Da Vincenzo Vinciguerra ricevo e pubblico questo suo contributo riguardante le sue recenti controversie giudiziarie. Ci tengo però a precisare che la responsabilità dei contenuti dell’articolo in questione è di esclusiva pertinenza dell’autore del medesimo. Buona lettura!
SABOTAGGI
Di Vincenzo Vinciguerra
Non è necessario avere una visione ideologica e politica diversa da quelle dei partiti politici italiani per essere considerato un oppositore del regime e dello Stato, perché è sufficiente impegnarsi nella ricerca e nell’affermazione della verità storica su quanto è accaduto in questo Paese dal 25 aprile 1945.
La verità storica è lo spauracchio del regime, dei partiti politici, delle istituzioni, dei suoi apparati spionistici.
A differenza dei regimi autoritari, quelli democratici i loro delitti li compiono in silenzio perché devono salvaguardare l’immagine dello Stato di diritto, di una politica che agisce nella legalità, nel rispetto dei diritti della persona, quand’anche avversaria.
Ciacole da caffè, dicono in Veneto, perché la realtà è totalmente diversa, anzi opposta.
In un mondo di fango come il carcere italiano prove, testimonianze, riscontri è praticamente impossibile trovarne per cui l’illegalità è la regola e l’omertà un dovere, però ci sono operazioni che, tuttavia, una traccia visibile la lasciano ed è possibile, di conseguenza, farle conoscere.
A parte le operazioni mediatiche di un noto sciacallo giudiziario e dei suoi consimili del Partito democratico e di “Lotta continua”, ce ne sono altre non pubbliche condotte da persone che lavorano per lo Stato democratico.
Dal 2015, se la memoria non m’inganna, sono impegnato in vicende giudiziarie nelle quali sono stato coinvolto dalle querele presentate da Silvia Signorelli, ben quattro, rispettivamente a Milano, Verona, Bologna e Viterbo. A queste si è aggiunta una denuncia per reticenza sporta dalla procura della Repubblica di Bologna.
Al momento, il risultato è di due sconfitte per la Signorelli ed i suoi amici, con un’archiviazione della querela a Milano – perché infondata – ed una assoluzione mia a Bologna con formula ampia perché il fatto non sussiste, una condanna per reticenza a Bologna e due processi ancora in corso, a Verona e a Viterbo.
Ma non è questo l’argomento di cui vogliamo trattare in queste pagine, perché qui vogliamo raccontare quello che pure emerge nelle aule dei Tribunali, almeno in parte, ma di cui non viene colta la gravità.
Ho fatto l’errore di riporre la mia fiducia in un avvocato che, dopo aver condiviso una linea difensiva valida nel processo di Bologna scaturito dalla querela di Silvia Signorelli, improvvisamente decide di tradire il mandato affidatogli tentando, senza riuscirci, di ottenere il risultato di farmi perdere il processo e, nel contempo, di screditarmi.
Lo allontano, purtroppo con le buone maniere, e di tanto ne approfitta per cercare di fare altri danni.
Tolto di mezzo l’avvocato “difensore”, inizia, non a caso, una sistematica opera di sabotaggio ai miei danni sul piano giudiziario. Difatti, il 5 ottobre 2023 nomino un altro avvocato al posto del primo, ma la nomina non viene comunicata alla giudice che presiede il processo: ne verrà a conoscenza solo il 25 ottobre, a inizio udienza, solo perché il 23 ottobre aveva nominato un avvocato di ufficio.
La responsabilità di questa omissione ricade sull’ufficio matricola del carcere di Opera.
Il 9 dicembre 2023, revoco la nomina al nuovo avvocato ma questa non viene comunicata alla giudice che, il 17 gennaio 2024, data dell’ultima udienza, viene informata da me e nomina all’istante un difensore di ufficio.
È finita qui? No, perché lo stesso avvocato lo avevo nominato al processo per reticenza e lo avevo revocato il 9 dicembre 2023. Il 4 marzo 2024, all’udienza del processo si scopre che la revoca della nomina non è mai stata comunicata alla giudice che presiede il processo la quale, si vede obbligata a rinviare, per questo motivo, l’udienza all’8 aprile 2024 inviando la notifica di un difensore di ufficio il 27 marzo, notificata a me il 4 aprile.
A parte il fatto che non ho mai presenziato al processo per reticenza, cioè non mi sono mai difeso in quell’aula per coerenza mia, la gravità degli episodi si commenta da sola.
Non comunicare ai giudici la nomina di un avvocato, non comunicare la revoca significa impedire la difesa perché, purtroppo, in Italia è imposta l’assistenza di un avvocato, che può essere anche di ufficio e con il quale si può concordare, comunque, una linea difensiva avendo il tempo per farlo.
Tempo che manca se il giudice non è messo in condizione di nominare un difensore di ufficio.
È finita qui? No, perché la stessa tattica sembra che sia utilizzata anche nel processo di Viterbo.
Il 19 febbraio 2024, preso atto che il disonesto primo avvocato non ha rimesso il mandato come da me richiesto, gli revoco la nomina ma non mi giunge la nomina di un difensore di ufficio. Reitero l’atto di revoca il 7 marzo 2024 con lo stesso risultato e, il 16 marzo, nomino un avvocato di fiducia che, dopo un mese, mi comunica che gli è impossibile venire a Viterbo e sono, quindi, costretto a revocargli la nomina il 18 aprile, valida anche per il processo di Verona, avendogli fatto la nomina anche in questo.
Ancora oggi attendo che i giudici di Viterbo e Verona mi diano comunicazione della nomina di un avvocato di ufficio, obbligandomi a ritenere che anche nel loro caso la comunicazione della revoca non è stata mai fatta.
Per i due processi di Bologna, ormai, ci sono certezze acquisite e documentate sulla mancata comunicazione di una nomina e della revoca della stessa, mentre per gli altri rimane, ad oggi, un punto interrogativo solo per onestà intellettuale perché i giudici la nomina di un difensore di ufficio la fanno d’immediato e, a questa data, non è pervenuta.
Due sconfitte bruciano e qualcuno cerca di evitare che possano raddoppiare a Verona e Viterbo, pertanto si attiva per impedire la difesa.
Oggi il nipote di Silvia Signorelli, Paolo, è capo dell’ufficio comunicazioni del ministero dell’Agricoltura, diretto da tale Lollobrigida, cognato di Giorgia Meloni, e forse qualcuno ha pensato di dargli una mano per salvare il salvabile.
Sospetto avvalorato dal fatto che dopo l’udienza del 4 dicembre 2023, quando ho duramente attaccato Pino Rauti, la cui figlia è oggi sottosegretario alla Difesa, e dopo quella del 4 febbraio 2024, nel corso della quale ho dato a giusta ragione del mentitore all’avvocato e amico di Silvia Signorelli, il Tribunale di Udine ha pesantemente infastidito la mia famiglia.
Sarebbe ingenuo ritenere che queste azioni siano frutto di coincidenze, disguidi, errori di burocrati di basso livello, di eccesso di zelo e così via.
Non lo sono.
Non ci sono responsabilità individuali da denunciare pubblicamente, almeno per ora.
L’ufficio matricola di questo carcere nega ogni responsabilità, attribuendola ai cancellieri, ma è difficile pensare che i cancellieri di quattro Tribunali si siano accordati per boicottare la mia attività difensiva, mentre l’intervento del Tribunale di Udine fa pensare ad altro.
L’evidenza, documentata e quindi non smentibile, dice che questa operazione coordinata inizia dopo che era fallito il tentativo compiuto dal primo avvocato per screditarmi e di agire processualmente a mio danno.
Il tutto fa pensare che, fallita la speranza di una mia sconfitta processuale a Bologna, qualcuno abbia deciso di intervenire per sabotare, a danno mio e della verità storica e giudiziaria, i restanti processi.
Il tentativo è in atto ma che abbia successo è ancora da vedere, intanto rendiamo di pubblico dominio quanto accade giusto per smentire quanti ipocritamente sostengono che lo Stato democratico agisce nel rispetto della legalità.
Opera, 29 aprile 2024
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