Paul Louis Bernard Drach: la vana ritrattazione di Sodalitium

L’ultimo numero della rivista “Sodalitium” si segnala, tra le altre cose, per un insensato attacco rivolto al rabbino convertito Paul Drach, vissuto nel 19° secolo (l’attacco si trova nelle pagine 94-96 della rivista in questione):

https://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/70-71.pdf

A questo attacco ha già prontamente e doviziosamente risposto don Curzio Nitoglia (vedi la decima obiezione e la decima risposta):

https://doncurzionitoglia.wordpress.com/2020/10/07/risposta-a-sodalitium-don-curzio-nitoglia-7-ottobre-2020/?fbclid=IwAR3pgOuKnA6-z0WH8JF7Z83Cq5rO5eElblTMsKSiyd45WbapO1IEv7pIlkY

Poiché però sono stato chiamato in causa anch’io da Sodalitium, mi trovo parimenti costretto a rispondere: colgo l’occasione per fornire un mio piccolo contributo a integrazione di quanto detto da don Curzio. Per attaccare Drach (e don Curzio) Sodalitium presenta una lunga citazione (lunga quasi due pagine) tratta da un mio vecchio studio in cui, tra le altre cose, parlavo proprio di Drach. Lo studio si intitola “L’onestà polemica di Sodalitium – Donoso Cortés e la controversia sul tradizionalismo” e lo si può leggere qui:

http://aaargh.vho.org/ital/lonestapolemica.pdf

Sodalitium è tornata, a distanza di quasi trent’anni, a parlare di Drach per dire che ritratta gli elogi espressi sul conto di questo autore in alcuni articoli pubblicati dalla rivista diretta da don Ricossa all’inizio degli anni ’90: all’epoca, questi articoli erano stati firmati proprio da don Nitoglia (il quale don Nitoglia in seguito, nel 2005, abbandonerà Sodalitium per andare a dirigere Sì Sì No No).

Una ritrattazione, quella di Sodalitium, come si può constatare, oltremodo tardiva, che giunge con un ritardo di almeno 15 anni (il mio studio citato da Sodalitium nella “ritrattazione” data infatti al 2004).

Ma cosa rimprovera, in sostanza, Sodalitium al biblista Drach?

Gli rimprovera la tesi secondo cui “i libri Cabalistici non risalirebbero al Medioevo, ma ai tempi di Mosè, anzi, si ricollegherebbero alla Tradizione primitiva orale. Secondo questa teoria, quindi, è esistita una Cabala vera, come un vero Talmud, che insegnavano i principali dogmi della Fede cristiana, incluso il dogma della Trinità, i quali si ritroverebbero ancora nei libri cabalistici depurati dalla Cabala spuria inventata dai Rabbini”.

Questa dunque sarebbe la colpa di Drach, ma cosa pensavano di tale “colpa” i contemporanei di Drach?

Nella lunga citazione del mio saggio riportata da Sodalitium c’è un passaggio che mi sembra non sia stato adeguatamente preso in considerazione dalla rivista in questione: quello in cui affermavo che le opere di Drach “erano care a Gregorio XVI e alla curia romana dell’epoca”. Così scrivevo allora, nel 2004.

Aggiungo oggi che furono care non solo a Gregorio XVI ma anche a Pio IX.

Dopo aver pubblicato nel 1844 il trattato “De l’harmonie entre l’eglise et la synagogue”, Drach ribadì infatti le sue tesi vent’anni dopo, nel 1864, in una pubblicazione molto più breve, intitolata

La cabale des Hébreux, vengée de la fausse imputation de panthéisme par la simple exposé de sa doctrine d’après les livres cabalistiques qui font autoritè.

Il libretto in questione venne pubblicato dalla stamperia della Propaganda Fide, una delle congregazioni della curia romana dell’epoca (ricordiamo che Drach dopo la sua conversione venne nominato bibliotecario proprio di Propaganda Fide).

La cabala degli ebrei è stata tradotta in italiano nel 2016 dalle Edizioni PiZeta. Da questa edizione voglio citare due brani che mi sembrano particolarmente significativi: si tratta della LETTERA DEL REV. PERRONE ALL’AUTORE (lettera pubblicata a p. 9 dell’edizione italiana, e che precede il testo vero e proprio) e, nella quarta di copertina, di un estratto della recensione del libretto di Drach pubblicata da Civiltà Cattolica il 16 settembre 1864.

Cominciamo dalla lettera di Perrone:

Sig. Cavaliere

È stato per me di vera soddisfazione il leggere i preziosi fogli che a Lei piacque comunicarmi. Non solo in essi vi ho trovato una piena confutazione dell’impugnatore delle sane dottrine sotto il velo della recondita Cabbala, non ben conosciuta dal volgo de’ lettori, ma inoltre una feconda e non comune erudizione in pruova della verità. Gliene faccio, Sig. Cavaliere, le mie più sincere congratulazioni, e mi auguro il piacere di poter altra volta godere di un simile favore. Mi dico con sincera stima,

di V. S.

Collegio Romano 30 Gen. 1864.

U.mo dev.mo aff.mo

G. PERRONE d. C. d. G.”

Questa dunque era la lettera di Giovanni Perrone, uno dei più rinomati teologi dell’epoca. Ed ecco il testo della recensione apparsa all’epoca sulla rivista dei gesuiti:

“L’ebraica parola CABALA vuol dire tradizione ricevuta; e con essa i Rabbini indicano la legge tramandata oralmente agl’israeliti fin dagli antichissimi tempi. Più particolarmente poi questa parola è riservata a quel complesso d’insegnamenti mistici o ascetici, che dirigono gl’israeliti nelle loro preghiere e nelle loro meditazioni. Il più splendido maestro di Cabala fu nel secondo secolo dell’era cristiana il Rabbino Simeone Ben Yohhaï: e le sue lezioni vennero raccolte nel libro intitolato ZOHAR, che vuol dire Chiarezza.

Dal 1843 il Dott. Franck nel suo libro La Kabbale pretese di mostrare che i cabalisti ebrei son tutti panteisti, e che il fondo della Cabala è il panteismo; e ciò per procacciare a questo sistema un sostegno non dispregevole.

Nel libro del signor Drach, orientalista insigne, si dimostra evidentemente che quell’imputazione è onninamente falsa, e che essa potè essere sostenuta dal Dott. Franck, perché in luogo di ricorrere ai testi ebraici più accreditati dei libri cabalistici, ricorse a tradizioni errate e a citazioni difettose.

Questo opuscolo del Dott. Drach nella sua brevità ha grande forza di raziocinio, e suppone una conoscenza profonda della lingua e della erudizione ebraica”.

Fin qui, la Civiltà Cattolica.

Ma cosa sostiene, tra le altre cose, il rabbino convertito Drach nel suo libretto? Sostiene che le dieci Sefirot supreme della Cabala, dette altrimenti Splendori, corrispondono alle tre Persone della Trinità e ai sette Spiriti di Dio menzionati dall’Apocalisse (I, 4) “cioè Dio nei suoi attributi assoluti” (pp. 52-53).

Sostiene inoltre Drach che l’Adam Kadmon della Cabala corrisponde alla seconda persona della Trinità: al Verbo incarnato (p. 43).

Non dubito che nemmeno queste affermazioni piaceranno a Sodalitium, ma ciò che conta è che quello che per Sodalitium è una colpa (o quantomeno un demerito), per la curia romana dell’epoca era un merito: altrimenti, i libri di Drach non sarebbero stati stampati da Propaganda Fide.

Il fatto che Drach godesse della pubblica stima della curia romana svaluta a priori la posizione di Sodalitium, esattamente come i trucchetti dialettici a cui Sodalitium ricorse parlando di Donoso Cortés (di cui mi sono occupato nel mio studio del 2004) la svalutano a posteriori.

Mi domando: ma perché questo accanimento, con giudizi ingenerosi, oltre che miopi, contro figure che hanno segnato in maniera luminosa il cattolicesimo ottocentesco?  

Il cavalier Drach ritratto da Ingres

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