L’importanza delle dodici tribù d’Israele nell’Apocalisse

Chi sono i destinatari dei flagelli descritti nell’Apocalisse? In particolare, a chi sono indirizzati i flagelli del settenario dei sigilli, del settenario delle trombe e del settenario delle coppe?

Penso di avere una risposta a questa domanda. Secondo me, la chiave di questo interrogativo si trova nel capitolo 7 dell’Apocalisse, quello che menziona le dodici tribù di Israele.

Per esaminare questo capitolo dell’Apocalisse è necessario però partire dal versetto 28 del capitolo 19 del Vangelo secondo Matteo:

“Gesù disse loro: «In verità ci dico: voi che mi avete seguito, nella rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul suo trono glorioso, sederete anche voi su dodici troni, per giudicare le dodici tribù d’Israele”.

Nel Nuovo Testamento vi sono altri due riferimenti alle tribù di Israele: in Luca 2, 36 (quando l’evangelista menziona la profetessa Anna, della tribù di Aser), e negli Atti degli Apostoli 26, 6-7, in cui è san Paolo a parlare:

“E ora son sottoposto a giudizio perché ho fede nella promessa fatta da Dio ai nostri padri, quella che le nostre dodici tribù, adorando fervidamente Dio notte e giorno, sperano di veder realizzata”.

All’epoca degli evangelisti e di san Paolo, quindi, le dodici tribù d’Israele esistevano ancora.

Rileggiamo adesso l’inizio del capitolo 7 dell’Apocalisse:

Dopo ciò vidi quattro angeli ritti ai quattro angoli della terra, che trattenevano i quattro venti della terra affinché vento non soffiasse sulla terra né sul mare né su alcun albero. E vidi un altro angelo che saliva dall’Oriente, che aveva un sigillo del Dio vivente, e gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali fu dato il compito di danneggiare la terra e il mare, dicendo: «Non danneggiate la terra né il mare né gli alberi, finché non abbia segnato col sigillo i servi di Dio nostro sulle loro fronti». E udii il numero dei segnati col sigillo: 144.000 segnati col sigillo da ogni tribù dei figli d’Israele. Dalla tribù di Giuda 12.000 segnati col sigillo, dalla tribù di Ruben 12.000, dalla tribù di Gad 12.000, dalla tribù di Aser 12.000, dalla tribù di Neftali 12.000, dalla tribù di Manasse 12.000, dalla tribù di Simeon 12.000, dalla tribù di Levi 12.000, dalla tribù di Issachar 12.000, dalla tribù di Zabulon 12.000, dalla tribù di Giuseppe 12.000, dalla tribù di Beniamino 12.000 segnati col sigillo”.

Torniamo ora per un attimo a Matteo 19, 28. Il commento della Bibbia Garofalo al predetto versetto è il seguente:

La rigenerazione è il rinnovamento messianico dei tempi che dura fino alla fine del mondo (28, 20); le 12 tribù d’Israele indicano la Chiesa. I 12 apostoli sono come i patriarchi del nuovo popolo eletto”.

Io però invito il lettore a prendere in considerazione un’altra possibilità: che Gesù, con l’espressione “le dodici tribù d’Israele” indicasse non la Chiesa bensì proprio le dodici tribù d’Israele!

Le dodici tribù d’Israele rappresentano l’antica nazione giudaica. Ora, sappiamo dagli apologeti del cristianesimo che la nazione giudaica è stata giudicata da Dio mediante gli eventi degli anni 66-70 dell’era cristiana, quando i Romani hanno assediato e distrutto Gerusalemme e il suo Tempio. Da quel momento in poi, le dodici tribù si sfaldano e se ne perdono le tracce, come era stato predetto da Gesù:

e cadranno a fil di spada e andranno prigionieri fra tutte le genti, e Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché siano compiuti i tempi dei pagani” (Luca 21, 24).

La prima parte del capitolo 7 dell’Apocalisse descrive precisamente il giudizio sulle dodici tribù d’Israele che era stato preannunciato da Gesù in Matteo 19, 28: nel 70 dopo Cristo, i dodici Apostoli (forse, con la sola eccezione di Giovanni) erano già morti e quindi sedevano “su dodici troni” in giudizio.

Quindi, nell’Apocalisse, a ricevere i flagelli dei sigilli, delle trombe e delle coppe troviamo le dodici tribù d’Israele o, più precisamente, i membri delle dodici tribù che non sono stati segnati col sigillo dall’angelo.

Mi sembra che questo aspetto delle dodici tribù destinatarie dei flagelli sia stato generalmente sottovalutato dagli esegeti. Probabilmente perché, esaminando il capitolo 7, l’attenzione è stata sempre rivolta a discernere l’identità dei seguaci dell’agnello, lasciando quindi nell’ombra il destino riservato alle dodici tribù. Come quando si ignora la presenza di un dettaglio determinante che pure è sotto i nostri occhi.

Perciò, quando l’Apocalisse menziona “la terra” che viene sconvolta dai flagelli si tratta in primo luogo della terra dell’Israele del primo secolo, mentre i destinatari dei castighi sono in primo luogo i membri delle dodici tribù. Ad esempio, la descrizione dell’apertura del sesto sigillo (Apocalisse 6, 12-17) riecheggia chiaramente i versetti 27-31 del capitolo 23 del Vangelo di Luca. Rileggiamoli. Luca 23, 27, 31:

“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne, che facevano cordoglio e lamento su di lui. Ma, volgendosi ad esse, Gesù disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me; ma su voi stesse piangete e sui vostri figli, perché, ecco, verranno giorni in cui si dirà: “Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno nutrito”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!” e alle colline: “Copriteci!” perché se si tratta così il legno verde, che ne sarà del secco?»”.

Apocalisse 6, 12-17:

“E vidi: quando aprì il sesto sigillo, avvenne un terremoto grande e il sole divenne nero come un sacco di crine e la luna intera divenne come sangue, e le stelle del cielo caddero sulla terra così come un fico, scosso da un gran vento, lascia cadere i suoi frutti immaturi; e il cielo si ritrasse come un libro che si ravvolge, e ogni monte e isola furono rimossi dai loro luoghi; e i re della terra e i maggiorenti e i capi militari e i ricchi e i forti ed ogni uomo, schiavo e libero, si nascosero nelle caverne e nelle rupi dei monti, e dicono ai monti e alle rupi: «Cadete su di noi e nascondeteci dal cospetto di colui che siede sul trono e dall’ira dell’agnello, poiché è venuto il giorno grande della loro ira, e chi può reggersi?”.

Tra i commenti più significativi da me letti sull’Apocalisse, lo studioso che ha più evidenziato il legame tra le piaghe ivi descritte e il destino dell’antico Israele è stato il prof. Edmondo Lupieri, grazie alla sua straordinaria erudizione e conoscenza delle fonti bibliche ed extra-bibliche. Però mi sembra che anche lui non abbia posto sufficientemente in risalto l’importanza della fine delle dodici tribù nel testo di Giovanni.

Che cosa emerge, infine, da questi elementi e da queste valutazioni? Emerge che la “tradizionale” (il virgolettato è d’obbligo) interpretazione escatologica dell’Apocalisse – quella che considera il testo di Giovanni incentrato sul tema dell’Anticristo escatologico – dominante fino ad un secolo fa in ambito cattolico è oggi, più che datata, decisamente insostenibile.

Tale interpretazione risultava datata già negli anni Venti del Novecento, quando uscì l’importante commento dell’esegeta domenicano Ernst Bernard Allo (che venne premiato con la nomina di costui nel 1940 a consultore della Pontificia Commissione Biblica). Oggi, alla luce di contributi come quello del predetto prof. Lupieri, che ha dimostrato con dovizia di argomenti che la Babilonia dell’Apocalisse corrisponde alla Gerusalemme del primo secolo, possiamo pacificamente ritenere che l’Apocalisse descriva soprattutto eventi del primo secolo, più che eventi escatologici. Per quanto riguarda poi il capitolo 7 del testo di Giovanni, possiamo essere certi che il suo contesto non è escatologico proprio grazie alla menzione delle dodici tribù d’Israele. Quando è stata scritta l’Apocalisse esistevano ancora. Ma non sopravvissero alla fine di Gerusalemme. A maggior ragione, Gesù non le troverà quando tornerà nella sua Seconda Venuta.

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