Il semi-revisionismo è morto
Contestualizzazione di “Denial is Dead” di David Cole
di Hadding Scott
https://codoh.com/library/document/semi-revisionism-is-dead/
Nel 2016, ho scritto per il CODOH (Committee For Open Debate on the Holocaust) dei resoconti critici delle opinioni di due uomini, già eminenti personalità del Revisionismo dell’Olocausto, David Irving (“Parlando francamente di David Irving”, “David Irving non è l’incarnazione del revisionismo dell’Olocausto“) e Mark Weber (“Mark Weber: ambiguo imboscato semi-revisionista ” –Prima parte e Seconda parte ), che ora sposano quello che Robert Faurisson chiama semi-revisionismo. I semi-revisionisti sostengono essenzialmente che il Revisionismo dell’Olocausto si è concluso con il Rapporto Leuchter nel 1988: “Il Revisionismo arriverà fino a qui e non oltre!” Ciò significa che qualsiasi accusa di omicidio di massa contro i Tedeschi non specificamente affrontata nel Rapporto Leuchter, e non ancora abbandonata dalle autorità ebraiche in materia di Olocausto, è sostenuta dai semi-revisionisti come vera. I semi-revisionisti sono olocaustici senza i crematori di Auschwitz e Majdanek.
I semi-revisionisti sfruttano al massimo i luoghi in cui le presunte camere a gas non esistevano più e non potevano essere esaminate. In particolare, ciò include i campi dell’Aktion Reinhardt (Treblinka, Sobibor, Belzec), che David Irving chiama “i veri centri di sterminio”. A questo Irving aggiunge i “bunker” di Auschwitz – le cosiddette casa bianca e la casa rossa, le cui ubicazioni precedenti non sono nemmeno realmente note.
Ai semi-revisionisti piace anche resuscitare accuse di fucilazioni di massa sul fronte orientale, perché anche queste non potevano essere affrontate dal Rapporto Leuchter.
A questo, David Cole ama aggiungere l’accusa che qualcosa come 100 ebrei furono gasati nel 1943 a Natzweiler-Struthof, dove, naturalmente, non ci sono prove fisiche a sostegno dell’accusa.
Lo scopo qui è quello di mostrare che la posizione semi-revisionista è indifendibile e che i motivi della sua adozione da parte di David Irving, Mark Weber e David Cole sono discutibili.
David Irving inventa il semi-revisionismo
David Irving
David Irving è stato uno storico di fama negli anni ’60 e ’70, ma mai uno specialista dell’Olocausto. È entrato a far parte del Revisionismo dell’Olocausto, per caso. Studiando dei documenti, aveva riscontrato una mancanza di prove del fatto che Hitler sapesse qualcosa su qualsiasi programma di omicidio di massa degli ebrei. Da tale mancanza di prove, allorché queste sarebbero dovuto esistere, Irving concluse che Hitler non lo sapeva.
Irving notò anche la mancanza di prove documentali che chiunque altro sapesse delle gasazioni. Non ce n’era menzione né nei rapporti della sorveglianza interna tedesca (Stimmungsberichte) né nella sorveglianza britannica delle comunicazioni tra Tedeschi.
Pur riponendo la sua massima fiducia nei documenti contemporanei, Irving non respinse del tutto le testimonianze del dopoguerra, come la testimonianza del 1964 di Erich von dem Bach-Zelewski, secondo cui Himmler aveva intrapreso la distruzione degli ebrei europei all’insaputa di Hitler (Irving, La guerra di Hitler, 1977, p. 858, citato dalla pubblica accusa nel corso della Testimonianza di Irving nel 1988 per Ernst Zündel). C’era anche un’affermazione di Karl Wolff, secondo il quale solo 70 uomini sapevano delle gasazioni degli ebrei.
Basandosi su queste affermazioni del dopoguerra, secondo cui la distruzione degli ebrei era avvenuta segretamente e persino Hitler ne era stato tenuto all’oscuro, Irving fu in grado di spiegare l’assenza di documentazione senza semplicemente concludere che nessun ebreo fu gasato.
Nel 1983 (di persona) e nel 1984 (per iscritto) il Professor Robert Faurisson fece notare a Irving che non era credibile che l’uccisione sistematica di milioni di ebrei fosse avvenuta all’insaputa di Hitler. Sottolineò anche che, in realtà, Karl Wolff intendeva solo dire che non più di 70 uomini avrebbero potuto sapere delle gasazioni, dal momento che Wolff stesso non aveva informazioni di prima mano che indicassero che la storia delle gasazioni fosse vera, avendone sentito parlare dalla propaganda alleata. Lo stesso Irving, osservò Faurisson, sembrava incerto in merito.
Fu la perizia di Fred Leuchter sulle prove fisiche di Auschwitz e Majdanek che, nel 1988, ribaltò la fiducia di David Irving nei cosiddetti rapporti dei testimoni oculari e nelle confessioni del dopoguerra, e lo trasformò in un “miscredente” riguardo ad Auschwitz e in uno scettico sulla storia delle camere a gas in generale. Pur non affermandolo mai esplicitamente, David Irving aveva evidentemente concluso che l’Olocausto in generale era falso, usando le espressioni “sei milioni di falsi” e “l’intera mitologia dell’Olocausto”.
Sebbene Irving dicesse che, assumendo questa posizione, si era unito alla schiera dei dannati, il suo entusiasmo all’epoca era palese:
“Perché credo che stiamo per portare a termine un’impresa spettacolare!”
Dichiara l’intenzione di duplicare gli esami forensi, che Fred Leuchter aveva eseguito per conto di Ernst Zündel, e di farli pubblicare da un importante editore:
“E poi, naturalmente, arriverà il nostro momento di gioia collettiva, perché dovrà essere una grande riscrittura della storia”.
Irving sottovalutò l’opposizione che avrebbe incontrato. Era troppo ottimista nel pensare di poter convincere un grande editore a gestire un lavoro come il Rapporto Leuchter, e sottovalutò grossolanamente il tempo necessario, affinché la smitizzazione di Auschwitz fossse generalmente accettata. Nel 1988 disse:
“Se avevo pensato che gli ultimi 25 anni della mia carriera di scrittore fossero stati difficili, è perfettamente chiaro per me che i prossimi 5 o 10 anni saranno probabilmente i più difficili che abbia mai avuto”.
La situazione si rivelò peggiore di quanto si aspettasse. Invece di scrivere un libro che smontasse il mito di Auschwitz e di farlo pubblicare da una grande casa editrice, Irving aveva ora grandi difficoltà a trovare un editore importante anche per opere che denigravano i principali nazionalsocialisti, come il suo scurrile Goebbels: Mastermind of the Third Reich (1996). Ciò era dovuto allo stigma di “miscredente”, che l’ebraismo organizzato gli aveva applicato sin dal suo debutto, nel 1988. Durante la causa per diffamazione da lui intentata contro Penguin Books e Deborah Lipstadt nel 2000, Irving si lamentò a lungo del danno patrimoniale subito per essere stato attaccato come negazionista dell’Olocausto. Alla luce delle intenzioni dichiarate da Irving nel 1988, si vede che i problemi che David Irving incontrò furono assai peggiori di quanto si aspettasse. Questa è almeno una spiegazione parziale del motivo per cui David Irving iniziò la sua ritirata.
Nel 2009 David Irving affermava di nuovo, senza maggiori prove fisiche di quelle esistenti nel 1988, che gli ebrei erano stati gasati – ma non nei crematori di Auschwitz che Fred Leuchter aveva esaminato. La sua argomentazione si basava interamente su pezzi di carta.
Quando, nel 2009, ho sentito parlare David Irving, la sua principale prova dell’omicidio di massa nei campi dell’Aktion Reinhardt (Treblinka, Sobibor, Belzec), che chiamava “i veri centri di sterminio”, era il telegramma di Hoefle. Questo telegramma non dice nulla circa l’uccisione di qualcuno.
Irving afferma che le gasazioni nella “casa bianca” e nella “casa rossa” di Auschwitz (non più esistenti) si basano sulla confessione di un ex vice-comandante di Auschwitz, Hans Aumeier.
Irving ama anche fare riferimento a un’accusa di fucilazione di massa, avvenuta da qualche parte vicino a Riga alla fine del 1941. La prova di Irving consiste in una confessione del Generalmajor Walter Bruns e negli appunti di Himmler, tratti da una conversazione telefonica con Reinhard Heydrich che includono la frase “keine Liquidierung” – che potrebbe essere un eufemismo per “non uccidere”, ma non necessariamente.
All’epoca in cui ascoltavo Irving parlare non sapevo cosa pensare in merito, salvo che notai che il telegramma di Hoefle e gli appunti di Himmler, selezionati tra migliaia di documenti per il loro presunto valore probatorio, non dicevano nulla circa eventuali uccisioni. È possibile interpretare quei documenti in modo coerente con l’omicidio di massa di ebrei, ma di quest’ultimo non c’è la dimostrazione. Più recentemente ho scoperto che le confessioni di Hans Aumeier e Walter Bruns furono estorte con la tortura. Nessuno di questi documenti è realmente una valida prova dell’omicidio di massa degli ebrei che Irving pretende di provare e deve saperlo.
Sembra che l’inganno di Irving sia consapevole, perché evita di menzionare dettagli che minerebbero la sua tesi. In maniera estremamente vergognosa Irving omette di dire al suo pubblico che le confessioni di Walter Bruns e Hans Aumeier furono estorte mentre erano prigionieri nella famigerata gabbia di Londra. A proposito della confessione di Aumeier, Irving scrisse a Mark Weber nel 1992:
“Fu detenuto in uno dei più inumani campi di prigionia britannici, il London Cave[Gabbia] (il famoso tenente colonnello A. Scotland)… Diventa più vivido ad ogni versione successiva. All’inizio nessuna gasazione, poi 50, poi 15.000 in totale. Forza bruta da parte degli inquisitori? Forse. [citato nella trascrizione del processo Irving-Lipstadt, 2 febbraio 2000]
Irving omette anche di menzionare che la confessione di Bruns parla di ebrei in coda per più di un chilometro (anderthalb Kilometer), passivamente in attesa del proprio turno di essere fucilati. Inoltre, mentre la confessione scritta attribuita a Bruns lo rende un testimone oculare del massacro, a Norimberga nella sua testimonianza dichiarò di averne solo sentito parlare (G. Fleming, Hitler and the Final Solution, 1987, p.83). L’origine e il contenuto di queste confessioni indicano che non sono credibili, e Irving lo sa.
Si può dedurre che l’imprevista entità e durata dei problemi che David Irving dovette affrontare, dopo aver iniziato a contestare pubblicamente l’Olocausto, piuttosto che una qualsiasi sincera considerazione delle prove, fu la ragione del suo ritiro dal revisionismo al semi-revisionismo. Inoltre, David Irving mantiene la sua posizione semi-revisionista con l’inganno.
Mark Weber segue l’esempio di David Irving
Mark Weber
Nel 1979 Mark Weber, dopo aver incontrato il Professor Robert Faurisson, scrisse un articolo per la rivista «National Vanguard» in cui notava la mancanza di “prove sostanziali” per la storia delle camere a gas e dichiarava, sulla base dell’assenza di tali prove, che Faurisson “rivela in modo conclusivo l’intera frode delle camere a gas”. Per il Mark Weber del 1979, Robert Faurisson aveva già demolito la storia delle camere a gas.
Nel 1988 Mark Weber era un dipendente dell’Institute for Historical Review, quando gli fu chiesto di testimoniare per Ernst Zündel, con il quale era in corrispondenza da diversi anni. Un elemento importante della testimonianza di Weber riguardava i presunti Diari di Goebbels come prova dell’Olocausto: Weber disse che l’autenticità di almeno alcuni brani (in particolare l’annotazione del 27 marzo 1942) era assai dubbia perché in contraddizione con altre annotazioni dei Diari e con altri documenti tedeschi e che, nell’ambito dei suoi compiti, come Ministro della Propaganda e Gauleiter di Berlino, Goebbels non avrebbe avuto informazioni dirette di alcun programma segreto di assassinii di massa di ebrei. (Weber citato da R. Faurisson, 3 aprile 2009)
Dopo essere diventato direttore dell’IHR nel 1995, Weber ha iniziato a indirizzare gradualmente l’Istituto lontano dalla sua raîson d’être: il Revisionismo dell’Olocausto. Nel gennaio 2009 ha pubblicato un saggio in cui presentava varie giustificazioni per cui l’IHR non avrebbe più dovuto concentrarsi sulla smitizzazione dell’Olocausto (e ha anche professato di credere a certi brani dei Diari di Goebbels che aveva demistificato sotto giuramento nel 1988). Ha affermato che l’Olocausto risale a così tanto tempo fa che l’interesse era scemato e non era più rilevante. Ha dichiarato che i materiali antisionisti si vendevano meglio dei materiali revisionisti dell’Olocausto. Ha anche affermato che il Revisionismo dell’Olocausto non è stato utile per combattere “il potere ebraico-sionista”.
Tuttavia, invece di limitarsi ad soddisfare la richiesta di materiali antisionisti, Weber ha iniziato a evitare il Revisionismo dell’Olocausto, cosa che, come direttore dell’IHR, non aveva il diritto di fare. Ma ha continuato a parlare e scrivere di altri argomenti storici contemporanei al presunto Olocausto – il che dimostra l’insincerità della sua giustificazione, secondo cui l’Olocausto risaliva a troppo tempo prima per essere interessante. In una lunga intervista del 2016 con Jim Rizoli, Mark Weber non solo evita di approvare le conclusioni di Faurisson, ma evita di ammettere di aver approvato le scoperte di Faurisson, e finge persino di non aver avuto alcuna conoscenza con Ernst Zündel prima del processo del 1988.
Che cosa ha causato l’abbandono della causa da parte di Weber? Ci sono due influenze note.
Weber provò una grande delusione dopo i processi per notizie false di Ernst Zündel, in cui aveva testimoniato. Come amico di Weber in quel periodo, Faurisson osserva: “Nel 1988 Weber era ancora, apparentemente, un Revisionista. È in tale veste che ha testimoniato sotto giuramento in qualità di perito al processo di Zündel a Toronto. Eppure, negli anni che seguirono, di fronte alle crescenti difficoltà incontrate dal Revisionismo, mi sembrò che si perdesse d’animo…” [R. Faurisson, 3 aprile 2009]
Nell’intervista del 2016 Weber parla di come l’ebraismo organizzato abbia continuato a perseguitare Zündel per altre vie, dopo che quest’ultimo li aveva battuti nei processi per notizie false, e usa più volte la parola “stupito” per descrivere come si sentiva al riguardo. I testimoni più importanti di Zündel, Fred Leuchter e David Irving, ebbero la loro carriera rovinata, e questi esempi molto probabilmente impressionarono anche Weber. Questo sembra essere il motivo dell’allontanamento di Mark Weber.
La presa di distanza di Weber dal Revisionismo dell’Olocausto fu, tuttavia, plasmata dall’influenza di David Irving. Weber adottò la posizione di Irving secondo cui l’Olocausto era avvenuto principalmente nei campi dell’Aktion Reinhardt, dove Fred Leuchter non aveva effettuato alcun rapporto, perché le presunte strutture per la gasazione non esistevano più. Weber dichiara due volte a Rizoli che la sua posizione è essenzialmente la stessa di David Irving.
L’attuale resoconto di Weber sull’Olocausto non ha senso e, come quello di Irving, non si basa su prove fisiche. Quando Rizoli fa notare che le gasazioni nei campi dell’Aktion Reinhardt dovrebbero essere state eseguite con i gas di scarico diesel e che ciò è impraticabile, Weber dice che lo sa. Quando Rizoli chiede a Weber come pensa che gli ebrei siano stati uccisi in quei campi, la risposta di Weber è: “Non lo so.”
Mark Weber sostiene un’accusa di omicidio di massa su vasta scala, sulla quale non è in grado di fornire dettagli. Per uno storico professionista, che ha trascorso decenni a concentrarsi su tale questione, è imbarazzante. È alla pari di “Sono confuso” di Raul Hilberg durante il primo processo per notizie false del 1985. Mark Weber ha abbandonato ogni scetticismo per saltare sul carro semi-revisionista di David Irving.
A differenza di Irving, tuttavia, Weber non sostiene tanto il semi-revisionismo, ma se ne serve piuttosto per scusarsi di parlare dell’Olocausto: “Il revisionismo dell’Olocausto ha fatto il suo tempo e non ha più nulla da dire.” Questa sembra essere la posizione di Weber. Rizoli, tuttavia, chiese a Weber di parlare dell’Olocausto. Ecco perché Weber sembrava così impreparato a rispondere anche alle domande più elementari.
David Cole, il “revisionista ebreo”
David Cole
Due fatti importanti su David Cole sono che il suo background lo rende ostile al Revisionismo dell’Olocausto, e che è stato coinvolto nel Revisionismo dell’Olocausto solo nel 1989, in un momento in cui la causa sembrava fare importanti progressi – dopo il processo per notizie false del 1988 in cui Fred Leuchter e David Irving avevano reso le loro testimonianze bomba.
Nel 1989 altri ebrei, rispetto a David Cole, stavano già facendo concessioni al revisionismo. Cole afferma di essere stato influenzato nel 1989 dal libro di Arno Mayer Why Did the Heavens Not Darkem? (Perché i cieli non si sono oscurati? – N.d.T.) (1988). Nel 1989 la Fondazione Klarsfeld (ebraica e comunista) pubblicò Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers (Auschwitz: tecnica e funzionamento delle camere a gas – N.d.T.) di Jean-Claude Pressac, che avrebbe dovuto riaffermare la fattualità delle gasazioni, ma che era in realtà ambiguo, poiché faceva così tante concessioni al revisionismo che, come scrisse Mark Weber:
“Il libro di Pressac rafforza, in realtà, la visione revisionista della storia dello sterminio di Auschwitz e, di conseguenza, dell’intera leggenda dell’Olocausto“.
Alla fine del 1989 Yehuda Bauer dello Yad Vashem chiese che il bilancio ufficiale delle vittime di Auschwitz fosse drasticamente ridotto, da 4 milioni a 1,6 milioni (in totale). Un articolo del «New York Times» del 12 novembre 1989 riassume così la motivazione di Bauer:
“Esagerare il numero dei morti ad Auschwitz”, dichiarò, “servirebbe solo a portare acqua al mulino dei negazionisti dell’Olocausto”. “Possono aggiungerne, capisce?”, disse Bauer. La cifra di quattro milioni, combinata con i morti noti altrove, si tradurrebbe in un numero totale di vittime dell’Olocausto ben superiore alla cifra approssimativa di sei milioni che è stata per lungo tempo fissata con metodi diversi, tra cui un confronto delle statistiche della popolazione ebraica europea prima e dopo la guerra, affermò Bauer [P. Steinfels, «Auschwitz Revisionism: An Israeli Scholar’s Case», «NY Times», 12 novembre 1989].
Isaac Lewin, un professore di storia in pensione della Yeshiva University, si oppose alla riduzione del numero ufficiale di morti ad Auschwitz, basandosi sulla (falsa) confessione di Rudolf Hoess e su “studiosi di alto calibro accademico” che presero quella confessione per oro colato (I. Lewin, «NY Times», 25 novembre 1989).
Bauer replicò: “Il signor Lewin non capisce che i negazionisti neonazisti dell’Olocausto sanno contare?” [Y. Bauer, «NY Times», 23 dicembre 1989]
I Revisionisti dell’Olocausto avevano ottenuto un successo così impressionante con il processo per notizie false del 1988 che gli ebrei più razionali cercarono di limitare i danni, regolando il loro sacro mito per renderlo meno palesemente insostenibile, e effettuando, essi stessi, preventivamente la revisione, invece di aspettare che il loro gruppo etnico varcasse la soglia del ridicolo e subisse un’ulteriore perdita di credibilità.
Anche questo faceva forse parte della motivazione di David Cole? La tempistica del suo ingresso nella fase revisionista suggerisce che tale potrebbe essere il caso. Nella sua apparizione del 1994 nel Donahue Show, Cole disse di aver lavorato con i sostenitori della storia dell’Olocausto molto più che con i Revisionisti.
“Vi prego di essere chiari sul fatto che ho lavorato anche con i ricercatori dell’Olocausto dall’altra parte della barricata“.(David Cole, Donahue, 14 marzo 1994.
David Cole venne improvvisamente meno alla sua lealtà, o si rese semplicemente conto, come Yehuda Bauer, che bisognava fare delle concessioni?
Quest’ultima ipotesi sembra la più probabile.
David Cole iniziò ad attirare l’attenzione generale come Revisionista dell’Olocausto nel 1992. Cole viene menzionato per la prima volta sul sito web dell’Institute for Historical Review in seguito alla violenta interruzione di un incontro all’UCLA (Università della California, Los Angeles – N.d.T.) e a un attacco fisico a Cole e ad altri, da parte dei membri della Jewish Defense League, il 22 gennaio 1992. Il 30 aprile 1992. Cole apparve con Mark Weber al Montel Williams Show. Nel settembre 1992 Cole fece il suo famoso documentario su Auschwitz. Il 14 marzo 1994 Cole apparve con Bradley Smith al Donahue Show. Il 20 marzo 1994 Cole era uno dei quattro Revisionisti (l’unico ebreo, e di gran lunga il più giovane) inclusi in un servizio speciale di 60 Minutes sul Revisionismo dell’Olocausto.
Per essere una persona che si era interessata al revisionismo dell’Olocausto solo per un breve periodo, David Cole otteneva molta pubblicità. Come fece ad attirare tanta attenzione così rapidamente?
È interessante, in questo contesto, ricordare un’osservazione dell'”ex-ebreo” Gilad Atzmon, su quello che egli chiama “dissenso ebraico satellite“. Quando c’è un “problema ebraico”, osserva Atzmon, è molto facile per un ebreo farsi carico della protesta dei non ebrei, e quindi trasformare una protesta contro gli ebrei in ciò che equivale a un’opposizione controllata. La ragione per cui ciò è facile per un ebreo è che nessuno vuole entrare in conflitto con gli ebrei e andare incontro a tutti i problemi che ne conseguono. Per evitare tutti questi problemi, i non ebrei permettono all’ebreo di parlare per loro e di diventare il loro capo. Il risultato è che quella che era iniziata come una protesta contro gli ebrei diventa una disputa tra ebrei e quel contrasto resta circoscritto alle possibilità accettabili per gli ebrei. Atzmon cita anche David Cole come esempio di questo fenomeno.
È chiaro che alcuni Revisionisti dell’Olocausto erano molto felici di avere un ebreo dalla loro parte, per attenuare le critiche, ma è altrettanto chiaro che i mezzi di comunicazione di massa erano meglio disposti a diffondere il Revisionismo dell’Olocausto, se rappresentato da un ebreo. Essendo ebreo, David Cole è stato in grado di ottenere più pubblicità e più simpatia più rapidamente dei non ebrei che avevano lavorato nello stesso campo per decenni.
Oggi David Cole scrive per «Taki’s Mag». C’è qualcuno che crede che «Taki’s Mag» publicherebbe gli articoli di David Cole, con i suoi legami con il Revisionismo dell’Olocausto, se non fosse ebreo? Recentemente alcuni produttori di un podcast, di tendenze politiche liberali, mi hanno chiesto di consigliare loro un revisionista dell’Olocausto da poter intervistare. Quando è stato menzionato David Cole, ho detto loro che non era un buon rappresentante, ma le mie proteste sono state inutili e lo hanno scelto comunque, perché era ebreo e avrebbero avuto meno critiche.
Ora, a favore di David Cole bisogna dire che è un buon presentatore. Sa come esporre i fatti rilevanti in modo conciso. Il suono e il ritmo del suo documentario su Auschwitz sono migliori rispetto al video simile realizzato da David McCalden qualche anno prima.
Tuttavia, è indiscutibile che l’identità etnica di David Cole abbia suscitato un’esaltazione automatica e non del tutto meritata, quanto al suo status di rappresentante del Revisionismo dell’Olocausto.
È altrettanto chiaro che a David Cole piace esagerare la propria importanza.
Negli ultimi anni Cole ha scritto: “Mi sento in parte responsabile del feticismo esistente tra i Revisionisti per quanto concerne le prove fisiche“.(Newsletter dell’Adelaide Institute, agosto 2014).
No, scusa David. Il Revisionismo ha sempre riguardato il superamento di documenti falsi e false testimonianze, e il modo migliore per farlo consiste nel presentare prove fisiche. Questo è il motivo per cui il Professor Faurisson visitò Auschwitz negli anni ’70, e il Rapporto Leuchter fu commissionato nel 1988 – tutto prima dell’avvento del revisionista ebreo.
A proposito del documentario di Cole su Auschwitz, Greg Raven ha osservato: “Il valore principale di questa produzione – che promette di essere un ‘best-seller’ revisionista – è l’intervista di Cole a un alto funzionario del Museo di Stato di Auschwitz, che ammette davanti alla telecamera che la ‘camera a gas’ di Auschwitz, mostrata a centinaia di migliaia di turisti ogni anno, è una ricostruzione postbellica e conferma, quindi, un punto importante che i Revisionisti hanno sostenuto per anni”. (G. Raven, «JHR», marzo-aprile 1993)
Ma come racconta Cole, nessuno aveva sentito dire che il crematorio I era una “ricostruzione” prima che lui, in quanto ebreo che parlava con un altro ebreo, lo facesse ammettere a Franciszek Piper. Ma fu il Professor Faurisson a scoprire i progetti delle strutture nel 1975, e già negli anni ’70 i funzionari del Museo di Auschwitz gli dissero che il crematorio I era una “ricostruzione”. Cole, tuttavia, fu in grado di ottenere molta più pubblicità di quanta ne abbia mai avuta Robert Faurisson, poiché si prese il merito della scoperta di Faurisson,.
Tuttavia, Faurisson l’esperto e Cole l’ultimo arrivato assunsero atteggiamenti diversi nei confronti di questa rivelazione. Mentre Cole accettava che il crematorio I fosse una “ricostruzione”, Faurisson aveva rifiutato quel termine e aveva insistito sull’uso della parola falsificazione, poiché una “ricostruzione” di una presunta camera a gas che non è mai stata una camera a gas non è una ricostruzione. Faurisson criticava la negligenza di Cole nel permettere a Piper di farla franca con quella rappresentazione ingannevole.
L’esagerazione di Cole della sua importanza come Revisionista può essere vista come mero egoismo, o, secondo l’osservazione di Atzmon, come il voler dare un volto ebraico – e, di conseguenza, porre limitazioni ebraiche – fino al massimo grado possibile a quella che era stata una critica agli ebrei e alla loro impostura ebraica.
Atzmon ritiene che Cole “non sia un cospirazionista”, e può essere, ma è certo che Cole ha, in qualche modo, mostrato due facce.
Cole, per sua stessa ammissione, non è sempre stato completamente onesto. Quando Cole si rivolse alla conferenza dell’IHR, dopo la sua apparizione del 1994 nel Donahue, Show iniziò pronunciando un mea culpa per aver rinnegato e condannato Ernst Zündel durante il Donahue Show. Cole affermò di aver momentaneamente perso la propria integrità quando fece quelle affermazioni. Ma, sicuramente, questa mancanza di integrità non è stata un episodio unico per Cole, perché nel suo libro Repubblican Party Animal parla di nuovo di Ernst Zündel e anche dei Revisionisti in generale – le persone a cui si rivolgeva in quella conferenza – in modo molto dispregiativo. (Vedi la recensione di Frederick Töben.)
Contestare l’Olocausto in quanto tale è sempre stato fuori discussione per David Cole, perché negare l’Olocausto sarebbe una cosa terribile. Cole applica l’etichetta di negazionista dell’Olocausto a uomini come Robert Faurisson, che sono legittimamente giunti alla conclusione che l’Olocausto è essenzialmente una storia falsa. I “negazionisti dell’Olocausto” sono riprovevoli, dice Cole nel suo libro: “La verità è che non ho mai negato l’Olocausto, né ho mai diffuso odio (tranne quando mi riferisco ai nazisti, che io, in effetti, odio).” [citato da F. Töben, Newsletter dell’Adelaide Institute, agosto 2014]
Così, sembra che il coinvolgimento di David Cole nel Revisionismo dell’Olocausto sia sempre stato una questione di controllo dei danni da parte degli ebrei.
La retorica semi-revisionista è una retorica dell’offuscamento
Michael Shermer e David Cole
Il portavoce pro-Olocausto in quel Donahue Show del 1994, Michael Shermer, era in realtà un amico di Cole ed era stato in grado di prendere parte allo show grazie a questa amicizia. Secondo Cole, Shermer dovette bluffare per farsi strada nello show perché non era un esperto dell’Olocausto e, avendo ricevuto da Cole una lista di 38 argomenti revisionisti, non fu in grado di ottenere risposte su quei punti da nessuno dei noti esperti dell’Olocausto a cui aveva posto delle domande. Infatti, a Shermer era stato detto da un funzionario del Simon Wiesenthal Center che non c’erano buone risposte, secondo Cole.
Sapendo che Shermer stava bluffando, è interessante osservare che tipo di argomenti utilizzò. Shermer afferma che non c’è alcun onere della prova per gli accusatori, per dimostrare che le loro accuse sono vere: “L’onere della prova non spetta a noi, per dimostrare che l’Olocausto è avvenuto. Questo accade da cinquant’anni. Lo abbiamo stabilito. L’onere della prova spetta a loro, per dimostrare che non è successo”. (Donahue, 14 marzo 1994)
Pertanto, si dovrebbe credere all’Olocausto, anche ammettendo che non ci sono prove che sia avvenuto. Shermer dice più volte in modi diversi: “Che l’assenza di prove non è la prova che un fatto non sia mai avvenuto”. (Donahue, 14 marzo 1994)
David Cole denunciò, in seguito, quell’esibizione di Shermer, ma il tipo di retorica che Shermer usò nel Donahue Show nel 1994 – quando sappiamo che stava bluffando – sembra essere il tipo di retorica che David Cole e gli altri semi-revisionisti usano oggi.
Vale a dire che i semi-revisionisti hanno assegnato l’onere della prova agli scettici e hanno attribuito la presunzione di verità all’Olocausto. Lo fanno in modo più evidente quando decidono che la totale mancanza di prove fisiche delle gasazioni nei campi dell’Aktion Reinhardt non è un problema. Lo fanno quando interpretano volontariamente documenti come il Telegramma di Hoefle in modo tale che offrano sostegno alla narrazione dell’Olocausto. E lo fanno quando ignorano la lezione del 1988 (una lezione già dispensata da Rassinier), che non ci si può fidare delle testimonianze dei “sopravvissuti all’Olocausto” e delle confessioni estorte agli uomini sotto custodia anglo-americana, che si tratti di Rudolf Hoess o di Walter Bruns.
I Revisionisti dell’Olocausto, al contrario, sostengono che molte accuse mosse contro la Germania sconfitta nel 1945 sono state formulate frettolosamente con motivazioni propagandistiche, e non sono mai state adeguatamente provate. Né queste accuse acquisiscono maggiore credibilità, semplicemente perché sono state ripetute per molti decenni.
Così, i semi-revisionisti condividono la presunzione olocaustica riguardo a chi appartenga l’onere della prova, e hanno in comune con i Revisionisti solo il fatto che accettano il Rapporto Leuchter.
Ora, nel suo saggio «Denial is Dead» («Taki’s Mag», 29 settembre 2016), David Cole identifica se stesso, Mark Weber e David Irving come i veri rappresentanti del Revisionismo dell’Olocausto – semplicemente perché è stata loro concessa la massima notorietà negli Stati Uniti, maggiore di quella concessa a chiunque sia stato pubblicamente associato a quella causa. Quello che vediamo, tuttavia, è che questi sono gli uomini che hanno abbandonato il Revisionismo: nel caso di Irving per motivi finanziari, nel caso di Weber apparentemente per paura o disperazione e per quanto riguarda il caso di Cole, sembra che non sia mai stato veramente un Revisionista, ma piuttosto qualcuno che ha cercato di limitare i danni per gli ebrei. Non è interessante notare come le personalità che si collocano all’interno del Revisionismo e che sono state più abili nell’ottenere pubblicità si siano rivelate le meno probe?
Tuttavia, nonostante tutto, non bisogna essere eccessivamente irritati con David Cole. Nel suo saggio «Denial is Dead», dopo aver condannato coloro che sostengono che non c’è stato alcun omicidio di massa degli ebrei, Cole ha scritto:
“Ah, Auschwitz. Sì, è qui che abbiamo ancora un problema. Auschwitz è il motivo per cui è improbabile che Irving, Weber e io veniamo invitati al cotillon autunnale del Simon Wiesenthal Center. […] Per me, non ci sono semplicemente le prove, e le prove esistenti mettono in discussione questa affermazione”.
Difendendo il semi-revisionismo sulle pagine di una pubblicazione relativamente mainstream come «Taki’s Mag», Cole ha fatto compiere al revisionismo dell’Olocausto i proverbiali due passi avanti e uno indietro. Anche se deride il sincero Revisionismo dell’Olocausto, ha contribuito ad avvicinare il mainstream alla posizione revisionista.
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