Come è noto a chi ha una conoscenza anche solo superficiale della Bibbia, il Vecchio Testamento è letteralmente disseminato di profezie messianiche, di profezie cioè che prefigurano la venuta di Gesù. In un suo libro scritto qualche anno fa, Antonio Socci è arrivato a contarne addirittura 153![1]
Da parte mia, mi sono imbattuto qualche giorno fa in una di queste profezie, che a Socci forse deve essere sfuggita, ma che vale la pena di evidenziare, perché è davvero straordinaria. La profezia in questione si trova nel libro della Sapienza di Salomone. La Sapienza di Salomone, per chi non lo sapesse, fa parte di quei libri della Bibbia definiti come deuterocanonici: si tratta cioè di un libro considerato ispirato dai cattolici e dagli ortodossi, mentre viene considerato apocrifo dai protestanti (ed è rifiutato dagli ebrei).
Si ritiene che sia stato scritto, in lingua greca, nel primo secolo avanti Cristo. Secondo l’autorevole Dizionario Biblico diretto da mons. Francesco Spadafora[2], il libro della Sapienza contiene importantissimi insegnamenti dottrinali, che verranno poi ripresi nel Nuovo Testamento: la descrizione della vita eterna dei giusti, la conoscibilità di Dio attraverso le creature, la provvidenza divina, la corruzione del paganesimo. In particolare, San Paolo, nel descrivere il Verbo incarnato, adopera espressioni e concetti che già troviamo nel libro della Sapienza.
La profezia di cui parlavo è quella espressa dai versetti 12-20 del secondo capitolo, quelli che parlano delle insidie che gli empi riservano al giusto. Si tratta di versetti che la Chiesa cattolica riferisce tradizionalmente al Giusto per eccellenza, Gesù. E in effetti il brano in questione costituisce un’anticipazione impressionante della Passione del Salvatore[3]:
“Tendiamo insidie al giusto, poiché c’è d’imbarazzo,
e si oppone alle nostre opere,
e ci rinfaccia i falli contro la legge,
e ci rimbrotta le colpe della nostra condotta.
Si vanta d’aver lui la conoscenza di Dio,
e chiama sé stesso figliuolo del Signore!
È diventato un rimprovero [vivente] de’ nostri pensieri,
e c’è uggioso anche al vederlo;
perché diversa dagli altri è la sua vita
e stravaganti son le sue vie.
Ci reputa come gente frivola [e falsa],
e si tien lontano dalle nostre vie come da immondezze;
proclama beata la fine de’ giusti
e si gloria d’aver Dio per padre. Vediam dunque se son veri i suoi discorsi,
e facciam la prova di ciò che gli accadrà sul punto d’andarsene.
Perché se il giusto è figliuolo di Dio, [Dio] verrà in suo aiuto,
e lo trarrà in salvo dalle mani de’ suoi avversari.
Proviamolo con l’ingiuria e i maltrattamenti
per conoscere la sua mansuetudine,
e saggiar la sua pazienza.
Condanniamolo a morte vergognosa,
giacché, a quanto si dice, c’è chi si piglierà cura di lui!”.
La persecuzione del Giusto preconizzata dalla Sapienza di Salomone ha avuto il suo adempimento nell’evento descritto dal vangelo di Matteo (Matteo 27, 39-43):
“I passanti lo insultavano scrollando la testa e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo riedifichi, salva te stesso: se sei Figlio di Dio scendi dalla croce!». Similmente anche i gran sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, se ne facevano beffe, dicendo: «Salvò altri e non può salvare sé stesso! È re d’Israele! Discenda adesso dalla croce e crederemo in lui! Ha confidato in Dio, lo liberi Dio adesso se gli vuol bene; perché egli ha detto: “Sono Figlio di Dio!”»”.
[1] Antonio Socci, Indagine su Gesù, BUR Saggi, Milano 2009, pp. 139-149 (Lo sconvolgente identikit che lo precedette).
[2] Francesco Spadafora (diretto da), Dizionario Biblico, Editrice Studium, 1963, p. 549.
[3] La traduzione da me utilizzata è quella della Bibbia curata da Giuseppe Ricciotti (Salani, 1940).
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