GLI “IMPRENDITORI DEI REATI DI ODIO” STANNO APPROFITTANDO DEL DENARO DEI CONTRIBUENTI MENTRE CERCANO DI UCCIDERE LA LIBERTÀ DI PAROLA IN INGHILTERRA[1]
Di Joanna Williams, 15 dicembre 2020
La libertà di parola è sotto attacco in Inghilterra da parte di organizzazioni che gonfiano il numero dei presunti “reati di odio” e “incidenti” per riempire le loro casse di denaro governativo e lasciare a noi solo le espressioni approvate dalla polizia.
Fate un brutto scherzo su Twitter, fate un discorso ad un convegno del Partito Conservatore, o riferitevi a qualcuno utilizzando i pronomi sbagliati, e potrete trovarvi la polizia che bussa alla vostra porta.
L’anno scorso, la polizia in Inghilterra e in Galles ha registrato oltre 100.000 reati di odio, con una crescita dell’8% rispetto all’anno precedente.
Il reato di odio viene definito come “qualunque offesa penale che è percepita, dalla vittima o da qualunque altra persona, come motivata da ostilità o da pregiudizio verso qualcuno in base ad una caratteristica personale”. Questo può includere abusi verbali, intimidazioni, minacce, molestie, o bullismo, diretti verso individui o gruppi a causa della loro razza, religione, sessualità, disabilità o identità transgender. Oltre a questo – e causa di buona parte del “bussare alla porta” – la polizia indaga parimenti e registra gli “incidenti di odio”. Un incidente di odio non è affatto un reato penale, ma semplicemente qualunque discorso o azione che qualcuno, che fa parte di un gruppo “protetto”, trova offensivo.
Come approfondisco in “Policing Hate”, un nuovo rapporto pubblicato dal think tank Civitas, in Inghilterra e in Galles oggi non abbiamo libertà di parola. Ci viene permesso di dire solo cose che non offendono altri. E non abbiamo eguaglianza davanti alla legge; alcuni gruppi di persone godono di ulteriori protezioni legali rispetto a tutti gli altri.
Ora, la Law Commission, un ente indipendente che ha il compito di rivedere la legge e di presentare raccomandazioni al governo, sta proponendo cambiamenti alla legislazione sul reato di odio. Purtroppo, se venissero attuati, questi cambiamenti ridurranno ulteriormente la libertà di parola.
Per capire perché le proposte della Law Commission sono così censorie, dobbiamo esaminare l’influenza esercitata dai gruppi che io ho definiti come “imprenditori dei reati di odio”. Si tratta di enti di beneficenza e di lobbismo, come Stonewall, Disability Rights UK, e StopHate UK, che sostengono e promuovono persone con disabilità, persone transgender, e le comunità lesbiche, gay e bisessuali.
Molti di questi gruppi fanno un grande lavoro nel rappresentare gli interessi dei propri membri. Ma quando si tratta della legge, questo è un problema: costoro non sono né neutrali né obbiettivi. Per raccogliere il denaro necessario a mantenere in funzione i propri servizi e a pagare le spese degli staff, essi hanno bisogno di presentare le persone che rappresentano come svantaggiate e oppresse. I reati di odio e gli incidenti di odio sembrano fornire la misura di quanto un particolare gruppo venga vittimizzato.
Ma non importa quante statistiche sugli incidenti di odio gli enti di beneficenza compilino: non siamo più vicini ad avere una misura obbiettiva degli abusi verbali o dell’ostilità che i differenti gruppi sperimentano. L’offesa viene vissuta soggettivamente. È assolutamente possibile che due persone ascoltino esattamente lo stesso scherzo, o esattamente lo stesso discorso, e che una persona ne rimanga offesa mentre l’altra trovi il tutto scherzoso o interessante. Una persona può vedere sé stessa come vittima di un reato di odio mentre il proprio amico liquida lo stesso incidente con un’alzata di spalle.
Attraverso i propri siti web e le proprie campagne, gruppi come Stonewall definiscono i reati di odio e quindi incoraggiano i propri membri a considerarsi vittime e a riferire i reati alla polizia. Costoro utilizzano poi queste statistiche gonfiate come parte del loro materiale informativo.
Stonewall, ad esempio, afferma: “Due persone transessuali su cinque hanno sperimentato un reato di odio o un incidente a causa della propria identità gender negli ultimi dodici mesi”. Tutto ciò suona scioccante, ma potrebbe significare poco più del fatto che essi hanno visto una persona transgender “discriminata” sui social media.
Inoltre, molti gruppi che fanno lobby in favore di particolari comunità ricevono finanziamenti governativi per il loro lavoro. Ad esempio, “Challenge It, Report It, Stop It”, un pregresso programma di azione governativo contro i reati di odio, riferisce di piani per sostenere una varietà di gruppi quali il Jewish Museum, Show Racism the Red Card, Searchlight Educational Trust, e il progetto “Measuring Anti-Muslim Attack” (MAMA) di Faith Matters. Di conseguenza, questi gruppi vengono effettivamente pagati dal governo per dire agli enti che consigliano il governo (i funzionari pubblici o la Law Commission) quello che essi vogliono ascoltare.
Gli imprenditori dei reati di odio hanno un interesse particolare nel presentare le persone che essi rappresentano come vittime. Così non è certo sorprendente che, quando vengono interpellati dalla Law Commission, essi chiedano che la legge venga cambiata per definire il reato di odio in maniera ancora più ampia e per estendere le protezioni ad un numero di gruppi ancora maggiore. Ciò che sorprende è che la Law Commission debba trarre le proprie prove da tali organizzazioni nel compilare le raccomandazioni finalizzate a cambiare la legge.
Come la relazione della Law Commission mette in chiaro, queste organizzazioni lobbistiche, insieme a certi accademici, hanno avuto una considerevole influenza nel determinare sia le analisi che le raccomandazioni costitutive della consultazione. Il ruolo degli imprenditori dei reati di odio è evidente nel riconoscimento della relazione secondo cui “ogni contributo all’indagine contenente dati sugli andamenti locali o nazionali aveva convenuto che: la situazione sta peggiorando e che, a causa dei grandi numeri dei reati di odio non denunciati a servizi terzi o alla polizia, il vero profilo dei reati di odio nel Regno Unito è simile a un iceberg, la cui porzione maggiore è nascosta alla vista”.
Se i limiti legali di ciò che possiamo dire devono essere determinati da coloro che hanno un incentivo finanziario a essere facilmente offesi, allora avremo una libertà di parola persino minore di quanta ne abbiamo oggi. Se gli imprenditori dei reati di odio l’avranno vinta, ci rimarrà solo una parola sanzionata dallo stato e approvata dalla polizia. È cruciale che, prima che la consultazione della Law Commission si chiuda il 24 dicembre, costoro ascoltino il contributo di persone che considerano la libertà di parola il diritto più importante e basilare che abbiamo.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.rt.com/op-ed/509747-hate-crime-kill-free-speech/?fbclid=IwAR3nNdPQ2OgfBZot0Cs1SBpVZh9fQmn2-4-mYdRuEB1qZ1rRizJIh56yAkk
Si faccia attenzione,perché, in qualche caso,se li inventano in maniera artificiale questi reati per colpire anche i credenti o quelli che si oppongono a questo genere di prospettive di propaganda. Ma non si può costringere una persona ad essere pro aborto,pro adozioni a due maschi ecc…,facendo leva su questi discorsi da agenda politica ultra-laicista,ovvero i cosiddetti crimini di odio.