Gilad Atzmon: Il terzo lockdown di Israele – un fallimento spettacolare

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IL TERZO LOCKDOWN DI ISRAELE – UN FALLIMENTO SPETTACOLARE[1]

Di Gilad Atzmon, 7 febbraio 2021

All’inizio di questa settimana, il New York Times ha elogiato l’esperimento israeliano della vaccinazione di massa. “Nel test più esteso finora condotto nel mondo reale, Israele ha dimostrato che un energico programma di vaccinazione da coronavirus può avere un impatto veloce e potente, mostrando al mondo una plausibile via d’uscita dalla pandemia. I casi di COVID-19 e le ospedalizzazioni sono calati drasticamente tra le persone che sono state vaccinate nel giro di poche settimane…i primi dati suggeriscono che i vaccini funzionano quasi altrettanto bene nella pratica come hanno fatto negli studi clinici”.

Per una ragione o per un’altra, i media israeliani non sono entusiasti come il New York Times. Nel penultimo giorno del terzo lockdown di Israele, l’organo di informazione israeliano più letto in rete, Ynet, presentava il seguente titolo: Spectacle of Failure: Third Lockdown Compared to Previous One (Un fallimento spettacolare: il terzo lockdown confrontato con il precedente).

L’articolo svelava la disperazione e la natura ipocrita della strategia e della politica israeliane relative al COVID. Ynet fa notare che, nonostante le promesse infondate fatte dal governo e dal suo primo ministro, dopo sei settimane di lockdown la situazione non è affatto migliorata. Nonostante Israele guidi l’esperimento mondiale della vaccinazione di massa, il suo tasso di trasmissione del COVID è tra i peggiori del mondo occidentale.

L’articolo di Ynet sottolinea che

“domani alle 7 di mattina il terzo lockdown finirà, un mese e mezzo dopo che era stato imposto – e i dati sul COVID oggi sono molto peggiori confrontati con la situazione al suo inizio…all’inizio del terzo lockdown alla fine di dicembre, il tasso dei test positivi era del 4.9%, il numero dei pazienti critici ospedalizzati era allora 949, il numero dei casi verificati era 4,010. Prima dell’inasprimento del lockdown, l’8 gennaio, il tasso dei test positivi era del 6.6%, il numero dei pazienti critici – 949, e il numero dei casi verificati era 7,644.

Al picco del terzo lockdown, il tasso dei casi positivi ha raggiunto il 10.2%, il numero dei pazienti seriamente malati è arrivato a 1,203 e il numero giornaliero delle diagnosi COVID ha raggiunto la cifra di 10,114. Da allora, i numeri sono calati solo un po’. Martedì, il tasso di positività era l’8.9%, il numero dei pazienti era 1,101 e il numero dei casi verificati era 7,183. Anche il numero R, che accerta se l’epidemia si sta diffondendo, è salito di nuovo a 1 negli ultimi giorni”.

Il numero combinato degli israeliani vaccinati e di coloro che sono guariti dal COVID in passato avrebbe dovuto fornire a Israele un’immunità di gregge relativamente forte, sufficiente a sconfiggere il virus o almeno a ridurre il suo tasso di riproduzione. Ma i fatti sul terreno suggeriscono l’esatto opposto. Il tasso di trasmissione in Israele è più alto di quasi ogni altro luogo. In realtà la correlazione inquietante tra la vaccinazione di massa e la malattia suggerisce che più ti vaccini, più casi Covid trovi.

Come se questo non fosse abbastanza, non più di due città sono classificate come “città verdi COVID”. Una di queste città è Rahat, una municipalità beduina palestinese dove la campagna vaccinale è generalmente ignorata. Gli israeliani possono anche vedere che tra le comunità verdi COVID, i villaggi e le città arabe israeliane sono grandemente sovrarappresentate. Ancora, tutto ciò potrebbe avere qualcosa a che fare con la loro generale repulsione per il vaccino. In breve, se apprendiamo qualcosa dall’”esperimento israeliano”, potrebbe essere possibile concludere che meno ti vaccini, più è sana la tua comunità nel suo complesso.

Considerando il fatto accertato che i vaccinati si sono dimostrati relativamente immuni, almeno fino al momento presente, la sola spiegazione (che posso dedurre) per il picco di casi, morti e varianti negli stati sottoposti alla vaccinazione di massa è la terrificante possibilità che i vaccinati stiano in realtà diffondendo il virus e specialmente le sue varianti (in particolare quella inglese). Questa possibilità deve essere indagata. È sostenuta dai dati accertati raccolti nei paesi sottoposti alla vaccinazione di massa, come gli Emirati Arabi Uniti, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Portogallo. Poco dopo che una campagna di vaccinazione di massa viene lanciata, noi accertiamo un’acuta crescita esponenziale dei casi e, tragicamente, delle morti conseguenti.

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La teoria evolutiva che potrebbe condurre ad un tale scenario, è parimenti lungi dall’essere troppo complicata: lottando per sopravvivere, il virus muta e quindi attacca quelli che sono relativamente non protetti (i non vaccinati). Ho esplorato la possibilità di un conflitto tra i “vaccinati” e i “non vaccinati” tre settimane fa. In quel momento, alcuni scienziati israeliani avevano ipotizzato un possibile scenario orripilante in cui i vaccinati sono identificati come i diffusori di alcune varianti letali e sono messi in isolamento.

In Israele, i servizi segreti militari (AMAN) stanno parimenti dirigendo un’unità di ricerca sul COVID che valuta i rischi imposti dalla situazione e le conseguenti strategie. All’inizio di questa giornata AMAN ha pubblicato il suo avvertimento secondo cui nelle “prossime settimane si prevede un aumento acuto dei casi dopo la fine del lockdown e la rapida diffusione della variante inglese”. AMAN ha sottolineato che “più che mai, si richiedono la responsabilità personale e l’aderenza alle linee guida”.

Con la loro decisione di fare di sé stessi il terreno di prova della Pfizer, gli israeliani ci stanno fornendo alcune inestimabili comprensioni del vaccino e dei rischi inerenti alla vaccinazione di massa contro il COVID. Se, per esempio, noteremo nelle prossime settimane che i servizi segreti dell’esercito si sbagliavano nella loro previsione e che non vi saranno cambiamenti significativi nel numero dei casi o delle morti, potremo concludere che non è il distanziamento sociale che diffonde la malattia (nel suo stadio attuale) ma probabilmente il vaccino stesso. Se la percentuale dei malati si ridurrà e il numero dei casi diminuirà, potremo persino contemplare la possibilità che l’integrazione sociale in realtà riduce la trasmissione. Se il numero dei casi aumenterà sensibilmente come l’esercito prevede, potremo concludere che il vaccino ha avuto un impatto molto trascurabile sull’immunità di gregge israeliana. In realtà, la campagna è stata un fallimento spettacolare.

Vi sono ora stime che il 50% degli israeliani non credono nel vaccino e nella giustificazione logica che lo sottende. I centri di vaccinazione israeliane sono attualmente vuoti nonostante la pressione esercitata dal governo e dalle municipalità sui cittadini affinché si “proteggano”. Molti israeliani ritengono che la campagna di vaccinazione nazionale stia lì per servire alla meta politica del Primo Ministro Netanyahu: un’immagine vittoriosa che gli faccia vincere le prossime elezioni e che lo possa salvare dalle sue attuali complicazioni legali.

Quelli che conoscono la storia ebraica dovrebbero esser consapevoli del ruolo e dell’importanza delle narrazioni di suicidio collettivo che hanno modellato la storia ebraica nel passato. Il Vecchio Testamento fa notare agli ebrei che “i tuoi distruttori e i tuoi devastatori se ne usciranno fuori da te” (Isaia 49:17). La maggior parte degli ebrei tendono ad attribuire questa osservazione divina agli ebrei dissidenti, ma la storia ebraica potrebbe invece suggerire che sono i capi ebraici riconosciuti, sia politici, che spirituali e religiosi, che spesso conducono il loro popolo sui percorsi più disastrosi e tragici.

 

 

 

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://gilad.online/writings/2021/2/7/israels-third-lockdown-a-spectacle-of-failure

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