ATTACCO ALLO STATO
Di Vincenzo Vinciguerra
C’è stata in Italia una guerra civile iniziata, in questo Paese, il 25 luglio 1943 fra comunisti ed anticomunisti rimasta nell’ombra fino al 2 maggio 1945, data della resa delle truppe tedesche e fasciste, per poi esplodere nel dopoguerra con un numero mai calcolato di morti e feriti da entrambi i lati, salvo sopirsi negli anni Cinquanta e riprendere, per decisione dell’anticomunismo nazionale e internazionale, dalla metà degli anni Sessanta.
Bisognerà attendere, però, fino al mese di ottobre del 1974 perché la sinistra armata inizi lo scontro con lo Stato dando avvio alla lotta armata.
Il 15 ottobre 1974, a Robbiano di Mediglia, difatti, il brigatista rosso Roberto Ognibene uccide, in scontro a fuoco, il maresciallo dei carabinieri Felice Maritano restando gravemente ferito a sua volta.
Il 29 ottobre 1974, a Firenze, in un altro scontro a fuoco le forze di polizia uccidono i nappisti Luca Mantini e Sergio Romeo.
Il 5 dicembre 1974, ad Argelato, autonomi uccidono il brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini.
Alla fine del 1974, le forze di estrema destra che fiancheggiano lo Stato hanno compiuto la strage di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969; quella di Gioia Tauro (Reggio Calabria) il 22 luglio 1970; quella di via Fatebenefratelli, a Milano, il 17 maggio 1973; quella di Brescia del 28 maggio 1974 e quella dell’Italicus del 4 agosto 1974.
Gli elementi di estrema destra hanno, inoltre, fallito quattro stragi (Silvi Marina, Vaiano, treno Torino-Roma, viadotto a Savona) che, se riuscite, avrebbero provocato alcune centinaia di morti.
Servono, forse, parole per dimostrare che l’obbiettivo dell’estrema destra è rappresentato dalla popolazione, mentre quello della sinistra armata è lo Stato con i suoi rappresentanti in divisa?
I fatti seguenti lo confermano.
Il 5 giugno 1975, ad Aqui Terme, in uno scontro a fuoco con i carabinieri muore la brigatista Mara Cagol e viene gravemente ferito l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, che morirà l’11 giugno in ospedale a Milano.
Il 4 settembre 1975, a Ponte sul Brenta, militanti di sinistra uccidono l’appuntato dei carabinieri Antonio Niedda.
L’8 giugno 1976, a Genova, le Br uccidono il procuratore generale Francesco Coco, l’appuntato di Ps Giovanni Saponara e l’appuntato dei carabinieri Antonio Dejana.
Il 1 settembre 1976, a Biella, le Br uccidono il vicequestore Francesco Cusano.
Il 14 dicembre 1976, in uno scontro a fuoco, a Roma, muoiono il nappista Martino Zicchitella e l’agente di Ps Prisco Palumbo.
Il 15 dicembre 1976, a Milano, il brigatista rosso Walter Alasia uccide il vicequestore Vittorio Padovani e il maresciallo di Ps Sergio Bazzega, restando ucciso a sua volta.
Il 19 febbraio 1977, le Br uccidono il brigadiere di Ps Lino Ghedini.
Il 12 marzo 1977, a Torino, Prima linea uccide il brigadiere di Ps Giuseppe Ciotta.
Il 22 marzo 1977, a Roma, i Nap uccidono l’agente di Ps Claudio Graziosi.
Il 21 aprile 1977, a Roma, nel corso di una manifestazione, autonomi uccidono l’agente di Ps Settimio Passamonti.
Il 14 maggio 1977, a Milano, nel corso di una manifestazione, autonomi uccidono il vicebrigadiere di Ps Antonio Custrà.
Il 20 gennaio 1978, a Firenze, militanti di sinistra uccidono l’agente di Ps Fausto Dionisi.
Il 14 febbraio 1978, a Roma, le Br uccidono il giudice Riccardo Palma.
Il 10 marzo 1978, a Torino, le Br uccidono il maresciallo di Ps Rosario Berardi.
Il 16 marzo 1978, a Roma, le Br uccidono il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi; l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci; l’appuntato di Ps Giulio Rivera; il vicebrigadiere di Ps Francesco Zizzi; l’agente di Ps Raffaele Iozzino.
L’11 aprile 1978, a Torino, le Br uccidono l’agente di custodia Lorenzo Cotugno.
Il 20 aprile 1978, a Milano, le Br uccidono il vicebrigadiere degli agenti di custodia Francesco De Cataldo.
Il 5 giugno 1978, a Udine, militanti di sinistra uccidono il maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro.
Il 27 giugno 1978, a Genova, le Br uccidono il commissario di Ps Antonio Esposito.
Il 10 ottobre 1978, a Roma, le Br uccidono il giudice Girolamo Tartaglione.
L’8 novembre 1978, a Frosinone, militanti di sinistra uccidono il giudice Fedele Calvosa, il suo autista Luciano Rossi, l’agente di Ps Giuseppe Pagliei, mentre resta ucciso a sua volta Roberto Capone.
Il 15 dicembre 1978, a Torino, le Br uccidono gli agenti di Ps Salvatore Lanza e Salvatore Porceddu.
Il 19 gennaio 1979, a Torino, le Br uccidono l’agente di custodia Giuseppe Lorusso.
Il 29 gennaio 1979, a Milano, Prima linea uccide il giudice Emilio Alessandrini.
Il 13 marzo 1979, a Bergamo, è ucciso da militanti di sinistra l’appuntato dei carabinieri Giuseppe Guerrieri.
Il 3 maggio 1979, a Roma, è ucciso dalle Br il vicebrigadiere di Ps Antonio Mesa.
Il 10 maggio 1979, a Roma, muore l’agente di Ps Pietro Ollanu, ferito dalle Br il 3 maggio.
Il 19 maggio 1979, a Milano, è ucciso da militanti di sinistra l’agente di Ps Andrea Campagna.
Il 13 luglio 1979, a Roma, è ucciso dalle Br il tenente colonnello dei carabinieri Antonio Varisco.
Il 9 novembre 1979, a Roma, militanti di sinistra uccidono l’agente di Ps Michele Granato.
Il 21 novembre 1979, a Genova, sono uccisi dalle Br il maresciallo dei carabinieri Vittorio Battaglini e il milite Mario Tosa.
Il 27 novembre 1979, a Roma, le Br uccidono il maresciallo di Ps Domenico Taverna.
Il 7 dicembre 1979, a Roma, le Br uccidono il maresciallo di Ps Mariano Romiti.
Dal 15 ottobre 1974 al 31 dicembre 1979, la sinistra armata uccide 45 rappresentanti dello Stato fra agenti di polizia, carabinieri, agenti di custodia e 5 magistrati.
In guerra si uccide da entrambe le parti, così la sinistra perde 14 militanti, alcuni dei quali uccisi a sangue freddo, come Anna Maria Mantini e Antonio Lo Muscio.
La destra estrema, dal canto suo, in un lasso di tempo superiore uccide, per casualità non per volontà, un agente di Ps a Milano, il 12 aprile 1973; il 24 gennaio 1975, a Empoli, Mario Tuti uccide per sottrarsi all’arresto due agenti di polizia, senza alcuna motivazione politica o ideologica.
Dopo un omicidio preterintenzionale, e un duplice omicidio volontario, l’estrema destra uccide con premeditazione un magistrato, Vittorio Occorsio, il 10 luglio 1976, per impedirgli di proseguire le indagini sui collegamenti fra massoneria, malavita e estrema destra.
3 agenti di polizia e 1 magistrato uccisi: nessuno dei quali per motivi politici o ideologici.
Le perdite dell’estrema destra ammontano ad una (ripeto, una) persona: Giancarlo Esposti, ucciso dai carabinieri a Pian del Rascino il 30 maggio 1974.
Esposti, militante di Avanguardia nazionale, era stato infiltrato nel Mar di Carlo Fumagalli ma aveva tradito i suoi amici avanguardisti e il Sid, di cui era confidente nel Centro di controspionaggio di Milano, passando con decisione con Fumagalli, notoriamente dipendente dalla divisione Affari riservati del ministero degli Interni.
Il Sid ne decide la morte per cercare di attribuirgli la responsabilità della strage di Brescia del 28 maggio 1974, ma nell’identikit che lo ritraeva come autore dell’eccidio veniva rappresentato senza barba che, invece, Esposti si era fatto crescere dal 9 maggio 1974, quando si era dato alla clandestinità.
Il raffronto è eloquente: 45 uccisi dalla sinistra, in grande maggioranza in agguati e alcuni in scontro a fuoco, contro 3 della destra, dei quali solo uno premeditato.
14 militanti di sinistra uccisi in scontro a fuoco e alcuni a sangue freddo dalle forze di polizia, contro 1 di destra ucciso in una operazione “sporca” del Sid.
A carico dell’estrema destra c’è anche, ancora, un tentativo di strage, a Roma, nel maggio del 1979, quando una macchina imbottita di esplosivo avrebbe dovuto falciare, in piazza Indipendenza, i partecipanti ad una adunata degli alpini.
Nei primi sette mesi del 1980 la sinistra armata prosegue nei suoi attacchi contro i rappresentanti in divisa dello Stato.
L’8 gennaio 1980, a Milano, militanti di sinistra uccidono l’appuntato di Ps Antonio Cestari, l’agente di Ps Michele Tatulli e il vicebrigadiere di Ps Rocco Santoro.
Il 25 gennaio 1980, a Genova, le Br uccidono il colonnello dei carabinieri Emanuele Tuttobene, e l’appuntato Antonio Casu.
Il 16 febbraio 1980, a Roma, le Br uccidono il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Vittorio Bachelet.
Il 16 marzo 1980, a Salerno, le Br uccidono il procuratore della Repubblica Nicola Giacumbi.
Il 18 marzo 1980, a Roma, le Br uccidono il giudice Girolamo Minervini.
Il 19 marzo 1980, a Milano, Prima linea uccide il giudice Guido Galli.
Il 12 maggio 1980, a Mestre, le Br uccidono il vicequestore Alfredo Albanese.
Il 3 giugno 1980, a Martina Franca (Taranto), militanti di sinistra uccidono l’appuntato dei carabinieri Antonio Chionna.
Sono, quindi, 11 i rappresentanti dello Stato uccisi dalla sinistra armata fino al 2 agosto 1980, dei quali 3 magistrati, 1 vicepresidente del Csm, e 7 fra poliziotti e carabinieri.
Le perdite della sinistra armata ammontano a 4 brigatisti uccisi, il 28 marzo, a Genova, dai carabinieri.
L’estrema destra, da parte sua, uccide, il 6 febbraio 1980, a Roma, l’agente di Ps Maurizio Arnesano, nel fallito tentativo di disarmarlo.
Il 28 maggio 1980, a Roma, militanti dell’estrema destra uccidono l’appuntato di Ps Franco Evangelisti, un gesto del quale era stato mal interpretato da un giovanissimo imbecille che apre il fuoco.
Il 23 giugno 1980, a Roma, militanti di destra uccidono in un agguato il giudice Mario Amato.
Il bilancio è di due omicidi volontari, senza alcuna motivazione politica o ideologica, ed uno premeditato contro un giudice che indagava sul loro conto.
L’estrema destra non registra alcuna perdita.
Non potevano mancare le stragi: una fallita a Milano, il 30 luglio 1980, e una purtroppo riuscita a Bologna, il 2 agosto 1980, con un bilancio di 85 morti e 200 feriti.
La storia della destra estrema, ufficialmente, extraparlamentare, braccio armato del Movimento sociale italiano e dello Stato, finisce quel 2 agosto 1980 e, di conseguenza, a quella data si conclude il raffronto con quanto fatto contro lo Stato dalla sinistra armata.
Dal 15 ottobre 1974, la sinistra armata uccide 56 uomini dello Stato, dei quali 8 magistrati e 1 vicepresidente del Csm, perdendo per mano delle forze di polizia 18 uomini.
Dal 12 aprile 1973, l’estrema destra uccide 7 uomini dello Stato, 1 per casualità, 4 per scelte individuali senza motivazioni politiche e ideologiche, e 2 con premeditazione contro due magistrati le cui indagini andavano fermate, perdendo un solo uomo per mano del Sid.
In compenso, l’estrema destra adotta l’arma della strage contro la popolazione civile come metodo di lotta politica per consentire a quanti detenevano il potere o parte di esso di giungere ad una soluzione autoritaria.
Sono 6 le stragi riuscite che provocano la morte di 132 persone, uomini, donne e bambini, mentre sono 6 le stragi fallite per motivi tecnici.
Il raffronto è impietoso.
Da un lato, c’è una sinistra che conduce una lotta armata contro lo Stato, il potere politico ed economico, dall’altro lato, una destra estrema che ha due soli obbiettivi: la popolazione e gli avversari politici.
Dinanzi a queste cifre sostenere che in Italia sia esistita una “eversione nera” o di destra che ha attaccato lo Stato per distruggere la democrazia è grottesco.
L’estrema destra ha pianificato dal 12 dicembre 1969 al 2 agosto 1980 ben dodici operazioni stragiste contro i cittadini italiani, delle quali sei sono riuscite e sei sono, fortunatamente, fallite.
Dove sarebbe l’attacco allo Stato?
Sono 132 gli italiani uccisi con azioni stragiste preordinate, contro due soli magistrati eliminati con premeditazione.
Ci vorrà ancora essere qualcuno che oserà parlare di attacco allo Stato?
Gli “opposti estremismi”, tanto cari al prefetto Umberto Federico D’Amato e ai vertici della Democrazia cristiana, sono in realtà esistiti: uno ha agito per conto dello Stato anticomunista, l’altro contro lo Stato ed il potere politico.
Accettare questa realtà significa poter scrivere la storia d’Italia, finalmente, secondo verità ponendo fine alla propaganda che ha trasformato negli anni un “amico” (la destra estrema) dello Stato in un suo nemico riuscendo ad ingannare gli italiani fino ad oggi.
E non è propagandistico invitare Giorgia Meloni, Ignazio La Russa ed i loro colleghi di “Fratelli d’Italia”, che mai hanno rinnegato i loro stragisti, tutti puntualmente difesi ad oltranza ancora oggi, a vergognarsi del loro passato. E a chiedere scusa agli italiani.
Opera, 24 luglio 2023.
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