Dieci anni dopo, la Siria è quasi distrutta. Di chi è la colpa?

Western spies get discreetly involved in Syria | World| Breaking news and  perspectives from around the globe | DW | 13.10.2012

DIECI ANNI DOPO, LA SIRIA È QUASI DISTRUTTA. DI CHI È LA COLPA?[1]

Di Melkulangara Bhadrakumar, 22 marzo 2021

Nel romanzo La fattoria degli animali di George Orwell, i maiali dominanti guidati da Napoleone riscrivevano costantemente la storia per giustificare e rafforzare il loro perdurante potere. La riscrittura da parte delle potenze occidentali della storia del conflitto in corso in Siria salta fuori da Orwell.

La dichiarazione congiunta diramata dai ministri degli esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia la scorsa settimana per segnare il decimo anniversario del conflitto siriano inizia con una scandalosa falsità nel ritenere il Presidente Bashar al-Assad e i “suoi sostenitori” responsabili degli orribili eventi in questo paese. Essa asserisce che le cinque potenze occidentali “non abbandoneranno” il popolo siriano – finchè morte non ci separi.

La realtà storica è che la Siria è stata un teatro per le attività della CIA sin dalla costituzione di questa agenzia nel 1947. C’è un’intera storia sui progetti di “cambiamento di regime” sponsorizzati dalla CIA in Siria che vanno dai tentativi di colpo di stato e dai complotti finalizzati all’assassinio agli attacchi paramilitari e al finanziamento e all’addestramento militare di forze antigovernative.

Tutto iniziò con il colpo di stato militare incruento del 1949 contro l’allora presidente siriano Shukri al-Quwatli che venne progettato dalla CIA. Secondo le memorie di Miles Copeland Jr., che all’epoca era il capo della stazione CIA a Damasco – il quale in seguito scrisse un pregevole libro di alta qualità letteraria sull’argomento – il colpo di stato mirava a salvaguardare la Siria dal partito comunista e da altre formazioni radicali!

Tuttavia, il colonnello al potere installato dalla CIA, Adib Shaishakli, fu una cattiva scelta. Come afferma Copeland, egli era una “simpatica canaglia” che non si era mai “a quanto mi risulta con certezza inchinato di fronte ad un’immagine scolpita. Egli aveva, tuttavia, commesso sacrilegio, bestemmia, omicidio, adulterio e furto” per guadagnare il sostegno americano. Egli durò per quattro anni prima di essere rovesciato dal Partito Baath e da ufficiali dell’esercito. Nel 1955, la CIA ritenne che la Siria era matura per un altro colpo di stato militare. Nell’aprile 1956, un colpo di stato congiunto CIA-SIS (il servizio segreto britannico) venne attuato per mobilitare gli ufficiali di destra dell’esercito siriano. Ma, allora, il fallimento di Suez interruppe il progetto.

La CIA riprese il progetto e architettò un secondo colpo di stato nel 1957 sotto il nome in codice Operation Wappen – ancora una volta, per salvare la Siria dal comunismo – e spese persino 3 milioni di dollari per corrompere gli ufficiali dell’esercito. Tim Weiner, nel suo magistrale libro del 2008 Legacy of Ashes: The History of the CIA, scrive:

“Il presidente (Dwight Eisenhower) disse che voleva promuovere l’idea di una jihad islamica contro il comunismo ateo. ‘Noi dovremmo fare tutto il possibile per sottolineare l’aspetto della “guerra santa”’, egli disse durante una riunione alla Casa Bianca nel 1957… (Il Segretario di stato) Foster Dulles propose una ‘task force segreta’, sotto i cui auspici la CIA avrebbe fornito armi americane, denaro, e informazioni al Re Saud dell’Arabia Saudita, al Re Hussein di Giordania, al Presidente Camille Chamoun del Libano, e al Presidente Nuri Said dell’Iraq. Questi quattro bastardi avrebbero dovuto essere la nostra difesa contro il comunismo e contro gli estremismi del nazionalismo arabo nel Medio Oriente, il dollaro onnipotente era ancora l’arma segreta della CIA. Il contante per la guerra politica e i giochi di potere erano sempre bene accetti. Potevano aiutare un impero americano nelle terre arabe e asiatiche”.

Ma, come accadde, alcuni di questi “ufficiali di destra” restituirono il denaro corruttore e rivelarono il complotto della CIA ai servizi segreti siriani. Dopo di che, tre funzionari della CIA vennero cacciati dall’ambasciata americana a Damasco, costringendo Washington a ritirare il suo ambasciatore da Damasco. Dopo questa figuraccia, Washington prontamente bollò la Siria come un “satellite sovietico”, dispiegò una flotta nel Mediterraneo e incitò la Turchia ad ammassare truppe sul confine siriano. Dulles arrivò addirittura a prendere in considerazione un attacco militare in base alla cosidetta “Dottrina Eisenhower” come rappresaglia contro le “provocazioni” della Siria. A proposito, anche il britannico MI6 lavorò con la CIA nel fallito tentativo di colpo di stato; i dettagli vennero casualmente alla luce nel 2003 tra le carte del Ministro della Difesa britannico Duncan Sandys molti anni dopo la sua morte.

Ora, venendo agli avvenimenti attuali, è sufficiente dire che secondo Wikileaks, a partire dal 2006, gli Stati Uniti finanziano i dissidenti siriani con sede a Londra, e che l’unità della CIA responsabile delle operazioni segrete è stata impiegata in Siria per mobilitare gruppi di ribelli e per individuare potenziali vie di rifornimento. È risaputo che gli Stati Uniti hanno addestrato almeno 10,000 combattenti ribelli al costo di 1 miliardo di dollari all’anno a partire dal 2012. Si dice che il Presidente Barack Obama abbia ammesso con un gruppo di senatori l’operazione di introdurre questi combattenti ribelli addestrati dalla CIA all’interno della Siria.

Il ben noto giornalista d’inchiesta americano e scrittore Seymour Hersh ha scritto, in base ad informazioni fornitegli da funzionari dei servizi segreti, che la CIA all’epoca stava già trasferendo armi dalla sua stazione di Bengasi (in Libia) in Siria. Non è erroneo dire che Obama fu il primo leader internazionale a chiedere apertamente la rimozione di Assad. Questo fu nell’agosto 2011. L’allora capo della CIA David Petraeus fece due visite senza preavviso in Turchia (nel marzo e nel settembre 2012) per convincere Erdogan ad agire come il portabandiera del progetto statunitense di cambio di regime in Siria (sotto la denominazione della “lotta contro il terrorismo”).

In realtà, gli alleati chiave degli Stati Uniti nel Golfo Persico – l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti – presero le mosse da Obama per sciogliere i cordoni della borsa al fine di arruolare, finanziare ed equipaggiare migliaia di combattenti jihadisti da impiegare contro la Siria. Egualmente, fin dalle prime fasi del conflitto in Siria, importanti servizi segreti occidentali hanno fornito un sostegno politico, militare e logistico all’opposizione siriana e ai gruppi di ribelli ad essa associati.

Curiosamente, l’intervento russo in Siria nel settembre 2015 avvenne come risposta all’imminente sconfitta delle forze governative siriane ad opera dei jihadisti appoggiati dagli alleati regionali degli Stati Uniti. L’Arabia Saudita si ritirò dal terreno solo nel 2017 dopo che il corso della guerra era mutato, grazie all’intervento russo.

La dichiarazione congiunta diramata la scorsa settimana dagli Stati Uniti e dai loro alleati della NATO appartiene al mondo della fiction. In realtà, c’è sangue siriano nelle mani di questi paesi NATO (inclusa la Turchia) e degli alleati degli Stati Uniti nel Golfo [Persico]. Guardiamo la colossale distruzione che gli Stati Uniti hanno causato: secondo le stime della Banca Mondiale, solo nel periodo dal 2011 al 2016 a causa della guerra è stato perso in Siria un totale cumulativo di 226 miliardi di dollari di prodotto interno lordo.

Il conflitto siriano è uno dei conflitti più tragici e distruttivi della nostra epoca. Centinaia di migliaia di siriani sono morti, mezza nazione è stata costretta a lasciare il proprio paese, e milioni di persone sono state ridotte ad una disperata povertà e alla fame. Secondo le stime dell’UNHRC[2], dopo dieci anni di conflitto, metà della popolazione siriana è stata costretta ad abbandonare la propria casa, il 70% vive in povertà, 6.7 milioni di siriani sono stati costretti ad emigrare all’interno del proprio paese, oltre 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza e protezione umanitaria, 12.4 milioni di persone soffrono per mancanza di cibo (ovvero il 60% della popolazione totale), 5.9 milioni di persone stanno vivendo un’emergenza abitativa e quasi 9 siriani su 10 vivono sotto il livello della povertà.

E, a pensarci bene, la Siria aveva uno dei livelli più alti di formazione sociale nell’intero Medio Oriente musulmano. Era un paese di medio benessere fino a quando gli Stati Uniti hanno deciso di destabilizzare la Siria. Sin dalla fine degli anni ’40, i successivi progetti statunitensi di cambio di regime sono stati guidati da considerazioni geopolitiche. L’agenda è inequivocabile: gli Stati Uniti hanno sistematicamente distrutto il cuore, l’anima e la mente dell’”arabismo” – l’Iraq, la Siria e l’Egitto – con lo scopo di perpetuare il dominio occidentale del Medio Oriente.

L’ex Presidente Donald Trump voleva ritirare le truppe americane dalla Siria e far cessare la guerra. Lo ha tentato due volte, ma i comandanti del Pentagono hanno sabotato i suoi piani. Quello che Joe Biden propone di fare nessuno lo sa. Biden non sembra avere nessuna fretta di ritirare le truppe americane.

L’aspetto più inquietante è che gli Stati Uniti stanno metodicamente favorendo una balcanizzazione della Siria aiutando i gruppi curdi filo-americani a ricavare una enclave semiautonoma nel nordest del paese. In realtà, la popolazione araba del nordest della Siria non vuole stare sotto il dominio dei curdi, e questo potrebbe alla fine tradursi in una nuova fonte di reclutamento per lo Stato Islamico. Nel frattempo, la Turchia ha colto l’asse Stati Uniti-curdi come un alibi per occupare vasti territori nella Siria settentrionale.

L’aspetto triste della dichiarazione congiunta degli Stati Uniti e dei loro alleati europei non è solo che essa riscrive la storia e diffonde falsità ma trasmette un senso di disperazione per cui non c’è speranza di una luce alla fine del tunnel nel conflitto siriano in un futuro immaginabile.

La politica americana in Siria è opaca. Ha oscillato tra il voler impedire una ripresa dello Stato Islamico, il combattere l’Iran, il ricacciare all’indietro la Russia, il fornire aiuti umanitari, e anche il proteggere Israele, mentre il nocciolo della questione è che le successive amministrazioni americane non hanno articolato una chiara strategia e una giustificazione logica per la presenza militare americana in Siria.

 

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://ronpaulinstitute.org/archives/featured-articles/2021/march/22/ten-years-on-syria-is-almost-destroyed-who-s-to-blame/?fbclid=IwAR2XBc8z2wnvyN_x6OF6Sd_AqtmyuN6e_l9PGOC1FBoZejGx0ZoC873E3SA

[2] Nota del traduttore: l’UNHRC è l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite.

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