I MEDIA SBADIGLIANO ALLE SQUADRE DELLA MORTE DELL’ESERCITO ISRAELIANO[1]
Di Gideon Levy, 31 luglio 2021
Il terrorismo israeliano l’ha fatto di nuovo. Le squadre della morte delle forze di difesa israeliane hanno messo a segno un’altra settimana di successo: quattro corpi di palestinesi innocenti ammucchiati tra i due venerdì. Non sembra esservi una connessione tra i quattro accadimenti in cui quattro ragazzi sono stati uccisi, ma il legame non può essere spezzato.
In tutti questi casi, i soldati hanno scelto di sparare per uccidere come l’opzione preferita. In tutti e quattro i casi un’altra opzione avrebbe potuto essere scelta: arrestarli, mirare alle gambe, non fare niente o semplicemente non essere affatto lì. Ma i soldati hanno scelto di uccidere. Una tale soluzione è per loro probabilmente più facile.
Essi provengono da differenti rami dell’esercito con differenti percorsi, ma condividono l’incredibile facilità con cui uccidono, che essi lo debbano fare oppure no.
Uccidono perché lo possono fare. Uccidono perché sono convinti che questo è quello che ci si aspetta da loro. Uccidono perché sanno che nulla vale meno della vita di un palestinese. Uccidono perché sanno che i media israeliani sbadiglieranno e non riferiranno nulla. Uccidono perché sanno che a loro non verrà nessun danno, e allora perché no? Perché non uccidere un palestinese quando è possibile?
Hanno ucciso un bambino di 12 anni e un idraulico di 41 anni. Hanno ucciso un giovane di 17 anni e un ventenne che partecipavano ad un funerale. Tutto questo in una settimana. Uno slogan israeliano durante la guerra del 1948 recitava “Alle armi, ogni brav’uomo”, che ha condotto in seguito al concetto della “purezza delle armi” dell’IDF. Quattro in una settimana, per nessuna ragione, senza nessuna esitazione, con nessun terrorista di fronte a loro. Quattro esecuzioni di giovani uomini con sogni, famiglie, progetti e amori.
Nessuno dei quattro aveva messo in pericolo i soldati, certamente non in un modo che giustificasse il fuoco letale. Tredici pallottole contro un’automobile guidata in modo innocente, che trasportava un padre e i suoi tre figli piccoli. Sparare ad un idraulico con una chiave inglese e sostenere che si stava “muovendo rapidamente verso i soldati”. Tre pallottole nello stomaco ad un diciassettenne che stava per la sua strada portando il fratello a casa.
Tutto questo può essere definito terrorismo; non c’è altra definizione. Tutte queste possono essere chiamate le azioni di squadre della morte; non c’è un’altra descrizione. Suona orribile, ma è orrendo per davvero.
Potrebbe essere meno orrendo se i media israeliani si prendessero il disturbo di riferirne, possibilmente scioccando gli israeliani. Potrebbe essere molto meno orrendo se i comandanti dell’IDF prendessero le misure necessarie data la sconsideratezza omicida del loro esercito. Ma la maggior parte dei media hanno ritenuto che l’uccisione di un bambino non interessa nessuno o non è importante, o entrambe le cose, così questo scioccante avvenimento non è stato riportato.
Se i soldati avessero ucciso un cane – anch’esso un atto scioccante, naturalmente – avrebbe attratto più attenzione. Ma un bambino palestinese morto? Cosa è successo? Perché dovrebbe interessare qualcuno, perché è importante?
“Stai lavorando per gli arabi?”, il giornalista Yinon Magal ha twittato maliziosamente, rivolgendosi a Hagar Shezaf di Haaretz, praticamente il solo giornalista che ha coperto il funerale del bambino. Questa è la nuova etica giornalistica: riferire la verità equivale a lavorare per gli arabi.
Lasciamo da parte i media di banalità e di assurdità che si sono occupati fino in fondo dell’agente di modelle sospettato di cattiva condotta sessuale e di liste di pedofili – cosa hanno a che fare i media con l’uccisione di bambini? La domanda è: dove sono i comandanti militari e i leader politici?
Il loro vergognoso silenzio conduce ad una sola conclusione: essi ritengono che queste uccisioni siano accettabili. È esattamente ciò che si aspetta dai soldati: l’uccisione di innocenti. Non c’è altro modo per spiegare il silenzio di tutti senza nemmeno una parvenza di condanna.
Se gli uccisori del bambino Mohammed al-Alami non sono ancora in custodia, allora il vice Capo di Stato Maggiore Aviv Kochavi – una persona conosciuta per parlare in modo elevato quando si tratta dei valori – sta dicendo che i soldati hanno agito in modo giusto. Se i paramilitari che hanno ucciso Mohammed Tamimi esplodendo tre pallottole nel suo corpo dalla loro jeep blindata stanno ancora camminando liberamente in Cisgiordania, questo significa che l’esercito li approva.
E se l’IDF li approva, stiamo parlando davvero di squadre della morte, proprio come nei regimi più spaventosi.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://archive.is/stfdv
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