Bradley Smith: Abraham Bomba, il Barbiere di Treblinka

ABRAHAM BOMBA, IL BARBIERE DI TREBLINKA

Di Bradley Smith, 2003

Ho visto tutte le nove ore e mezza del documentario Shoah, che pretende di essere “Una Storia Orale dell’Olocausto”. È stato prodotto, diretto, narrato e viene ora promosso da Claude Lanzmann. Dai giornali apprendo che Lanzmann è un ebreo francese assimilato che non parla né ebraico né yiddish. Nato nel 1925 a Parigi, egli ha attualmente 78 anni. Ha lavorato per molti anni come giornalista insieme a Jean Paul Sartre e alla prestigiosa rivista filosofica francese Les Temps Modernes fino al 1970, quando si è dedicato alla realizzazione di film. La reputazione che si è conquistato, prima di tutto a causa del film Shoah, gli ha permesso in seguito di diventare un professore di film documentari.

Diciamo che Claude Lanzmann ha lavorato per venticinque anni nell’occhio dei cicloni intellettuali che hanno spazzato la Francia dopo la fine della seconda guerra mondiale. Come giornalista ha certamente appreso durante questi venticinque anni a condurre interviste professionali. Ha certamente appreso, attraverso la sua associazione con Sartre, de Beauvoir, Camus, e con coloro che hanno criticato la grande triade, a seguire il filo di un pensiero, considerando la prestigiosa compagnia di cui ha goduto. È allora davvero una rivelazione vedere Lanzmann rivelare la sua corruzione intellettuale scena dopo scena di questo film scadente, per il cui completamento egli afferma di aver impiegato dieci anni[1].   

La mia intervista preferita in Shoah è quella con Abraham Bomba, il Barbiere di Treblinka. Lanzmann ha dato a questa scena il titolo “gridare la verità”. Non sono nemmeno il solo ad avere una predilezione per Bomba. Molti critici hanno commentato la sua prestazione. Gli hanno dedicato delle recensioni entusiastiche. Ad esempio, George Will della televisione ABC, ha scritto sul Washington Post che la narrazione di Bomba è stata “l’episodio più sbalorditivo di questo film sconvolgente”. Alcuni presunti testimoni oculari degli orrori delle camere a gas raccontano storie che sono così prive di credibilità che possono essere liquidate senza pensarci su. Altri ripetono storie che non possono facilmente essere dimostrate come false ma che rivelano i caratteri di malelingue così piagnucolose e spudorate che ci si sente compromessi perfino a prestar loro ascolto. Bomba è un personaggio importante nello scenario dei testimoni oculari-sopravvissuti dell’Olocausto in quanto incarna molto di entrambe queste caratteristiche.

Abraham Bomba, il barbiere di Treblinka, qui durante la sua intervista per il film Shoah di Claude Lanzmann a Tel Aviv (VHS Video).

La mancanza di credibilità inizia già con il modo in cui tutta questa scena è stata filmata. Sembra che Bomba si trovi nel suo negozio di barbiere mentre taglia i capelli di un cliente imitando i gesti che usava fare 40 anni prima quando tagliava i capelli di persone che stavano presuntivamente per morire in una “camera a gas”. Tuttavia, come R. Faurisson ha dimostrato, quest’immagine è frutto di una messa in scena. Durante l’intervista in Israele, Bomba era già in pensione e aveva ceduto il suo negozio di barbiere a New York. Lanzmann ha semplicemente affittato un negozio in Israele e ha fatto fingere a Bomba che fosse il suo[2].

Se uno segue la storia di Bomba, egli era stato internato a Treblinka da circa quattro settimane quando i tedeschi annunciarono di aver bisogno di qualche barbiere per un compito speciale. Bomba naturalmente manifestò la propria disponibilità e quindi aiutò le SS ad identificare altri 16 barbieri ebrei tra gli internati. Essi vennero tutti portati nella seconda parte del campo dove si trovavano le presunte camere a gas. Vennero condotti dentro le camere a gas dove un Kapò[3] (quasi certamente un ebreo) spiegò che i 17 barbieri dovevano tagliare i capelli delle donne che sarebbero arrivate per essere gasate.

Qui, Lanzmann ha chiesto a Bomba di parlare della più grande arma del delitto di tutti i tempi, la camera a gas omicida tedesca[4]:

Lanzmann: “Com’era la camera a gas?

Bomba: “Non era una stanza grande, circa 12 piedi per 12 piedi[5].

E questo è quanto. Claude Lanzmann ha ultimato la sua approfondita indagine su com’era la camera a gas di Treblinka. Il mondo è bello perché è vario. Se fossi stato al posto di Lanzmann, avrei potuto pensare a qualche altra domanda da chiedere su “com’era”. In modo particolare se provassi dei sentimenti riguardo alle storie che forse un milione di miei correligionari erano stati sterminati in essa. Forse avrei voluto sapere cosa Bomba poteva dirmi sul materiale di cui erano fatti i muri della camera a gas, di cosa era fatto il tetto. Come descriverebbe Bomba il sistema di ventilazione? Dove e come, esattamente, il “gas” entrava nella stanza? Forse Bomba avrebbe ricordato se la stanza era stata illuminata o no. Se lo era stata, come? Di che materiale erano fatte le porte? Come erano sigillate in modo che il “gas” non potesse uscire? Poiché gli storici non si sono presi la briga di fare queste semplici domande, Lanzmann avrebbe potuto farle lui e aiutare a scoprire uno dei grandi misteri del 20° secolo: come le favoleggiate “camere a gas naziste” apparivano davvero.

Quanto alla possibilità che Bomba sia onesto nell’aver visto una camera a gas a Treblinka, consideriamo la descrizione di Rachel Auerbach di questa camera a gas nel suo The Death Camp Treblinka[6]. Ad Auerbach è stato dato un posto d’onore in questo che è il libro più esaustivo pubblicato sul campo. Poiché ella era (morì nel 1976) un membro permanente dello staff di ricerca dello Yad Vashem Holocaust Memorial Museum di Gerusalemme, la sua descrizione della camera a gas non dovrebbe essere liquidata senza pensarci su:

Il pavimento della camera a gas era inclinato e sdrucciolevole. I primi ad entrare scivolavano e cadevano, per non più rialzarsi. Quelli che seguivano ruzzolavano sopra di loro […] Da 25 a 45 minuti dopo, circa [cioè, dopo che la “gasazione” era iniziata] gli scivoli sull’altro lato potevano essere aperti e i cadaveri ruzzolare fuori”.

E se questo non è convincente, considerate allora quello che il verdetto del 1965 del processo tedesco contro l’ex comandante del campo Kurt Franz sintetizzò su queste camere a gas dopo molti anni di approfondita indagine penale, durante la quale tutte le testimonianze disponibili erano state raccolte e valutate[7]:

L’edificio solidamente costruito, fatto di mattoni ed eretto su una fondazione di cemento, conteneva 3 camere a gas di un’area di circa metri 4×4 ed un’altezza di metri 2.6, come pure una stanza per il motore diesel e per il generatore elettrico del campo. […] Opposte ad esse [le porte d’ingresso], ogni camera a gas aveva una porta basculante fatta di spesse tavole di legno. Queste erano larghe circa metri 2.50 ed alte circa metri 1.80 e quando venivano aperte potevano essere piegate verso l’alto come le porte di un moderno garage. Esse terminavano su una rampa posta a metri 0.7 sopra il terreno, che correva lungo l’intero edificio. Il pavimento delle camere a gas era piastrellato e inclinato verso la rampa”.

Tutto ciò è simile ad un rapporto compilato da Zdzisław Łukaszkiewicz per conto di una commissione d’indagine sovietica, basato su diverse dichiarazioni testimoniali[8]:

Una grande saracinesca si trovava nel muro esterno della camera, che poteva essere aperta all’insù e serviva a rimuovere i cadaveri. Le camere erano piastrellate, il pavimento inclinato verso l’esterno, il che facilitava la rimozione dei cadaveri”.

Sembrerebbe che mentre veniva intervistato per Shoah il signor Bomba si sia dimenticato di quanto fosse presuntivamente sdrucciolevole il pavimento della sua piccola camera a gas. Sembra che si sia dimenticato di quanto fosse ripidamente inclinata nella direzione degli scivoli/porte basculanti. In realtà, il signor Bomba si è dimenticato di menzionare gli scivoli o grandi porte basculanti. Se Lanzmann avesse letto la letteratura anche superficialmente, sarebbe stato conscio che Bomba stava lasciando alcune cose fuori della sua storia. Poiché Lanzmann sostiene di aver lavorato per dieci anni a Shoah, sono propenso a supporre che Lanzmann conosca le tre descrizioni della “camera a gas” di Treblinka citate qui, che sono le colonne principali su cui la storia si basa.

Ad ogni modo, una volta che la curiosità di Lanzmann è stata soddisfatta riguardo a com’era la camera a gas (non grande), egli ha voluto sapere che cosa successe dopo.

Lanzmann: “Può descrivere in modo preciso?

Bomba: “Descrivere in modo preciso…Aspettavamo lì…dentro la camera a gas…fino a quando arrivava il trasporto. Le donne con i bambini entravano in quel luogo…Erano svestiti, nudi, senza abiti, senza nient’altro-completamente nudi-perché provenivano dallo spogliatoio…dove si erano svestiti”.

Lanzmann: “Come si è sentito la prima volta che ha visto tutte quelle donne nude?” [Questo genere di roba è chiamata Olo-Pornografia, B. S.]

Bomba: “Sentivo che di conseguenza dovevo fare quello che loro [i tedeschi] mi avevano detto, di tagliare i loro capelli”.

Ecco che avete in poche parole come i testimoni oculari delle atrocità delle camere a gas tipicamente descrivono il loro comportamento. Costoro facevano qualunque cosa i tedeschi o chiunque altro chiedevano loro. Quando costoro ricevevano la richiesta di aiutare a preparare i loro correligionari – e persino le loro famiglie come stiamo per vedere – ad essere sterminati, o massacrati, o qualunque cosa, questi individui dicono che ci davano dentro. Io non credo a costoro, ma questo è generalmente il personaggio che essi hanno scelto di proiettare sul mondo. Nel quartiere dove sono cresciuto gli uomini che si comportavano come Bomba afferma di essersi comportato sarebbero stati presi a sputi. Nel mondo capovolto dei sopravvissuti dell’Olocausto, tuttavia, i Bomba sono visti come martiri e persino come eroi. È uno strano punto di vista psicologico sul comportamento virile, perché non è diventato Bomba – secondo la sua stessa storia – un partner attivo nel presunto genocidio del suo popolo?

Lanzmann esprime una curiosità appena più accentuata sul modo in cui Bomba tagliava i capelli alle sue vittime di quanto egli abbia espresso riguardo alla camera a gas. Egli ha chiesto se Bomba aveva fatto loro la barba, se aveva usato delle forbici, e se non c’erano stati specchi disponibili all’interno della camera a gas. Bomba ha detto che egli non aveva rasato le donne, e che i tedeschi non avevano fornito i barbieri di specchi.

Lanzmann: “Non c’erano specchi?

Bomba: “No, non c’erano specchi. C’erano solo panche – non sedie, solo panche”.

Questo è un particolare interessante. Secondo Bomba i tedeschi avevano messo delle panche dentro la piccola camera a gas in modo che le signore ed i loro bambini vi si potessero sedere. Non ci viene detto quante panche. Avrebbero potuto esservene 17 singole, ma più probabilmente Bomba avrebbe detto – se Lanzmann avesse pensato di chiederglielo – che ce n’erano forse quattro o cinque, forse mezza dozzina. Due o più signore con i loro bambini avrebbero potuto sedere su ogni panca. Comunque tu la metta, il traffico aumenta. 17 barbieri, le panche per 17, e ora le 17 donne ed i loro bambini sono tutti insieme nella camera a gas, che ha circa le dimensioni di una piccola camera da letto sul retro di una normale villetta – e i capelli volano via. E tutto ciò su un pavimento inclinato con una forte pendenza verso queste porte basculanti o scivoli. Naturalmente, nessuna delle panche inizia a scivolare, oppure lo facevano? Ma non ci è ancora stato detto tutto:

Lanzmann: “Lei ha detto che c’erano circa sedici […Lanzmann ha dimenticato che Bomba è il diciassettesimo…] barbieri? Lei tagliava i capelli di quante donne alla volta?

Bomba: “In un giorno c’era circa, direi, c’erano tra le sessanta e le settanta donne nella stessa stanza per volta”.

Voi potreste pensare che Claude Lanzmann stia per esprimere qualche dubbio sul modo in cui Bomba sta delineando questa scena per lui: 17 barbieri, panche, e da sessanta a settanta donne nude nella stanza di 160 piedi quadrati[9]. Ma Lanzmann non esprime dubbi su nessuna cosa gli venga detta da un sopravvissuto. Lanzmann è un fondamentalista dell’Olocausto. Il ruolo del fondamentalista in ogni culto è di accettare in modo assoluto la testimonianza di coloro che affermano di essere stati testimoni oculari del sacro evento originale. Una volta che la storia originale è pronta a prendere il volo, le menti più eleganti possono svilupparla senza fine in buona fede.

Lanzmann ha esortato Bomba a dire qualcosa di più su come si sentiva mentre era occupato a preparare le donne e i loro bambini ad essere sterminati. Qualcosa di più forse del semplice: “Sentivo che di conseguenza dovevo fare quello che loro mi avevano detto, di tagliare i loro capelli”.

Bomba: “Le dico una cosa. Avere un sentimento su questo…Era molto duro provare qualcosa…i vostri sentimenti sono scomparsi, siete morti. Non avete nessun sentimento”.

Questa è una risposta universale dei testimoni oculari dei presunti delitti nelle camere a gas. L’affermazione che Bomba fa che i suoi sentimenti erano “morti”, che egli non aveva “nessun sentimento”, ricorda l’affermazione sulla “pazzia temporanea” che gli assassini usano per diminuire agli occhi dello Stato la responsabilità del loro comportamento. L’assassino ordinario sostiene che il suo processo mentale era così diminuito nel momento in cui egli uccise che egli non era responsabile del suo atto. Il testimone oculare dei presunti omicidi nelle camere a gas sostiene che la sua sensibilità era così diminuita mentre operava come un anello del processo delittuoso che egli non era responsabile del suo comportamento. L’assassino era fuori della sua “mente”, mentre il testimone oculare della camera a gas era rimasto privo di “sentimento”. Quando Bomba descrive sé stesso come intimamente “morto”, dice che non può essere giudicato colpevole di essere stato complice dello sterminio. Egli può accusare i tedeschi di qualunque cosa gli aggrada – partecipare ai crimini di cui egli li accusa – e tuttavia rimanere per sempre innocente mentre i tedeschi rimangono per sempre colpevoli. È un bell’imbroglio.

Nel film Bomba prosegue ad illustrare com’era morto dentro mentre lavorava per le SS a Treblinka. Egli descrive come divideva i capelli di donne della sua città natale e della sua stessa strada che conosceva personalmente: “[…] e alcune di esse erano mie intime amiche”. Esse chiedevano a Bomba: “Cosa ci succederà?” Ma Abe tratteneva la sua lingua. Con Abe era solo tagliare, tagliare, tagliare. “Cosa potevi dire loro?”, egli chiede a Lanzmann. “Cosa potevi dire?”.

Tagliare, tagliare, tagliare.

Ora Bomba riferisce a Lanzmann la storia che i recensori hanno commentato più di ogni altra in Shoah[10]:

Bomba: “Un mio amico lavorava come barbiere – era un bravo barbiere nella mia città natale – quando sua moglie e sua sorella giunsero nella camera a gas…Non posso. È troppo orribile. Per favore.

Lanzmann: “Dobbiamo farlo. Lei lo sa”.

Bomba: [trattenendo le lacrime] “Non lo posso fare”.

Lanzmann: [molto tranquillamente] “Lei lo deve fare. So che è molto dura. Lo so e chiedo scusa”.

Bomba: [dibattendosi] “Non mi faccia continuare, la prego”.

Lanzmann: “La prego. Dobbiamo continuare”.

Bomba: [incapace di controllare le lacrime, esce dall’inquadratura per un momento, ritorna] “Le ho detto che sarà molto dura. Loro li portavano via [i capelli] in sacchi e li trasportavano in Germania”.

Lanzmann: “Okay, andiamo avanti. Quale fu la sua risposta quando sua moglie e sua sorella giunsero?”.

Bomba: “Loro cercarono di parlare a lui e al marito di sua sorella. Non potevano dirgli che questa era l’ultima volta che erano vive, perché dietro di loro c’erano i nazisti tedeschi, le SS, e sapevano che se avessero detto una parola, non solo la moglie e la donna, che erano già morte, ma anche loro avrebbero condiviso lo stesso destino. In un certo senso, cercarono di fare la cosa migliore per loro, con un secondo di più, un minuto di più, solo per abbracciarli e baciarli, perché sapevano che non li avrebbero più rivisti di nuovo”.

A dire la verità, questo è il mio genere di storia, semplice e spaventosa. Vi è anche in essa qualche nuova informazione. Oltre alle 60/70 donne e ai loro figli, e ai barbieri e alle panche, vi erano anche “uomini delle SS” dentro la camera a gas di metri 3.65×3.65. Non sappiamo quanti fossero, ma poiché Bomba parla al plurale egli deve intendere che ce n’erano almeno due. Se Lanzmann avesse pensato di chiedergli spiegazioni su questo particolare, Bomba avrebbe potuto dire che c’erano 10 o 15 uomini delle SS lì dentro. E poi c’è la buona notizia che le SS permettevano ai barbieri di abbracciare e baciare qualcuna delle donne nude dentro la camera a gas. Bomba parla solo di coppie sposate. Lanzmann avrebbe forse potuto chiedergli in che modo le SS potevano identificare quali delle donne nude erano sposate a quali dei barbieri. È dubbio che le donne nude entrassero nella camera a gas portando i loro certificati di matrimonio. Forse i barbieri avevano chiesto in precedenza alle SS di tenere le loro copie dei loro certificati di matrimonio in base alla possibilità che un tale incontro a cui Bomba afferma di avere assistito avrebbe avuto luogo. D’altro canto, forse gli uomini delle SS presero per buona la parola del barbiere su chi era sposato e su chi non lo era. Se agirono in tal modo, questo tradirebbe una generosità d’animo che non è usualmente attribuita alle SS dai sopravvissuti ebrei.

Proviamo a visualizzare questa scena dal punto di vista della moglie. Proviamo a immaginare quello che può essere passato nella sua mente nel momento in cui ella scorse suo marito. La speranza che deve essere balzata nel suo cuore. Poi quali furono i suoi pensieri mentre il marito le tagliava i capelli senza rivolgerle la parola. Immaginiamo ciò che ella deve aver provato mentre lui la cingeva silenziosamente per un minuto o giù di lì, la sua guancia premuta amabilmente sul suo cuoio capelluto, poi voltato con le forbici ed il pettine verso la paziente donna successiva che aspettava il suo turno. Sua moglie si portò le dita sul cranio e pensò:

Ah, ho sempre saputo che genere di uomo sei. Un fesso quando ti ho sposato e un fesso oggi”.

Vi è un certo numero di osservazioni che possono essere fatte sulla mia presentazione della presentazione di Lanzmann della testimonianza di Bomba. Potrebbe essere osservato che mentre la ricerca di Rachel Auerbach suggerisce che Bomba abbia inventato la sua storia sulla camera a gas di sana pianta, si può ancora sostenere che ci rimane la descrizione scientifica di Auerbach delle presunte camere a gas di Treblinka. Perciò, mentre le indagini di Bomba possono distruggere la sua credibilità di testimone, la storia delle camere a gas di Treblinka rimane com’era: la storia documentata di un’arma utilizzata per annientare circa un milione di ebrei. Per darvi un’idea veloce sugli istinti scientifici e sull’imparziale obbiettività della signora Auerbach, citerò dal suo famoso saggio “In the fields of Treblinka”:

I polacchi ancora parlano sul modo in cui il sapone veniva prodotto dai corpi degli ebrei. ‘Deportati per il sapone!’ era l’espressione che i polacchi usavano quando parlavano dei trasporti per Treblinka, Belzec e Sobibor. La scoperta della fabbrica del sapone del Professor Spanner a Langfuhr vicino Danzica provò che i loro sospetti erano stati ben fondati. I testimoni ci dicono che quando i cadaveri venivano bruciati sulle pire, dei tegami venivano collocati sotto le cremagliere per raccogliere il grasso mentre defluiva, ma questo non è stato confermato. Ma anche se i tedeschi a Treblinka o nelle altre fabbriche della morte non fecero questo, e permisero che così tante tonnellate di prezioso grasso venissero sprecate, può essere stata solo una svista da parte loro. Costoro erano pienamente capaci di fare cose come questa. Era assolutamente consona alle loro inclinazioni. Solo la novità di questo ramo della produzione era da incolpare per questa omissione. Se i tedeschi facessero un altro giro in Europa, non farebbero di nuovo questo errore”.

Mentre leggo passaggi come questo nel saggio di Rachel Auerbach, mi prendo la briga di ricordare a me stesso che dopo la guerra ella era “uno dei primi membri attivi del Comitato Storico Ebraico in Polonia”; che dopo essere emigrata in Israele ella diventò un “membro permanente dello staff di ricerca dello Yad Vashem Holocaust Memorial Museum” e che questo saggio “In the Fields of Treblinka” venne ritenuto meritevole di essere ristampato nel 1979 dalla The Holocaust Library, che è stata fondata e viene gestita dagli stessi sopravvissuti e che viene distribuita da un’importante casa editrice ebraica, Shocken Books[11].

La “fabbrica del sapone” del Professor Spanner a Langfuhr vicino Danzica fu a quanto pare un’invenzione di membri attivi degli auto-proclamati comitati storici ebraici, basata sui rapporti di calunniatori professionali, e da allora è stata tenuta in vita dagli staff di ricerca dei memoriali ebraici sull’Olocausto di tutto il mondo. Una fotografia di questa “fabbrica”, senza nessuna documentazione, compare nell’erudita Encyclopaedia Judaica, pubblicata in Israele e conservata in molte delle più grandi biblioteche degli Stati Uniti.

Rachel Auerbach sorprende i suoi lettori anche con pionieristiche scoperte scientifiche[12]:

A Treblinka, come in altri luoghi, vennero fatti progressi significativi nella scienza dell’annientamento, come la scoperta altamente originale che i corpi delle donne bruciavano meglio di quelli degli uomini.

‘Gli uomini non bruceranno senza le donne’. […]

Per questa ragione, i corpi delle donne venivano usati per accendere, o detto in modo più accurato, per attivare i fuochi tra le pile dei cadaveri, proprio come il carbone viene utilizzato per far bruciare il coke…Anche il sangue si scoprì che è un materiale combustibile di prima classe”.

La stessa signora Auerbach ci dà un’idea di quanto valgono alcune delle sue storie. A p. 48 del libro citato, ella ci dice come Heinrich Himmler, mentre visitava presuntivamente Treblinka nel febbraio 1943, ebbe l’onore ed il piacere di osservare la gasazione di diverse donne nude, che è solo un altro esempio di Olo-pornografia. In un raro scoppio di onestà, Auerbach scrive:

Come dice il detto italiano: ‘Se non è vero, è ben trovato’.

La ricerca forense sul territorio dell’ex campo di Treblinka, condotta da una commissione polacca poco prima dei processi di Norimberga, concluse che nessuna traccia di fosse comuni poteva essere trovata nel campo stesso o nelle sue immediate vicinanze, ma che diverse fosse comuni con un massimo di diverse migliaia di vittime morte, nella maggior parte dei casi, di morte non violenta erano ubicate a circa 500 metri a sud del campo[13]. È interessante notare che R. Auerbach partecipò ad una di queste indagini, ma invece di correggere le sue opinioni, ella semplicemente nascose queste rivelazioni molto importanti.

Gli ebrei polacchi come Rachel Auerbach hanno visto i tedeschi distruggere la loro cultura. Hanno visto i tedeschi fare a pezzi le famiglie ebraiche durante i programmi di un gigantesco e brutale reinsediamento. A questi ebrei può essere perdonata la loro credulità, e anche almeno in parte il loro odio, espresso nella loro volontà di credere ad ogni accusa fatta contro i tedeschi, non importa quanto disonesta. Ma gli americani, che non hanno sofferto nulla di quanto hanno sofferto gli ebrei europei ad opera dei tedeschi, non hanno il diritto di indulgervi.

Tutto ciò mi porta al signor George Will, editorialista del Washington Post e commentatore della ABC Television. Sono pronto ad accettare il giudizio che il signor Will dà di sé stesso. Egli è un uomo brillante e di sani principi. Non sono d’accordo con alcune delle sue opinioni, in particolare con il suo attaccamento ossessivo-compulsivo allo Stato di Israele, ma non posso dimostrare che tale attaccamento sia moralmente sbagliato. Per fortuna, il signor Will ha scritto un articolo su Shoah in cui egli fa una rimarchevole osservazione[14]:

L’episodio più sbalorditivo di questo film sconvolgente dura circa cinque minuti e riguarda ‘solo’ il colloquio di un barbiere che vive ora in Israele. Mentre taglia i capelli di un cliente egli parla, senza avere mai il bisogno di alzare la voce per essere ascoltato sopra i suoni leggeri di un ambiente familiare. Egli descrive i suoi doveri a Treblinka, tagliare i capelli alle donne nude sulla soglia della camera a gas, e il giorno in cui uno dei suoi colleghi barbieri vide sua moglie e sua sorella entrare nella stanza”.

Notevole, eh? Tagliare i capelli di donne nude sulla “soglia” della camera a gas. Lo vedete? La soglia è il punto direttamente sotto la porta di una stanza. Una soglia, forse. Un’entrata. Secondo [il dizionario] Webster è un “luogo o un punto di inizio”. Prendendo l’ovvio giudizio di sé stesso del signor Will, egli è l’orgoglioso possessore di un intelletto straordinariamente organizzato. Un uomo che distingue sempre attentamente tra elementi di fatto simili ma differenti. Mentre quest’operazione fa infuriare gli uomini inferiori che non sono in grado di effettuarla, essa dà al signor Will un gran piacere, che è la motivazione per cui la compie così regolarmente. Stando così le cose, cosa devo pensare del fatto che il signor Will ha cambiato le parole della testimonianza di Bomba?

Lanzmann: “Mi scusi. Come avveniva quando le donne giungevano nella camera a gas? Eravate già nella camera a gas?

Bomba: “Ho detto che eravamo già nella camera a gas, aspettando lì che il trasporto entrasse. Dentro la camera a gas – eravamo già dentro”.

Claude Lanzmann, artefice della propaganda olocaustica cinematografica e oppositore radicale dichiarato di ogni storiografia orientata sui fatti.

Se il signor Bomba giura che era dentro la camera a gas in quel particolare momento, perché il signor Will scrive che tagliava i capelli a quelle donne nude sulla “soglia” della camera a gas? Il signor Bomba può essere visto nel film mentre dice che egli era dentro la camera a gas quando egli faceva tutto ciò. Nel testo del film pubblicato dal signor Lanzmann, il signor Bomba di nuovo insiste che egli era dentro la cosa. Cosa è successo nel cervello del signor Will quando egli scrisse “soglia” invece di “dentro”? È possibile che il signor Will abbia trovato assurda la storia del signor Bomba? Egli non voleva dirlo pubblicamente, naturalmente, poiché il signor Will è uno dei nostri migliori e più brillanti fondamentalisti dell’Olocausto. Nondimeno, avendo il genere di inesorabile mente razionale che egli ha, qualcosa nel fondo di essa non ha creduto alla storia del signor Bomba nel modo in cui il signor Will avrebbe preferito crederla. Forse un singolo filo si è intrecciato nelle profondità del cervello del signor Will, Forse un singolo filo si è spezzato nelle profondità del cervello del signor Will, tra i milioni che sono attorcigliati lì dentro. Forse il signor Will voleva esprimere qualche dubbio sulla storia del signor Bomba ma non è riuscito a farlo. Egli può essersi trovato in quel luogo particolare dove gli scrittori qualche volta si ritrovano – dove sono abbastanza intelligenti da sapere che qualcosa deve essere detta ma non hanno abbastanza carattere per andare avanti e dirla. Quando questo accade provoca una disfunzione psicologica descritta in modo codardo come il blocco dello scrittore; egli ha preso l’abitudine della produzione a pieno regime, ma se non voleva rivelare un segreto doveva dirigersi da qualche parte. Egli è ricorso all’invenzione. Suppongo che al momento fu abbastanza facile per un uomo ammanigliato come il signor Will inventare l’immagine di una soglia e usarla per sostituire quella che il signor Bomba aveva inventato. Voi potete giudicare quanto il signor Will sia più intelligente del signor Bomba quando confrontate la razionalità delle due opposte visualizzazioni.

Ora che il signor Will aveva il signor Bomba sulla “soglia” della camera a gas piuttosto che “dentro” di essa, il signor Will poteva continuare a indulgere con la propria fantasia sulla Shoah del signor Lanzmann. Poiché la “soglia” di una porta esterna non solo conduce dentro, ma nell’atto di girarsi, conduce ai grandi spazi esterni e in effetti al resto della superficie del pianeta, vi sarebbe uno spazio sufficiente lì fuori per i barbieri del signor Bomba per esercitare il loro mestiere in modo confortevole per le SS, e per tutte le signore nude che il signor Bomba e il signor Will insieme possono evocare. Il signor Will può indulgere nelle sue altre fantasie – in modo tale che non può essere formulata nessuna critica seria delle testimonianze di quella manciata di presunti testimoni oculari che affermano di avere visto davvero una “camera a gas letale”.

In questo scenario, poiché le testimonianze oculari non possono essere contestate, la teoria del genocidio non può essere parimenti contestata, e se è così, allora gli ebrei europei hanno ogni diritto di conquistare la Palestina e il governo americano è moralmente obbligato a proteggere per sempre lo Stato di Israele. Questa è la linea di pensiero programmata per la cittadinanza americana. La capriola della soglia del signor Will è un piccolo esempio di come i fondamentalisti dell’Olocausto utilizzano l’invenzione da un lato e la censura dall’altro per rafforzare la politica estera americana e per occultare le ipocrisie e lo sciovinismo etnico della più gran parte dell’ebraismo organizzato qui e all’estero.

Cosa potrebbe essere più evidente del fatto che la comunità ebraica internazionale viene tradita da questa assurdità? Gli ebrei vengono traditi dalla loro classe dirigente, e vengono traditi dai gentili come il signor Will che professano di essere amici e alleati della comunità ebraica ma che in realtà sono semplicemente alleati di una disastrosa classe dirigente sionista intrappolata nella sua stessa retorica, troppo vergognosa per rivelare l’immensa truffa su cui così tanta parte della propria influenza è stata costruita.

La Shoah di Claude Lanzmann può essere vista come il capolavoro dei documentari sull’Olocausto. Ma se le cose stanno così, allora si tratta anche della più lampante dichiarazione di bancarotta mai espressa. Dopo tutto, nelle sue intere 9 ore e mezza di documentazione, Lanzmann non ci mostra nessuna prova documentaria o fisica per le affermazioni che lui e i suoi testimoni fanno. La maggior parte di queste 9 ore e mezza sono in realtà sequenze silenziose di rotaie ferroviarie, pietre, edifici, e campagne, la cui relazione con le affermazioni sull’”Olocausto” esiste solo attraverso la suggestione e l’immaginazione. Egli stesso ha esplicitato chiaramente la sua tecnica di lavaggio del cervello quando ha affermato[15]:

Come conseguenza dell’aver filmato le pietre di Treblinka da tutti gli angoli, esse finalmente hanno parlato”.

Con le pietre di Treblinka, Lanzmann intendeva il campo di pietre eretto dopo la guerra sull’area che un tempo fu il campo di Treblinka. Naturalmente, queste pietre non possono parlare su niente che accadde prima che esse venissero collocate lì. Ma le pietre nel suolo sottostante a questo memoriale potrebbero parlare, se solo qualcuno le interrogasse: un esame geofisico approfondito di questa intera area potrebbe confermare ancora oggi, se le indagini forensi polacche del 1946 furono corrette, vale a dire, se oppure no il suolo all’interno e intorno a Treblinka venne mai disturbato da massicce fosse comuni e da cremazioni all’aperto su enorme scala.

Ma queste pietre Claude Lanzmann non vorrebbe mai che parlassero, e probabilmente per buone ragioni, poiché distruggerebbero il lavoro della sua vita e sconvolgerebbero le sue ferme convinzioni. Fu nel 1994 che Claude Lanzmann spiegò perché egli non aveva incluso nessuna prova documentaria o forense nel suo film, ma si limitò alle dichiarazioni testimoniali, psicologicamente impressionanti ma scientificamente insostenibili[16]:

Non c’è un solo secondo di materiale d’archivio in Shoah perché non è il modo in cui lavoro o penso, e inoltre non esiste. […] Se avessi trovato un film – un film segreto perché tutto ciò era proibito – girato da un SS e che mostrasse come 3.000 ebrei, uomini, donne e bambini, morivano assieme, asfissiati nella camera a gas del Crematorio 2 di Auschwitz, non solo non lo avrei mostrato, ma lo avrei distrutto. Non posso dire perché. Va da sé”.

Se essa suona come la dichiarazione di un imbecille, come Serge Thion ha rilevato[17], allora leggete quello che Lanzmann ebbe a dire sul suo film Shoah nel 1997[18]:

Il non capire è stata la mia legge di ferro”.

Allora, di che tratta Shoah? Tratta di NULLA. Lo stesso Lanzmann lo ha spiegato con franchezza[19]:

Era necessario fare questo film dal nulla, senza documenti d’archivio, per inventare tutto”.

È perciò il caso della realizzazione di un film con tracce di tracce di tracce, […] Dal nulla si ritorna al nulla[20].

André Glucksmann è stato un po’ più sofisticato quando ha spiegato che questo film non è su ciò che è accaduto, ma su quello che avrebbe potuto accadere, quello che sarebbe stato possibile, quello che è immaginabile[21]:

La forza di questo film non sta nel mostrare quello che accadde – in realtà si astiene dal fare questo – ma nel mostrare la possibilità di quello che accadde”.

Se non è vero, è ben trovato

 

 

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://vho.org/tr/2003/2/Smith170-176.html#ftn19

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Per altre recensioni critiche del film, cf. Robert Faurisson, Journal of Historical Review, 8 (1) (1988), pp. 85-92, sulla quale mi sono in parte basato quando ho citato le dichiarazioni di Lanzmann sul suo film; Theodore O’Keefe, ibid., pp. 92-95; Serge Thion, ibid., 16 (6), pp. 8-10, che ha anche raccolto alcune delle citazioni riprodotte qui.

[2] Jean-Charles Szurek, L’Autre Groupe, 10, 1986, p. 65; Times (London), March 2, 1986; L’Autre Journal, May 985, p. 47; vedi Robert Faurisson, Journal of Historical Review, 8(1) (1988), pp. 85-92, qui p. 87s.

[3] Detenuti che avevano qualche autorità sugli altri detenuti.

[4] Claude Lanzmann, Shoah: An Oral History of the Holocaust, Pantheon Books, New York 1985. A meno di indicazioni differenti, tutti i passaggi citati in questo articolo provengono dall’edizione Pantheon Books, pagine 111-117.

[5] Nota del traduttore: 12 piedi corrispondono circa a metri 3.65.

[6] Rachel Auerbach, “In The Fields of Treblinka”, in: Alexander Donat (ed.), The Death Camp Treblinka, Holocaust Library, New York, 1979, p. 35s.

[7] Citato in Adalbert Rückerl, NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, dtv, Frankfurt 1977, p. 203.

[8] URSS-344. Gosudarstvenni Archiv Rossiiskoi Federatsii (State Archive of the Russian Federation), Moscow, 7445-2-126, p. 321 (p. 5 del rapporto). Ho preso questa informazione dall’eccellente opera di Carlo Mattogno e Jürgen Graf, Treblinka-Vernichtungslager oder Durchgangslager?, Castle Hill Publishers, Hastings 2002, pp. 145-147.

[9] Nota del traduttore: 160 piedi quadrati corrispondono a circa 14 metri quadrati.

[10] Le descrizioni parentetiche delle reazioni di Bomba qui, non sono nel testo pubblicato. Io le ho aggiunte dalla memoria. Mentre guardavo il film, non potevo fare a meno di essere toccato dalla sofferenza sincera di Bomba. Le sue lacrime portavano lacrime nei miei occhi. Nello stesso tempo ero consapevole di quale divertimento pensavo che la sua storia sia. Una bella ironia da spiegare per gli psicoterapeuti.

[11] R. Auerbach op. cit. (nota), pp. 32s.

[12] Ivi, p. 38.

[13] Vedi C. Mattogno, J. Graf, op. cit. (nota), p. 104-114.

[14] The Washington Post, nov. 15, 1985.

[15] Libération, April 25,1985, p. 22.

[16] Le Monde, March 3, 1994.

[17] Serge Thion, “The Dictatorship of Imbecility”, Journal of Historical Review, 16(6) (1997), p. 8-10.

[18] Le Monde, June 12, 1997.

[19] Le Matin de Paris, April 29, 1985, p. 12.

[20] L’Express, May 10, 1985, p. 40.

[21] Le Droit de vivre, February-March 1986, p. 21

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