Facile preda: caccia a Germar Rudolf

Cari lettori,

pubblico a seguire la traduzione italiana di un saggio in cui il famoso revisionista tedesco Germar Rudolf ricostruisce la persecuzione legale, sociale e financo esistenziale cui venne sottoposto in Germania negli anni Novanta (proseguita poi nei primi anni Duemila). Ho voluto pubblicarla perché costituisce una testimonianza sconvolgente delle violazioni dei più elementari diritti umani e civili che possono avvenire – e che avvengono! -nel cuore del cosiddetto “Occidente democratico”. Buona lettura!

 

FACILE PREDA: CACCIA A GERMAR RUDOLF 

 

“Grazie al Cielo viviamo in uno stato di diritto.

Ma, purtroppo, questo non vale per il territorio della

Repubblica Federale di Germania.”

Johannes Gross, Capital, Germania, nov. 1994, p. 3 

 

https://germarrudolf.com/persecution-2/germars-persecution/fair-game-hunting-germar-rudolf/#ftn52 

 

Privazione dei diritti politici per i cittadini scomodi[1]

Nell’antichità e nel Medio Evo molti Paesi europei avevano il potere legale di privare i cittadini dei diritti politici per misfatti palesi. Con l’istituzione delle nazioni costituzionali secolarizzate tale pratica cadde in disuso per riemergere durante il III° Reich con le leggi sui reati d’opinione. Nella Repubblica Federale di Germania la possibilità di revoca di vasta portata dei diritti civili venne direttamente incorporata nella costituzione, all’articolo 18 della Legge fondamentale, ma fino a poco tempo fa non se ne faceva uso. Jochen Lober ha dimostrato che un’analoga limitazione dei diritti civili è stata realizzata con regolamenti extra-costituzionali.[2] In questa sede esamineremo il quesito posto da Lober, ovvero se sia stata introdotta una forma di illegalità de facto con la revisione del paragrafo 130 del Codice penale tedesco che faceva di qualsiasi tipo di negazione dell’Olocausto – o revisionismo – e opposizione al multiculturalismo un potenziale reato penale, punibile con la reclusione fino a cinque anni. Quest’esame sarà effettuato attraverso l’analisi delle vicende del Chimico Dr. Germar Rudolf. Si esaminerà, dal punto di vista fenomenologico, non cronologico, quanto accadde a lui, per concentrarsi sugli effetti del diritto penale tedesco sui diritti civili dei cittadini tedeschi.

Prima fase: la denuncia

Dal 20 al 22 settembre 1991 ebbe luogo a Norimberga (Baviera) un seminario sul revisionismo dell’Olocausto, sponsorizzato dalla Fondazione Thomas Dehler, istituzione bavarese libertaria.

Tra i partecipanti, oltre a Germar Rudolf, c’era un certo Hermann Körber, fisico di Bünde, città della Germania Settentrionale, il quale tenne un comportamento assai sgradevole, nel corso del seminario. Durante un intervento, per esempio, dichiarò che  il popolo tedesco non dovrebbe soltanto essere considerato un popolo di assassini, ma anche di predatori. Insinuò anche che gli stessi Tedeschi dovevano essere ritenuti responsabili della morte di molti vecchi, donne e bambini, causata dai bombardamenti aerei degli Alleati, perché erano stati loro a iniziare a bombardare (il che non è vero) e avevano intenzionalmente mancato di evacuare la popolazione civile (neanche questo era vero, poiché molti bambini furono trasferiti in zone meno esposte ai bombardamenti). Durante il pranzo della domenica, Körber minacciò uno dei commensali con un coltello da tavola, perché non condivideva la sua opinione sull’Olocausto e, alla conclusione della manifestazione, nel pomeriggio della domenica, apostrofò ad  alta voce i partecipanti Germar Rudolf  e Winfried Zwerenz con l’epiteto di maiali, perché in disaccordo con lui su questioni scientifiche.

Il 5 novembre 1992, Hermann Körber presentò una denuncia penale al procuratore di stato Baumann di Schweinfurt contro Rudolf per aver indotto Otto Ernst Remer all’istigazione all’odio razziale.[3] Körber sosteneva che era stato Rudolf con la sua perizia ad aver indotto Remer a iniziare la pubblicazione di materiale sull’Olocausto sulla sua rivista Remer Depesche.[4] Successivamente il procuratore di stato di Schweinfurt avviò un’inchiesta penale contro Germar Rudolf per istigazione all’odio razziale e altro, in cui era citato anche O. E. Remer.[5] Entrambi i querelati respinsero le accuse.

Poi, il 19 aprile 1993, presso l’ufficio del procuratore di stato di Bielefeld, Körber presentò una dichiarazione giurata di testimone in cui dichiarava:[6]

“In qualità di laureato in chimica, Rudolf sa e deve sapere che le sue tesi sono insostenibili.

Si può provare che ciò di cui Rudolf convinse Remer è un inganno.” 

Il 27 aprile 1993, come prova della sua asserzione, secondo la quale Rudolf era consapevolmente un imbroglione, Körber presentò un’altra dichiarazione giurata in cui interpretava le argomentazioni tecniche di Rudolf, contenute in uno scambio di corrispondenza con Werner Wegner, come incitamento all’odio razziale, e definì l’affermazione di Rudolf, secondo la quale le prove tecniche inequivocabili erano superiori alle prove documentali ambigue “procedura non scientifica e non professionale”.[7]

In un’altra dichiarazione giurata del 30 aprile 1993, Körber affermò falsamente che Rudolf sosteneva:

“La tesi di Leuchter, secondo la quale esisteva un pericolo di esplosione in tutto il complesso di Auschwitz, almeno per le strutture, ogniqualvolta avevano luogo le operazioni di gasazione con lo Zyklon B.”

Rudolf aveva infatti dichiarato che l’uso di alte concentrazioni di Zyklon B per ridurre i tempi di esecuzione ad alcuni minuti o secondi, come avevano riferito i testimoni, avrebbe comportato problemi di sicurezza dovuti a concentrazioni esplosive di cianuro di idrogeno.[8] Rudolf non aveva mai parlato né scritto di un pericolo di esplosione in generale.

L’indaffarato testimone Körber fu di nuovo all’opera il 26 maggio 1993; questa volta per affermare che i riferimenti al Rapporto Rudolf in varie edizioni della rivista Remer Depesche dimostravano che l’autore del Rapporto ne era l’iniziatore. Körber affermò anche che il tentativo di Rudolf di testimoniare come perito, respinto dal tribunale, era stato concordato per testimoniare il falso.[9] Il 7 giugno 1993, reiterò le sue accuse, secondo le quali  Rudolf avrebbe istigato Remer ai suoi misfatti sulla rivista Remer Depesche, e offrì delle prove che avrebbero rinviato l’eventuale archiviazione dell’indagine.[10]

Va sottolineato che nelle dichiarazioni di Körber non vi è menzione del fatto che Rudolf gli aveva scritto una lunga lettera nel gennaio 1993, in cui aveva presentato argomentazioni dettagliate a sostegno delle conclusioni del suo Rapporto.[11] Körber non aveva mai risposto alla lettera. La sua unica risposta era stata quella di presentare alla polizia false accuse contro Rudolf.

A metà aprile 1993, il procuratore di stato di Stoccarda avviò un altro procedimento penale contro Rudolf, oltre all’istruttoria in corso riguardante l’istigazione. Quest’azione penale prese il via dalla diffusione della versione commentata del Rapporto Rudolf da parte del Generalmajor in pensione O.  E. Remer.

Le prime copie della versione di Remer furono inviate a varie insigni personalità del mondo politico, giudiziario e scientifico il 16 aprile 1993.[12] Lo stesso giorno, il Prof. Dr. Hanns F. Zacher, Presidente della Società Max Planck (Max-Planck-Gesellschaft, MPG), ricevette una telefonata dal Presidente del Consiglio direttivo dello Zentralrat der Juden in Deutschland (Consiglio centrale degli ebrei in Germania),  Ignatz Bubis, in cui quest’ultimo esprimeva al Prof. Zacher la sua preoccupazione per le ripercussioni del Rapporto del chimico Dr. Germar Rudolf, a quel tempo dipendente della Società Max Planck.[13] Non si sa cosa fece il Prof. Zacher in  risposta alla telefonata. In ogni caso, all’epoca, non vi fu alcun tentativo da parte della Presidenza della Società Max Planck di risolvere il contratto di lavoro di Rudolf.

A metà maggio 1993, Rudolf ricevette nel suo ufficio due telefonate da giornalisti (del settimanale tedesco Stern e dell’emittente televisiva privata SAT 1) in relazione alla diffusione della versione Remer. Durante una di queste telefonate, era presente nell’ufficio di Rudolf una sua collega che riferì il fatto a un altro collega, Jörg Sassmannshausen, il quale lo segnalò immediatamente al Direttore generale dell’Istituto Max Planck, Prof. Arndt Simon.[14] In seguito, fu chiesto a Rudolf di non comparire più all’Istituto, salvo su esplicita richiesta del suo relatore della tesi di dottorato, Prof. Dr. H. G. von Schnering, per impedire ulteriori contatti con i giornalisti durante l’orario di lavoro. Il suo contratto di lavoro non era stato menzionato.

Questa richiesta fu successivamente reiterata per iscritto. Nove giorni dopo, Rudolf entrò all’Istituto Max Planck per copiare alcuni documenti e per discutere della riproduzione della sua tesi di dottorato con il suo relatore. Evitò deliberatamente di entrare nel proprio ufficio per non dover rispondere alle domande dei giornalisti. Tuttavia, Rudolf fu visto dagli impiegati dell’Istituto, i quali riferirono della sua presenza al Direttore generale.

Seconda fase: la rovina professionale

Poiché Rudolf aveva tralasciato di chiedere al suo relatore il permesso di entrare nell’Istituto, il giorno dopo gli fu chiesto di accettare la risoluzione del suo contratto di lavoro senza preavviso.[15] Come giustificazione fu addotto, in primo luogo, l’invio da parte di Rudolf di lettere scritte su carta intestata dell’Istituto Max Planck, mentre lavorava al suo Rapporto. Rudolf aveva privatamente incaricato l’Istituto Fresenius dell’analisi di campioni delle pareti di Auschwitz, al fine di individuare eventuali tracce di cianuro. Ma, allorché l’Istituto Fresenius stava già lavorando sui campioni di Rudolf in sua presenza, quest’ultimo consegnò una lettera dattiloscritta su carta intestata dell’Istituto suo datore di lavoro. Si trattava di una specifica particolareggiata del lavoro che l’Istituto Fresenius avrebbe dovuto svolgere e di una descrizione dettagliata dei campioni. Sebbene, all’epoca, l’utilizzo non autorizzato di carta intestata ufficiale a fini privati fosse ampiamente diffuso all’interno dell’Istituto Max Planck, nel caso di Rudolf divenne un divieto assoluto. Fu attraverso quest’uso della carta intestata ufficiale, di cui la Direzione generale venne a conoscenza per la prima volta dai notiziari stampa, che l’Istituto Max Planck riuscì a stabilire il nesso tra l’Istituto Max Planck e il Rapporto Rudolf.[16]

Evidentemente, poiché la Società Max Planck (SMP) aveva omesso di rispondere all’istanza di I. Bubis (vedi sopra), il 22 giugno 1993, lo Zentralrat der Juden in Deutschland ritenne necessario notificare al Presidente della SMP che ci si attendeva che adottasse le opportune misure per limitare le attività del ricercatore Germar Rudolf. Il 14 luglio 1993, il Presidente della SMP informò lo Zentralrat che  la SMP non era più responsabile delle attività di Herr Rudolf, poiché era stato licenziato.

Il successivo procedimento giudiziario presentato al Tribunale del Lavoro  da  Rudolf contro il l’Istituto Max Planck in merito alla risoluzione senza preavviso del suo rapporto di lavoro verteva sulla domanda, se l’infrazione generalizzata, e nel suo caso già nota, dell’“utilizzo di carta intestata ufficiale a fini privati” potesse essere fatta valere come motivo di licenziamento senza preavviso quando entrava in gioco la questione di Auschwitz. Il giudice Stolz del Tribunale del Lavoro dichiarò senza mezzi termini che un datore di lavoro poteva licenziare in qualsiasi momento un dipendente che aveva delle opinioni come quelle del querelante Germar Rudolf. Vale a dire che, secondo il Diritto del Lavoro, Rudolf e altri, che la pensano come lui, sono dei fuorilegge. Per una questione d’interesse sociale, l’Istituto Max Planck offrì di trovare un accordo con il querelante in via extragiudiziale, in base al quale la risoluzione del rapporto di lavoro senza preavviso sarebbe stata revocata e nel contempo il contratto di lavoro sarebbe stato risolto di comune accordo, impedendo così ulteriori ricorsi.[17]

Nonostante questa controversia tra Rudolf e il suo ormai ex datore di lavoro, il relatore della sua tesi di dottorato Prof. H. G. von Schnering continuò a sostenere il suo dottorando e nel luglio 1993 certificò che Rudolf possedeva le necessarie qualifiche professionali ed etiche per compiere il passo successivo, l’esame finale chiamato Rigorosum. In quel mese, Rudolf sottopose all’Università di Stoccarda la sua tesi di dottorato con tutti i necessari documenti giustificativi e fece domanda di ammissione al Rigorosum. Nell’autunno 1993, tuttavia, l’ammissione non era ancora stata concessa. Dopo essersi informato presso l’Università, a Rudolf fu detto che la sua domanda era stata messa in attesa, a causa del procedimento penale avviato contro di lui per incitamento all’odio razziale e contro O.  E. Remer per la diffusione della versione di Remer del Rapporto Rudolf. L’Università di Stoccarda sostenne che era opinabile il fatto che il candidato possedesse le necessarie qualifiche etiche.

I motivi di questa decisione erano da ricercarsi esattamente nel paragrafo 4 della Legge sui titoli accademici, promulgata da Adolf Hitler nel 1939 e tuttora in vigore in Germania. In base a questa disposizione, un titolo accademico può essere revocato o rifiutato, se non si possiedono le necessarie qualifiche etiche. Secondo una decisione del Tribunale amministrativo del Baden-Württemberg, un titolo accademico può essere negato solo quando è stata emessa una sentenza di condanna per un reato grave che è stato inserito nel casellario giudiziale della persona.[18]

Poiché al momento della sua domanda di ammissione al Rigorosum, in primo luogo non era stato condannato in sede giudiziaria e, inoltre, non si attendeva una condanna, Rudolf fece ricorso per omissione di atti d’ufficio presso il Tribunale amministrativo di Stoccarda contro l’Università di Stoccarda. Su richiesta dell’Università di Stoccarda, il Tribunale amministrativo di Stoccarda bloccò la procedura, in  base al fatto che il procedimento penale in corso contro Rudolf si sarebbe dovuto concludere prima che potesse essere deciso se Rudolf possedesse i requisiti per l’ammissione.[19]

Dopo che fu emessa la sentenza di condanna contro Rudolf nel marzo 1996, l’Università di Stoccarda gli suggerì che era  suo interesse ritirare la sua domanda di ammissione, poiché, altrimenti, l’Università l’avrebbe molto probabilmente respinta, a causa della condanna penale. Rudolf seguì il consiglio, perché, altrimenti, avrebbe probabilmente dovuto fare i conti con un un rifiuto della sua tesi di dottorato in qualsiasi altra parte del mondo.[20]

Per fortuna, nell’autunno 1994 Rudolf ottenne un posto di rappresentante sul campo presso un’azienda che trattava prodotti anticorrosivi. Durante la sua ricerca sulle “imprese di destra”, la giornalista di sinistra F. Hundseder si imbattè nella notizia che Rudolf era stato impiegato da una di queste. A metà maggio 1995, nella trasmissione Panorama dell’emittente ARD, questa scoperta fu presentata come uno scandalo, e sia l’azienda che il loro dipendente Rudolf come odiosi neonazisti. L’azienda fu immediatamente sottoposta a pressioni così pesanti da parte di clienti, fornitori, dipendenti e concorrenti che, di comune accordo, la compagnia e Rudolf risolsero il suo contratto di lavoro per evitare ulteriori perdite per l’azienda. A causa di questa denuncia mediatica, Rudolf si trovò disoccupato nel giro di pochi giorni.

Allo stato attuale del Diritto del lavoro tedesco, se in future domande di lavoro Rudolf non menzionasse le sue attività revisioniste e il suo datore di lavoro dovesse venirne a conoscenza, ciò costituirebbe motivo di licenziamento per giusta causa. Tuttavia, se facesse debita menzione, seguendo la prassi ordinaria, potrebbe non trovare alcun impiego in Germania. [21]

Terza fase: la persecuzione attraverso l’azione penale

Un’analisi più completa dell’azione penale contro Rudolf sarà rimandata ad altri lavori. Rudolf fu accusato non solo per i commenti di carattere politico di Remer, che gli furono falsamente attribuiti, ma anche a causa delle conclusioni puramente scientifiche esposte nel suo Rapporto.[22] Nel corso del dibattimento presieduto dal giudice Dr. Dietmar Mayer, quest’ultimo dichiarò che la competenza del Tribunale non si estendeva alla valutazione della validità scientifica della perizia. Per questo motivo, nel corso del procedimento non fu preso in esame il contenuto del Rapporto, ma solo la questione se il convenuto fosse o meno responsabile per i commenti di Remer.

Nella motivazione della sentenza, il Tribunale non fece mistero del fatto che ritenesse il pensiero revisionista di per sè riprovevole e punibile con una sentenza di condanna più severa.[23] Tuttavia, la condanna di Rudolf a 14 mesi di carcere senza condizionale si basava sulla falsa tesi che Rudolf aveva almeno consapevolmente contribuito ai commenti di carattere politico contenuti nella versione di Remer del suo rapporto peritale. Il Tribunale motivò la sua sentenza di condanna con una serie di prove, faticosamente riunite in 240 pagine, che in alcuni punti determinanti deviavano dalle prove effettive e ignoravano completamente le prove contraddittorie sul punto principale della difesa.

I problemi chimici ed edili dei fabbricati di Auschwitz, trattati nel Rapporto Rudolf, erano descritti dal Tribunale come “dettagli difficilmente chiaribili dei crimini di massa nazionalsocialisti”, dunque, in nessun caso una questione di “dominio pubblico”.[24]

Il processo penale contro Rudolf relativo alla diffusione della versione di Remer si concluse nell’estate 1995. Sotto quali auspici si tenne questo processo divenne lampante in base a un documento degli atti processuali: i giudici del processo contro Rudolf presso il Tribunale distrettuale di Stoccarda volevano evitare di finire, essi stessi, sotto le ruote della denuncia e dell’inquisizione, come i giudici del Tribunale distrettuale di Mannheim nella causa contro Günter Deckert, i quali furono pesantemente criticati dai media e dal mondo politico, minacciati di essere perseguiti penalmente, e alla fine costretti al pensionamento anticipato, perché avevano osato definire uno dei maggiori revisionisti “uomo di buon carattere” e condannarlo a un solo anno di reclusione con  la condizionale. Perciò, prima dell’apertura del processo contro Rudolf, i giudici avevano  attentamente sondato la Corte Suprema della Repubblica Federale Tedesca circa la sua sentenza contro Günter Deckert ricevendo una risposta immediata.[25] Dal momento che la Corte Suprema Federale rivedette la decisione contro Deckert così tante volte fino a quando una condanna alla reclusione senza condizionale fu certa, era ovvio che nella causa contro Rudolf la stessa pena detentiva senza condizionale era l’unica opzione possibile,  se i giudici volevano evitare guai.

All’epoca dell’azione penale di cui sopra, erano in corso altri tre procedimenti penali contro Rudolf. Nel primo caso, era accusato di essere responsabile o almeno corresponsabile della pubblicazione delle riviste Remer Depesche e Deutschland Report.[26] Il secondo verteva sulla  sua pubblicazione dell’opera Grundlagen zur Zeitgeschichte (edizione inglese: Dissecting the Holocaust).[27] Il terzo era diretto contro uno scambio di corrispondenza tra Rudolf e l’Istituto di ricerca forense di Cracovia su questioni chimiche riguardanti le camere a gas di Auschwitz, che fu pubblicato su Sleipnir, numero 3, 1995.[28]

Era già chiaro che queste non sarebbero state le ultime misure adottate contro Rudolf, soprattutto perché intendeva difendersi con delle pubblicazioni. In considerazione del fatto che il Tribunale distrettuale di Stoccarda era capace di riconoscere l’imputato colpevole, contrariamente alle prove, si poteva legittimamente temere che in ogni processo in sospeso, l’imputato innocente sarebbe stato giudicato altrettanto colpevole e che si sarebbe trovato in carcere a seguito di sentenze di condanna sempre più severe.

Nel frattempo, la casa di Rudolf era stata perquisita tre volte e ogni volta erano stati sequestrati libri, archivi, corrispondenza, dati tecnici e le sue apparecchiature informatiche. Non si trattava tanto di danni materiali, ma soprattutto di danni intellettuali causati dalla perdita di dati e materiale d’archivio. Di conseguenza, Rudolf non poteva più lavorare come scienziato né poteva difendersi liberamente in tribunale, dal momento che gli venivano continuamente sottratte le risorse per farlo. Fu confiscata anche la letteratura mainstream sull’Olocausto.

Solo coloro che hanno subito la stessa sorte possono comprendere lo stress psicologico causato a un innocente sottoposto per anni a procedimenti penali. Oltre a questi oneri psichici, bisogna considerare le spese legali. Attualmente, è difficile calcolarle ma, approssimativamente stimate, dovrebbero arrivare ad alcune centinaia di migliaia di dollari. È chiaro che, alla fine dei processi contro di lui, Rudolf era finanziariamente rovinato per l’immediato futuro – a parte il fatto che nell’immediato futuro non gli sarebbe stata data alcuna possibilità di far fronte a questi oneri attraverso una regolare attività professionale, almeno non in Germania.

Quarta fase: la diffamazione

Alla fine dell’udienza presso il Tribunale del Lavoro contro l’Istituto Max Planck, la Deutsche Presse-Agentur (DPA) (Agenzia di stampa tedesca – N. d. T) pubblicò il suo già citato falso annuncio sul Rapporto di Rudolf.

Rudolf non solo dimostrò che l’opinione peritale citata dalla DPA era stata inventata di sana pianta – la Società Max Planck prese le distanze dall’annuncio – ma anche che il rapporto basato sulla fantomatica opinione era talmente falso che nessun esperto al mondo avrebbe ammesso di averlo prodotto. Ma ciò non impedì ai media di diffondere l’annuncio in lungo e in largo e di usarlo come prova dell’ovvia inattendibilità del Rapporto Rudolf. [29] Nel frattempo, questo falso comunicato apparve persino sulla stampa di altri Paesi.[30] Da allora, Rudolf è stato bollato come un appartenente alla destra radicale,[31] un estremista di destra,[32] un neonazista[33] e un  dottorando “bruno.[34] Il suo Rapporto è sempre citato tra virgolette, e definito lavoro raffazzonato[35] o semplicemente “rapporto falso[36] Accuse infondate di xenofobia[37] sono accompagnate dalla falsa asserzione del giudice Dr. Mayer, secondo la quale Rudolf era caratterizzato da un profondo antisemitismo, che, poiché inesatta, viene tanto più ferocemente strombazzata.

Nel 1994 tutti i tentativi di Rudolf di difendersi dagli effetti delle diffamazioni si rivelarono vani, ma ciò fu dovuto più a difficoltà finanziarie che a sconfitte giudiziarie.[38].Ma, una volta condannato per il suo presunto crimine, i media dichiararono aperta la stagione di caccia contro Germar Rudolf.

Quinta fase: la distruzione del proprio mondo

Quando l’emittente ARD infangò Rudolf nel modo più spietato nella sua trasmissione Report[39] della primavera 1994, i genitori di Rudolf si allontanarono da lui e rifiutarono di partecipare al suo matrimonio, che doveva aver luogo alcune settimane dopo. Tutti i suoi parenti adottarono lo stesso atteggiamento, eccetto i suoi fratelli e sorelle.[40] La sua madrina Hannelore Dörschler prese espressamente le distanze dalle opinioni delle persone di cui Rudolf si circondava, senza sapere di quali persone si circondava né quali opinioni avevano.[41]

Dal 2 novembre 1983, Rudolf aveva fatto parte dell’Associazione studentesca cattolica AV Tuisconia Königsberg di Bonn, che è membro di un’Organizzazione ombrello che afferma di essere la più grande organizzazione accademica d’Europa, e alla quale appartenevano personalità illustri quali il Card. Josef Höffner, il Card. Joseph Ratzinger, il Card. Friedrich Wetter, l’arcivescovo Johannes Dyba, Franz-Josef Straub (ex Presidente della Baviera, Ministro della difesa federale), Philipp Jenninger (ex presidente del Parlamento tedesco), Matthias Wissmann (ex Ministro per la scienza e la tecnologia), Alexander von Stahl (ex procuratore generale federale), Herbert Hupka, Rainer Barzel, Otto d’Asburgo, Federico  Guglielmo principe di Hohenzollern, il Prof. Peter Berglar, il Prof. Josef Stingl, Thomas Gottschalk e altri.[42]

Quando, nella primavera del 1994, divenne nota l’attività revisionista di Rudolf, l’Organizzazione superiore esercitò pressioni sull’associazione di Rudolf, affinché fosse espulso. Per questo motivo, nel corso della primavera, la sua Associazione convocò una sessione di vari membri, all’insaputa di Rudolf  e in sua assenza.  Nel corso di tale sessione si discusse della sua attività revisionista. Seguì un processo di espulsione che tenne un’audizione il 20 agosto 1994 e terminò con l’espulsione di Rudolf in autunno.

Qui di seguito le motivazioni di questa espulsione:[43]

L’Olocausto e il suo riconoscimento sono il fondamento normativo della nostra Costituzione [tedesca].  La legittimità – nel senso che è degna di essere riconosciuta – della Legge fondamentale si basa sul riconoscimento dei crimini nazionalsocialisti dei quali gli ebrei furono vittime in un massacro tecnico e sistematico. Nella misura in cui il Confratello Rudolf solleva dubbi sullo sterminio deliberato degli ebrei, solleva anche dubbi sul consenso normativo su cui si basa la Legge fondamentale.

Il contenuto (consenso normativo) e la forma (ordine istituzionale) della Legge fondamentale sono indissolubilmente legati e la loro sostanza non può essere alterata.

In tal modo, il Confratello Rudolf viola il nostro principio di Patria”.

Il Principio di Patria è uno dei quattro principi dell’organizzazione superiore vicina ai conservatori.[44] Oggi, tale principio è principalmente inteso come patriottismo costituzionale. Si lascia al lettore la libertà di giudicare della salute mentale dell’uomo di legge che ha formulato queste dichiarazioni. Il fatto è che la decisione di espellere Rudolf  per le pressioni esercitate dall’organizzazione superiore era inevitabile, e fu ammesso che la decisione sarebbe stata diversa, se non ci fosse stata alcuna pressione esterna.[45]

Sesta fase: un senzatetto

Quando la polizia perquisì la casa di Rudolf per la seconda volta il 18 agosto 1994, i media locali lo descrissero come un noto di estremista di destra. Nel piccolo villaggio di Jettingen, dove Rudolf viveva all’epoca, si ritenne necessario fare qualcosa per liberare la città da questa persona non grata. Fu detto senza mezzi termini al padrone di casa di Rudolf che la comunità locale non desiderava  che affittasse un alloggio a Rudolf. Gli fu anche spiegato che avrebbe avuto tutto l’interesse a sbarazzarsi del suo affittuario, poiché, altrimenti, avrebbe dovuto affrontare problemi come quello che suo figlio non potesse più portare i suoi amici a casa, perché i loro genitori non avrebbero permesso loro di entrare in una casa in cui vivevano dei neonazisti.[46] Perciò, Rudolf dovette lasciare l’abitazione non appena la scadenza del contratto di locazione lo permise, in un momento in cui sua moglie aspettava la nascita del loro primo figlio nel giro di quattro settimane.[47]

Quando i proprietari dell’abitazione che Rudolf aveva preso in affitto successivamente, la coppia Sedlatschek di Steinenbronn, appresero dal notiziario del 23 giugno 1995 che Rudolf era stato condannato a 14 mesi di reclusione, gli fecero comunicare dai loro avvocati quanto segue: [48]

In nome e per conto dei nostri clienti, con la presente si comunica il recesso immediato dal contratto di locazione stipulato il 26 ottobre 1994, tra Lei e loro.

I nostri clienti sono venuti a conoscenza attraverso la stampa, la radio e la televisione del fatto che Lei, Signor Rudolf, è stato condannato a 14 mesi di reclusione dal Tribunale distrettuale di Stoccarda per il crimine di istigazione all’odio razziale. I nostri clienti non desiderano più continuare il rapporto locativo.

Mi viene chiesto di sollecitarLa a lasciare l’abitazione entro e non oltre il

31 luglio 1995

e a consegnare i locali ai nostri clienti alle condizioni concordate.

In caso di non ottemperanza alla presente richiesta, siamo autorizzati a sporgere denuncia senza indugio.

Quando Rudolf chiese al proprietario dell’abitazione di ritirare la disdetta, minacciando, in caso contrario, di presentare una controdenuncia, il locatore minacciò di sfrattarlo. Per ragioni personali, tra l’altro sua moglie aspettava il loro secondo figlio, Rudolf si assoggettò, trovò una nuova residenza e risolse il contenzioso con il padrone di casa in via extragiudiziale.

Settima fase: trattamento speciale

Il 5 maggio 1995, il gruppo parlamentare GRÜNE/Alternative Liste (un partito ambientalista scissionista della sinistra radicale) di Amburgo chiese di poter accedere ai registri del Tribunale della causa contro Rudolf.  Benché, in un primo momento, il Tribunale avesse opposto un rifiuto, una successiva richiesta di accesso agli atti, presentata il 3 luglio 1995, fu, apparentemente, accolta,[49] sebbene non sia legale consentire l’accesso agli atti del Tribunale a persone esterne che non hanno alcun interesse diretto nella causa. È legittimo temere che gli atti possano essere arrivati nelle mani di gruppi antifascisti radicali, dove i dati sui testimoni avrebbero potuto essere raccolti e comparati.

La situazione si precisò il 16 ottobre 1994 con la richiesta della Facoltà di Studi Umanistici, Progetto di Studio sull’Antisemitismo, dell’Università di Tel Aviv, in cui una certa Sarah Rembiszewski chiese informazioni sullo stato del procedimento contro Rudolf.[50] Anche i giudici erano totalmente consapevoli dell’attenzione mondiale su tale causa. Anche l’Università di Tel Aviv fece pressioni per accedere agli atti. Era forse possibile sperare che il diniego di accesso agli atti rimanesse tale, nonostante le richieste sempre più insistenti di Tel Aviv, in quanto l’istituto di ricerca non ha diritti legali a tale accesso? Ai sensi della legge attuale, l’accesso agli atti del tribunale non può, di norma, essere consentito a una persona esterna senza alcun interesse diretto nella causa. Se dovesse risultare che Tel Aviv ha avuto accesso agli atti senza motivazioni legali, che perciò gli ebrei tedeschi in Germania ricevono ancora un trattamento speciale (Sonderbehandlung),[51] presumibilmente una copia degli atti comparirà presto negli uffici di qualche università che, probabilmente, vorrebbe avere dei dettagli confidenziali della scena revisionista in Germania. È anche probabile che gli atti arriverano in altri uffici dove potrebbe esserne fatto un uso più attivo.

Ottava fase: la distruzione della famiglia

Dopo che la sua condanna a 14 mesi di carcere fu confermata nel marzo 1996 dal Tribunale federale tedesco, e considerando la prospettiva di condanne forse ancora più severe in molte altri procedimenti penali in corso, per finire probabilmente con una condanna complessiva fino a quattro anni di carcere, Rudolf decise di lasciare la Germania con la sua famiglia e di stabilirsi in Inghilterra, dopo aver creato una casa editrice revisionista all’estero dove pensava che la libertà di espressione fosse qualcosa di più di una semplice dichiarazione di facciata. Alla fine del 1998 sua moglie decise che non poteva sopportare la vita dell’esilio, temendo permanentemente l’estradizione di suo marito, separata da tutti i suoi vecchi amici e parenti, con la difficoltà a trovare nuovi amici e conoscenti, e soffrendo perciò pesantemente di nostalgia di casa. Quindi, all’inizio del 1999, tornò in Germania con i loro due figli e in seguito iniziò la procedura di divorzio da suo marito, lasciandolo solo in esilio.

Nell’autunno 1999, quando i media britannici avviarono la campagna di fango contro Rudolf, l’incubo di sua moglie divenne realtà: Rudolf divenne facile preda della politica, dei media e del sistema giudiziario britannici.[52] Prima che iniziasse questa caccia alle streghe, era stato possibile per sua moglie e i suoi figli rendergli spesso visita. Ma da allora fu estremamente difficile, poiché Rudolf lasciò l’Europa alla fine del 1999 e si recô negli Stati Uniti, dove chiese asilo politico nell’ottobre 2000. Soffrirono terribilmente di questa situazione soprattutto il padre abbandonato e i suoi due bambini, per essere quasi completamente isolati gli uni dall’altro.

Nel febbraio 2000, il padre di Rudolf lo esortò a farsi sterilizzare, poiché sarebbe stato irresponsabile sia per la sua prima famiglia che in generale – considerate le condizioni in cui doveva vivere – generare altri figli.[53] Per fortuna Rudolf non gli diede ascolto…

In precedenza, la persecuzione degli ebrei da parte di alcuni Tedeschi portò a considerare la sterilizzazione di alcuni ebrei. Oggi, la persecuzione dei Tedeschi, promossa principalmente da alcune lobby ebraiche, porta a considerare la sterilizzazione dei Tedeschi.

Nell’agosto 2000, una settimana prima di essere legalmente divorziato da sua moglie, Rudolf si sentì dire da sua madre che i suoi genitori lo avevano diseredato e nel loro testamento avevano inserito i suoi figli al suo posto.

Nona fase: la perdita della libertà

La causa di richiesta di asilo di Rudolf si trascinò per molti anni e fu infine presa una decisione – respinta – all’inizio del 2006. Nel frattempo Rudolf aveva sposato una cittadina statunitense, e all’inizio del 2005 era diventato padre orgoglioso di una figlia. A seguito del loro matrimonio, alla fine del 2004 la coppia Rudolf aveva chiesto alle autorità statunitensi un adeguamento del suo status di immigrato, affinché il suo status di visitatore che aveva chiesto asilo politico fosse tramutato in quello di un residente permanente legale.

Dopo la procedura convenzionale, alla coppia Rudolf fu chiesto di comparire presso l’ufficio  più vicino del Servizio immigrazione e naturalizzazione degli Stati Uniti per un colloquio il  19 ottobre 2005, allo scopo di verificare che il loro matrimonio fosse autentico (realmente contratto). Dopo essere entrati con la loro bambina nel passeggino, non ci furono problemi per la coppia  Rudolf per ottenere il certificato attestante che il loro matrimonio era valido.[54]

Tuttavia, non appena il funzionario ebbe consegnato loro il certificato di riconoscimento, altri due agenti dichiararono Rudolf in arresto per essere presumibilmente mancato a un appuntamento per un colloquio cinque mesi prima – che, tanto per cominciare, non era mai esistito.[55]  Sebbene l’avvocato di Rudolf cercasse di impedire il suo arresto, e il funzionario locale fosse propenso ad accogliere questa richiesta, proprio in quel momento arrivò da Washington l’ordine di arrestare e preparare comunque Rudolf per la sua deportazione in Germania. Il suo matrimonio con una cittadina statunitense, riconosciuto valido, non impressionò affatto i funzionari degli Stati Uniti. Affermarono semplicemente che una persona entrata negli Stati Uniti come turista “in libertà condizionale” (che era il caso di Rudolf) non aveva nemmeno il diritto di richiedere l’adeguamento dello status, un’affermazione che contraddice chiaramente la legge vigente, come fu in seguito confermato.

Rudolf fu successivamente ammanettato mani e piedi su una lunga catena insieme a numerosi criminali – come pericolosi animali selvatici – e condotto nella prigione della contea di Kenosha (WI) in attesa della sua deportazione. Secondo la fascia di identificazione da portare al polso, ottenuta in quella prigione, era l’unico detenuto “non criminale” nell’intera struttura, cosa che fece aggrottare le sopracciglia dei prigionieri e delle guardie.

Il Tribunale federale degli Stati Uniti di Atlanta che si occupava della causa di richiesta di asilo di Rudolf – che allora era ancora in sospeso! – respinse la richiesta di Rudolf di far rinviare la deportazione fino a quando la Corte non avesse raggiunto una decisione. La Corte Suprema degli Stati Uniti non si preoccupò nemmeno di esaminare il caso.[56]

Quindi sorge la domanda seguente: a che cosa serve una richiesta di asilo politico, se un governo deporta il richiedente asilo, prima che il tribunale che tratta il caso abbia deciso se merita attenzione?

E qual è il valore della garanzia del giusto processo – data a ogni persona sul suolo degli Stati Uniti dal Quinto Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti – se il governo può semplicemente annullare un riesame legale pendente deportando un imputato in una prigione straniera? O come ha detto l’avvocato di Rudolf: [57]

“Se tutti i richiedenti asilo come Rudolf […] che cercano una revisione giudiziaria delle decisioni di un ente pubblico per l’emissione di ordini di allontanamento potessero semplicemente essere presi in custodia e allontanati, il governo potrebbe completamente evitare la revisione giudiziaria delle decisioni dell’ente pubblico.[…] Al momento dell’allontanamento, Rudolf [fu] separato dalla sua consorte, cittadina statunitense, e dalla sua bambina e [affrontò] la persecuzione continua da parte del governo tedesco…  Dopo l’allontanamento, questi danni non poterono quindi essere riparati da nessuna decisione favorevole da parte di questa Corte. L’allontamento di Rudolf […] viola[va] il suo diritto al giusto processo ai sensi del Quinto Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.”

Il 14 novembre 2005, Rudolf fu informato del fatto che per cinque anni gli sarebbe stato vietato di tornare negli Stati Uniti per aver superato il periodo di libertà vigilata (90 giorni). Poi fu deportato in Germania, dove i funzionari tedeschi lo arrestarono immediatamente all’aeroporto e lo condussero nella prigione di Rottenburg nel Sud-Ovest della Germania, per fargli scontare la condanna a 14 mesi di carcere. Pochi giorni dopo Rudolf fu trasferito nella prigione di Stoccarda, poiché le autorità tedesche si erano rese conto che, durante i nove anni precedenti mentre risiedeva in Inghilterra e negli Stati Uniti, c’erano state più cause pendenti contro Rudolf per le sue attività editoriali. Sebbene le attività editoriali di Rudolf siano completamente legali in quei Paesi, le autorità tedesche ritengono di dover applicare il codice penale tedesco su attività legali in Paesi stranieri, qualora gli “effetti” di tale reato siano evidenti in Germania – cioè: se la pubblicazione ritenuta illegale è accessibile in Germania via Internet o se una copia cartacea è importata in Germania.

Quando il Tribunale federale di Atlanta emise infine una decisione nella causa di richiesta di asilo politico, circa tre mesi dopo la deportazione di Rudolf, dichiarò semplicemente che il governo degli Stati Uniti ha il diritto di deportare qualsiasi richiedente asilo. L’argomentazione di Rudolf secondo cui la sua prematura deportazione era una grossolana violazione del diritto a un giusto processo, come garantito dal Quinto Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, è stata semplicemente sottaciuta e ignorata nella decisione della Corte.[58] Ecco come rendere “giustizia” senza creare un precedente giurisprudenziale insostenibile: nascondere semplicemente le questioni fondamentali sotto il tappeto e ignorare tutte le prove.

Il lato positivo è, tuttavia, che il Tribunale federale gli Stati Uniti di Atlanta dichiarò illegale il regolamento che il Servizio immigrazione e naturalizzazione degli Stati Uniti aveva applicato per giustificare il rifiuto di pronunciarsi sulla domanda di Rudolf di adeguamento del suo status a quello di un residente legale permanente (o in parole semplici: non volevano dare a Rudolf la cosiddetta “carta verde”, ma ora devono farlo…). Nell’estate del 2006 il governo degli Stati Uniti ha cambiato questa regolamentazione illegale, consentendo di emettere una decisione sulle future domande di residenza permanente, presentate dai turisti. Ma in base alla nuova versione, sono specificamente escluse da una decisione tutte le vecchie domande presentate da persone già espulse. Tutti i tentativi di ottenere un indennizzo legale contro questo regolamento sono falliti, perché Rudolf avrebbe avuto l’opportunità di presentare una nuova domanda dopo il suo rilascio dalla prigione.

Nel frattempo, alla fine del 2006,  in Germania, era stato avviato a Mannheim il nuovo processo contro Rudolf, che si  concluse all’inizio del 2007 con una pena detentiva di 30 mesi per i suoi scritti accademici.[59] Quindi, insieme alla sua precdente condanna di 14 mesi, dovette scontare in tutto 44 mesi, fino al 5 luglio 2009.

Subito dopo il suo rilascio dal carcere tedesco, chiese un visto di immigrazione negli Stati Uniti. Mentre la sua domanda per una cosiddetta “carta verde” era in sospeso, trascorse un anno in Inghilterra, dove la moglie e la figlia statunitensi si unirono a lui per cinque mesi e dove potè dare alla figlia maggiore, nata dal suo primo matrimonio, l’opportunità di trascorrere un anno scolastico all’estero, di perfezionare l’inglese e di conoscere suo padre.

Nell’aprile 2010 il consolato degli Stati Uniti di Francoforte indicò che l’unico ostacolo al rilascio di un visto di immigrazione a Rudolf era il divieto di cinque anni per il ritorno negli Stati Uniti, ancora in sospeso. Tuttavia, alla scadenza di questo divieto nel novembre 2010, piuttosto che rilasciare il visto, il consolato rinviò ripetutamente la decisione e infine dichiarò di non poter prevedere alcuna soluzione nel caso di Rudolf. Contro questa continua procrastinazione da parte delle autorità statunitensi Rudolf presentò un Writ of Mandamus (Atto legale che ordina a un tribunale superiore o a un funzionario governativo di agire – N.d.T.)  il 31 gennaio 2011, al fine di costringere il governo degli Stati Uniti a pronunciarsi sulla sua domanda in sospeso. Dopo che il giudice federale assegnato al caso rifiutò di concedere una mozione governativa per liquidare il caso, il governo ha finalmente iniziato a muoversi. Alla fine di maggio Rudolf fu informato che le sue condanne penali in Germania non costituivano crimini di condotta immorale negli Stati Uniti, il che significa che il governo ha ammesso che Rudolf aveva i requisiti – e sicuramente il diritto – per  ottenere una “carta verde” senza restrizioni. All’inizio di luglio 2011 gli fu finalmente rilasciato un visto di immigrazione, e neanche un mese dopo Germar Rudolf riuscì infine a ritornare a casa da sua moglie e da sua figlia.

[1] Scritto dopo aver letto l’articolo di J. Lober su Staatsbriefe 7/95, citato all’inizio, tratto da Staatsbriefe 12/95, Edizioni Castel del Monte, C. p. 14 06 28, 80456 Monaco di Baviera, pp. 10-15.

[2] Staatsbriefe 7/95.

[3] Fascicolo d’indagine 1 nel processo contro Germar Rudolf, Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 Kls 83/94, foglio 15.

[4] La rivista Remer Depesche era già uscita nella primavera 1991, prima che Rudolf avesse iniziato la sua ricerca come perito.

[5] Rif. 8 Js 13182/92, Fascicolo d’indagine 1 nel processo contro Germar Rudolf, Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 Kls 83/94, foglio 17.

[6] Ibid., foglio 58.

[7] Ibid., foglio 63.

[8] Ved. in merito il capitolo 6.3 della mia perizia.

[9] Fascicolo d’indagine 1, Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 Kls 83/94, foglio 84.

[10] Ibid., foglio 86.

[11] Nel resoconto del processo contro Rudolf (Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 Kls 83/94), Corrispondenza file K, Rudolf aveva aggiunto i ringraziamenti per il regalo di Natale di Körber: la sua denuncia penale.

[12] Il relatore della tesi di dottorato di Germar Rudolf, Prof. Dr. honoris causa H. G. von Schnering nonché molti altri professori dell’Istituto Max Planck per la Ricerca sullo Stato Solido ricevettero la versione pirata quel giorno: decisione, Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 Kls 83/94, p. 126.

[13] Una successiva lettera del Consiglio Centrale degli ebrei al presidente della Società Max Planck del 22 giugno 1993 si riferisce a questa telefonata. Facsimile pubblicato in: Wilhelm Schlesinger, Der Fall Rudolf (Il caso Rudolf, N.d.T.), Cromwell, Londra, 1994. (Versione inglese on line www.vho.org/GB/Books/trc/index.html); dagli atti del Tribunale del Lavoro di Stoccarda nella causa di Rudolf contro l’Istituto Max Planck per la Ricerca sullo Stato Solido, rif. 14 Ca 6663/93.

[14] Secondo le informazioni fornite dalla segretaria, il Prof. Simon sapeva quale ruolo era costretto a sostenere, ma, per opportunismo, fece passare in primo piano la sua carriera e la sua reputazione presso l’Istituto Max Planck, anziché difendere i principi della ricerca scientifica. Informazione ricevuta dalla sua ex moglie che lavora  ancora presso l’Istituto. Cfr. anche in merito le dichiarazioni rivelatrici del Prof. Simon nonché la discussione sul tabù sociale che gli scienziati tedeschi devono rispettare in: W. Schlesiger, Der fall Rudolf, (nota 13).

[15] Il racconto è basato sulla trascrizione a memoria, della testimonianza resa a quel tempo, File dati computer 2 (Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 Kls 83/94, 175-220).

[16] Wiesbadener Kurier  8/9 e 13 Maggio 1993.

[17] Tribunale del lavro di Stoccarda, rif. 14 Ca 6663/93. Una descrizione dettagliata di quanto accdde nell’anno 1993 all’Istituto Max Planck e altrove in relazione al Rapporto Rudolf nonché una serie di riproduzioni di documenti sono reperibili nell’opuscolo di W. Schlesiger, Der Fall Rudolfop. cit. (nota 13).

[18]Rif. IX 1496/79, decisione del 18 marzo 1981. A quell’epoca, si attestava che una persona condannata a cinque anni di reclusione per reati legati agli stupefacenti, iscritti nel casellario giudiziale, possedeva  le necessarie qualifiche etiche e all’Università veniva ordinato di ammetterla al Rigorosum. Nella presente decisione, si sostenne che questa legge di Hitler è ancora in vigore, perché non contiene teorie nazionalsocialiste e la si deve considerare come legalmente promulgata.

[19] Rif. 13 K 1329/94. Dopo che fu annunciata la condanna alla reclusione  contro Rudolf, il relatore della sua tesi di dottorato commentò che non avrebbe dovuto espiare la pena detentiva, prima di aver potuto completare il suo programma di dottorato. Il Prof. von Schnering era apparentemente sempre pronto a farsi da garante per il suo candidato.

[20] Ved. la lettera dell’Università nonché la reazione di Rudolf. (Solo in tedesco on line): (vho.org/Authors/UniStgt.html and vho.org/Authors/RudolfUniStgt.html=.

[21] Restava la prassi non ordinaria che Rudolf ha seguito con successo.

[22] Incriminazione penale del  procuratore di stato di Stoccarda del 19 aprile 1994, rif. 4 Js 34417/93.

[23] Processo dinanzi al Tribunale distrettuale di Stoccarda,  rif. 17 KLs 83/94, decisione p. 239.

[24] Processo dinanzi al Tribunale distrettuale di Stoccarda,  rif. 17 KLs 83/94, decisione p. 15.

[25] Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 KLs 83/94, lettera della 17a Camera penale del Tribunale distrettuale di Stoccarda alla Corte Suprema Federale (BGH) del 21 aprile1994. Fascicolo d’indagine  2 , foglio 768. Risposta della Corte Suprema Federale del 26 aprile 1994 con allegato: decisione del 15 marzo1994 re: G. A. Deckert, rif. 1 StR 179/93.

[26] Tribunale distrettuale di Böblingen, rif. 9 Gs 521/94. Questa causa fu in seguito abbandonata per mancanza di prove.

[27] Ved. Parte II, capitolo 5.2 della mia perizia.

[28] G. Rudolf e J. Markiewicz, W. Gubala, J. Labedz, “Briefwechsel” (Corrispondenza, N.d.T.)Sleipnir, 1(3) (1995) pp. 29-33; online: www.vho.org/D/Kardinal/LeuchterR.html;

Ingl.: www.vho.org/GB/Books/cq/leuchter.html

[29] Ved.  Parte  II, capitolo 6, della mia perizia.

Cfr. anche l’articolo “The Media and the Case of Germar Rudolf” (I media e il caso Germar Rudolf – N.d.T) Parte II, capitolo 6 della mia perizia.

[30] Per esempio, sul giornale sudafricano newspaper The Citizen, 24 giugno, 1995, p. 8.

[31] Comunicato stampa DPA del 28 marzo 1994, publicato sui quotidiani tedeschi il 29, 30, 31marzo 1994.

[32] Die Welt, 5 aprile 1995.; Kreiszeitung – Boblinger Bote, 29 marzo 1995.

[33] Landesschau, Südwest 3, 27 dicembre 1994; Kreiszeitung – Böblinger Bote, 29 marzo 1995.

[34] Die Zeit, 15 aprile 1993, p. 44.

[35] Stuttgarter Zeitung, 23 novembre 1994.

[36]Die Welt, 29 marzo 1994.

[37] Stuttgarter Zeitung, 27 gennaio 1995.

[38] Una denuncia contro la Süddeutsche Zeitung è stata respinta per vizi di forma, ma la tassa di ca. DM 5.000 (ca. 2.500 dollari) doveva essere comunque pagata.

[39] Una critica dettagliata di questa trasmissione si può trovare in: W. Schlesiger (nota 13).

[40] Dichiarazione della testimonianza di Ursula Rudolf del 24 marzo 1995, presso il Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 KLs 83/94.

[41] Lettera dell’imputato alla sua madrina del 30 aprile 1994, inserita nel procedimento principale il 23 febbraio 1995, presso il Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 KLs 83/94.

[42] Cartell-Verband der katholischen deutschen Studentenverbindungen (Unione delle Associazioni studentesche cattoliche tedesche) (CV), con circa 35.000 membri.

[43] Decisione scritta del giurì, e. v. AV Tuisconia Königsberg zu Bonn del 20 agosto 1995, scritta dal costituzionalista Herbert Stomper. Il ricorso di Rudolf è stato respinto.

[44] Gli altri tre principi sono: religio, scientia, amicitia.

[45] Testimonianza del confratello dell’unione Dr. Markus Kiefer nel processo del giurì.

[46] Questa era in quel momento la dichiarazione del padrone di casa, Karlheinz Bohler, a G. Rudolf, fine estate 1994.

[47] Non era necessario fornire una ragione, perché in base al Codice civile tedesco (BGB) non è necessario addurre alcun motivo per la disdetta, per una casa bifamiliare in cui vive il proprietario stesso.

[48] Riproduzione facsimile di questo documento in Sleipnir 4/95, interno copertina posteriore.

[49] Foglio 1411 dei Registri del processo presso il Tribunale distrettuale di Stoccarda, rif. 17 KLs 83/94, con la nota scritta a mano dal Dr. Mayer che l’accesso ai registri dovrebbe essere concesso, dopo che i registri fossero stati restituiti dalla difesa.

[50] Fascicolo d’indagine 2, foglio 876, nel processo presso il Tribunale Distrettuale di Stoccarda, rif. 17 KLs 83/94.

[51] Dalla lettera del 16 novembre 1995 dell’avvocato difensore Dr. G. Herzogenrath-Amelung al Tribunale distrettuale di Stoccarda su questo argomento, rif. 17 KLs 83/94.

[52] Vedi capitolo 11.5.

53] E-mail da Georg Hermann Rudolf dal 19 febbraio 2000.

[54] Ved. https://germarrudolf.com/wp-content/uploads/2012/04/ApprovedMarriage.pdf

[55] A Rudolf era stato detto, al momento dell’arresto, che questo presunto appuntamento avrebbe dovuto servire a prendere le sue impronte digitali e una foto formato passaporto, anche se le sue impronte digitali erano già state acquisite nel 2001 e ogni anno Rudolf aveva regolarmente inviato foto aggiornate nel corso dell’iter della sua richiesta  di asilo politico, l’ultima foto era appena stata inviata nella primavera del 2005. Più tardi il governo degli Stati Uniti affermò che Rudolf doveva presentarsi il 7 aprile 2005, per la sua deportazione; vedi U.S. Immigration and Customs Service, “ICE deporta il ‘Revisionista dell’Olocausto’ in Germania”, un tempo su www.ice.gov/pi/nr/05111115chicago.htm, ora rimosso; cfr. www.revisionisthistory.org/revisionist18.html

[56] Per entrambi i rifiuti del tribunale si veda https://germarrudolf.com/wp-content/uploads/2012/04/Denial.pdf

[57] Mozione alla  Corte Suprema degli Stati Uniti per la sospensione della deportazione di Rudolf, https://germarrudolf.com/wp-content/uploads/2012/04/USSCEmergencyApplication.pdf.pdf.

[58] Ved. https://germarrudolf.com/wp-content/uploads/2012/04/11CircuitDecision.pdf, p. 5.

[59]Ved. qui per la sentenza e per l’analisi di Rudolf della sentenza stessa.

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