AFGHANISTAN: RICONOSCERE O NON RICONOSCERE, QUESTA È LA QUESTIONE[1]
Di M. K. Bhadrakumar, 3 settembre 2021
Nella conferenza settimanale moscovita avvenuta giovedì la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova ha affermato che la Russia prenderà in considerazione il riconoscimento delle nuove autorità dell’Afghanistan quando un governo inclusivo verrà formato nel paese.
Citando Zakharova:
“Auspichiamo la costituzione di un governo di coalizione inclusivo in Afghanistan che coinvolga tutte le forze etniche e politiche del paese incluse le minoranze etniche, così la questione di riconoscere le autorità del paese emergerà dopo che il processo sarà concluso” (TASS).
C’è un’alta probabilità che il governo guidato dai talebani sarà effettivamente un governo di coalizione inclusivo. Un annuncio a questo riguardo è atteso a Kabul, secondo alcuni resoconti, per venerdì.
L’osservazione di Zakharova è interlocutoria, e sembra riflettere la dottrina russa più recente. Solo recentemente, l’inviato speciale presidenziale russo per l’Afghanistan, Zamir Kabulov, ha osservato che non c’è modo che i talebani possano essere rimossi dall’elenco dei terroristi prima di una decisione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. “Per quanto riguarda il riconoscimento, non abbiamo fretta. Vedremo come il regime si comporta”, ha detto.
In realtà, la posizione di Mosca sulla questione del riconoscimento del nuovo governo afghano è vitale per la sua stabilità. È abbondantemente chiaro ormai che gli Stati Uniti faranno tutto quello che serve per fare in modo che il nuovo governo non trovi sostenitori. Il Pentagono si sta preparando a vendicarsi dei talebani per l’umiliante sconfitta nella guerra. Quanto alla questione se vi siano possibilità che gli Stati Uniti si coordino con i talebani nella lotta contro l’ISIS-K, il segretario della Difesa Lloyd Austin è stato evasivo, mentre il buon senso indicherebbe che i talebani sono una minaccia esistenziale per l’ISIS-K.
La qual cosa implica che gli Stati Uniti intendono innanzitutto paralizzare il governo afghano finanziariamente – mediante le sanzioni, il congelamento dei fondi, l’impedimento dell’accesso al sistema bancario internazionale, ecc. – e quindi bypassarlo e procedere a fare quello che vogliono fare con scarso riguardo per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Afghanistan. Un’analisi della Brookings Institution martedì era intitolata: “Il regime dei talebani sopravviverà?”.
L’analisi sostiene che “la sfida del gruppo (dei talebani) di mantenere la coesione tra le sue molte differenti fazioni di varia intensità ideologica e interessi materiali è più dura adesso che è al potere”.
“Le fazioni hanno orientamenti diversi su come il nuovo regime debba governare in quasi tutti i settori dell’amministrazione: l’inclusione, il trattamento dei combattenti stranieri, l’economia, e le relazioni esterne. Molti comandanti militari di medio livello – più giovani, più inseriti nelle reti jihadiste globali, e senza esperienza personale del governo mal gestito dai talebani negli anni ’90 – sono più intransigenti dei principali capi più anziani nazionali e provinciali”. Per saperne di più.
Ovviamente, i servizi segreti americani hanno conseguito profonde entrature nei talebani e hanno acquisito la capacità di dividerli, di indebolirli e di soggiogarli, quando verrà il momento cruciale. È sufficiente dire che i talebani non avranno tempi facili davanti a loro. L’interesse di Washington consiste nel creare una situazione “senza stato” nel paese, senza un governo centrale funzionante, in modo che [gli Stati Uniti] possano intervenire a volontà, e perseguire i propri obbiettivi geopolitici nei confronti dei paesi regionali.
Il programma non esplicitato qui è di iniziare una guerra ibrida dove i combattenti dell’ISIS, trasportati per via aerea dagli Stati Uniti e trasferiti in Afghanistan, con agguerriti veterani provenienti dall’Asia centrale, dallo Xinjiang, dal Caucaso del nord ecc., operino nelle regioni circonvicine dell’Afghanistan.
La Russia sembra capire le gravi implicazioni della strategia americana in atto. L’ambasciatore Vassily Nebenzia è stato corretto nel contestare le intenzioni in malafede dietro gli Stati Uniti e i loro alleati nel fare approvare in fretta lunedì dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la Risoluzione 2593 (2021) sull’Afghanistan.
Il tempo dell’ambiguità è finito. La sopravvivenza del governo di coalizione guidato dai talebani dipenderà in modo cruciale dal sostegno internazionale. La principale scriminante nella politica degli stati regionali, perciò, dovrebbe essere se un governo stabile a Kabul rientri nei loro vitali interessi oppure no.
L’Afghanistan oggi è così disperatamente frammentato politicamente e gli Stati Uniti hanno sistematicamente destabilizzato e indebolito l’Alleanza del Nord per spianare la strada al loro governo fantoccio di Kabul che il governo dei talebani è letteralmente l’ultimo treno che lascia la stazione. Se esso crolla, l’unità dell’Afghanistan è in pericolo. Verrà ritagliato nei feudi dei signori della guerra, come la Somalia o lo Yemen e sarà trasformato in una fonte permanente di instabilità e di terrorismo regionale. Questo è ciò che gli stati regionali responsabili come l’India vogliono nelle loro immediate vicinanze?
La risposta è chiarissima. La “sicurezza interna” degli Stati Uniti non verrà colpita se l’Afghanistan finirà nel caos totale. Ma gli stati regionali sono coinvolti in un modo o nell’altro e non vi sono eccezioni qui – gli stati dell’Asia centrale, la Cina, la Russia, l’Iran, il Pakistan e l’India stanno tutti sulla stessa barca.
Gli interessi propri di ognuno degli stati regionali consisterebbero nel rafforzare il nuovo governo afghano e aiutarlo a sgominare l’ISIS-K e altri gruppi terroristici che sono spuntati come funghi durante il periodo dell’occupazione americana. Perciò, il riconoscimento del nuovo governo di Kabul da parte degli stati regionali è una necessità vitale.
C’è un bisogno imperativo di assicurare che i talebani adempiano il loro intento di prendere serie misure contro i gruppi terroristici che operano sul suolo afghano. Gli stati regionali non possono e non debbono terziarizzare il loro compito a Washington. In nome della solidarietà internazionale, gli Stati Uniti stanno attualmente orchestrando l’isolamento dell’Afghanistan come uno “stato paria”, per usare l’espressione prediletta del segretario di stato Blinken.
Se la manovra statunitense avrà successo, gli stati regionali pagheranno un prezzo pesante, poiché il suo esito logico sarà l’ascesa dello Stato Islamico in Afghanistan. E non c’è niente come la sicurezza assoluta. La sicurezza e la stabilità dell’Afghanistan sono inestricabilmente legate alla sicurezza e alla stabilità regionali. Di qui il bisogno imperativo di rimanere costruttivamente impegnati con il governo dei talebani, e di aiutarlo a consolidarsi velocemente in modo da far leva sulle sue politiche e incoraggiarli a muoversi in una direzione positiva.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.globalresearch.ca/afghanistan-recognise-not-recognise-question/5754813
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