2003, 2016)
- Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp? (Con Carlo Mattogno, 2004, 2020)
- Sobibór: Holocaust Propaganda and Reality (con Thomas Kues e Carlo Mattogno, 2010, 2018)
- The “Extermination Camps” of “Aktion Reinhardt” (con Thomas Kues e Carlo Mattogno, 2013, 2015)
- Auschwitz: Eyewitness Reports and Perpetrator Confessions of the Holocaust (2019).
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://codoh.com/library/document/jurgen-graf-15-august-1951-13-january-2025/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_term=2025-01-18&utm_campaign=Will+You+Join+Us+In+Celebrating+the+Life+and+Legacy+of+an+Old+Friend++
[2] Nota del traduttore: in italiano, il titolo in questione potrebbe essere tradotto con “La menzogna dell’Olocausto”).
[3] Nota del traduttore: “La chimica di Auschwitz”.
[4] Nota del traduttore: “Conferenze sull’Olocausto”.
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