Corrado Augias e Bart Ehrman confutati da Claude Tresmontant

Corrado Augias

Corrado Augias da anni propala tesi negazioniste sulla divinità di Gesù e sulla storicità dei vangeli. Oltre ai libri che ha scritto in proprio, il noto giornalista propaganda i libri altrui su Gesù dalle colonne del Venerdì di Repubblica, ma solo quelli che sono in sintonia con il suo programma “demitizzatore”: per Augias e per i suoi accoliti Gesù non solo non è mai risorto ma non si è mai neppure presentato come il Figlio di Dio. E i Vangeli non sono storicamente attendibili in quanto sarebbero stati scritti molti decenni dopo la morte di Gesù. Qualche anno fa, Augias recensì favorevolmente l’edizione italiana del libro, dello storico americano Bart Ehrman, intitolato “Prima dei vangeli. Come i primi cristiani hanno ricordato manipolato e inventato le storie su Gesù”. Sulla presunta “manipolazione” delle storie su Gesù da parte dei vangeli mi sono imbattuto qualche settimana fa, leggendo la traduzione e il commento all’Apocalisse di Giovanni di Claude Tresmontant, in una considerazione del medesimo Tresmontant che mi ha molto colpito e che vorrei condividere qui con i lettori. Presento quindi a seguire il testo della recensione di Augias al libro di Ehrman seguita, subito dopo, dal testo di Tresmontant. Prima di tutto, però, come incipit, presento il passo dell’Apocalisse di Giovanni in cui il profeta neotestamentario ammonisce con parole severissime tutti coloro che avessero avuto l’intenzione di modificare in qualsiasi modo il testo della medesima Apocalisse. Questo, per far capire il carattere sacro attribuito ai libri neotestamentari da parte degli stessi autori. Contro ogni velleità di interpolazione o peggio ancora di manipolazione.

Dall’Apocalisse di Giovanni (22, 18-19):

“Io attesto ad ognuno che ascolta le parole della profezia di questo libro: «Se alcuno aggiunge [alcunché] a queste cose, Iddio aggiungerà a [carico di] lui le piaghe scritte in questo libro. E se alcuno tolga [qualcosa] alle parole del libro di questa profezia, Iddio toglierà a [lui] la sua parte nell’albero della vita e alla città santa, descritti in questo libro»”.

FINE DELLA CITAZIONE DELL’APOCALISSE

L’impresa (quasi) impossibile di raccontare Gesù nonostante le Scritture

Di Corrado Augias (dal “Venerdì” di Repubblica del 13 ottobre 2017, p. 121)

Di questo saggio scritto da Bart D. Ehrman ecco subito titolo e sottotitolo: Prima dei vangeli. Come i primi cristiani hanno ricordato manipolato e inventato le storie su Gesù (Carocci). Fin da subito appare fortemente innovativo rispetto alla dottrina ufficiale: se Ehrman non fosse uno dei più autorevoli storici delle Scritture ci sarebbe da dubitare delle sue intenzioni. In realtà lo studioso racconta, con la ben nota affabilità espositiva, in che modo si vennero formando i vangeli, tutti composti dopo il 70 (distruzione del Tempio di Gerusalemme) lungo un periodo che va dai quaranta ai settanta anni dopo la morte di Gesù. Dunque scritti da persone – o collettività – non testimoni diretti dei fatti, che riportavano parole ed episodi giunti fino a loro di terza o quarta mano. Il che spiega le numerose contraddizioni fra i vari testi. Tradizioni orali che, scrive Ehrman, «erano rimaste in circolazione per anni, anzi decenni, prima che gli autori dei vangeli se ne appropriassero». In questo senso va interpretato il sottotitolo, in cui però il «changed» della versione originale è stato reso in italiano con il più forte «manipolato». L’autore dichiara in apertura che prima di applicarsi al saggio ha studiato psicologia, sociologia, antropologia culturale, tutte discipline «di grande aiuto per comprendere in che modo i primi cristiani hanno raccontato e ripetuto le storie su Gesù dopo la sua scomparsa e prima che fossero scritti i vangeli». È ormai accertato che i ricordi non sono uguali per tutti, come numerosi esperimenti – nonché le cronache giudiziarie – hanno dimostrato. Interessanti le pagine dove si riferisce sugli studi relativi alla figura storica di Gesù, prescindendo cioè dalla teologia. Aprì questo ciclo uno studioso del XVIII secolo, Hermann Reimarus, «dimostrando» che Gesù era un predicatore ebreo «che non ha mai considerato se stesso un messia spirituale…quando parlava dell’avvento di un messia, si riferiva a un uomo che sarebbe diventato re d’Israele». Anche Ehrman ricostruisce vari momenti della vita, dell’arresto, del processo e della morte mostrando le contraddizioni e le inverosimiglianze dei testi. Conclude però che «i ricordi alterati, ossia non attendibili sul piano strettamente storico, sono altrettanto “veri” per quanti li conservano e li considerano tali». Sul Gesù della storia non sapremo mai come andarono davvero le cose, ma per milioni di esseri umani, ciò che conta di più è il Cristo per il quale valgono le certezze della fede.

FINE DEL TESTO DI CORRADO AUGIAS

Dall’”Apocalypse de Jean” di Claude Tresmontant, Paris 1984, p. 498:

“…coloro che si domandano «come distinguere sicuramente le parole originarie del Nazareno, dalle parole prodotte dalla comunità pasquale o dagli evangelisti e messe in seguito sulle labbra di Gesù», — costoro, che pensano, insegnano e scrivono così, ritengono dunque che le comunità «ellenico-cristiane», come essi dicono, facevano esattamente, verso la fine del primo secolo, ciò che Giovanni nell’Apocalisse, composta secondo costoro alla fine del primo secolo, proibiva assolutamente di fare, conformemente alle norme della vecchia tradizione del profetismo ebraico”.

One Comment
    • Non sono un Dicci'
    • 13 Gennaio 2021

    C’è chi nega la divinità di Cristo,come Augias,c’è chi nega il fatto che sia stato ucciso dai giudei. Anche in questo caso,si nega la storia,quindi anche la divinità.

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