Giovanni a Patmos: esiliato da Domiziano o da Nerone?

Come ormai sanno i miei lettori, nel corso dei miei studi e delle mie ricerche sul cristianesimo antico e sull’Apocalisse, ho avuto modo di apprezzare la serietà e la sagacia di alcuni esegeti che si definiscono come preteristi. In particolare, ultimamente, ho avuto modo di leggere l’interessantissimo libro, del preterista americano Francis Gumerlock, intitolato Revelation and the First Century – Preterist Interpretations of the Apocalypse in the Early Christianity: L’Apocalisse e il primo secolo – interpretazioni preteriste dell’Apocalisse nel cristianesimo antico[1].

L’autore ha scritto tale libro per dimostrare – riuscendoci brillantemente – che la lettura preterista dell’Apocalisse non nasce, come sostengono i detrattori del preterismo, nel diciassettesimo secolo con il gesuita spagnolo Luis Alcasar, ma che esempi, sia pure parziali, di considerazioni preteriste (come la datazione neroniana del libro di Giovanni) risalgono non solo all’epoca medievale ma, addirittura, agli evi del cristianesimo antico.

Dunque il preterismo non fu l’invenzione di un singolo gesuita spagnolo, peraltro brillante, ma scorre come un fiume carsico sin dai primordi dell’era cristiana. Scrive Gumerlock a pagina 9 del suo libro:

“Tutti i brani selezionati riflettono il fatto che alcuni cristiani dei tempi antichi e medievali interpretarono le visioni del libro dell’Apocalisse in modo preterista”.

E a pagina 10: “Noi parimenti ascoltiamo molto spesso di come l’Anticristo negli ultimi giorni costringerà le persone a ricevere il marchio numerato 666 sulla fronte e sulle mani. L’undicesimo capitolo traduce e spiega un antico testo nordafricano che incoraggia i suoi lettori a usare il nome di Nerone nel calcolare il numero della bestia. Il capitolo dodicesimo illustra come almeno quattro commentatori del versetto 17, 10, vissuti dal quarto fino all’ottavo secolo, videro Nerone come il sesto re, colui che era regnante nell’epoca in Giovanni scrisse l’Apocalisse”.

In questo post, servendomi delle informazioni del predetto libro, citerò i predetti commentatori ma, come premessa, rileverò come la datazione neroniana dell’Apocalisse – per quanto oggi negletta dalla maggioranza degli studiosi – sia stata vista sin dall’antichità come una possibile alternativa alla più conosciuta datazione domizianea.

Partiamo pertanto dal secondo capitolo, JOHN’S EXILE BY NERO, “Giovanni esiliato da Nerone”. Scrive l’autore (p. 37):

“Questo capitolo mostra sei differenti opinioni antiche, riguardanti la data del libro dell’Apocalisse, secondo cui Giovanni venne esiliato e scrisse il libro dell’Apocalisse durante il regno di Nerone (54-68) o prima che i Romani distruggessero Gerusalemme nel 70. Queste [opinioni] sono importanti perché permettono di accertare che l’opinione domizianea, secondo cui Giovanni scrisse l’Apocalisse negli anni 90, non fu affatto l’opinione esclusiva della chiesa antica”.

Gumerlock inizia la sua trattazione (pp. 37-38) citando un antico documento siriaco, la Storia di Giovanni, il figlio di Zebedeo. Esso dimostra che alcuni cristiani siriani ritenevano che Giovanni era stato esiliato da Nerone. Recenti studi hanno dimostrato che la “Storia” in questione risale alla fine del quarto secolo.

Poi abbiamo Tommaso di Harqel[2]. Nel 508, Policarpo tradusse il Nuovo Testamento in siriaco. Esso venne poi riveduto da Tommaso di Harqel nel 616. Questa versione del Nuovo Testamento è chiamata la Peshitta[3]. All’inizio del libro dell’Apocalisse nella Peshitta, una prefazione recita: “La Rivelazione, che venne fatta da Dio a Giovanni l’Evangelista, nell’isola di Patmos, nella quale egli venne bandito da Nerone l’Imperatore”.

Indi Gumerlock menziona (p. 39) Teofilatto di Ocrida (dodicesimo secolo). Era costui un vescovo bizantino che aveva la propria giurisdizione nel territorio dell’odierna Bulgaria. Registrò una tradizione esegetica secondo cui Giovanni era stato bandito a Patmos trentadue anni dopo l’ascensione del Signore. Osserva Gumerlock: “Poiché Cristo morì, risorse e ascese al cielo nell’epoca compresa tra gli anni 27 e 30, i trentadue anni posteriori ci portano agli anni 59-62, durante il regno di Nerone”.

Passiamo al Frammento muratoriano[4] (II secolo). Il frammento muratoriano è un importante documento per lo studio della formazione del canone della Scrittura. Una sezione di esso recita:

“…poiché lo stesso beato apostolo Paolo, seguendo lo schema del suo predecessore Giovanni, scrive fornendo i loro nomi, a non più di sette chiese, in questo ordine: ai Corinzi, una prima; agli Efesini, una seconda; ai Filippesi, una terza; ai Colossesi, una quarta; ai Galati, una quinta; ai Tessalonicesi, una sesta; ai Romani, una settima. Ma sebbene ve ne sia più di una ai Corinzi e ai Tessalonicesi, per la precisione, nondimeno è ovvio che una chiesa è sparpagliata sull’intero globo della terra. Perché anche Giovanni, nella sua Apocalisse, mentre scrive a sette chiese, tuttavia parla a tutte” (righe 47-59).

Chiosa Gumerlock (p. 40): “Se questo frammento viene letto semplicemente, esso afferma che Giovanni fu un predecessore di Paolo nello scrivere lettere, che Giovanni scrisse a sette chiese (nel libro dell’Apocalisse), e che Paolo, seguendo lo schema di Giovanni, scrisse a sette chiese”.

L’autore cita poi il preterista Kenneth Gentry, il quale afferma: “Questo antico scrittore chiaramente insegna che Giovanni precedette Paolo nello scrivere lettere a sette chiese. Ed è universalmente ammesso tra gli storici e i teologi che Paolo morì prima del 70, o nel 67 o nel 68”. Cita anche lo studioso Kym Smith, il quale afferma: “Il riferimento del frammento a Giovanni come predecessore di Paolo, poi, è interessante. Come minimo colloca la stesura dell’Apocalisse nel mezzo dell’attività epistolare di Paolo…”.

Conclude Gumerlock (p. 41): “È molto probabile che l’autore del Frammento muratoriano abbia collocato la paternità del libro dell’Apocalisse prima del completamento delle lettere di Paolo e certamente prima della morte di Paolo intorno all’anno 67”.

Tertulliano. Intorno all’anno 203, Tertulliano di Cartagine scrisse La prescrizione degli eretici. Il passaggio che ci interessa è il seguente:

“Ista quam felix Ecclesia cui totam doctrinam Apostoli cum sanguine suo profuderunt, ubi Petrus Passioni Dominicae adaequatur, ubi Paulus Iohannis exitu coronatur, ubi Apostolus Iohannes posteaquam in oleum igneum demersus nihil passus est, in insulam relegatur. . .”.

A questo proposito Gumerlock esprime la seguente considerazione (p. 42): Intorno all’anno 393, Girolamo, nella sua opera Contro Gioviniano commentò il [predetto] passaggio di Tertulliano dicendo: ‘Inoltre, Tertulliano riferisce che egli [Giovanni] venne mandato da Nerone nell’olio bollente’. Le parole ‘da Nerone’ (a Nero), sono contenute nelle antiche edizioni dell’opera di Girolamo, inclusa l’edizione del 1524 di Erasmo da Rotterdam. Tuttavia, nell’edizione del 1564 di Vittori le parole ‘da Nerone’ vennero cambiate con ‘a Roma’ (Romae). Il cambiamento di Vittori venne riprodotto nell’edizione di Vellarsi del 1767 e nel secolo successivo da Migne”.

A questo punto mi sembra meritevole di menzione il parere (contrario) dell’illustre antichista Ilaria Ramelli, la quale, nel libro Gesù a Roma[5], osserva (sempre a proposito del Contro Gioviniano): “Tutti i mss. [manoscritti] riportano a Nerone [“da Nerone”], ma è un’evidente corruttela: basta leggere Tertulliano. Cf. PL XXIII 259, n. 2”.

La professoressa Ramelli fece quest’osservazione nell’ambito di alcune sue considerazioni sulla quarta Satira di Giovenale, in cui il poeta romano alluderebbe in termini velati al supplizio inflitto a Roma a Giovanni, supplizio che, secondo Ramelli, venne eseguito sicuramente nell’epoca di Domiziano.

Forse, però, la corruttela del testo non è così “evidente” come sostiene Ramelli. A questo proposito, il noto esegeta John Arthur Thomas Robinson, nel suo libro Redating the New Testament (“Ridatare il Nuovo Testamento”), osserva: “Girolamo, citando il passaggio interpreta Tertulliano nel senso che le sofferenze di Giovanni, come quelle di Pietro e Paolo, avvennero sotto Nerone – nonostante la sua accettazione dalla Cronaca di Eusebio della data domizianea”[6].

A questo riguardo, mi sembra meritevole di menzione anche il fatto che, se Ilaria Ramelli parla di “evidente corruttela” citando come testo il Contro Gioviniano di Girolamo, Robinson desume la sua osservazione da un’altra opera di Girolamo: il De viris illustribus[7], in cui compare parimenti il nome di Nerone, e quindi, forse, è davvero possibile che Girolamo abbia attribuito a Tertulliano l’intenzione di collegare Giovanni alla persecuzione neroniana.

Infine, a completamento del capitolo “Giovanni esiliato da Nerone”, Gumerlock cita il domenicano belga Johannes Henten. Costui curò nel sedicesimo secolo l’edizione del commento all’Apocalisse di Areta di Cesarea (860-940). Quest’ultimo aveva scritto, a proposito di Apocalisse 7, 4-8, che “la devastazione che sarebbe stata portata contro gli ebrei, non era stata ancora inflitta dai romani quando l’evangelista ricevette questi oracoli”. Henten da parte sua espresse la convinzione che Giovanni venne esiliato a Patmos da Nerone nella stessa epoca in cui questi fece uccidere Pietro e Paolo, e che l’Apocalisse venne scritta a Patmos prima della distruzione di Gerusalemme.

Secondo Gumerlock, da queste pagine può essere tratta una prima conclusione, e cioè che il gesuita spagnolo Luis Alcasar, vissuto nel diciassettesimo secolo, non fu il primo erudito ad avere un approccio preterista all’Apocalisse, ma venne anticipato quasi un secolo prima da Henten. Inoltre, diversi testi del cristianesimo antico sostengono o implicano che l’apostolo Giovanni venne esiliato da Nerone, che regnò dall’anno 54 all’anno 68, e che Giovanni scrisse il libro dell’Apocalisse prima della distruzione di Gerusalemme nell’anno 70. Questi testi includono scritti di Tertulliano e Origene, il Frammento muratoriano, la Storia di Giovanni, figlio di Zebedeo, la prefazione all’Apocalisse della Peshitta, gli Atti di Giovanni scritti da Procoro, Teofilatto di Ocrida e Johannes Henten. E, aggiungo io, lo stesso Areta di Cesarea.

Passiamo ora ai versetti dell’Apocalisse 17, 9-10: “Qui occorre l’intelletto che ha sapienza. Le sette teste sono sette monti, sui quali siede la donna, e sono sette re. Di questi, cinque sono caduti, uno esiste, l’altro non ancora è venuto, e quando verrà deve rimanere poco tempo”.

Gumerlock riferisce (pp. 152 ss.) di come almeno quattro commentatori medievali hanno visto il sesto re, quello che “è” regnante nel momento in cui Giovanni scriveva il libro dell’Apocalisse, come Nerone…I quattro commentatori medievali che elencano Nerone come il sesto re, sono: la Irish Reference Bible (anno 750 circa), il commento di Beato di Liébana del 786, un commento del decimo secolo conservato in un manoscritto a Cambridge e il commento di Nicola di Gorran, scritto negli anni tra il 1263 e il 1285”.

La Irish Reference Bible [Bibbia Irlandese di Riferimento] è un commento anonimo in latino dell’intera Bibbia, scritto nella seconda metà dell’ottavo secolo, risalente forse all’anno 750. Sul versetto 17, 10 scrive:

“Cinque sono caduti, uno è, e l’altro non è ancora venuto, e cioè Gaio Giulio Cesare il primo imperatore, il secondo Augusto, sotto il quale è nato Cristo, il terzo Tiberio, sotto il quale ha patito, il quarto Claudio, sotto il quale si è verificata la carestia menzionata negli Atti degli Apostoli (Atti 11, 38), il quinto Galba, il sesto Nerone…”.

Il commento di Beato su questo stesso passaggio recita: “Gaio Giulio Cesare il primo…Il secondo…Augusto…sotto il quale il Signore è nato…Il terzo Tiberio sotto il quale è morto…Il quarto Claudio, sotto il quale la carestia degli Atti degli Apostoli viene descritta, il quinto Galba…il sesto Nerone…”.

Il commento su questo passaggio in un manoscritto del decimo secolo conservato a Cambridge recita: “Gaio Giulio Cesare il primo imperatore, il secondo Augusto sotto il quale il Signore è nato, il terzo Tiberio sotto il quale è morto, il terzo [sic] Claudio sotto il quale si è verificata la carestia, Atti 11. Il sesto Nerone”.

Infine, il commento di Nicola di Gorran recita: “Il primo fu Gaio Cesare, il secondo Augusto, sotto il quale il Signore è nato. Il terzo Tiberio, sotto il quale è morto, il terzo [sic] Claudio, sotto il quale si è verificata la carestia, Atti 11. Il sesto è detto [essere] Nerone”.

Gumerlock rileva al riguardo: “Martin McNamara, che ha scritto un articolo sul commento presente nel manoscritto del decimo secolo conservato a Cambridge, ha detto che la ragione per cui il commento di Cambridge e la Irish Reference Bible presentano commenti quasi identici su alcuni passaggi dell’Apocalisse non è dovuta ad una loro reciproca dipendenza bensì al fatto che essi utilizzarono entrambi una fonte comune, un perduto commento all’Apocalisse che egli ha sostenuto essere stato scritto prima del 750. Gli studiosi ritengono, tuttavia, che il commento perduto sia quasi interamente contenuto all’interno del commento all’Apocalisse che fa parte del manoscritto del decimo secolo conservato a Cambridge. Roger Gryson ritiene che il commento al versetto 17, 10 che elenca Nerone come colui che “è” regnante nell’epoca in cui Giovanni scrisse l’Apocalisse – che è anche la fonte dei predetti commenti medievali – sia quello di Ticonio di Cartagine. Ticonio era un laico donatista del Nord Africa, che scrisse un commento sull’Apocalisse intorno all’anno 380. Sebbene il commento di Ticonio sia andato perduto, gli antichi esegeti medievali lo citarono così spesso che gli studiosi hanno ritenuto di poterlo ricostruire. Nel 2011, Gryson lo ha fatto. La sua ricostruzione dei commenti di Ticonio al versetto 17, 10 recita nel modo seguente:

“CINQUE SONO CADUTI, UNO È, UN ALTRO NON È ANCORA VENUTO, E QUANDO DOVRÀ VENIRE, È NECESSARIO CHE RIMANGA PER BREVE TEMPO, e cioè, Gaio Giulio Cesare il primo, il secondo Augusto sotto il quale il Signore è nato, il terzo Tiberio sotto il quale è morto, il quarto Claudio sotto il quale si è verificata la carestia degli Atti degli Apostoli, il quinto Galba, il sesto Nerone, il settimo Otone, del quale egli ha detto: ‘e quando verrà deve rimanere poco tempo’, e cioè, in una figura del rivelato Anticristo; perché egli ha regnato per tre mesi e sei giorni”.

Conclude Gumerlock (p. 156): “Nonostante la sua esclusione di Gaio Caligola dall’elenco e la successione scorretta degli imperatori che egli presenta (la successione corretta è Giulio Cesare, Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, Galba), Ticonio ha elencato Nerone come il sesto re, colui che era regnante nell’epoca in cui Giovanni scrisse l’Apocalisse. Questa è un’altra testimonianza antica in favore di una data neroniana dell’Apocalisse. Questa opinione è simile a quella espressa oggi da vari preteristi, che vedono Nerone come il sesto re, e che ritengono che l’Apocalisse sia stata scritta sotto il suo regnoR. C. Sproul ha scritto che “un approccio più naturale” al versetto 17, 10 – rispetto a quello che fa iniziare l’elenco degli imperatori da Augusto – “è di iniziare l’elenco dei re con Giulio Cesare…In questa serie…il sesto re è Nerone. Se egli è il re di cui nell’Apocalisse si parla con il tempo presente, allora questo aggiunge un peso considerevole all’argomento che data il libro dalla metà alla fine degli anni ‘60”.

Da parte mia, osservo che all’elenco di coloro che ritengono che il sesto re dell’Apocalisse sia Nerone va aggiunto uno dei più grandi esegeti cattolici del Novecento, e cioè l’abate Jean Carmignac. Da una sua conferenza del 1978, da me a suo tempo tradotta sul mio blog[8], estraggo il seguente passaggio:

“Nell’Apocalisse 17. 9-10, si parla del sesto re di Roma. I re di Roma sono facili da calcolare: il primo è Cesare, e il sesto è Nerone, e Nerone ha regnato dal 54 al 68. Questo passaggio dell’Apocalisse parla di una città dove vi sono sette colline – è chiaro che è Roma – e una città dove si parla di sette re (ma la cifra sette ovviamente…vi sono sette colline e altrettanti re). Sui sette re dice: 5 hanno già regnato, sono quelli, fino a Claudio incluso; c’è un altro che regna e poi ce ne sarà uno dopo; bene, dopo Nerone c’è Galba, ecc. Dunque la stessa Apocalisse dice che è stata scritta tra il 54 e il 68”.

Bene, a questo punto ricordo che l’Enciclopedia Cattolica[9] a suo tempo riferì che “I molti sistemi in cui è divisa l’esegesi cattolica dell’Apocalisse si possono ridurre a quattro, che hanno tuttora fautori”.

  1. L’escatologico è il più antico e ancora oggi il più diffuso: l’Apocalisse (dal cap. 4 alla fine) predice gli eventi futuri della fine del mondo (persecuzioni e calamità, apostasie, Anticristo, giudizio ultimo)
  2. Lo storico antico è quasi agli antipodi del precedente: l’Apocalisse descrive simbolicamente la lotta del giudaismo e del paganesimo contro la Chiesa, finita col trionfo della Chiesa e la caduta di Roma pagana; il ciclo profetico dell’A. sarebbe assolto col sec. IV e V. Proposto da J. Henten (1574), poi da A. Salmeron (m. nel 1585), fu accentuato e messo in voga da L. de Alcázar (v.). Vi aderirono J. B. Bossuet, A. Calmet, De Vuilleret, M. Aberle, F. Allioli, L. Bacuez, J. Schäfer, M. Meinertz, L. Billot.
  3. Lo storico universale […]
  4. Il ricapitolativo è accennato o implicito presso i migliori rappresentanti latini del 1° sistema (ad es. Beda, Alcuino); è l’unico, con l’escatologico, che possa dirsi tradizionale. L’Apocalisse non espone gli eventi futuri in una serie progressiva continua, ma descrive alcuni supremi eventi della lotta tra Cristo e Satana, ripetendo in simboli differenti le stesse realtà fino alla maturazione e all’esito conclusivo: è il Regno di Dio militante e infine trionfante. Accennata da Vittorino di Pettau, la recapitulatio è formulata e applicata dal donatista Ticonio (ca. 380), ammessa e spiegata da s. Agostino (De Civ. Dei, XX, 8) che stabilisce sicuri principi esegetici…”.

A quanto pare, i preteristi (in particolare i preteristi americani) hanno preso le mosse dal secondo sistema citato dall’Enciclopedia Cattolica (il sistema “storico antico”) e l’hanno sviluppato in una serie di volumi e di pubblicazioni ormai imponente, di cui il libro di Gumerlock costituisce un brillante esempio di erudizione. Tra coloro che hanno espresso un’esegesi preterista dell’Apocalisse va poi ricordato il grande esegeta cattolico Claude Tresmontant, di cui mi sono più volte occupato su questo blog.

Rilevo, per concludere, che l’autore delle voci “Anticristo” e “Apocalisse” è il compianto mons. Antonino Romeo, il maestro di Francesco Spadafora. Nonostante i suoi grandi meriti, mi sembra di poter rilevare una contraddizione tra quanto afferma nella voce “Apocalisse” (il sistema “ricapitolativo” è l’unico, con l’”escatologico”, che possa dirsi tradizionale) e quanto afferma nella voce “Anticristo”: “Non bisogna, comunque, appellarsi ad una tradizione dottrinale; «in questi argomenti escatologici non esiste tradizione alcuna» (D. Buzy)”.

A me sembra che in questo momento, il sistema storico antico, o preterista, sia di gran lunga il più vitale.

 

[1] Francis Gumerlock, Revelation and the First Century – Preterist Interpretations of the Apocalypse in Early Christianity, American Vision Press, Powder Springs 2012.

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_di_Harqel

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Peshitta

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Canone_muratoriano

[5] Ennio Innocenti e Ilaria Ramelli, Gesù a Roma, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, 2006, p. 405, nota 90.

[6] John Arthur Thomas Robinson, Redating the New Testament, London 1977, pp. 223-224.

[7] https://it.wikipedia.org/wiki/De_viris_illustribus_(Girolamo)

[8] https://www.andreacarancini.it/2019/05/conferenza-di-jean-carmignac-la-data-del-nuovo-testamento/

[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Enciclopedia_cattolica

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Recent Posts
Sponsor