Sobibor – la “migliore spiegazione” di Muehlenkamp
Di Thomas Kues, 2011
Dopo il mio commento sui termini Sonderlager e SS-Sonderkommando in relazione al campo di Sobibor[1], Roberto Muehlenkamp ha concentrato i suoi instancabili e tuttavia autodistruttivi poteri di “argomentazione” sul seguente passaggio del rapporto Benda del marzo 1944 sulla rivolta dei prigionieri di Sobibor:
“Mit Rücksicht auf die Art die Sonderlagers und dessen Häftlinge, wurde veranlasst, dass die Wehrmacht sofort die Verfolgung der Flüchtigen und die Schutzpolizei die Sicherung des Lagers ausserhalb der Lagerumzäunung aufnahm.”[2]
Traduzione:
“In vista della natura del campo speciale [Sonderlagers] e dei suoi prigionieri, alla Wehrmacht è stato ordinato di organizzare un’immediata squadra all’inseguimento dei fuggitivi, e alla Polizia di assicurare la sicurezza del campo all’esterno delle sue recinzioni”.
Muehlenkamp ha offerto la seguente interpretazione:
“La migliore spiegazione (e cioè quella che tiene conto di tutte le prove conosciute e che richiede le minori spiegazioni aggiuntive) è che era considerato di somma urgenza che tutti i fuggitivi venissero ripresi affinché non rivelassero che Sobibor era stato un campo di sterminio, e che del compito era stata incaricata la Wehrmacht perché disponeva di un maggior numero dei elementi disponibili a questo scopo rispetto al SD[3] e alla Polizia di sicurezza, incluse unità che erano addestrate ed esperte nel dare la caccia ai partigiani e perciò più adatte al compito”[4].
In altre parole, la spiegazione più ragionevole del perché “la natura del campo speciale e dei suoi prigionieri” richiedeva che i detenuti fuggiti venissero inseguiti con particolare zelo era che essi potevano informare il mondo su Sobibor come campo di sterminio. Il problema con questa spiegazione, simile alla maggior parte degli argomenti avanzati da Muehlenkamp e dai suoi congeneri, è che fa in definitiva ricorso alla supposizione a priori che Sobibor funzionasse davvero come un “campo di puro sterminio” – per la quale non c’è un briciolo di solida prova.
L’asserzione che i detenuti fuggiti erano portatori del segreto del “campo di sterminio” di Sobibor in realtà ha poco senso anche da un punto di vista sterminazionista. Nemmeno un singolo detenuto appartenente al “campo della morte vero e proprio”, il Lager III, partecipò alla fuga di massa del 14 ottobre 1943. Nel libro Sobibor: Holocaust Propaganda and Reality, ho dedicato numerosi passaggi a discutere quello che i testimoni oculari ebrei avevano da dire riguardo alla conoscenza – propria e degli altri detenuti – del Lager III, che era separato dal resto del campo da recinzioni e da un’area densamente boschiva. I commando di lavoro ebraici impiegati nel Lager III venivano parimenti tenuti separati dal resto della popolazione dei prigionieri e non entrarono mai negli altri lager. Thomas Blatt, che venne inviato a Sobibor nell’aprile 1943, scrive nelle sue memorie che
“La prova più conclusiva che nel Lager III avvenisse qualche cosa di omicida era il fatto che nessuno ne uscì mai vivo, ma tale prova era puramente circostanziale. I nazisti rendevano difficile raccogliere qualunque prova diretta di ciò che era largamente risaputo all’interno del campo”[5].
Tuttavia, come ho dimostrato nello studio summenzionato, basato su mappe e su foto aeree, i detenuti nelle altre parti del campo non avrebbero potuto essere certi che “nessuno ne uscì mai vivo”[6].
Secondo un’altra testimone, Eda (Ada) Lichtman, “Essi [i tedeschi] pensavano sempre che noi [= i detenuti ebrei] non sapevamo cosa stesse accadendo lì [nel Lager III]”[7].
Se queste dichiarazioni testimoniali sono corrette, allora come avrebbero potuto i prigionieri fuggiti essere visti come portatori del segreto (Geheimnisträgern) di Sobibor il Campo di Sterminio? Se era vero che nessun ebreo “uscì mai vivo” dal Lager III e che questo fatto costituiva “la prova più conclusiva” che i detenuti avevano che questa parte di Sobibor fungeva da installazione di sterminio, non sarebbero stati allora tutti i civili polacchi che vivevano nelle vicinanze del campo – e che erano in una posizione molto migliore per accertare se “nessuno ne uscì mai vivo” – parimenti considerati Geheimnisträgern e trattati di conseguenza?
Il gruppo Oneg Szabat di Varsavia identificò Sobibor come un campo di sterminio già agli inizi di luglio del 1942, due mesi dopo che era diventato operativo, e già il 1 luglio 1942 la Polish Fortnightly Review pubblicò un articolo secondo il quale gli ebrei venivano inviati a Sobibor e ivi sterminati con il gas, le mitragliatrici e le baionette. In un rapporto del Governo Polacco in Esilio datato 23 dicembre 1942, Sobibor è identificato insieme a Treblinka e a Belzec come un centro di sterminio. La stampa clandestina polacca menzionò il “campo della morte” di Sobibor ripetutamente nel 1942 e nel 1943[8]. Non vi possono essere dubbi che i tedeschi erano consapevoli del contenuto di almeno alcuni di questi scritti propagandistici, e del modo in cui descrivevano il campo – ma perché allora essi si preoccuparono solo alla metà di ottobre del 1943 che i prigionieri fuggiti avrebbero “rivelato” Sobibor come un “campo di sterminio”? Tutto ciò diventa anche più curioso quando si considera che le storie di atrocità prodotte dai primi testimoni oculari di Sobibor sono delle ridicole frottole riguardanti gasazioni con il cloro, pavimenti pieghevoli di camere a gas, uccisioni di massa effettuate con tubi dell’acqua, ecc. ecc.[9] – e cioè non denotano nessuna “conoscenza dettagliata” riguardante i presunti avvenimenti nel Lager III.
Roberto Muehlenkamp ha completamente ignorato la seguente semplice spiegazione del perché c’era una speciale urgenza nell’inseguire i detenuti fuggiti di Sobibor: come a suo tempo ho già mostrato l’unità di smantellamento delle munizioni catturate ai sovietici menzionata nella direttiva di Himmler del 5 luglio 1943 (NO-482) fu effettivamente istituita nella sezione del “Lager IV” o “Nordlager” di Sobibor e giunse a impiegare almeno 110 detenuti, molti dei quali erano prigionieri di guerra ebreo-sovietici: quella che, guidata da Alexander “Sasha” Pechersky, costituì il nucleo della rivolta del 14 ottobre. Le prove documentarie mostrano inoltre che una quantità significativa delle munizioni catturate ai sovietici venne stoccata lì e in seguito, dopo la rivolta dei prigionieri, mandata via dal campo[10]. Ne consegue che la conoscenza dettagliata dell’attività di smantellamento delle munizioni da parte dei detenuti fuggiti sarebbe stata potenzialmente di grande valore per unità dei partigiani che operavano in quella parte della Polonia orientale come pure nelle zone vicine della Bielorussia e dell’Ucraina, specialmente considerando che molti dei detti partigiani utilizzavano armi sovietiche. La conoscenza dei prigionieri fuggiti avrebbe perciò potuto provocare un attacco dei partigiani al campo con lo scopo di rubare il deposito delle munizioni, o suggerire la distruzione dei binari ferroviari, come mezzo per far cessare l’operazione di smantellamento[11]. Il fatto che l’aggiunta di numerosi soldati addestrati ed esperti dell’Armata Rossa ai gruppi dei partigiani locali non sarebbe stata certo benefica per i tedeschi quadra parimenti con quest’immagine.
La suddetta spiegazione alternativa è certamente migliore della “spiegazione migliore” di Muehlenkamp, poiché non richiede la fede nella tesi fattualmente infondata che Sobibor funzionò come un “campo di puro sterminio”.
Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://codoh.com/library/document/sobibor-muehlenkamps-best-explanation/en/
[1] https://web.archive.org/web/20110808211702/http://www.revblog.codoh.com/2011/05/on-the-terms-sonderlager-and-ss-sonderkommando/
[2] http://www.holocaustresearchproject.org/ar/images/Sobibor%20%281%29.jpg
[3] Nota del traduttore: il SD è il Sicherheitsdienst, il servizio di informazioni creato nel 1932 da Reinhard Heydrich.
[4] https://holocaustcontroversies.blogspot.com/2011/05/thomas-kues-takes-on-sonderlager-paper.html
[5] Thomas Toivi Blatt, From the Ashes of Sobibor, Northwestern University Press, Evanston 1997, p. 232.
[6] Jürgen Graf, Thomas Kues, Carlo Mattogno, Sobibór: Holocaust Propaganda and Reality, TBR Books, Washington DC 2010, pp. 97-98.
[7] Ivi, p. 79.
[8] Ivi, pp. 63-67.
[9] Ivi, pp. 69-75, 82, 179.
[10] https://codoh.com/library/document/lies-and-obfuscations-about-himmlers-sobibor/en/
[11] Per qualche curiosa ragione non è mai occorso ai partigiani che costoro avrebbero potuto (almeno temporaneamente) fermare i treni delle deportazioni che si dirigevano a Sobibor e negli altri “centri di sterminio” facendo saltare con la dinamite i binari ferroviari che conducevano lì. Senza dubbio qualche storico sterminazionista attribuirebbe tutto ciò all’inveterato antisemitismo dei polacchi…
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