JOHN MEARSHEIMER SUL PERCHÉ L’OCCIDENTE È IL PRINCIPALE RESPONSABILE DELLA CRISI UCRAINA
Il politologo ritiene che l’avventata espansione della NATO abbia provocato la Russia
19 marzo 2022
La guerra in Ucraina è il conflitto internazionale più pericoloso dalla crisi dei missili a Cuba nel 1962. Comprendere le sue cause profonde è essenziale se vogliamo impedire che peggiori e, invece, trovare un modo per mettervi fine.
Non c’è discussione sul fatto che Vladimir Putin ha iniziato la guerra ed è responsabile per come viene condotta. Ma il motivo per cui egli ha agito in tal modo è un’altra questione. L’opinione dominante in Occidente è che sia un aggressore irrazionale e fuori dal mondo, deciso a creare una Russia più grande sullo stampo dell’ex Unione Sovietica. Pertanto, solo lui ha la piena responsabilità della crisi ucraina.
Ma questa narrazione è sbagliata. L’Occidente, e specialmente l’America, è il principale responsabile della crisi che è iniziata nel febbraio 2014. Ora si è trasformata in una guerra che non solo minaccia di distruggere l’Ucraina, ma ha anche il potenziale per degenerare in una guerra nucleare tra la Russia e la NATO.
I guai per l’Ucraina iniziarono al vertice della NATO di Bucarest nell’aprile 2008, quando l’amministrazione di George W. Bush spinse l’alleanza ad annunciare che l’Ucraina e la Georgia “diventeranno membri”. I leader russi risposero immediatamente con indignazione, caratterizzando questa decisione come una minaccia esistenziale per la Russia e giurando di contrastarla. Secondo un rispettato giornalista russo, Putin “andò su tutte le furie” e avvertì che “se l’Ucraina si unirà alla NATO, lo farà senza la Crimea e le regioni orientali. Semplicemente cadrà a pezzi”.
Ma l’America ignorò la linea rossa di Mosca, e spinse per rendere l’Ucraina un baluardo occidentale sul confine con la Russia. Questa strategia includeva due altri elementi: avvicinare l’Ucraina all’Unione Europea e farne una democrazia filo-americana.
Questi sforzi alla fine scatenarono le ostilità del febbraio 2014, dopo che una rivolta (sostenuta dall’America) costrinse il presidente filo-russo dell’Ucraina, Viktor Yanukovych a fuggire dal paese. Come risposta, la Russia sottrasse la Crimea all’Ucraina e contribuì ad alimentare una guerra civile che scoppiò nella regione del Donbas, nell’Ucraina orientale.
Il grande confronto successivo è avvenuto nel dicembre 2021 e ha condotto direttamente alla guerra attuale. La principale causa è stata che l’Ucraina stava diventando di fatto un membro della NATO. Il processo iniziò nel dicembre 2017, quando l’amministrazione Trump decise di vendere a Kiev “armi difensive”. Ma cosa fosse “difensivo” non è certo chiaro, e queste armi sembravano certamente offensive per Mosca e per i suoi alleati nella regione del Donbas. Altri paesi della NATO sono intervenuti, inviando armi all’Ucraina, addestrando le sue forze armate e consentendole di partecipare a esercitazioni aeree e navali congiunte. Nel luglio 2021, l’Ucraina e l’America hanno ospitato insieme un’importante esercitazione navale nella regione del Mar Nero che ha coinvolto le marine di 32 paesi.
L’operazione Sea Breeze ha quasi indotto la Russia a sparare contro un cacciatorpediniere navale britannico che era entrato deliberatamente in quelle che la Russia considera le sue acque territoriali.
I legami tra l’Ucraina e l’America hanno continuato a crescere sotto l’amministrazione Biden. Questo impegno si riflette in un importante documento, la “Carta USA-Ucraina sul partenariato strategico”, firmato a novembre da Antony Blinken, segretario di Stato americano, e Dmytro Kuleba, il suo omologo ucraino. L’obiettivo era “sottolineare… un impegno per l’attuazione da parte dell’Ucraina delle riforme profonde e globali necessarie per la piena integrazione nelle istituzioni europee ed euro-atlantiche”.
Il documento si basa su “gli impegni presi per rafforzare la partnership strategica Ucraina-Stati Uniti dai Presidenti Zelensky e Biden”, e sottolinea anche che i due paesi saranno guidati dalla “Dichiarazione del vertice di Bucarest del 2008”. Prevedibilmente, Mosca ha giudicato l’evolversi di tale situazione intollerabile e ha iniziato a mobilitare il suo esercito ai confini dell’Ucraina la scorsa primavera per segnalare la propria determinazione a Washington.
Ma non ha avuto alcun effetto, poiché l’amministrazione Biden ha continuato ad avvicinarsi all’Ucraina. Ciò ha portato la Russia ad accelerare uno scontro diplomatico in dicembre. Come ha affermato Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo: “Abbiamo raggiunto il punto di ebollizione”. La Russia aveva chiesto una garanzia scritta che l’Ucraina non sarebbe mai diventata parte della NATO e che l’alleanza rimuovesse le forze militari schierate nell’Europa orientale dal 1997.
I successivi negoziati sono abortiti, poiché il signor Blinken lo ha detto chiaramente: “Non c’è cambiamento. Non vi sarà nessun cambiamento”. Un mese più tardi Putin ha lanciato un’invasione dell’Ucraina per eliminare la minaccia che egli vedeva da parte della NATO.
Questa interpretazione degli eventi è in contrasto con il mantra prevalente in Occidente, che dipinge l’espansione della NATO come irrilevante per la crisi ucraina, incolpando invece gli obiettivi espansionistici di Putin. Secondo un recente documento della NATO inviato ai leader russi, “la NATO è un’Alleanza difensiva e non rappresenta una minaccia per la Russia”. Le prove disponibili contraddicono queste affermazioni. Tanto per cominciare, il tema in discussione non è quello che i leader occidentali dicono sullo scopo o sulle intenzioni della NATO; è come Mosca vede le azioni della NATO. Putin sicuramente sa che i costi di conquistare e occupare grandi estensioni di territorio nell’Europa orientale sarebbero proibitivi per la Russia. Come disse una volta: “Chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica non ha cuore. Chi la rivuole non ha cervello”. Nonostante le sue convinzioni sugli stretti legami tra la Russia e l’Ucraina, cercare di riprendersi tutta l’Ucraina sarebbe come cercare di ingoiare un porcospino.
Inoltre, i politici russi, incluso Putin, non hanno detto quasi nulla sulla conquista di nuovi territori per ricreare l’Unione Sovietica o costruire una Russia più grande. Piuttosto, dal vertice di Bucarest del 2008 i leader russi hanno ripetutamente affermato di considerare l’adesione dell’Ucraina alla NATO come una minaccia esistenziale che deve essere impedita. Come ha osservato Lavrov a gennaio, “la chiave di tutto è la garanzia che la NATO non si espanda verso est”.
È significativo che i leader occidentali abbiano raramente descritto la Russia come una minaccia militare per l’Europa prima del 2014. Come l’ex ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca Michael McFaul osserva, la cattura della Crimea da parte di Putin non era stata progettata da lungo tempo; fu una mossa impulsiva per rispondere al colpo di stato che aveva rovesciato il leader filo-russo dell’Ucraina. In realtà, fino ad allora, l’espansione della NATO aveva mirato a trasformare tutta l’Europa in una gigantesca zona di pace, non a contenere una Russia pericolosa.
Ma quando la crisi è iniziata, i politici americani ed europei non potevano ammettere di averla provocata cercando di integrare l’Ucraina nell’Occidente. Costoro hanno dichiarato che la vera fonte del problema è il revanscismo della Russia e il suo desiderio di dominare, se non addirittura di conquistare, l’Ucraina.
La mia ricostruzione delle cause del conflitto non dovrebbe essere controversa, dato che molti eminenti esperti di politica estera americani hanno messo in guardia contro l’espansione della NATO dalla fine degli anni ’90. Il segretario alla Difesa americano al momento del vertice di Bucarest, Robert Gates, riconobbe che “cercare di portare la Georgia e l’Ucraina nella NATO era davvero spropositato”. In effetti, in quel vertice, sia la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che il presidente francese, Nicolas Sarkozy, erano contrari a procedere all’adesione dell’Ucraina alla NATO perché tenevano che ciò avrebbe fatto infuriare la Russia.
Il risultato della mia interpretazione è che ci troviamo in una situazione estremamente pericolosa e la politica occidentale sta esacerbando questi rischi. Per i leader russi, ciò che accade in Ucraina ha poco a che fare con le loro ambizioni imperiali che vengono vanificate; si tratta di affrontare quella che considerano una minaccia diretta al futuro della Russia. Putin potrebbe aver valutato male le capacità militari della Russia, l’efficacia della resistenza ucraina e la portata e la velocità della risposta occidentale, ma non bisogna mai sottovalutare quanto possano essere spietate le grandi potenze quando credono di essere in gravi difficoltà. L’America e i suoi alleati, tuttavia, stanno intensificando la loro azione, sperando di infliggere a Putin una sconfitta umiliante e forse addirittura di provocare la sua rimozione. Stanno aumentando gli aiuti all’Ucraina e nel contempo usano le sanzioni economiche per infliggere una punizione massiccia alla Russia, un passo che Putin ora vede come “simile a una dichiarazione di guerra”.
L’America e i suoi alleati potrebbero essere in grado di impedire una vittoria russa in Ucraina, ma il paese sarà gravemente danneggiato, se non smembrato. Inoltre, c’è una seria minaccia di escalation al di là dell’Ucraina, per non parlare del pericolo di una guerra nucleare. Se l’Occidente non solo ostacola Mosca sui campi di battaglia dell’Ucraina, ma provoca anche danni gravi e duraturi all’economia russa, in effetti sta spingendo una grande potenza sull’orlo del baratro. Putin potrebbe quindi passare alle armi nucleari.
A questo punto è impossibile conoscere i termini in base ai quali si risolverà questo conflitto. Ma, se non comprendiamo la sua causa profonda, non saremo in grado di porvi fine prima che l’Ucraina sia distrutta e la NATO finisca in una guerra con la Russia.
John J. Mearsheimer è professore di Scienze Politiche all’Università di Chicago.
Leave a comment