Quando sono le Procure ad affossare le inchieste: il caso del Mostro di Firenze come quello di Piazza Fontana?

Michele Giuttari

Ho appreso solo qualche giorno fa dell’interessantissima intervista rilasciata nel 2014 al sito umbria24.it da Michele Giuttari, già capo del Gides, il Gruppo investigativo sui delitti seriali, noto per aver indagato a suo tempo sui delitti del Mostro di Firenze.

L’intervista è emblematica già nel titolo:

Mostro di Firenze, intervista a Giuttari: «Eravamo a un passo dalla svolta, la procura di Firenze ci bloccò».

Il punto topico dell’intervista è il seguente:

Ad ora che speranza c’è di scoprire le relazioni che la Procura ha ipotizzato tra Narducci e i delitti seriali del Mostro?

«Nessuna speranza. L’indagine ormai ha perso i suoi ritmi, essendo stata bloccata di fatto dall’iniziativa della Procura di Firenze del 2006 con la contestazione a me e al pm di Perugia, Giuliano Mignini, del reato di concorso in abuso d’ufficio per una presunta “indagine parallela” svolta da Mignini rispetto a quella che in quel momento era in corso alla Procura di Genova nei confronti miei e di due miei collaboratori per la trascrizione di un colloquio intervenuto tra me e il pm Canessa. Se entrambi i procedimenti si sono risolti con un proscioglimento, l’indagine per abuso d’ufficio aveva tuttavia portato al sequestro presso il mio ufficio di tutti gli atti sul caso Narducci, con la conseguenza del blocco investigativo anche delle numerose deleghe in corso, rimaste inevase e che nessuno ha più sviluppato. Alla luce di tutto questo non ci potranno essere speranze per ulteriori progressi. L’inchiesta è defunta!».

Dunque, un’inchiesta di rilevanza nazionale è stata compromessa da un’iniziativa di una Procura – in questo caso quella di Firenze – che, mettendo sotto accusa gli inquirenti, ha di fatto bloccato le indagini.

Questa vicenda del 2006, mutatis mutandis, me ne ricorda un’altra, avvenuta circa 10 anni prima: quella che capitò nella seconda metà degli anni ’90 agli inquirenti che stavano indagando sulla strage di Piazza Fontana. Mi riferisco al giudice istruttore Guido Salvini e al suo principale collaboratore, l’allora maggiore dei carabinieri Massimo Giraudo, che dopo accurate indagini, stavano per arrivare all’individuazione dei responsabili. Entrambi vennero indagati per abuso d’ufficio dall’allora sostituto procuratore di Venezia Felice Casson! Salvini venne anche sottoposto ad un procedimento per “incompatibilità ambientale” dal CSM. Entrambi gli inquirenti vennero poi prosciolti da ogni accusa ma ormai il danno era fatto: anche qui il blocco delle indagini provocò di fatto la mancata condanna dei colpevoli.

Ecco cosa dichiarò all’epoca il giudice Salvini nel libro-intervista di Luciano Lanza, Bombe e segreti (Elèuthera editore, 2005, pp. 164-165):

“La procura di Venezia di allora, e non solo una singola persona, ha la responsabilità storica di aver obbiettivamente lanciato una ciambella di salvataggio ai membri del gruppo ordinovista di Mestre-Venezia, già in forte difficoltà nel 1994 perché temevano nuovi cedimenti collaborativi al suo interno. In concreto ha coltivato per oltre tre anni un esposto di Carlo Maria Maggi chiaramente infondato e strumentale. Maggi sosteneva di aver subìto durante «colloqui investigativi», peraltro liberamente accettati, presunte pressioni da parte degli investigatori. Si è giunti al punto di incriminare per «abuso d’ufficio» non solo l’ufficiale dei carabinieri più impegnato nelle indagini sulle stragi (la vicenda ricorda amaramente cosa avvenne al commissario di Padova Pasquale Iuliano), ma addirittura di incriminare il sottoscritto nemmeno presente ai colloqui con Maggi. La nostra indagine è rimasta così semiparalizzata e delegittimata dinanzi ai possibili testimoni e collaboratori, ma anche dinanzi all’opinione pubblica, per un lungo periodo, passato il quale il «momento magico» era ormai svanito” (grassetti miei).

L’ordinovista Carlo Maria Maggi, assolto per la strage di Piazza Fontana, verrà poi condannato sia in appello che in Cassazione (rispettivamente, nel 2015 e nel 2017) per la strage di Piazza della Loggia a Brescia. E questo, grazie alle indefesse indagini della procura di Brescia, in questo caso fortunatamente non ostacolate dagli interventi a gamba tesa di altre procure.

Per quanto riguarda la vicenda di Piazza Fontana e degli ostacoli frapposti all’accertamento della verità proprio da parte di certi settori della magistratura, segnalo che in questo mese di novembre uscirà, per i tipi di Chiarelettere, un libro proprio del predetto giudice Guido Salvini: un’occasione preziosa di approfondimento nel cinquantenario della strage (1969-2019).

Il giudice Guido Salvini

 

 

 

 

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