Facciamo luce sui Quattro Cavalieri dell’Apocalisse

Oggi vorrei parlare dei capitoli 5 e 6 dell’Apocalisse, quelli relativi al libro sigillato e ai quattro cavalieri. Su questi capitoli ha scritto delle pagine importanti il preterista americano David Chilton, nel suo libro The Days of Vengeance – An Exposition of the Book of Revelation (“I giorni della vendetta – un’esposizione del Libro dell’Apocalisse”), pubblicato per la prima volta nel 1987.

Prima di entrare nel merito delle soluzioni esegetiche esposte da Chilton è necessaria una (breve) premessa. Il sottoscritto condivide con Chilton (e con gli altri preteristi) un assunto fondamentale: i capitoli 5 e 6 dell’Apocalisse e, più in generale, i settenari delle lettere, dei sigilli, delle trombe e delle coppe non riguardano la fine del mondo, bensì, da un lato, il conforto e l’incoraggiamento (e le ammonizioni) rivolti ai cristiani del I secolo minacciati dalle persecuzioni (settenario delle lettere) e, dall’altro, il giudizio e le punizioni di Dio contro l’Israele apostata, l’Israele carnale che aveva fatto uccidere Gesù (settenari dei sigilli, delle trombe e delle coppe).

Il tema generale dell’Apocalisse è dato dal versetto 1, 7: il Cristo giudice che viene “con le nubi” a punire la Gerusalemme terrena, una venuta che adempie le parole rivolte a suo tempo da Gesù al sommo sacerdote che lo stava giudicando:

Tu l’hai detto; anzi io vi dico: ormai rivedrete il Figlio dell’uomo sedere a destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo” (Matteo 26, 64; cfr. Marco 14, 62).

Detto questo, passiamo all’interpretazione fornita da Chilton dei capitoli 5 (il libro sigillato) e 6 (i quattro cavalieri) dell’Apocalisse. Secondo Chilton, il Libro sigillato non è altro che il Testamento di Cristo risorto e asceso al cielo: la Nuova Alleanza (p. 168). Sulla scia del teologo e biblista tedesco Theodor Zahn[1], Chilton sostiene che il “documento con i sette sigilli” simboleggia la promessa di un regno futuro, quello appunto costituito dalla Nuova Alleanza. Ma l’avvento della Nuova Alleanza implica la scomparsa della Vecchia Alleanza e la punizione dell’Israele apostata. Giovanni, nel descrivere il libro “scritto dentro e fuori”, e sigillato con sette sigilli, riprende un’immagine di Ezechiele. Ezechiele 2, 3-10: “Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli di Israele, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me…». E vidi una mano stendersi verso di me: aveva in pugno il rotolo d’un libro. Lo spiegò dinanzi a me: era scritto sul diritto e sul rovescio; c’erano scritte lamentazioni, sospiri e guai!”.

Il contenuto del libro ricevuto da Ezechiele corrisponde ai capitoli 3-32 della sua profezia e riguarda principalmente giudizi contro Israele e contro Gerusalemme.

Ecco, ad esempio, cosa scrive Ezechiele nei versetti 7, 1-4:

“La parola di Jahve mi fu rivolta per dirmi: «Ora tu, figlio dell’uomo, parla: “Così dice il Signore Jahve alla terra di Israele: È venuta la fine! È venuta la fine per le quattro estremità della terra. Ora la fine incombe su di te: manderò contro di te la mia ira, ti giudicherò secondo le tue azioni, metterò in conto tutti i tuoi abomini. Il mio occhio non avrà compassione di te e sarò senza pietà, anzi porrò in conto le tue azioni e si troveranno in te i tuoi abomini; e saprete che io sono Jahve”.

Come Ezechiele preannuncia l’assedio e la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi nel 6° secolo avanti Cristo, così Giovanni preannuncia l’assedio e la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani nell’Anno Domini 70.

Il capitolo 5 dell’Apocalisse si conclude con l’Inno all’Agnello (versetti 9-14). Osserva Chilton al riguardo (p. 179):

“Questo ci mostra la direzione della storia: i redenti del Signore, già una nazione di sacerdoti regali, si stanno muovendo verso il dominio completo che Dio aveva previsto come Suo programma originale per l’uomo. In Adamo era andato perduto; Gesù Cristo, il Secondo Adamo, ci ha redenti e ci ha restituito al nostro sacerdozio regale, così che regneremo sulla terra. Attraverso l’opera di Cristo è stata ottenuta la vittoria definitiva su Satana”.

Per quanto riguarda invece il capitolo 6, bisogna innanzitutto osservare la stretta somiglianza strutturale tra i sei sigilli menzionati nel capitolo e la cosiddetta Piccola Apocalisse registrata nei Vangeli sinottici (Matteo, capitolo 24; Marco, capitolo 13; Luca, capitolo 21). A far rilevare che i testi in questione “presentano praticamente lo stesso materiale” era stato a suo tempo lo studioso anglicano Robert Henry Charles[2], un esegeta che qui in Italia è quasi ignoto[3], ma che nei paesi anglosassoni gode ancora di indubbia fama (proprio grazie ai suoi studi sull’Apocalisse). Riporto quindi a seguire lo schema di Charles:

Apocalisse 6

  1. Guerra (v. 1-2)
  2. Conflitto internazionale (v. 3-4)
  3. Carestia (v. 5-6)
  4. Peste (v. 7-8)
  5. Persecuzioni (v. 9-11)
  6. Terremoto; de-creazione (v. 12-17).

Matteo 24

  1. Guerre (v. 6)
  2. Conflitto internazionale (v. 7°)
  3. Carestie (v. 7b)
  4. Terremoti (v. 7c)
  5. Persecuzioni (v. 9-13)
  6. De-creazione (v. 15-31).

Marco 13

  1. Guerre (v. 7)
  2. Conflitto internazionale (v. 8°)
  3. Terremoti (v. 8b)
  4. Carestie (v. 8c)
  5. Persecuzioni (v. 9-13)
  6. De-creazione (v. 14-27).

Luca 21

  1. Guerre (v. 9)
  2. Conflitto internazionale (v. 10)
  3. Terremoti (v. 11°)
  4. Piaghe e carestie (v. 11b)
  5. Persecuzioni (v. 12-19)
  6. De-creazione (v. 20-27).

Chilton fa notare che se lo schema di Charles dimostra un’indubbia perspicacia da parte dello studioso anglicano, e che se è vero che lo stesso Charles (e i commentatori che hanno seguito il suo esempio) ha capito che i predetti passi dei sinottici costituiscono una profezia contro Israele, sono stati però molto pochi gli studiosi che hanno realizzato l’ovvio collegamento: anche l’Apocalisse di Giovanni costituisce una profezia contro Israele!

Prendiamo ad esempio i versetti 15-17 del capitolo 6:

Apocalisse 6, 15-17: “e i re della terra e i maggiorenti e i capi militari e i ricchi e i forti e ogni uomo, schiavo e libero, si nascosero nelle caverne e nelle rupi dei monti, e dicono ai monti e alle rupi: «Cadete su di noi e nascondeteci dal cospetto di colui che siede sul trono e dall’ira dell’agnello, poiché è venuto il giorno grande della loro ira, e chi può reggersi?”.

Questo passaggio non parla della Fine del Mondo bensì della fine di Israele nell’Anno Domini 70: si tratta di una ripresa della profezia di Osea contro Israele:

“Efraim ne riporterà confusione e Israele resterà umiliato dal suo proposito. Samaria è distrutta: il suo re è come un fuscello sulla superficie dell’acqua. Saranno distrutti gli altari della falsità, il peccato di Israele: spine e triboli cresceranno sui loro altari. Allora diranno ai monti: «Copriteci!» e alle colline: «Cadeteci addosso!»” (Osea 10, 6-8).

Gesù citò questo testo mentre si recava alla crocifissione, affermando che esso si sarebbe adempiuto contro Israele nel giro di una generazione:

Luca 23, 27-30: “Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne, che facevano cordoglio e lamento su di lui. Ma, volgendosi ad esse, Gesù disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me; ma su voi stesse piangete e sui vostri figli, perché, ecco, verranno giorni in cui si dirà: “Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno nutrito”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!” e alle colline: “Copriteci!” perché se si tratta così il legno verde, che ne sarà del secco?»”.

A proposito dei primi quattro sigilli, e dei corrispondenti quattro cavalieri, dell’Apocalisse, Chilton (p. 184) cita le osservazioni di un altro preterista: Milton Terry[4], osservazioni che mi sembra utile riportare a seguire. Eccole (le sottolineature sono mie):

“La vera interpretazione di questi primi quattro sigilli è quella che li riconosce come una rappresentazione simbolica delle “guerre, carestie, pestilenze e terremoti” che Gesù dichiarò sarebbero stati “l’inizio dei dolori” nella desolazione di Gerusalemme (Matteo 24,6-7; Luca 21,10-11,20). Il tentativo di identificare ciascuna figura separata con un evento specifico non coglie né lo spirito né il metodo del simbolismo apocalittico. L’intento è quello di dare una quadruplice e quanto mai impressionante immagine di quella terribile guerra contro Gerusalemme, destinata a vendicare il sangue virtuoso di profeti e apostoli (Matteo 23, 35-37), e a comportare una “grande tribolazione”, una tribolazione senza precedenti (Matteo 24, 21). Come i quattro sciami di locuste successivi ma strettamente collegati di Gioele 1, 4; come i quattro cavalieri su cavalli di colore diverso di Zaccaria 1, 8, 18, e i quattro carri trainati da altrettanti cavalli di colore diverso di Zaccaria 6, 1-8, questi quattro giudizi dolorosi di Jahve si muovono al comando dei quattro viventi accanto al Trono per eseguire la volontà di Colui [Gesù Cristo] che aveva dichiarato che gli “scribi, farisei e ipocriti” del suo tempo erano “serpenti e razza di vipere”, e aveva assicurato che “tutte queste cose sarebbero ricadute su questa generazione” (Matteo 23, 33-36). Gli scritti di Giuseppe Flavio mostrano abbondantemente quanto spaventosamente tutte queste cose si siano adempiute nella sanguinosa guerra di Roma contro Gerusalemme”.

Torniamo al commento di Chilton (pp. 184-185):

“Altrettanto importante quanto Zaccaria [Zaccaria 6, 1-8] sullo sfondo di questo brano è la Preghiera di Abacuc (Abacuc 3), la tradizionale lettura sinagogale del secondo giorno di Pentecoste, in cui il profeta racconta una visione di Dio che viene in giudizio, splendente come il sole, sfolgorante di fulmini (Ab. 3, 3-4; cfr. Apoc. 1, 16; 4, 5), portatore di peste e piaghe (Ab. 3, 5; Apoc. 6, 8), frantumando i monti e facendo crollare i colli (Ab. 3, 6, 10; Apoc. 6, 14), a cavallo contro i suoi nemici (Ab. 3, 8, 15; Apoc. 6, 2, 4-5, 8), armato di arco (Ab. 3, 9, 11; Apoc. 6, 2), spegnendo il sole e la luna (Ab. 3, 11; Apoc. 6, 12-13) e calpestando le nazioni nel suo furore (Ab. 3, 12; Apoc. 6, 15). Abacuc presenta chiaramente le sue immagini come una profezia dell’invasione militare di Giuda da parte dei Caldei, strumenti pagani dell’ira divina di Dio (Ab. 3, 16; cfr. 1, 5-17). Con immagini simili, San Giovanni ritrae la distruzione di Israele per mano degli eserciti invasori edomiti e romani”.

Chilton nel suo commento ha citato come un precedente dell’Apocalisse il brano dei “quattro cocchi” del capitolo 6 del profeta Zaccaria. Quei quattro cocchi a cui corrispondono “i quattro venti del cielo che escono per presentarsi dinanzi al Dominatore di tutta la terra” (Zaccaria 6, 5). Ricordiamo che secondo il noto esegeta Giuseppe Ricciotti, i quattro cocchi/venti erano un “simbolo di tempesta e di sciagura”[5].

Veniamo ora al primo cavaliere, quello associato al cavallo bianco (Apocalisse 6, 2). Chilton identifica il cavaliere in questione con lo stesso Gesù Cristo. Per dimostrare la sua tesi, osserva che è parimenti bianco il cavallo cavalcato dal “Verbo di Dio” nei versetti 11-16 del capitolo 19. In secondo luogo, il cavaliere porta un arco, come il Re-guerriero di Abacuc 3. In terzo luogo, al cavaliere viene data una corona, e questo concorda con i “molti diademi” che stanno sulla testa del Verbo (19, 12). Infine, il cavaliere esce vincitore, una caratteristica che già Sant’Ireneo di Lione aveva associato proprio a Gesù:

A questo modo nasceva il Signore, la cui nascita (Giacobbe) prefigurava, di cui Giovanni nell’Apocalisse dice: «Uscì il vincitore per vincere» (6, 2)”[6].

Da parte mia, osservo che non c’è una certezza assoluta nell’identificazione del primo cavaliere con Gesù, ma è più che probabile che il cavaliere in questione sia comunque un personaggio cristologico (un’ipotesi contemplata anche dal prof. Edmondo Lupieri[7]).

Passiamo ora al secondo cavaliere. Così lo descrive Chilton (pp. 188-189):

“L’Agnello rompe il Secondo Sigillo e Giovanni sente la seconda creatura vivente dire: Vieni! In risposta alla chiamata, si fa avanti un cavaliere su un cavallo rosso sangue, al quale Dio concede il potere di togliere la pace alla Terra e di far sì che gli uomini si uccidano a vicenda; e gli viene data una grande spada… Tutto questo si compì abbondantemente in Israele e nelle nazioni circostanti durante gli Ultimi Giorni [quelli della Guerra giudaica contro i Romani], quando la Terra [di Israele] era piena di assassini, rivoluzionari e terroristi di ogni tipo; quando “ogni città si divise in due accampamenti, e la salvezza degli uni consisteva nel prevenire gli altri. E passavano il giorno a scannarsi, mentre le notti erano ancora più terribili per l’angoscia… Si potevano vedere le città piene di cadaveri insepolti, corpi di vecchi e di bambini gettati alla rinfusa, di donne senza nemmeno il più piccolo indumento, e l’intera provincia piena di orrori indescrivibili; tuttavia il terrore per i mali che incombevano superava quello dei misfatti già compiuti” (Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, II.18.2)[8].

Personalmente, concordo perfettamente con Chilton: la descrizione del secondo cavaliere dell’Apocalisse prefigura in modo straordinario la guerra civile che dilaniò gli Ebrei del I secolo che si apprestavano a fronteggiare i Romani, e che è stata magistralmente descritta da Flavio Giuseppe. Il destino degli Ebrei gerosolimitani fu davvero spaventoso: su di loro si abbatté non solo il flagello della guerra esterna (quella ingaggiata contro di loro dai Romani) ma dovettero subire anche il flagello della guerra intestina, al punto che nella seconda metà degli anni Sessanta Gerusalemme si trovò dilaniata da tre fazioni che si massacravano reciprocamente.

Dopo il secondo cavaliere entra in scena il terzo, su un cavallo nero, e con in mano una bilancia, simbolo di carestia sin dalla profezia di Ezechiele, bilancia con la quale il profeta veterotestamentario aveva annunciato l’imminente assedio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi (Ezechiele 4, 10). Nell’Apocalisse, invece, una voce dal centro delle creature viventi – e cioè dal Trono di Dio – dice: “Una chénice di grano per un denaro e tre chénici d’orzo per un denaro, e l’olio e il vino non rovinare!”.

Chiosa Chilton (pp. 189-190):

“Questa maledizione significa una carenza dei beni di prima necessità – una misura di grano che aumenta a più del 1000% del suo prezzo precedente, consumando il salario di un’intera giornata, in modo che l’intero lavoro di un uomo venga speso per procurarsi il cibo. D’altra parte, però, in questa specifica maledizione su Gerusalemme i lussi dell’olio e del vino non sono influenzati dall’aumento generale dei prezzi; al Cavaliere nero è vietato toccarli”.

Anche su questo aspetto della maledizione Flavio Giuseppe ha scritto pagine eloquentissime:

“Intanto la fame esaltava il furore omicida dei ribelli, e questi due flagelli infierivano ogni giorno di più. Poiché non si trovava grano da nessuna parte, essi piombavano nelle case per rovistare, e se ne trovavano percuotevano gli abitanti per aver negato di averne, se non ne trovavano li torturavano come se l’avessero nascosto troppo bene. Indizio se avevano o non avevano provviste era l’aspetto di quei disgraziati: chi ancora si manteneva bene era sospettato di avere riserve di viveri, mentre quelli già consunti venivano trascurati, e si giudicava che non valeva la pena uccidere gente che fra poco sarebbe morta di inanizione. Molti nascostamente barattavano le loro proprietà per una misura di grano, se erano ricchi, o di orzo, se erano poveri, e rinchiusisi nei più nascosti recessi della casa alcuni lo divoravano senza nemmeno macinarlo, tanta era la fame, altri lo mettevano a cuocere, come permettevano la necessità e la paura. Non si apparecchiava più una tavola, ma strappando i cibi dal fuoco li facevano a pezzi ancora semicrudi”[9].

Infine, viene rotto il Quarto Sigillo, e la quarta creatura vivente chiama l’ultimo Cavaliere, che cavalca un cavallo verde. Il quarto cavaliere è chiamato “la Morte”, ed è seguito dall’Ade. Ricordiamo che non può essere che Gesù a liberare la Morte e l’Ade: è lui infatti, il Figlio dell’Uomo, che ha le chiavi della morte e dell’Ade (Apocalisse 1, 18).

Leggiamo cosa scrive Giovanni nell’ultima parte del versetto 8 del capitolo 6:

E fu dato ad essi [alla Morte e all’Ade] potere sulla quarta parte della terra, per uccidere di spada, di fame, di peste e mediante le fiere della terra”.

Questo versetto costituisce una ripresa, praticamente alla lettera, di un passo del libro di Ezechiele, in cui quest’ultimo descrive i castighi di Dio contro Gerusalemme. Ecco il testo:

Ezechiele 14, 21: “Poiché così dice il Signore Jahve: «Quando, allo stesso modo, scaglierò su Gerusalemme i miei quattro castighi: spada, fame, bestie feroci e peste per sterminare da essa uomini e animali”.

Il versetto in questione reitera una precedente maledizione, rivolta sempre contro Gerusalemme, registrata da Ezechiele nel versetto 17 del capitolo 5 del suo libro:

“quando, contro di voi, manderò la fame e le bestie feroci, che ti rapiranno i figli; quando, in mezzo a te, passeranno la peste e la strage e farò passare contro di te la spada. Io, Jahve, ho parlato”.

Spada, fame, bestie feroci e peste: i flagelli annunciati da Ezechiele contro la Gerusalemme del sesto secolo sono gli stessi annunciati da Giovanni contro “la terra”. Questa, come già scrivevo in un precedente articolo, non può essere una mera coincidenza. Se ne era accorto a suo tempo anche mons. Antonino Romeo che, chiosando il predetto passo dell’Apocalisse, aveva osservato: “Le calamità scatenate dall’apertura dei sigilli sono quelle minacciate dai profeti contro Israele e Gerusalemme ribelli (Deut 32, 34; Ez 5, 17; 14, 13-21) e da Gesù nel discorso escatologico, Mt c. 24; Mc c. 13; Lc 21, 9-12. 25 s.”[10].

Ma se, come ha inoppugnabilmente dimostrato mons. Francesco Spadafora[11], il discorso “escatologico” di Gesù non si riferisce alla fine del mondo ma solo alla fine di Gerusalemme, la deduzione più ovvia[12] e semplice è che anche la “terra” castigata nel capitolo 6 dell’Apocalisse sia la Terra per eccellenza: Israele. Una deduzione avvalorata dal fatto che, come hanno parimenti dimostrato gli esegeti preteristi, anche la “Babilonia” dei capitoli 16-18 si riferisce a quella medesima Gerusalemme che aveva fatto uccidere non solo Gesù ma anche “i profeti” (cfr. Matteo 23, 32-38).

In questa fase preliminare, tuttavia, alla Morte e all’Ade viene data autorità per colpire solo la quarta parte della Terra. I giudizi delle trombe colpiranno la terza parte della Terra (cfr. 8, 7-12) mentre i giudizi delle Coppe la devasteranno completamente.

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Theodor_Zahn

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Henry_Charles

[3] Ma è stato citato da Lupieri nel suo commento all’Apocalisse del 1999.

[4] https://en.wikipedia.org/wiki/Milton_Terry

[5] Giuseppe Ricciotti, La Sacra Bibbia, Salani editore, 1991, p. 1302.

[6] Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, IV, 21, 3; Cantagalli editore, a cura di P. Vittorino Dellagiacoma, p. 82.

[7] L’Apocalisse di Giovanni, a cura di Edmondo Lupieri, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore, 1999, p. 148.

[8] Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, Oscar Classici Mondadori, gennaio 1991, a cura di Giovanni Vitucci, p. 183.

[9] Ivi, p. 389.

[10] La Sacra Bibbia, tradotta dai testi originali e commentata, a cura e sotto la direzione di mons. Salvatore Garofalo, Marietti 1966, p. 461.

[11] Francesco Spadafora, Gesù e la fine di Gerusalemme e l’escatologia in San Paolo, Istituto Padano Arti Grafiche, Rovigo 1971.

[12] L’”ovvio collegamento” di cui parlava Chilton nel 1987.

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