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AFFERMAZIONI NEGAZIONISTE IN POLITICA: UN ABUSO DEL DIRITTO ALLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE[1]
In questa sentenza della grande camera emessa all’unanimità, la Corte europea dei diritti dell’uomo condanna la formulazione delle affermazioni negazioniste, anche nell’arena politica, identificandovi un abuso del diritto alla libertà di espressione.
Di Charlotte Collin, il 12 novembre 2019
https://www.dalloz-actualite.fr/document/cedh-gr-ch-3-oct-2019-pastoers-c-allemagne-req-n-5522514
Il ricorrente, un cittadino tedesco, aveva pronunciato, all’indomani della giornata commemorativa dell’Olocausto, in quanto deputato al Parlamento regionale eletto del partito neonazista NPD, un discorso nel quale metteva in dubbio la realtà degli avvenimenti, creati secondo lui per delle ragioni politiche e commerciali. Avendolo i giudici tedeschi condannato per violazione della memoria dei morti e diffamazione intenzionale del popolo ebraico, il ricorrente aveva deciso di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDH) invocando in particolare la violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e cioè il suo diritto alla libertà di espressione.
Per respingere la sua domanda, il giudice di Strasburgo inserisce il suo ragionamento nel dritto filo della sua giurisprudenza relativa alla negazione dell’Olocausto o alle dichiarazioni relative a dei crimini nazisti ed esamina la domanda del ricorrente sul fondamento degli articoli 10 (libertà di espressione) e 17 (abuso del diritto) della Convenzione europea. Nella fattispecie, la CEDH ritiene che le affermazioni espresse dal ricorrente sono contrarie ai valori della Convenzione poiché il ricorrente ha proferito delle menzogne in modo intenzionale con lo scopo di diffamare gli ebrei. Questo carattere intenzionale e premeditato è d’altronde determinante nell’identificazione di un abuso del diritto nella fattispecie. La Corte comincia in effetti con il ricordare il carattere altamente eccezionale del ricorso all’articolo 17 (§ 37), che può ridurre il beneficio del diritto alla libertà di espressione solo quando l’impiego della libertà di espressione persegua degli scopi chiaramente contrari ai valori della Convenzione europea. Essa rimarca inoltre che la parola dei parlamentari, in particolare quando fanno parte dell’opposizione, deve essere specialmente protetta. L’esame della situazione della fattispecie dovrà dunque essere particolarmente rigoroso. La Corte europea dei diritti dell’uomo è quindi tenuta a verificare che un’eventuale limitazione del diritto alla libertà di espressione del ricorrente sia davvero necessaria in una società democratica (§ 42). A tal fine, si prende cura di osservare che il ricorrente aveva redatto il suo discorso in anticipo e aveva scelto le sue parole per andare contro fatti storici accertati. La Corte ne conclude che il ricorrente ha in tal modo cercato di utilizzare il suo diritto alla libertà di espressione per promuovere delle idee contrarie alla lettera e allo spirito della Convenzione europea (§ 44-46). Essa rimarca peraltro che le affermazioni in questione avevano certo un contenuto politico, ma che erano tuttavia prive di legami con un qualsivoglia dibattito in corso nel Parlamento. Ricordando la particolare responsabilità morale degli Stati che sono stati il teatro degli orrori commessi dal regime nazista, la CEDH rifiuta su questo fondamento di proteggere la libertà di espressione dell’autore delle affermazioni negazioniste, anche se fanno parte di un discorso politico.
Una tale decisione si iscrive nel quadro di un’abbondante giurisprudenza della Corte europea, le cui sottigliezze hanno talvolta potuto lasciare delle zone d’ombra. Le soluzioni divergenti tra l’affare Perinçek contro Svizzera (CEDH, gr. ch., 15 oct. 2015, n° 27510/08, Dalloz actualité, 3 nov. 2015, obs. T. Soudain; D. 2015. 2183, obs. G. Poissonnier[2]; Constitutions 2016. 113, chron. D. de Bellescize[3]; RSC 2015. 877, obs. J. Francillon[4]; ibid. 2016. 132, obs. J.-P. Marguénaud[5]), in cui la Corte ha potuto considerare che la condanna penale pronunciata dalle autorità svizzere contro un politico turco che aveva affermato che il genocidio armeno era una menzogna contravveniva alle disposizioni dell’articolo 10, l’affare Dieudonné M’Bala M’Bala c. Francia (CEDH, 5e sect., 10 nov. 2015, n° 25239/13, Dalloz actualité, 13 nov. 2015, obs. J.-M. Pastor; AJDA 2015. 2118[6]; ibid. 2512[7], note X. Bioy[8]; RSC 2015. 877, obs. J. Francillon[9]), che ha condannato questa volta sul medesimo fondamento la messa in scena di un prigioniero dei campi di sterminio nazisti e il riferimento a delle affermazioni negazioniste, o ancora l’affare Williamson c. Germania (CEDH, 5e sect., 31 janv. 2019, n° 64496/17, Dalloz actualité, 13 févr. 2019, obs. S. Lavric; Légipresse 2019. 131, chron.[10]), che ha condannato le affermazioni negazioniste espresse sulla stampa da un vescovo, ne sono degli esempi. Tali soluzioni contradditorie sembravano allora dovute al fatto che, nel primo caso, le affermazioni dell’uomo politico partecipavano al dibattito politico e riguardavano una questione di interesse pubblico. Sembra che nella fattispecie, la Corte europea dei diritti dell’uomo, rifiutando una tale qualificazione alle affermazioni negazioniste, aggiunga un livello di sottigliezza al suo ragionamento distinguendo le affermazioni politiche legate ad un dibattito parlamentare o pubblico in corso dalle affermazioni che, benché partecipanti ad un discorso politico, siano prive di legami con un interesse pubblico e che pertanto non possono essere considerate come partecipanti al dibattito pubblico.
FINE
Commento di BOCAGE-INFO:
Un giudizio fondato “con sottigliezza” (all’occorrenza, sinonimo di astuzia, o piuttosto di Pilpul…) su un pregiudizio usurato (prove scientifiche e documentarie alla mano) è valido? D’altronde, perché la CEDH (Organo giudiziario) non tiene mai conto dell’articolo 49 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, Osservazione generale n°34, adottato dal Comitato dei diritti dell’uomo (Organo legislativo) durante la sua 102a sessione che si è tenuta a Ginevra dall’11 al 29 luglio 2011?
“Le leggi che criminalizzano l’espressione di opinioni concernenti fatti storici sono incompatibili con gli obblighi che il Patto impone agli Stati membri in ciò che concerne il rispetto della libertà di opinione e della libertà di espressione. Il Patto non permette le proibizioni generali dell’espressione di un’opinione erronea o di un’interpretazione scorretta di avvenimenti del passato. Delle restrizioni non dovranno mai essere imposte alla libertà di opinione e, in ciò che concerne la libertà di espressione, le restrizioni non dovrebbero andare al di là di ciò che è permesso dal paragrafo 3 o esatto dall’articolo 20”.
Il Comitato dei diritti dell’uomo sembra sospettare che gatta ci covi senza osare sollevare la questione spinosa.
[1] Traduzione di Andrea Carancini.
[2] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=RECUEIL/JURIS/2015/1534
[3] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=CONSTIT/CHRON/2016/0241
[4] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=RSC/CHRON/2015/0240
[5] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=RSC/CHRON/2016/0116
[6] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=AJDA/JURIS/2015/2089
[7] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=AJDA/JURIS/2015/2189
[8] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=AJDA/CHRON/2015/1779
[9] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=RSC/CHRON/2015/0240
[10] http://www.dalloz.fr/lien?famille=revues&dochype=LEGIPRESSE/CHRON/2019/0121
Anche che il giudice non e’ un professore di storia per dire cosa e vero e cosa e’ falso.
Se ho capito bene la logica (?) della sentenza è di fatto un pregiudizio.
A mio vedere dice terra terra la sentenza: ‘Poiché la verità è accertata, quando si dice, consapevolmente o no, una bugia non si può rivendicare la “libertà d’espressione” perché una bugia non è “espressione”‘.
è, se fosse cosi, semplicemente disarmante.
saluti