PRIMAVERA DI VERITÀ
Di Vincenzo Vinciguerra
In questo mese di aprile del 2023, quando fiorisce la primavera, la storica Stefania Limiti ci dona un libro che, per la prima volta, ci consegna la verità su uno degli episodi fino ad oggi più oscuri degli anni dello stragismo: il tentato omicidio di Mariano Rumor ad opera di un uomo di Ordine nuovo e dei servizi segreti italiani, Gianfranco Bertoli, del 17 maggio 1973.
Nel suo libro, intitolato “L’estate del golpe”, Chiarelettere, Milano, Stefania Limiti non si limita a fare una minuziosa ricostruzione della strage di via Fatebenefratelli mettendo in luce che la sua matrice è ordinovista, come riconosciuto dalla stessa Corte di Cassazione – che pure ha confermato l’assoluzione dei principali imputati, meno quella di Carlo Digilio prosciolto per prescrizione di reato dopo la concessione delle attenuanti speciali previste per i collaboratori di giustizia – ma ci offre uno spaccato autentico, e per molti versi inedito, delle tensioni all’interno del partito egemone, la Democrazia cristiana, di cui Mariano Rumor era uno dei principali esponenti.
Non solo ma, con lo stile limpido e cristallino che la distingue, Stefania Limiti mette in evidenza anche le responsabilità internazionali, in modo specifico quelle degli Stati Uniti e, nel caso della strage del 17 maggio 1973, quelle di Israele.
Un capitolo ancora non scritto, quello dei rapporti fra i servizi segreti israeliani e l’estrema destra italiana, che possono farsi risalire al 1946, quando i Fasci di azione rivoluzionaria (Far), guidati da Pino Romualdi, fornirono agli ebrei l’esplosivo utilizzato per l’attentato all’ambasciata britannica, a Roma, del 31 ottobre 1946; rapporti proseguiti nel tempo da personaggi come Giano Accame e Mario Tedeschi: i “nazisti” (così li ha definiti la stampa per decenni) di Ordine nuovo guidati da Pino Rauti.
Il libro di Stefania Limiti ci rende l’immagine, mai così nitida, del mondo dell’estrema destra, lo stesso che si definiva fascista, in rapporti politici ed operativi con i servizi segreti italiani, civili e militari, con quelli americani, civili (Cia) e militari, con quelli israeliani, Mossad e Shin Bet.
Non è realistico pensare che il protagonista di questa ragnatela di rapporti con i servizi segreti italiani, americani ed israeliani sia stato il solo Carlo Maria Maggi, quadro intermedio di Ordine nuovo, ispettore triveneto dell’organizzazione, già componente del Comitato centrale del Movimento sociale italiano.
Subalterno sul piano gerarchico di Pino Rauti e di Paolo Signorelli, Carlo Maria Maggi è stato un esecutore di ordini, ha gestito rapporti che altri, a più alto livello, gli hanno dato, sul piano regionale non nazionale.
Non è stato Maggi l’organizzatore dei “golpe” più volte tentati in Italia, il propugnatore dei piani per giungere alla proclamazione dello stato di emergenza che, in entrambi i casi, prevedevano la destabilizzazione dell’ordine pubblico anche attraverso le stragi.
Carlo Maria Maggi è stato imputato per la strage di piazza Fontana, per quella compiuta da Gianfranco Bertoli in via Fatebenefratelli a Milano, condannato per quella di Brescia del 28 maggio 1974, ma non è stato lui a decidere l’adozione del metodo stragista per fare dell’Italia una democrazia autoritaria.
“L’album del golpismo italiano – scrive Stefania Limiti – non è ancora completo, mancano le foto di tanti protagonisti”, compresi – e per primi – quelli che, collocati ai vertici, potevano dare ordini agli italici stragisti, Carlo Maria Maggi compreso.
Dal saggio di Stefania Limiti emerge anche l’impotenza di coloro che, sebbene politicamente potenti, come Paolo Emilio Taviani e Aldo Moro, nulla hanno potuto fare contro quella che ancora qualcuno si ostina a definire “eversione nera” e non soltanto di destra, visto che comprendeva personaggi di centro (ad esempio Flaminio Piccoli) e di sinistra moderata, come Mario Tanassi e Giuseppe Saragat.
Per tacere degli esponenti militari – tutti con un passato nella Resistenza e nella guerra di liberazione – e degli appoggi internazionali, non solo americani ma anche francesi, tedeschi e israeliani.
Ha ragione Stefania Limiti, questa signora del giornalismo e della storia italiana, a scrivere che i militanti dell’estrema destra “contano molto sul sostegno che arriverà, sanno che arriverà, a loro tocca il compito di accendere la miccia, altri faranno il resto. Tutto lo sporco meccanismo funziona perché in qualche stanza di un ministero, o di un rappresentante di un partito, qualcuno non aspetta che il botto. Per farne cosa poi si vedrà”.
C’è, in queste parole di Stefania Limiti, tutta la subalternità dell’estrema destra italiana a centri di potere che di essa si servivano per i loro fini, senza attribuire ad essa dignità politica: manovalanza da buttare, al momento opportuno, nella spazzatura della storia.
È la nostra storia, scrive Stefania Limiti, non la “loro”, quindi con essa dobbiamo fare i conti anche oggi, soprattutto oggi, quando gli eredi del partito della guerra civile (Msi) sono al governo.
Non c’è stato il golpe che tanti agognavano, non si è determinata una democrazia autoritaria, ma gli “anni di piombo” hanno prodotto quella che con una felice e geniale definizione Stefania Limiti chiama “democrazia autoritaria”.
La storia non è un insieme di fatti, non basta conoscere questi, ma è necessario comprendere perché si sono determinati questi e non altri, quindi è necessario leggere un libro come quello scritto da Stefania Limiti, che fa luce su uno degli episodi più inquietanti della storia italiana degli anni Settanta e, per questa ragione, più trascurati fino ad oggi, quando la brillante penna di Stefania Limiti ci ha finalmente dato quella verità che mancava.
Un libro da leggere e da porre come base di partenza per altri che, ci auguriamo, Stefania Limiti vorrà scrivere e che si aggiungeranno a quelli da lei già prodotti, ognuno dei quali ci ha dato ben più di un tassello di verità.
Opera, 16 aprile 2023
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