p { margin-bottom: 0.25cm; line-height: 120%; }a:link { }
Dal sito I volti di Giano:
http://ivoltidigiano.tumblr.com/post/149075424757/repressione
REPRESSIONE
di Vincenzo Vinciguerra
Ci sono episodi della vita pubblica italiana che passano sotto
silenzio, o quasi, non perché non siano degni di considerazione ma
perché segnalano quella che è la repressione del dissenso in
Italia.
Una ragazza italiana si converte all’Islam e si reca in
Irak per combattere con il Califfato, e le mettono in galera tutta la
famiglia, padre, madre, sorella nello stile dell’Unione sovietica
staliniana.
Nessuno protesta.
Un’altra ragazza italiana, Roberta Chiroli, laureanda in
antropologia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si era illusa
di poter studiare il movimento No Tav per poi scriverci la sua tesi
di laurea, intitolata “Ora e sempre No Tav: identità e pratiche
del movimento valsusino contro l’alta velocità”.
Per studiare
un movimento politico bisogna scendere nel campo, parlare con i suoi
aderenti, partecipare alle loro manifestazioni, ascoltare le loro
ragioni, ed è quanto ha fatto Roberta Chiroli.
Lei ha agito,
esattamente, come Giulio Regeni in Egitto che per studiare i
sindacati locali, incontrava i dirigenti, parlava con gli iscritti,
partecipava alle loro riunioni.
Per fortuna, gli emuli italiani di
al-Sisi hanno agito in maniera difforme e Roberta Chiroli ha avuto la
ventura di prendere una condanna a 2 mesi di reclusione per “concorso
morale”, in quanto nella tesi che ha scritto, invece di condannare
il movimento No Tav ne ha descritto logica, ragioni e comportamenti,
usando il “noi”.
Un reato gravissimo, a quanto pare, per due
solerti magistrati che hanno ritenuto opportuno condannare Roberta
colpevole di non aver condannato a sua volta il movimento No Tav,
anzi di aver condiviso, sempre a loro giudizio, finalità e zioni,
come proverebbe l’uso del “noi”.
Mentre siamo annoiati e
frastornati da fasulle polemiche fra magistratura e politica,
impegnate a presentarsi su posizioni contrapposte, vediamo che nella
realtà la politica ordina la repressione del dissenso e la
magistratura esegue.
La vita di Roberta Chiroli non sarà
stravolta da una sentenza che la condanna a due mesi di reclusione
per “concorso morale” con il movimento No Tav, ma questo non
scalfisce la gravità dell’episodio.
La differenza fra la
democrazia italiana e la dittatura egiziana si palesa, per ora, solo
nei metodi esecutivi, qui ti condannano in Tribunale, lì ti
ammazzano.
Non lo troviamo consolante, al contrario, forti
dell’esperienza del passato, ci chiediamo quando in regime
liberticida si passerà dall’uccisione dei testimoni scomodi a quella
degli oppositori politici che, per essere sempre più rari, sono più
facilmente eliminabili.
La democrazia degli ex oggi imperante (ex
neofascisti, ex socialisti, ex comunisti ecc. ecc.) usa come arma più
efficace, per ora, l’imposizione del silenzio agli oppositori
politici che non trovano spazio sui giornali e nelle televisioni per
esprimere le loro opinioni, ma quando il bavaglio mediatico non basta
fa intervenire polizia e magistratura.
La dittatura dei mediocri
non tollera critiche perché sa di essere fragile, e consapevole di
avere come unica forza quella macchina burocratica camaleontica che è
lo Stato con i suoi apparati repressivi, primo quell’Ordine
giudiziario che è da sempre il baluardo del regime, di quella casta
politica di cui è stato sempre dipendente.
Non si pubblicano
articoli, non si stampano libri, si escludono gli oppositori dai
dibattiti televisivi, ora sono passati a condannare perfino le tesi
di laurea.
Non sappiamo quali siano le idee di Roberta Chiroli, se
condivide o meno le ragioni del movimento No Tav, se vota per
qualche partito, ma siano certi che oggi ha avuto modo, per la prima
volta, di intravedere la realtà del regime politico che imperversa
in Italia.
Una realtà che la stragrande maggioranza degli
italiani non conosce perché ben camuffata dalle menzogne mediatiche,
ma che emerge in episodi di cronaca che tutti conoscono senza però
riuscire a trarre da essi la logica visione di una dittatura che
tutto può nel nome della difesa della democrazia e della repressione
della “violenza”.
Invece, quasi sempre la violenza è
esercitata da questo Stato e dai suoi onnipotenti apparati che
trovano puntuale copertura da parte della magistratura.
E quando
la violenza non è esercitata dalle forze di polizia, lo è dalla
magistratura in forme diverse ma sostanzialmente
identiche.
Perché è violenza quella che vede una giovane
studiosa sottoposta a processo e condannata per una tesi di laurea su
un movimento che dissente dalla politica ambientale del regime.
Alla
forza della ragione, il regime contrappone la ragione della forza.
E
tutti stanno zitti perché la democrazia fa paura.
Opera, 15 luglio 2016
Leave a comment