Irmgard Furchner
Ho ricevuto nelle scorse settimane da Bocage-Info diversi messaggi riguardanti i processi attualmente in corso in Germania contro anziani, nonagenari e persino centenari, per (presunti) crimini di guerra. Nonagenari e centenari ritenuti colpevoli di “sterminio” solo per aver lavorato, in alcuni casi come amministrativi, nei campi di concentramento. Ho quindi tradotto tre di questi articoli. Penso che il miglior commento a queste persecuzioni giudiziarie sia l’articolo scritto nel 2015 dal prof. Faurisson, e che presento a seguire in questo post, articolo che esaminava in particolare il più eclatante di questi casi: quello riguardante John Demjanjuk. Penso sia ormai chiaro a tutti che questi sono processi politici, il cui scopo, come affermano le stesse “parti civili”, è tenere viva la “memoria”.
UNA SEGRETARIA NAZISTA DI 96 ANNI SCAPPA IL GIORNO DEL SUO PROCESSO
Un grande processo contro una ex segretaria nazista doveva cominciare giovedì [30 settembre] in Germania. Irmgard Furchner, novantaseienne, doveva essere ascoltata per complicità di omicidio in più di 11.000 casi. Residente in una casa per anziani, ella è scappata prima dell’udienza.
Una ex segretaria nazista del campo di concentramento di Stutthof (Polonia), oggi novantaseienne e il cui processo avrebbe dovuto iniziare giovedì mattina in Germania, «è in fuga», ha annunciato il presidente della Corte.
«L’accusata è in fuga […] un mandato di arresto è stato emesso», ha detto davanti al tribunale di Itzehoe nel nord della Germania dove costei deve essere giudicata per complicità di omicidio in più di 11.000 casi.
«Ella ha lasciato la sua residenza (per persone anziane) questa mattina. Ha preso un taxi», ha precisato un portavoce del tribunale di Itzehoe, Frederike Milhoffer. Il suo avvocato, Wolf Molkentin, era in compenso presente in aula ma non ha fatto nessuna dichiarazione ai giornalisti.
Il presidente della Corte ha chiesto «un po’ di pazienza» quando l’apertura del processo questo giovedì sembrava compromessa.
Poiché anche se l’accusata viene interloquita, un esame medico dovrà ancora essere effettuato per stabilire se ella è in grado di seguire un’udienza.
Giudicata per dei fatti commessi quando aveva dai 18 ai 19 anni di età
Dai 18 ai 19 anni all’epoca dei fatti, la nonagenaria Irmgard Furchner, che vive in una residenza per anziani nei pressi di Amburgo, lavorava come dattilografa e segretaria del comandante del campo, Paul Werner Hoppe, tra il giugno 1943 e l’aprile 1945.
Come riferisce «Bild», Furchner ha già testimoniato due volte, nel 1954 e nel 1962. Nel 1954, ella aveva dichiarato che tutta la corrispondenza con l’ufficio principale dell’amministrazione economica delle SS era passata per il suo ufficio.
In questo campo vicino alla città di Gdansk, ove perirono 65.000 persone, «dei detenuti ebrei, dei partigiani polacchi e dei prigionieri di guerra sovietici» vennero sistematicamente assassinati, secondo la procura.
Gli ex nazisti sono braccati fino ad oggi
Il comandante Hoppe le dettava ogni giorno delle lettere e dei messaggi radio. Ella dichiarò all’epoca di non sapere niente della macchina omicidiaria che era in corso in quei frangenti e di cui decine di migliaia di persone sono state vittime.
I processi agli ex nazisti continuano oggi. Certi criminali di guerra sono stati ritrovati solo di recente o non sono stati ancora giudicati per altre ragioni. Il processo contro Irmgard Furchner sarà probabilmente uno degli ultimi.
Ancora il processo di un centenario
Questo processo, se infine si aprirà, dovrebbe essere seguito da quello, una settimana più tardi, di un centenario, un ex guardiano del campo nazista di Sachsenhausen, vicino Berlino.
Mai fino ad ora la Germania, che ha per lungo tempo mostrato poca sollecitudine nel ritrovare i suoi criminali di guerra, aveva giudicato ex nazisti così anziani.
GERMANIA: A 96 ANNI, L’EX SEGRETARIA DI UN CAMPO NAZISTA RIMESSA IN LIBERTÀ PRIMA DELLA RIPRESA DI PROCESSO
Un’ex segretaria novantaseienne di un campo di concentramento nazista, posta giovedì 30 settembre in detenzione provvisoria in Germania dopo diverse ore in cui era stata in fuga, è stata rimessa in libertà, ha annunciato martedì 5 ottobre il tribunale di Itzehoe, prima della ripresa del suo processo.
«Delle misure di sicurezza» sono state ordinate da questo stesso tribunale, la cui esatta natura non è stata precisata ma che dovrebbero permettere la presenza dell’accusata il 19 ottobre davanti alla Corte dove ella deve rispondere di complicità nell’omicidio di più di 10.000 casi. Sola donna implicata nel nazismo a essere giudicata dopo decenni in Germania, Irmgard Furchner era fuggita prima dell’apertura del suo processo il 30 settembre davanti al tribunale per i minori di Itzehoe. Un mandato d’arresto era stato emesso contro la nonagenaria, che aveva creato [con la sua fuga] lo sbalordimento del tribunale e l’indignazione dei rappresentanti delle vittime della barbarie nazista.
Al termine di una giornata rocambolesca, ella era stata ritrovata e finalmente posta in detenzione provvisoria. Prima dell’apertura del suo processo, l’accusata aveva annunciato in una lettera indirizzata al presidente della Corte, secondo informazioni raccolte dalla rivista Der Spiegel, di non voler presentarsi davanti ai suoi giudici. Avendo avuto al momento dei fatti dai 18 ai 19 anni di età, Irmgard Furchner, che vive in una residenza per anziani nei pressi di Amburgo, è giudicata per «complicità di omicidio in più di 10.000 casi», secondo la procura. L’accusa le rimprovera di aver partecipato mediante le sue funzioni amministrative all’omicidio di detenuti nel campo di concentramento di Stutthof, nell’attuale Polonia. Ella vi lavorava in quanto dattilografa e segretaria del comandante del campo, Paul Werner Hoppe, tra il giugno 1943 e l’aprile 1945.
GERMANIA: IL PIÙ VECCHIO ACCUSATO DI CRIMINI NAZISTI RIFIUTA DI ESPRIMERSI AL SUO PROCESSO
Il più vecchio accusato di crimini nazisti, un centenario il cui processo si è aperto giovedì [7 ottobre] in Germania, non si esprimerà sui fatti che gli vengono addebitati, ha detto il suo avvocato durante la prima udienza.
«L’accusato non si esprimerà» sui fatti «ma fornirà delle informazioni sulla sua situazione personale», ha dichiarato Stefan Waterkamp, avvocato di Josef Schütz, ex guardiano di un campo di concentramento e uno degli ultimi ex nazisti giudicati in Germania.
Comparendo in stato di libertà, Schütz è entrato con l’aiuto di un deambulatore nell’aula, nascondendo il viso alle fotografie con una cartella cartonata.
Egli ha tuttavia risposto con una voce chiara al presidente del tribunale che gli chiedeva di confermare la sua identità e la sua situazione personale. L’uomo vive nel Brandeburgo, regione limitrofa di Berlino, è vedovo dal 1986 e ha spiegato con orgoglio che «presto festeggerà il (suo) 101° compleanno, il 16 novembre prossimo!».
Questa prima udienza, delle 22 previste, terminata dopo solo un’ora a causa del suo precario stato di salute, è stata dedicata alla lettura di una parte delle 134 pagine dell’atto di accusa da parte del procuratore, Cyrill Klement.
Josef Schütz, ex caporale-capo della divisione «Totenkopf» (Testa di morto) delle Waffen-SS, è perseguito per «complicità di omicidio» di 3518 prigionieri quando operava nel campo di concentramento di Sachsenhausen, non lontano da Berlino, tra il 1942 e il 1945.
L’accusato aveva 21 anni all’inizio dei fatti. Egli in particolare è sospettato di aver fucilato dei prigionieri sovietici, «di aiuto e di complicità in omicidi sistematici» mediante gas di tipo Zyklon B e «per detenzione di prigionieri in condizioni ostili».
Tra la sua apertura nel 1936 e la sua liberazione da parte dei sovietici il 22 aprile 1945, il campo di Sachsenhausen ha visto passare circa 200.000 prigionieri, principalmente oppositori politici, ebrei e omosessuali.
Diverse decine di migliaia di costoro perirono, vittime principalmente di sfinimento dovuto al lavoro forzato e alle crudeli condizioni di detenzione.
«Un bastardo»
La sua volontà di non esprimersi sui fatti e in particolare il rifiuto di un eventuale perdono sono stati accolti freddamente dalle parti civili.
«Sono colpito. Sono passati 80 anni da quando ho perso mio padre e questo tipo è una persona cattiva, un bastardo che rifiuta la possibilità della colpevolezza», ha detto all’AFP il settantanovenne Antoine Grumbach. Questo francese assiste all’apertura del processo in memoria di suo padre, impegnato nella resistenza gollista e assassinato nel marzo 1944 a Sachsenhausen.
L’avvocato di 11 delle 16 parti civili, di cui sette sopravvissuti, Thomas Walther, si è mostrato più fiducioso: «Per i querelanti, il fatto che si sia presentato al suo processo è già un segno positivo e (…) qualche cosa potrebbe arrivare. Forse un tale uomo arriverà alla conclusione, prima della sua ultima ora, di volere spiegarsi sul suo passato».
Questo processo si svolge una settimana dopo quello abortito di Irmgard Furchner, di anni 96, ex segretaria di un altro campo di concentramento nazista. La lettura dell’atto di accusa è stata rimandata al 19 ottobre dopo un rocambolesco tentativo di fuga della nonagenaria.
Funzione «memoriale»
Dopo dieci anni, la Germania ha giudicato e condannato quattro ex SS, estendendo ai guardiani dei campi e ad altri esecutori della macchina nazista il capo di accusa di complicità in omicidio, mettendo in luce l’accresciuta severità, comunque giudicata molto tardiva dalle vittime, della sua giustizia.
Così Josef Schütz «non è accusato di aver sparato su qualcuno in particolare, ma di aver contribuito a questi atti con il suo lavoro di guardiano e di essere stato al corrente che tali morti avevano luogo nei campi», spiega la portavoce della procura di Neuruppin, Iris le Claire.
Teoricamente, egli rischia come minimo 3 anni di prigione ma la sua pena sarà certamente simbolica vista la sua avanzatissima età.
Il processo si tiene eccezionalmente in una palestra, vicino al domicilio dell’accusato, per risparmiargli lunghi spostamenti.
«La funzione principale di questo processo è memoriale», spiega Guillaume Mouralis, direttore di ricerca al CNRS e membro del Centre Marc Bloch di Berlino.
Nel luglio 2020, un tribunale aveva inflitto una pena di due anni di prigione con la condizionale ad un ex guardiano del campo di Stutthof, Bruno Dey, di 93 anni.
Otto altri dossier di ex SS sono attualmente all’esame di diverse procure tedesche.
Josef Schütz
TORNIAMO ALL’AFFARE DEMJANJUK E A NICOLAS BOURCIER GIORNALISTA DEL QUOTIDIANO “LE MONDE”
Di Robert Faurisson
Al momento attuale, questi casi di novantenni perseguiti penalmente o condannati per essere stati in gioventù contabile o telegrafista ad Auschwitz ci ricordano l’infamia dei processi intentati sia in Israele sia a Monaco allo sfortunato John Demjanjuk. Tutti questi casi ci forniscono un ulteriore esempio del fatto che nel XXI secolo dei magistrati possono incriminare (poi condannare) una persona a cui si imputa un crimine 1) senza ordinare una perizia medico-legale che descriva la scena del crimine e l’arma del crimine, 2) senza alcuna prova del crimine, 3) e senza nemmeno un testimone del minimo crimine.
Guardate da vicino la vicenda, veramente straziante, dello sfortunato Iwan (o John) Demjanjuk meccanico automobilistico a Cleveland (Stati Uniti). È stato in un primo tempo, nel 1986, consegnato dagli Stati Uniti allo Stato d’Israele e condannato a morte da un tribunale di Gerusalemme per essere stato il guardiano “Iwan il Terribile” nel campo di Treblinka. Per cinque anni ha aspettato ogni mattina di essere impiccato. All’improvviso, con il crollo del sistema sovietico in Russia, si è scoperto che il tristemente noto “Iwan il Terribile” era stato in realtà un certo “Iwan Marchenko”, deceduto. Si è dovuto liberare Demjanjuk. Gli Stati Uniti gli hanno restituito la nazionalità americana. Ma non per questo alcune organizzazioni ebraiche o dei singoli individui ebrei hanno mollato la loro preda. In questo caso hanno decretato che, se Demjanjuk non era stato nel campo di Treblinka, era stato in quello di… Sobibor, dove, ovviamente, durante il suo soggiorno, aveva dunque necessariamente fatto la propria parte nello sterminio di esseri umani con il gas! Ci risiamo: gli è stata nuovamente ritirata la nazionalità americana e, questa volta, è stato consegnato alla giustizia più obbediente del mondo a tal riguardo: la giustizia tedesca. Il 12 maggio 2011 a Monaco, senza poterne addurre una prova, un documento, un testimone, hanno decretato che Demjanjuk era stato nel campo di Sobibor e l’hanno automaticamente condannato a cinque anni di prigione. Invalido all’ultimo stadio, è morto a quasi 92 anni il 17 marzo 2012, cioè a dieci mesi dalla fine di un processo notevolmente iniquo.
Un giornalista del quotidiano “Le Monde” ha fatto della caccia al vecchio invalido una sua specialità. Si tratta di Nicolas Bourcier. Quest’ultimo ha in particolare pubblicato Le Dernier Procès (L’ultimo processo N.d.T.) (Don Quichotte éditions, Le Seuil, 2011, 311 p.). Manifestando una rivoltante parzialità, questo giornalista non nasconde la sua ammirazione per il “tour de force giuridico” dei magistrati di Monaco (suo necrologio intitolato “Criminel de guerre, guardien du camp de Sobibor, John Demjanjuk”, “Le Monde” 21 marzo 2012, p. 30) (Criminale di guerra, guardiano del campo di Sobibor, John Demjanjuk N.d.T.). Nella prefazione al suo libro figurava, a pag. 14, la seguente frase nominale: “Nessun testimone diretto, nessuna prova definitiva, nessuna confessione”. Meglio non si potrebbe dire. Nicolas Bourcier: il nome di una persona che si rallegra del fatto che i magistrati possano condannare per complicità nel crimine un uomo di 91 anni, senza fornire prove né testimoni degni di tale nome. In conclusione, Demjanjuk è stato condannato a cinque anni di carcere per aver partecipato (sic) all’assassinio di 28 000 persone (sic) a Sobibor. Trasportato da un’anticamera della morte fino all’aula di tribunale in sedia a rotelle, disteso su una barella dotata di apparecchio per fleboclisi, senza capire niente di quanto succedeva, in 18 mesi di processo e 93 udienze non avrà pronunciato che due brevi frasi. Che cosa pensa Nicolas Bourcier di una tale raffinata tortura di un povero vecchio? Costui ritiene che quando si tratta di dare risonanza al dolore olocaustico degli ebrei, nulla deve essere risparmiato a un “criminale di guerra nazista”. Per lui questo processo si è concluso con “un verdetto esemplare”. Andate a vedere la sua faccia su Google. Ne vale la pena.
24 settembre 2015
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