Vincenzo Vinciguerra: Il sistema Stato

IL SISTEMA STATO

Di Vincenzo Vinciguerra

Perché la verità su quanto è accaduto in questo Paese nel dopoguerra non si riesce ad affermare?

Perché anche gli storici più onesti non riescono a superare le loro barriere ideologiche e non possono – o non vogliono – infrangere i tabù della democrazia e dell’antifascismo.

Per spiegare la terza guerra civile italiana del dopoguerra, gli uffici preposti alla disinformazione hanno creato l’esistenza di due eversioni: quella nera e quella rossa.

Su quella rossa ci sarebbe molto da dire, ad iniziare dalla nascita dei gruppi “cinesi” e “marxisti-leninisti”, pacificamente attribuibili all’azione dei servizi segreti italiani e NATO, con la complicità di quelli della Cina popolare, per indebolire i partiti comunisti europei – primo quello italiano – fedeli a Mosca, per finire con le formazioni armate della sinistra extraparlamentare, che sono state lasciate libere di organizzarsi e di agire perché funzionali a quella opera di destabilizzazione dell’ordine pubblico necessaria all’intervento stabilizzatore, volto a fare dell’Italia una democrazia autoritaria.

Su quella nera possiamo dire che non è mai esistita.

Il Movimento sociale italiano è un parto di Democrazia cristiana, Vaticano, Confindustria e servizi segreti americani. È creato per contribuire alla pacificazione delle Forze armate sul modello del Movimento sociale francese, costituito a Parigi nel 1944, da cui mutua nome, simbolo (la fiamma tricolore) e struttura organizzativa, per poi trasformarsi in partito politico.

Il Msi affianca la Dc nella battaglia contro il comunismo collocandosi alla destra estrema dello schieramento politico parlamentare, raccogliendo i consensi elettorali dei “nostalgici” del Ventennio e di parte dei reduci della Rsi, migliaia dei quali erano confluiti nel Partito comunista italiano, considerato il solo oppositore del capitalismo e della borghesia rimasto nel dopoguerra.

La propaganda che accreditava il Msi come erede e continuatore del fascismo repubblicano si poneva in netto contrasto con la politica realmente perseguita dai dirigenti del partito, il cui unico obbiettivo era quello di entrare a fare parte di una maggioranza governativa, a guida democristiana.

Sotto la guida di Arturo Michelini, il Msi si avvicina al traguardo nel 1960 dando il suo appoggio esterno al governo presieduto dal democristiano Tambroni e, nel 1972, sotto la direzione di Giorgio Almirante, coltiverà l’ambizioso progetto di partecipare ad un governo guidato da Giulio Andreotti, con l’aiuto determinante del Sid diretto dal generale Vito Miceli. Il tentativo fallirà.

Le organizzazioni ufficialmente extraparlamentari di destra, Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, saranno sempre collegate al Msi. Pino Rauti manterrà i suoi rapporti con Giorgio Almirante e rientrerà nel Msi quando Almirante sarà nominato segretario nazionale del partito nel 1969.

Anche Avanguardia nazionale portò avanti la stessa politica d’ordine del Msi, pur ponendosi agli ordini di Junio Valerio Borghese, alla ricerca di un “colpo d’ordine”, non di Stato, sostenuto da ambienti militari e dai servizi segreti italiani ed americani rappresentati, questi ultimi, dal potente funzionario della Cia James Jesus Angleton, con il quale [Borghese] vantava una fraterna amicizia.

L’estrema destra, in tutte le sue componenti, ha sempre perseguito un solo obbiettivo: creare uno “Stato forte contro la sovversione rossa”. Ed ha avuto un solo nemico: il comunismo.

La conferma l’abbiamo nei fatti.

Nel corso della guerra civile italiana, i militanti di estrema destra hanno compiuto tre (ripeto, tre) omicidi premeditati: due magistrati, Occorsio e Amato, e un capitano di Ps, Straullu.

La premeditazione prova la volontà di attaccare lo Stato e se, negli anni Settanta, quelli più caldi, quelli definiti di “piombo”, ad essere ucciso con premeditazione è il solo giudice Vittorio Occorsio (luglio 1976), vuol dire che la volontà non c’è mai stata, come confermato dal fatto che a cadere in due agguati negli anni successivi saranno ancora un magistrato, Mario Amato (giugno 1980) e il capitano di Ps, Straullu, nell’ottobre del 1981.

Ma quest’ultimo, come gli agenti di Ps uccisi nel mese di giugno del 1982, a Roma, per vendicare la morte di Giorgio Vale, rientrano nell’ambito di azioni individuali che hanno come motivazione la vendetta, non certo la politica.

Non riuscendo a provare con i numeri e le motivazioni l’attacco allo Stato, si cerca di stravolgere la realtà spacciando le stragi di civili come azioni contro lo Stato.

La menzogna è palese.

Le stragi avevano come unico fine quello di consentire ai governi in carica di proclamare lo stato di emergenza, con la conseguente sospensione delle garanzie costituzionali, per il tempo necessario a mettere fuori legge il Partito comunista e tutte le organizzazioni di estrema sinistra – e qualcuna di destra – per provare che [tali governi] agivano contro gli “opposti estremismi”, una tesi cara alla Dc come al prefetto Umberto Federico D’Amato.

L’estrema destra si è assunta il compito di destabilizzare l’ordine pubblico per permettere ai detentori del potere di stabilizzare l’ordine politico.

L’estrema destra ha agito per lo Stato e con lo Stato che, difatti, ne ha protetto gli esponenti e i militanti con depistaggi e coperture di ogni genere, fino ad oggi.

L’equazione neofascisti uguale nemici dello Stato democratico va accantonata per sempre perché la storia politica italiana è una somma di tradimenti, il primo dei quali è stato quello compiuto dai presunti neofascisti nei confronti della storia e dell’ideologia del fascismo.

Occultati dietro parole e slogan che li accreditavano pubblicamente come eredi del fascismo, in particolare di quello repubblicano, i “neofascisti” hanno fatto una politica conservatrice e reazionaria, convinti che la battaglia contro il comunismo li avrebbe portati ad entrare in una maggioranza governativa.

Un obbiettivo tutto sommato misero, per il quale hanno sacrificato inutilmente tante vite, per poi essere relegati fra i rifiuti della storia.

Oggi al governo non ci sono i “fascisti”, come purtroppo pretende la propaganda di sinistra, ma gli eredi di coloro che hanno rinnegato il fascismo e che sono stati, a loro volta, rinnegati dai “Fratelli d’Italia”, la cui origine si trova in “Democrazia nazionale”, fondata da Mario Tedeschi, Licio Gelli, Amintore Fanfani e Giulio Andreotti, ai quali sono seguiti Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.

La storia va scritta per quella che è stata, quindi è ora di finirla con i “terroristi neri”, che vanno definiti per quello che sono stati: terroristi di Stato. E basta anche con i “fascisti” al governo, perché questi sono i rinnegati dei rinnegati del fascismo.

È la verità: diciamola.

 

Opera, 9 novembre 2024

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