Nell’Apocalisse di Giovanni vengono nominati più volte “i re della terra”. Chi sono costoro? Nel testo l’espressione in questione ricorre otto volte. Nel primo e nell’ultimo caso, tale designazione non ha un significato negativo, ma, nelle sei menzioni centrali, i “re della terra” rivestono un significato inequivocabilmente negativo: sono nemici di Cristo e dell’Agnello. Ma a chi si riferisce esattamente Giovanni quando impiega questa espressione?
La maggior parte dei commentatori vede “i re della terra” come i governanti del primo secolo delle “nazioni che hanno stretto relazioni illecite con Roma” (Mounce)[1] o, più in generale, come tutti i governanti politici – compresi gli imperatori di Roma – nel corso della storia della Chiesa cristiana.
Il preterista Kenneth Gentry propone un’interpretazione diversa: secondo lui, Giovanni con questa espressione si riferisce all’aristocrazia religiosa ebraica, i cui esponenti costituirono storicamente il nemico irriducibile tanto di Cristo quanto dei suoi discepoli. La soluzione proposta da Gentry mi sembra oltremodo interessante e seguirò quindi il percorso del suo ragionamento. Il primo dato da cui partire è che nel testo di Giovanni la regalità è un concetto ricorrente: i “re della terra” non sono gli unici re che compaiono nella narrazione del veggente di Patmos. Ecco come Gentry introduce la sua disamina:
“L’Apocalisse è piena di re. In essa, leggiamo di altri re che sono descritti in modo diverso. Ad esempio, in 10, 11, Giovanni viene nuovamente incaricato di profetizzare, e il nuovo incarico viene ampliato per includere la sua profezia riguardante nazioni e “re”… Sentiamo anche parlare dei “re provenienti dall’oriente” (16, 12) e dei “re dell’intera terra abitata” (16, 14) che si radunano alla battaglia di Har Magedon. Leggiamo dei “sette re” specificamente legati alla bestia (17, 10), che sono distinti dai “dieci re” che “odieranno la meretrice e la renderanno desolata” (17, 12, 16). Vediamo “re” che vengono sconfitti nella battaglia culminante dal Re dei re (19, 18); questo probabilmente si riferisce a una schiera più ampia di “re” (sotto il controllo della bestia), che include anche il nostro sottoinsieme più piccolo, “i re della terra” (19, 19). Oltre a questi re umani, Satana appare come il “re” delle locuste (demoniache) dell’abisso in 9, 11. Infine nell’Apocalisse, Dio stesso è lodato come l’esaltato “Re delle nazioni” (15, 3). E l’Agnello è il “Re dei re” (17, 14; 19, 16; cfr. 11, 15; 12, 10), il che implica non solo il suo essere il Re dei “re della terra”, ma l’essere il Re di tutti i re. E sebbene i cristiani non siano direttamente chiamati “re”, Giovanni afferma che costituiscono un regno (1, 6, 9) e che regneranno (5, 10; 20, 4, 6)”.
Ma come giunge Gentry a identificare i “re della terra” con l’aristocrazia religiosa ebraica, quella, ribadiamolo, che pretese da Pilato la crocifissione di Gesù? Semplice: alla luce del capitolo 4, versetti 26-30 degli Atti degli Apostoli, versetti che riprendono – attualizzandolo in senso cristiano – il Salmo 2. Leggiamo quindi i relativi passi.
Salmo 2: “Perché tumultuano le genti e i popoli progettano invano? Si accampano i re della terra e i potenti complottano insieme, dicendo: «Marciamo contro Jahve e contro il suo Unto»”.
Atti degli Apostoli 4, 25-29: “Perché le genti hanno tumultuato e i popoli hanno fatto progetti pazzeschi? Si sono fatti avanti i re della terra e i capi si sono coalizzati contro il Signore e contro il suo unto. È un fatto innegabile che in questa città Erode Antipa e Ponzio Pilato, pagani e Giudei si coalizzarono contro il santo servo tuo Gesù, da te proclamato Messia, per attuare ciò che la tua potenza e la tua volontà avevano prestabilito. Ma ora, o Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servitori di annunziare con ogni ardire la tua parola”.
Gentry: “…la parte del Salmo 2 che è citata espressamente menziona la nostra frase: ‘re della terra’. Questi ‘re della terra’ sono messi in parallelo ai ‘capi’. Per quale ragione queste autorità, questi re/capi, si sono coalizzati? Costoro si sono coalizzati ‘contro il Signore e contro il Suo Unto’ (Atti 4, 26). Nell’interpretazione della chiesa [primitiva] del passaggio in questione, coloro che si erano coalizzati includevano non solo i pagani (Ponzio Pilato) ma anche Erode, re degli ebrei, e gli ebrei stessi: tutti costoro chiesero che Cristo fosse crocifisso”[2].
Quanto alle loro “minacce”, menzionate dal versetto degli Atti degli Apostoli, esse si riferiscono evidentemente alle minacce dei capi del sinedrio. Così, allora, molto chiaramente, gli oppositori degli Apostoli includevano “i sacerdoti con il prefetto del tempio e i sadducei” (Atti 4, 1), e quindi “gli anziani e gli scribi residenti a Gerusalemme, nominatamente Anna, sommo sacerdote, Caifa, Giovanni, Alessandro e tutti gli appartenenti alla stirpe dei gran sacerdoti” (Atti 4, 6). Conclude Gentry: “Così, vediamo che la chiesa primitiva applicava l’espressione ‘re della terra’ specificamente alle autorità religiose ebraiche”[3].
Da parte mia, osservo che non solo la Chiesa primitiva, ma Gesù stesso applica la medesima espressione (“i re della terra”) alle autorità giudaiche. Mi riferisco al passo del Vangelo secondo Matteo dove si parla del didramma:
Matteo 17, 24-26: “Quando entrarono a Cafarnao, quelli che riscuotevano il didramma si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga il didramma?». Dice: «Sì». Quando Pietro tornò a casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che te ne pare, Simone: i re della terra da chi riscuotono tasse o tributi, dai loro figli o dagli estranei?»”.
Così commenta il predetto passo la Bibbia Garofalo:
“Un mese prima della Pasqua veniva riscossa la tassa che ogni israelita dopo i vent’anni doveva pagare per il tempio (Es 30, 11-13): mezzo siclo corrispondente a due dramme greche, cioè un didramma. Nel v. 27 lo statere = un siclo”.
Si trattava quindi di una tassa religiosa, da devolvere alle autorità ebraiche. Precisa al riguardo Wikipedia:
“La tassa per il Tempio non va confusa con le tasse civili, come il tributo a Cesare a cui accenna il Vangelo secondo Luca. La tassa di cui si parla serviva per il mantenimento del Tempio di Gerusalemme ed era pagata da tutti gli ebrei maschi a partire dal compimento del ventesimo anno di età”[4].
Nell’Apocalisse, più volte i “re della terra” vengono menzionati come colpevoli di aver fornicato con la città-prostituta: Babilonia (Ap 17, 2; 18, 3, 9). Ma prima ancora Giovanni li nomina nel versetto 6, 15. Rileggiamolo:
“E i re della terra e i magnati e i chiliarchi e i ricchi e i forti e ogni servo e libero si nascosero nelle grotte e fra le rocce dei monti e dicono ai monti e alle rocce: Cadete addosso a noi e nascondeteci dal volto di colui che siede sul trono e dal furore dell’agnello, poiché giunse il giorno, quello grande del suo furore, e chi potrà stare dritto?”[5].
A me sembra che quest’ultimo versetto costituisca una ripresa del discorso rivolto da Gesù alle donne di Gerusalemme che piangevano a causa della sua condanna:
Luca 23, 27-31: “Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne, che facevano cordoglio e lamento su di lui. Ma, volgendosi ad esse, Gesù disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me; ma su voi stesse piangete e sui vostri figli, perché, ecco, verranno giorni in cui si dirà: “Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno nutrito”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!” e alle colline: “Copriteci!” perché se si tratta così il legno verde, che ne sarà del secco?»”.
Torniamo per un momento all’accusa, rivolta da Giovanni ai “re della terra”, di aver fornicato con Babilonia. Giovanni descrive questa città come “ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù” (Ap 17, 6). Non è difficile vedere in questo versetto una ripresa dell’accusa, rivolta proprio da Gesù agli scribi e ai farisei per come è stata riportata dal Vangelo secondo Matteo:
Matteo 23, 34-36: “Perciò, ecco che io vi mando profeti, sapienti e scribi: ne ucciderete e crocifiggerete, ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e ne perseguiterete di città in città, affinché ricada su di voi tutto il sangue innocente sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete assassinato fra il santuario e l’altare. In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione”.
Quindi, l’identificazione degli apocalittici “re della terra” con i rappresentanti dell’establishment religioso gerosolimitano proposta da Gentry mi sembra tutt’altro che peregrina: gli scribi e i farisei apostrofati da Gesù nel Vangelo trovano una corrispondenza precisa nei “re” che si “inorgoglirono sfrenatamente” di cui parla Giovanni (Ap 18, 9).
Ma allora, se i “re della terra” dell’Apocalisse coincidono con gli esponenti del potere religioso corrotto di cui parlano i Vangeli, allora tutto ciò ci riporta ad uno scenario incentrato nel primo secolo dell’era cristiana: si tratta dell’ennesimo tassello che ci indica che la Babilonia dell’Apocalisse è davvero la Gerusalemme storica[6].
A questo punto, invito i miei lettori a ripercorrere quei versetti dell’Apocalisse, nella mirabile traduzione di Edmondo Lupieri, in cui viene menzionata “la città, quella grande”. A parte ogni altra considerazione, sembra quasi un leitmotiv musicale. Sembra proprio lei, Gerusalemme!
Ap 11, 8: “E il loro cadavere sulla piazza della città, quella grande, la quale si chiama spiritualmente Sodoma ed Egitto, dove anche il loro signore fu crocifisso”.
Ap 16, 19: “E fu la città, quella grande, in tre parti, e le città delle genti caddero. E Babilonia, quella grande, fu ricordata di fronte a Dio, così da darle il calice del vino dell’ira del suo furore”.
Ap 17, 1-2: “E venne uno dei sette angeli, quelli che hanno le sette coppe, e parlò con me dicendo: Vieni qua, ti mostrerò la condanna della prostituta, quella grande, quella che è seduta su molte acque, con la quale i re della terra fornicarono e coloro che abitano la terra s’ubriacarono del vino della sua prostituzione”.
Ap 17, 5: “… e sulla sua fronte un nome era scritto – mistero! – Babilonia la grande, la madre delle prostitute e delle abominazioni della terra”.
Ap 17, 18: “E la donna che vedesti è la città, quella grande, quella che ha regno sui re della terra”.
Ap 18, 2-3: “E gridò con forte voce, dicendo: Cadde, cadde Babilonia, quella grande, e fu abitazione di demoni e ricettacolo di ogni spirito impuro e ricettacolo di ogni uccello impuro e detestabile, poiché del vino dell’ira della sua prostituzione hanno bevuto tutte le genti e i re della terra fornicarono con lei e i mercanti della terra si arricchirono grazie alla potenza del suo orgoglio sfrenato”.
Ap 18, 18: “… e gridavano, vedendo il fumo del suo incendio, dicendo: Quale città fu simile alla città grande?”.
Ap 18, 19: E gettarono cenere sulle loro teste e gridavano, piangendo e lamentando, dicendo: Guai, guai, città grande, nella quale si arricchirono tutti quelli che hanno le navi nel mare, grazie alla sua ricchezza, poiché in una sola ora fu desolata”.
Ap 18, 21: “E sollevò un angelo forte da solo una pietra, come una molare grande, e la gettò sul mare dicendo: Così, con violenza, sarà gettata Babilonia, la grande città, e non più mai sarà trovata”.
Ap 19, 2: “poiché giudicò la prostituta, quella grande, colei che distrusse la terra mediante la sua prostituzione, e vendicò sulla mano di lei il sangue dei propri servi”.
[1] Citato in: Kenneth Gentry, The Divorce of Israel – A Redemptive Historical Interpretation of Revelation, TOLLE LEGE PRESS and CHALCEDON FOUNDATION, 2024, Primo volume, p. 260.
[2] Ivi, p. 289.
[3] Ibidem.
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Pagamento_della_tassa_del_tempio
[5] La traduzione del versetto in questione è di Edmondo Lupieri.
[6] Sull’identificazione della Babilonia dell’Apocalisse con la Gerusalemme del primo secolo si veda il commento all’Apocalisse a cura di Edmondo Lupieri pubblicato nel 1999 dalla Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore.
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