Vincenzo Vinciguerra: Un passo per volta

UN PASSO PER VOLTA

Di Vincenzo Vinciguerra

La via che conduce alla verità sulla storia italiana del dopoguerra, in particolare su quella degli anni Sessanta e Settanta, è ancora oggi in salita.

La vetta, ovvero la verità totale, è ancora lontana ma si avvicina un passo alla volta e il libro scritto dagli storici Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin, “La tigre e i gelidi mostri”, edito da Feltrinelli, ne rappresenta uno, importante, perché contiene notizie inedite su fatti e personaggi dell’estrema destra e dello Stato e, inoltre, perché i suoi autori abbandonano la prudenza che distingue ancora oggi tanti storici e giornalisti per affermare che “funzionari e agenti di servizi e forze dell’ordine, cioè dello Stato, sono infatti direttamente coinvolti fin dall’inizio, nella trama stragista e nella sua esecuzione. Non stanno coprendo i colpevoli: sono colpevoli essi stessi…” (p. 42).

Parole chiare, parole forti che non possono più essere smentite perché rispecchiano la verità sulle responsabilità dello Stato e del regime politico di allora e di oggi perché, sul finire del 2023, sono ancora i dirigenti politici a fare muro per impedire che la verità divenga patrimonio comune di tutti gli italiani.

Nel loro libro, i due autori si soffermano sulla strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969, sulla quale ormai esiste una verità storica che ha solide basi nella verità giudiziaria raggiunta solo parzialmente, per quanto riguarda gli autori materiali, per il tentativo di sabotare l’inchiesta condotto da Felice Casson con il sostegno di esponenti del Partito democratico (il cui impegno a favore della verità sulla guerra politica italiana è pura propaganda).

Dianese e Bettin, poi, entrano nel merito della strage di Brescia del 28 maggio 1974, anche questa come quella della Banca dell’Agricoltura a Milano, compiuta da militanti di Ordine nuovo con responsabilità personali accertate, questa volta, anche sul piano giudiziario.

Strage, quella di piazza della Loggia, a Brescia, che il Sid cercò di attribuire, nell’immediatezza, al Mar di Carlo Fumagalli, uccidendo per questo fine il proprio confidente Giancarlo Esposti, nel tentativo di farlo apparire come autore materiale dell’eccidio, eccidio a proposito del quale il Sismi, sul finire degli anni Ottanta, ventilò l’ipotesi di una responsabilità cubana per distogliere l’attenzione della magistratura da Ordine nuovo, sul quale si erano ormai concentrate le indagini, le cui responsabilità infine, dopo quarant’anni, sono emerse al di là di ogni ragionevole dubbio.

Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin hanno, poi, doverosamente affrontato il tema della strage di Bologna del 2 agosto 1980, che conta ormai tre colpevoli, riconosciuti con sentenza passata in giudicato (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini), un condannato anche in secondo grado (Gilberto Cavallini) e uno in primo grado (Paolo Bellini).

La Procura generale di Bologna ha giustamente ritenuto che Valerio Fioravanti e i suoi amici non abbiano deciso di compiere un massacro a Bologna “spontaneamente” ma che abbiano agito da esecutori materiali agli ordini di mandanti che ha ritenuto di identificare in Licio Gelli, Umberto Ortolani, Umberto Federico D’Amato e Mario Tedeschi.

La tesi accusatoria dei magistrati della Procura generale ha superato il vaglio del dibattimento in Corte di assise, che l’ha fatta propria ponendo fine alla leggenda, creata dagli uffici preposti alla disinformazione, dello “spontaneismo” di Fioravanti e compari.

Rimane un punto sul quale i meritevoli magistrati della Procura generale di Bologna non si sono mai pronunciati, quello relativo al collegamento fra la strage del 2 agosto 1980 e la mancata strage di Milano del 30 luglio 1980.

Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin, da me incontrati in questo carcere di Opera, hanno scelto di pubblicare quanto da me dichiarato sul collegamento, che io considero certo, fra i due eventi stragisti, uno fallito a Milano e l’altro riuscito a Bologna, del 30 luglio e del 2 agosto 1980, compiuti da due gruppi romani i cui componenti erano fra loro in stretti rapporti personali e politici.

I due autori non esprimono un giudizio su questa mia tesi ma, sia pure implicitamente, sembrano prenderla in seria considerazione, difatti ricordano a questo proposito le dichiarazioni rese alla magistratura dalla compagna di Egidio Giuliani, da lei indicato come il fornitore dell’esplosivo per la mancata strage del 3 luglio 1980, a Milano, e dalla compagna di Diego Macciò, ucciso in un conflitto a fuoco dalla polizia, che rivela di aver saputo da lui che ideatore della stessa era stato Gilberto Cavallini.

Le distratte e negligenti indagini della magistratura milanese si sono concluse con il proscioglimento degli indiziati e, da allora, sulla mancata strage del 30 luglio 1980, a Milano, è calato il silenzio.

Gli elementi per riconsiderare i fatti ci sono tutti, e sarebbe il caso di riflettere su quanto è accaduto nel luglio 1980 per valutare se, all’epoca, non è stata ideata, organizzata ed eseguita una sola strage ma è stato posto in atto un piano stragista che, se portato con successo a termine, avrebbe indotto il governo presieduto da Francesco Cossiga a proclamare lo stato di emergenza che sarebbe stato gestito dagli uomini della loggia P2.

Per finire non possiamo che riconoscere a Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin il merito di aver scritto un libro di storia italiana, la più tragica del dopoguerra, nel rispetto della verità e fornendo ulteriori particolari degni di essere approfonditi per illuminare quelle ombre che ancora permangono sulla strategia stragista posta in essere da Ordine nuovo in nome e per conto dello Stato.

Un libro da leggere e da far leggere.

 

Opera, 26 dicembre 2023   

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