Ho appena finito di leggere l’allucinante articolo pubblicato da Corrado Augias sul numero 1752 del Venerdì di Repubblica del 15 ottobre 2021, nella quale il noto giornalista recensisce il volume “Traiano” di Livio Zerbini, docente di Storia romana all’Università di Ferrara.
Perché definisco “allucinante” la recensione di Augias? Perché costui elogia l’imperatore Traiano per aver ordinato di mettere a morte i cristiani che non volevano abiurare la propria fede.
Sembra incredibile, ma è proprio così.
Già il titolo dell’articolo (“TRAIANO, PERSECUTORE DEI CRISTIANI MA SENZA ESAGERARE”) è tutto un programma.
Augias entra nel merito citando la corrispondenza tra Plinio il Giovane e l’imperatore.
Ecco cosa scrive l’articolista di Repubblica (grassetti miei):
“Lontano da Roma, Plinio si rese conto di quale problema il nascente movimento cristiano poteva rappresentare. In uno dei capitoli più appassionanti Zerbini riporta la corrispondenza tra Plinio e Traiano nella quale il primo chiede istruzioni su come comportarsi nei confronti dei cristiani, il secondo detta una linea che provenendo dall’imperatore acquista quasi forza di legge: «Non si deve prendere l’iniziativa di ricercarli; qualora vengano denunciati e convinti, bisogna punirli, con questa avvertenza, che chi neghi di essere cristiano e lo dimostri con i fatti, cioè tributando atti di culto ai nostri dèi, quantunque per il passato abbia suscitato sospetti, ottenga indulgenza grazie al suo ravvedimento». Ho citato questo episodio, tra i molti possibili, a dimostrazione dello scrupolo di un buon governatore romano e della saggezza dell’imperatore”.
A parte il fatto che, nel secondo secolo, il movimento cristiano era tutt’altro che “nascente” (già nel secolo precedente c’era stata la feroce persecuzione di Nerone) e che la linea dell’imperatore era tutt’altro che “quasi” la legge da osservare, si rimane sconcertati dal fatto che un giornalista possa pubblicamente, su uno degli organi di stampa più letti della nazione, definire come frutto di “scrupolo” e di “saggezza” le persecuzioni e le morti dei cristiani che non volevano abiurare la propria fede, e questo senza suscitare la benché minima reazione (sia dei cattolici che dei non cattolici).
Ricordiamo che Plinio il Giovane, prima di aver dato prova del proprio “scrupolo” chiedendo lumi all’imperatore, aveva già mandato a morte diversi cristiani:
“Nel frattempo nei confronti di coloro che venivano deferiti a me come Cristiani ho seguito questo comportamento. Ho chiesto loro direttamente se fossero Cristiani: a quelli che confessavano ho chiesto per la seconda e la terza volta, minacciando la condanna a morte: coloro che perseveravano ho ordinato che fossero condotti a morte. Né, infatti, dubitavo che, qualunque cosa fosse quello che confessavano, dovesse certamente essere punita la caparbietà e l’inflessibile ostinazione”[1].
Quindi, secondo Augias, Plinio il Giovane e Traiano erano, rispettivamente, un “buon governatore romano” e un imperatore “saggio” per aver mandato a morte i cristiani che non abiuravano.
Immagino, se questo è il sentire di Augias, che il fatto che nel terzo millennio ancora esistano nel mondo dei cristiani che vogliono testimoniare la propria fede senza piegarsi ai desiderata del potere rappresenti parimenti, per lui e per quelli come lui, un “problema”.
Augias, ricordiamolo, ha scritto diversi libri, affiancato da alcuni presunti “specialisti”, per demolire le fondamenta storiche e fattuali del cristianesimo, attaccando non solo Gesù ma anche Maria.
Però finora non si era spinto a tanto. Adesso invece ha gettato la maschera. Era naturale che, prima o poi, ciò accadesse: viviamo ormai in un’epoca in cui il papa non fa più il Catechon.
[1] https://lanuovabq.it/it/plinio-il-giovane-e-le-lettere-con-traiano-sui-cristiani
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