Documenti: l’appunto del cardinal Maglione sulla persecuzione dei cattolici nel Reichsgau Wartheland

Uno degli effetti dell’incessante propaganda olocaustica cui siamo sottoposti ormai tutto l’anno è che la persecuzione degli ebrei sotto il regime nazionalsocialista ha messo completamente in ombra la persecuzione dei cattolici da parte dello stesso regime: in Germania e, soprattutto, in Polonia. Questa persecuzione ebbe le sue punte più feroci nel territorio denominato Reichsgau Wartheland. Incredibilmente, nell’omonima voce Wikipedia, si parla della “germanizzazione” attuata dai nazisti ma non si fa cenno alla politica persecutoria attuata contro i polacchi in quanto CATTOLICI: https://it.wikipedia.org/wiki/Reichsgau_Wartheland

Per ovviare in qualche modo a questa “dimenticanza” pubblico a seguire l’appunto che il segretario di Stato di Papa Pio XII, il cardinal Maglione, inviò al nunzio a Vichy Valeri, in cui si elencano tutte le vessazioni subite all’epoca dalla Chiesa.

APPUNTO. REICHSGAU WARTHELAND[1]

È la regione (percorsa dal fiume Warta) che comprende le province occidentali polacche dichiarate «annesse» alla Germania. Ne è luogotenente, con amplissimi poteri e alle dirette dipendenze del Führer, il sig. Greiser, già Presidente del Senato di Danzica.

  1. Da secoli la popolazione di quel territorio è, in maggioranza, polacca. La sede arcivescovile di Gniezno (Gnesen) è la Primaziale della Polonia. Gli arcivescovi di Gniezno furono d’ordinario polacchi – anche sotto la dominazione prussiana fino al 1918.
  2. Prima dell’attuale guerra vivevano in quella zona circa quattro milioni di cattolici, assistiti da almeno duemila La Chiesa Cattolica vi godeva di tutti i diritti e prerogative contemplate dal Concordato, conchiuso tra la Santa Sede e la Polonia nel 1925.
  3. Dall’inizio dell’occupazione tedesca (settembre 1939): fu proibito ai cattolici del Wartheland di comunicare con la Santa Sede; fu resa impossibile ogni forma di contatto con la Nunziatura Apostolica in Germania, la quale inutilmente domandò più volte al Governo del Reich il permesso di mandare qualche persona nelle diocesi del Wartheland per scopi esclusivamente religiosi.
  4. Sei vescovi risiedevano nel Wartheland prima della guerra; ora ne rimane – forse – uno soltanto; a due di essi (il Cardinale Arcivescovo di Gniezno e Poznań, e il Vescovo di Wladislavia), allontanatisi durante il periodo delle operazioni militari, fu dalle autorità tedesche negato il permesso di ritornare; altri due (il Vescovo e l’Ausiliare di Łódż) furono – i primi giorni dopo l’occupazione – arrestati e costretti a spazzare la stazione centrale. Dopo un periodo di libertà furono confinati in un piccolo paese della diocesi, poi espulsi ed esiliati nel «Generalgouvernement»; un altro vescovo (l’Ausiliare di Wladislavia) fu arrestato nell’autunno 1939, rinchiuso per due mesi in una prigione della città, poi nel convento di Ląd, infine trasportato nel campo di concentramento di Dachau, ove tuttora si trova. Sicché: nell’autunno 1941 non rimaneva nel Wartheland che il solo vescovo ausiliare di Poznań (Posen), Monsignor Dymek, da due anni però confinato nella sua abitazione con limitatissima possibilità di azione. Se è esatta l’informazione giunta recentemente, secondo la quale anche Mons. Dymek sarebbe allontanato, nessun vescovo più risiede nel Wartheland, o vi può anche solo esercitare il pastorale ministero: perché pure il Vescovo e l’Ausiliare di Plock – città situata nel Gau Ostpreussen, ma con parrocchie nel Wartheland – furono deportati. Anzi il vescovo di Plock, l’ottantatreenne Mons. Antonio Nowowiejski, morì nel giugno 1941 nel campo di concentramento di Soldau. Nota: Informazioni giunte posteriormente rettificano la voce relativa a Mons. Dymek: egli infatti si trova ancora a Poznań. Invece è pervenuta notizia della morte anche dell’ausiliare di Plock, S. E. Mons. Wetmanski, deceduto nell’ottobre 1941 durante la deportazione.
  5. Il clero. I sacerdoti fucilati o in altro modo fatti morire nei primi mesi dell’occupazione superano – secondo calcoli assai modesti – almeno la cinquantina. Parecchie centinaia di ecclesiastici furono in quegli stessi primi mesi imprigionati e trattati inumanamente: costretti a pulire con le mani le latrine comuni; costretti a inginocchiarsi, a toccare con la fronte la terra e a gridare «siamo porci polacchi»; adibiti a lavori manuali: alla costruzione di ponti, alla pulizia di strade, alla coltivazione di campi, alla raccolta di patate, ecc. Poi, mentre molti vennero esiliati o comunque obbligati a rifugiarsi nel «Generalgouvernement», moltissimi altri furono trasportati in campi di concentramento, di dove ogni tanto giungono notizie di morti ivi sopravvenute. Ai primi dell’ottobre 1941 gli ecclesiastici del Wartheland – più di duemila, come si è detto, avanti la guerra – erano ridotti a meno della metà; settecento almeno si trovavano detenuti nel campo di concentramento di Dachau. Dall’ottobre 1941 altre centinaia di ecclesiastici furono presi e rinchiusi in campi di concentramento. Si disse che per ogni «Kreis» (vasto territorio comprendente molte parrocchie) doveva rimanere un solo sacerdote, o due al più; ma di fatto la maggior parte dei «Kreis» furono completamente privati di ecclesiastici; il 10 ottobre 1941, nella città di Poznań, per circa 200.000 cattolici, stavano addetti al sacro ministero 4 sacerdoti, oltre il vicario generale e un vecchio canonico, che doveva però emigrare nel «Generalgouvernement».
  6. I religiosi condivisero la sorte dei sacerdoti del clero secolare: parecchi furono fucilati o in altro modo messi a morte; gli altri, nella quasi totalità: o imprigionati o deportati o espulsi.
  7. Istituti di preparazione allo stato ecclesiastico. Tutti i seminari diocesani, maggiori e minori, furono chiusi; fu chiuso il seminario, in Poznań, per la formazione del clero destinato all’assistenza dei Polacchi all’estero; furono chiusi tutti i noviziati degli Ordini e delle Congregazioni Religiose; non esiste possibilità alcuna di curare e coltivare le vocazioni allo stato ecclesiastico.
  8. Le religiose pure furono colpite. Verso la metà del 1941 almeno quattrocento suore erano internate nel campo di concentramento di Bajanowo (Schmückert).
  9. Educazione della gioventù. Tutte le scuole cattoliche sono state soppresse; è stato abolito l’insegnamento della Religione nelle scuole; con decreto del Luogotenente del Reich, in data 19 agosto 1941, fu stabilito che l’insegnamento della Religione possa essere impartito: soltanto nei luoghi di culto; soltanto ai giovani dai 10 ai 18 anni; soltanto un’ora alla settimana, da fissarsi tra le 15 e le 17 (esclusi i giorni riservati alle esercitazioni della Hitlerjugend). (Tempo, luogo e personale addetto all’insegnamento religioso debbono essere previamente comunicati alla polizia).
  10. Assistenza religiosa. Chiese. Molte chiese, anche alcune cattedrali, furono sottratte al culto fin dai primi mesi dell’occupazione. In quelle rimaste in uso fu reso sempre più difficile l’esercizio del culto; fu fissato che rimanessero aperte soltanto in determinate ore: poche nei giorni festivi; pochissime nei giorni feriali. Nell’ottobre 1941 moltissime altre chiese furono chiuse: ne dovevano restare una o due soltanto per «Kreis», ma di fatto in molti «Kreis» tutte furono tolte ai fedeli. Al 10 ottobre 1941 in Poznań due chiese soltanto erano officiate (prima della guerra nella stessa città di Poznań erano 24 le chiese parrocchiali; vi erano anche molte altre chiese e cappelle). Fu proibito ai Polacchi di frequentare i luoghi di culto officiati da sacerdoti tedeschi; o, viceversa, ai Tedeschi di frequentare le chiese officiate da sacerdoti polacchi. Fu proibito (anche quando in un «Kreis» erano aperte più chiese) ai fedeli di una parrocchia di recarsi nella chiesa di un’altra parrocchia. Fu proibito ai Polacchi l’uso della lingua polacca nelle sacre funzioni; e si arrivò a proibire di confessarsi in polacco. Sicché: neppure in punto di morte fedeli polacchi possono ricorrere al ministero di sacerdoti tedeschi; fedeli tedeschi possono ricorrere al ministero di sacerdoti polacchi.
  11. Azione cattolica. Fu abolito l’Istituto Nazionale dell’Azione Cattolica, ufficio dirigente tutto il movimento cattolico in Polonia. Furono soppresse tutte le associazioni, già fiorenti, di Azione Cattolica. Sono abolite tutte le istituzioni cattoliche: di cultura; di beneficenza: di attività sociali.
  12. Proprietà ecclesiastica. Molte delle Chiese sottratte al Culto furono adibite a usi profani: a magazzini di mobili, di libri sequestrati, di scenari di teatro, a scuole di musica ecc.; qualche chiesa fu fatta saltare con la dinamite per dar luogo a nuovi palazzi. Furono confiscate alcune residenze vescovili. Furono sequestrati o confiscati i locali delle curie diocesane. Furono confiscati gli immobili dei seminari. Furono sequestrati o confiscati quasi tutti i conventi. Furono confiscati i musei diocesani, le biblioteche. Furono confiscate le librerie cattoliche. Furono sequestrati o confiscati tesori di chiese. Specialmente dopo l’Ordinanza governativa del 17 settembre 1940 (Reichsgesetzblatt del 28.IX.40), relativa al «trattamento della proprietà dei sudditi dell’ex Stato polacco»: immobili, terreni, oggetti, depositi bancari di enti e persone ecclesiastiche furono: o sottoposti ad amministrazione commissariale; o sequestrati; o confiscati.
  13. Furono aboliti tutti gli assegni al clero, stabiliti dal Concordato polacco. Fu proibita ogni colletta a favore delle opere cattoliche, e furono persino sigillate le cassette delle elemosine nell’interno delle chiese.
  14. Fu misconosciuta alla Chiesa cattolica la personalità di diritto pubblico (dichiarazione del Luogotenente del Reich in data 6 febbraio 1941). Con Ordinanza del 13 settembre 1941 il medesimo Luogotenente del Reich pretese di introdurre – in luogo della Chiesa Cattolica – associazioni religiose, con personalità giuridica di diritto privato, costituite secondo il principio della nazionalità, e basate su criteri totalmente alieni dalle prescrizioni del Diritto canonico, anzi con questo contrastanti. Tra l’altro, sia la citata Ordinanza come il Decreto di applicazione del successivo 19 novembre, sanciscono l’espropriazione della proprietà ecclesiastica polacca, ossia di quasi tutta la proprietà della Chiesa Cattolica.

IN CONCLUSIONE:

reso impossibile ogni intervento della Santa Sede; eliminato completamente – o quasi – l’Episcopato; ridotti ai minimi termini il Clero, secolare e regolare; proibita la formazione dei chierici e dei novizi religiosi; ostacolata al massimo l’educazione della gioventù; create insormontabili difficoltà all’assistenza religiosa; annientata l’Azione Cattolica e distrutte tutte le istituzioni intellettuali e caritative cattoliche; manomessa la proprietà ecclesiastica e cercato di affamare il clero; disconosciuti i più sacri diritti e le fondamentali prerogative della Chiesa Cattolica altro non si è fatto che attuare un programma di completa scristianizzazione di una regione ove il Cattolicesimo era fiorente.

In realtà: già nei primi mesi del 1940 circolava nel Wartheland un programma in tredici punti, steso – si disse – dagli estremisti del Partito nazionalsocialista. […]

E si dice poi che il Wartheland è un «campo sperimentale»: quanto vi viene applicato dovrà servire di norma per gli altri territori annessi alla Germania e anche per l’Altreich.

 

 

[1] Actes et Documents du Saint Siège relatifs à la seconde guerre mondiale. Volume III, Le Saint Siège et la situation religieuse en Pologne et dans les pays Baltes 1939-1945, deuxième partie, pp. 579-584.

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