LETTERA DI URSULA HAVERBECK A RICHARD EDMONDS IN RELAZIONE AL SUO IMMINENTE PROCESSO DI AMBURGO[1]
11.09.2018
Richard Edmonds, amico di Ursula Haverbeck e del revisionismo, ha inviato questa lettera che egli ha ricevuto da Ursula, e che ha tradotto in inglese. Egli ha detto:
Sotto vedrete la risposta di UH a me: ella ha scritto innanzitutto alcune righe personali di ringraziamento a me, poi mi ha fornito la dichiarazione che ella intende leggere al suo processo di Amburgo. Vi prego di sentirvi liberi di divulgare questa corrispondenza e/o di pubblicarla. RE.
Ed ecco il testo della lettera:
Riguardo a me stessa, non sono un professore universitario; non sono un chimico; non sono un tecnico; come il giudice e il pubblico ministero, dipendo dalle dichiarazioni dei testimoni e degli esperti riguardo alla natura e al carattere di Auschwitz.
Ma per dodici anni ho viaggiato da un capo all’altro della BRD (Repubblica Federale di Germania) per assistere ai processi dei camerati e ai miei; processi basati sul paragrafo 130 del codice penale tedesco [istigazione all’odio razziale]. Con questa esperienza, ho potuto acquisire una profonda comprensione della natura del processo penale qui nella Repubblica Federale.
Molti giudici – inclusi i giudici tedeschi – considerano il paragrafo 130 come incompatibile con l’Articolo 5 della nostra Legge Fondamentale [che garantisce la libertà di parola e di ricerca ecc]. Forse anche lei ha i suoi dubbi, Signora Giudice [il caso è stato assegnato ad una giudice donna]. Il caso riguarda crimini “commessi” dai nazionalsocialisti. Si capisce che essi riguardino l’Olocausto. La questione, se l’Olocausto sia stato davvero commesso, non può essere posta. La questione stessa è già un crimine, perché il crimine è ovvio.
In tal modo un segno di “stop” viene deliberatamente messo in atto per impedire la ricerca scientifica in ambito storico: è proibito procedere oltre; è proibito condurre ricerche su questo argomento. Chiaramente quello che vediamo qui è un sintomo di debolezza [del processo contro di noi]: un’affermazione soggettiva diventa la cosa affermata o presunta [un postulato].
Questo processo non è un processo convenzionale, vale a dire, un processo per considerare se un crimine è stato commesso. Qui noi abbiamo due opinioni contrarie e opposte, ognuna delle quali basata su fonti ricevute ma contraddittorie. Nessuna delle due parti, né l’accusa né l’imputata è stata personalmente, direttamente vittima di un presunto crimine. Così qui non è questione di crimini ma di opinioni. È una questione di cercare la verità di un avvenimento/evento storico. Questo non può essere il compito di giuristi; questo è il compito di storici indipendenti.
Né i centri Memoriali [ad Auschwitz e altrove], né il redattore dello SPIEGEL [Fritjof Meyer] sono mai stati accusati di “negazione dell’Olocausto”. Al contrario, si dice che il redattore dello Spiegel abbia verificato [e cioè che ha riferito in modo veritiero], il che non è un reato penale. Perciò come è possibile che a tutt’oggi i cittadini tedeschi che mettono in discussione i sei milioni di vittime delle camere a gas, sono trascinati nei tribunali e condannati ad ammende o al carcere? Questo non ha niente a che fare con un sistema legale giusto. Questa è pura arbitrarietà. Ma come si è potuti arrivare ad una tale situazione?
È tutto dovuto al fatto che il paragrafo 130 è incompatibile con la Legge Fondamentale.
La questione se Auschwitz sia stato un campo di sterminio o un campo di lavoro non può essere decisa da questo tribunale. Non bisognerebbe dimenticare che per quarant’anni Katyn venne considerato un crimine commesso dai tedeschi. Poi il governo russo consegnò al governo polacco la prova che Stalin aveva ordinato il crimine; e così venne chiaramente provato che i bolscevichi avevano commesso il crimine.
Infine abbiamo un’indicazione che ebrei e israeliani – due dei quali sono da me personalmente conosciuti – desiderano e bramano di essere liberati dall’Olocausto e dal popolo eletto. Gilad Atzmon, un rinomato sassofonista e scrittore ebreo fece la seguente dichiarazione pubblica in una riunione a Bochum nell’anno 2005:
“Mettiamo fine ora al vostro complesso di colpa. L’Olocausto è un’invenzione dei servizi segreti americani e israeliani”.
Ora questa è un’opinione che può essere falsa o vera. Ma in nessun modo può essere un crimine. Questa sarebbe la fine di uno stato libero e liberale basato sul diritto. Noi dovremmo essere meno ostili ai dissidenti e trattarli con maggiore comprensione. La verità non appartiene ad una sola persona. Ma tutti abbiamo il dovere di cercare la verità.
È giunto il momento, 72 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale di liberare noi stessi da questa “prigione mentale”. Quello cui Avraham Burg, l’ex Presidente della Knesset israeliana [il parlamento] esortava i suoi colleghi in Israele, si applica egualmente al sistema giudiziario della Repubblica Federale di Germania. Stiamo facendo di noi stessi lo zimbello del mondo. Ci stiamo rendendo immeritevoli di seria considerazione continuando a sacrificare la Legge Fondamentale al paragrafo 130, e costringendo contro ogni diritto e coscienza i giudici tedeschi a mandare uomini e donne innocenti in prigione.
Ursula Haverbeck
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://carolynyeager.net/letter-ursula-haverbeck-richard-edmonds-re-her-upcoming-hamburg-trial
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