DALLA STESSA PARTE
Di Vincenzo Vinciguerra
Ancora oggi siamo costretti ad ascoltare la favola dell’”eversione nera” poi divenuta, bontà loro, di “destra” che negli “anni di piombo avrebbe attaccato lo Stato per distruggere la democrazia e fare dell’Italia uno Stato fascista o giù di lì.
È vero, le favole sono belle e vanno raccontate ai bambini ma questa è a uso e consumo, ormai, per deficienti o, pardon, per disabili mentali.
Difatti, le cifre, le date, i nomi ci dicono che in Italia, in quegli anni, è esistita una sola forza eversiva, una sola opposizione armata, che si collocava esclusivamente a sinistra.
La destra, quella estrema per intenderci, con il Movimento sociale italiano, Ordine nuovo, Avanguardia nazionale, Europa civiltà ecc., stava con lo Stato contro la “sovversione rossa”.
Sono state migliaia le manifestazioni pubbliche in quegli anni, sia di destra che di sinistra, ma la mano pesante delle forze di polizia si è abbattuta solo su queste ultime.
Sono ben 14 i dimostranti di sinistra uccisi dalle forze di polizia dal 1970 al 1977, sulle piazze italiane e, di converso, sono solo due i manifestanti missini – entrambi a Roma – nel 1978 e nel 1979 quando la situazione politica era ormai radicalmente cambiata rispetto agli anni precedenti.
Quattordici morti, da Saverio Saltarelli a Giorgiana Masi, che dimostrano come le forze di polizia, i cui appartenenti, in gran parte, votavano Movimento sociale italiano, vedessero nei “rossi” il solo nemico.
E contro il nemico gli scrupoli vanno accantonati perché si agisca come in tempo di guerra, così sono cinque gli appartenenti alla sinistra più radicale, quella armata, che vengono liquidati a sangue freddo, da Mara Cagol – finita quando era già ferita – ad Anna Maria Mantini, sorella di Luce Mantini, alla quale un brigadiere di Ps spara a bruciapelo in volto quando apre la porta di casa, ad Antonio Lo Muscio, nappista, ucciso a Roma il 1 luglio 1977 mentre le due donne che erano con lui vengono massacrate di botte sotto gli occhi attoniti dei passanti, ai brigatisti rossi Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni, uccisi a Torino, all’interno di un bar, senza che abbiano opposto resistenza.
E a destra? Lo stesso trattamento viene riservato, il 30 maggio 1974, a Giancarlo Esposti, confidente del Centro di controspionaggio di Milano, passato da Avanguardia nazionale al Mar di Carlo Fumagalli, rimasto vittima di una operazione “sporca” del Sid, che intende spacciarlo come responsabile della strage di Brescia del 28 maggio 1974.
Le perdite dei presunti “terroristi neri” ad opera dello Stato ammontano, dal 1970 al 1979, ad uno solo che non era un oppositore dello Stato e del regime dato che, come abbiamo scritto, era un confidente del controspionaggio militare sacrificato per depistare le indagini sulla strage di piazza della Loggia fornendo, contestualmente, all’opinione pubblica l’immagine di uno Stato in grado di reprimere gli stragisti.
Se l’opposizione è armata sono inevitabili gli scontri a fuoco, con perdite da entrambe le parti, così sono nove i militanti della sinistra armata che perdono la vita negli scontri con le forze di polizia.
Con i ferocissimi “terroristi neri” di cui ancora oggi farnetica una propaganda in malafede, non ci sono tracce di scontri a fuoco fra loro e le forze di polizia, per la semplice ragione che mai gli uni e le altre si sono affrontati, in un decennio, fra di loro.
Difatti, erano dalla stessa parte.
Se l’opposizione è armata, le perdite di uomini le conta anche lo Stato perché in guerra non si uccide da una sola parte.
E, a parte il commissario di Ps Luigi Calabresi ucciso il 17 maggio 1972 da “Lotta continua”, dal mese di ottobre del 1974, da quando il brigatista rosso Roberto Ognibene uccide, in uno scontro a fuoco, il maresciallo dei carabinieri Felice Maritano, sono ben 43 gli uomini dello Stato che cadono sotto i colpi dei militanti di sinistra.
Ci sono carabinieri, agenti di Pubblica sicurezza, agenti di custodia, magistrati, nella stragrande maggioranza uccisi in agguato, cioè con premeditazione.
E i ferocissimi “terroristi neri”, quelli che volevano distruggere lo Stato democratico cosa fanno? Uccidono il 10 luglio 1976, a Roma, il magistrato Vittorio Occorsio, non per motivi politici e ideologici ma malavitosi.
Un magistrato, uno solo contro i cinque uccisi dalla sinistra armata.
In termini di vite umane la guerra fra la sinistra armata e lo Stato conta 72 morti, 28 di sinistra e 44 dello Stato.
E la destra estrema?
Conta tre vittime – due manifestanti e Giancarlo Esposti – ed uccide tre poliziotti, il primo a Milano, il 12 aprile 1973, per l’imbecillità di Maurizio Murelli e Vittorio Loi, che scagliano con eccessiva forza bombe a mano Srcm, una delle quali esplode sul petto di un agente e lo uccide; due eliminati dal poliziotto ausiliario Mario Tuti per evitare l’arresto, e uno solo con premeditazione contro il giudice Vittorio Occorsio.
E con tre poliziotti e un magistrato uccisi in dieci anni, un omicidio preterintenzionale e uno solo premeditato si pretende ancora oggi di parlare di “terroristi neri” che attaccano lo Stato?
Una guerra fasulla, inesistente, inventata di sana pianta e lo dicono anche le perdite dell’estrema destra per opera delle forze di polizia, con tre morti, due dei quali in manifestazioni.
Anche la destra estrema uccide ma i suoi bersagli non sono agenti di polizia, carabinieri, magistrati bensì gli avversari politici, nemici suoi e dello Stato – ne elimina ventidue – e i cittadini italiani colpiti principalmente con l’arma della strage indiscriminata, ritenuta quella più efficace per indurre il potere a proclamare lo stato d’emergenza o i centri di potere politico-militari a fare l’agognato golpe per fare dell’Italia una democrazia autoritaria capace di mettere fuori legge il Partito comunista italiano.
Qualcuno è in grado di smentire questi fatti, queste cifre? Lo escludo perché la storia può essere falsificata nelle interpretazioni, non riscritta ex novo cancellando nomi e fatti.
Vorranno, una volta per sempre, i falsari politici, mediatici, pseudo-storici tacere?
La verità c’è, ma la menzogna è, ancora oggi, difesa da un muro di fango consolidato da politici, giornalisti, storici e magistrati, così che la battaglia per affermarla e farla conoscere agli italiani è ancora lunga e difficile.
Ma, con buona pace di certi magistrati e dell’associazione penitenziaria, non ci fermeremo.
Opera, 24 maggio 2023
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