Presunto terrorista … |
Dal blog Comidad:
L’ACCOSTAMENTO
SUBLIMINALE TRA ASSENTEISTI E TERRORISTI
SUBLIMINALE TRA ASSENTEISTI E TERRORISTI
La notizia del marocchino/cosentino arrestato come presunto
terrorista – anzi, come “foreign fighter” – dell’ISIS, si presta ad
alcune osservazioni. Nietzsche diceva che i poveri non possono rivendicare
nessuna superiorità morale nei confronti dei ricchi. Ed infatti la dicotomia
tra ricchi e poveri, potenti e deboli, non si misura in base al grado di
moralità, ma appunto in base alla ricchezza ed alla potenza, cioè alla
effettiva capacità di nuocere. Più sei ricco e potente, più sei oggettivamente
pericoloso ed inaffidabile, anche perché la tua potenza materiale comporterà il
potere di mistificare e disinformare. Ogni volta che si sposta lo sguardo dalla
questione dei rapporti di forza alla questione morale, si compie il passaggio
non solo dalla sinistra alla destra, ma soprattutto dalla rivoluzione alla
reazione. Il moralismo legalitario infatti si risolve in una santificazione dei
rapporti di forza esistenti. La frustrante ricerca di una mitica
“irreprensibilità” finisce sempre per scoprire che ognuno ha qualche
magagna da nascondere, e perciò, visto che “sono tutti uguali”, tutto
deve rimanere com’è. La vicenda della “Banda degli Onesti”, ovvero
del Movimento Cinque Stelle, e della Giunta Comunale di Quarto in Campania, ha
riconfermato questa eterna verità.
La differenza di Montesquieu rispetto ad un Marco Travaglio sta appunto nel
capire che lo Stato di Diritto non è la “legalità”. Per Montesquieu
il dominio della legge era l’effetto di un equilibrio dei rapporti di forza tra
i vari poteri, i quali trovavano nella legge una linea di compromesso proprio a
causa dell’impossibilità pratica di prevaricare gli uni sugli altri. Mentre per
il moralismo travaglista la mitica “legalità” è un’aspirazione
astratta, che prescinde dai reali rapporti di forza in campo. Non c’è da
stupirsi che le multinazionali vengano sempre assolte in Appello o in
Cassazione, poiché è difficile credere che un giudice sia disposto a farsi
rovinare la vita da un potere sovranazionale troppo più grande di lui.
Il problema è che Marco Travaglio non ha mai preteso di essere di sinistra,
tutt’altro. Travaglio si è soltanto trovato ad ereditare una corrente
d’opinione che era stata avviata alla fine degli anni ’70 dal segretario del
Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer. Il
caso delle tangenti versate dalla Lockheed, la maggiore multinazionale
dell’aeronautica militare, per vendere i propri aerei, costituì uno scandalo
internazionale, che nel 1976 coinvolse anche l’Italia. Si trattò di un evidente
caso di imperialismo commerciale sotto la cappa delle “alleanze”
imposte dagli USA. Per Berlinguer invece lo scandalo fu l’occasione per
dimenticarsi dell’imperialismo e per concentrarsi sulla “questione
morale”, che divenne la parola d’ordine prioritaria del PCI.
Certo che era davvero arduo nel 1979 spremere una lagrimuccia sulla sorte
dell’ex ministro della Difesa condannato per quelle tangenti Lockheed, il
socialdemocratico Mario Tanassi, dato che Tanassi aveva una reputazione di
filo-americano ad oltranza, e per di più di simpatie golpiste. Ma nessuno
allora si chiese quali possibilità concrete avesse a disposizione una mezza
calza come Tanassi per opporsi a quell’operazione di colonialismo commerciale
che era avvenuta sotto l’ombrello della NATO. In realtà il moralismo
berlingueriano costituiva un espediente per congedare l’antimperialismo, e
soprattutto per congedare il PCI dal comunismo. Prendersela con i Tanassi di
turno è molto più facile che prendersela con i veri potenti.
Nel
caso del “foreign fighter” arrestato, proprio l’eccessiva
sproporzione delle forze messe in campo, determina la sensazione che il
marocchino sia stato “impacchettato” dai servizi segreti turchi per
svolgere il ruolo di dono mediatico alle gloriose forze dell’ordine nostrane.
Il “dono” è stato forse elargito dal governo turco per rabbonire i
nostri apparati polizieschi, ormai diffidenti verso l’azione di Erdogan in tema
di immigrazione. I nostri apparati poliziesco-militari erano tanto sospettosi
da costringere Renzi a farsi interprete di queste loro preoccupazioni presso la Commissione Europea,
sino al punto di opporsi al versamento dei tremila miliardi al governo turco
per “gestire” l’emergenza-immigrati. Il “cadeau” turco
alimenterebbe altri sospetti, dati i rapporti ormai evidenti di Erdogan e
famiglia con la vera ISIS, perciò il marocchino/cosentino ha tutta l’aria di
essere stato incastrato; ma le nostre forze dell’ordine non hanno voluto
lasciarsi sfuggire l’occasione del palcoscenico mediatico.
La potenza, e l’esibizione di potenza, sono sempre sospette, tanto più è debole
il bersaglio contro il quale si indirizzano. Il moralista è sempre pronto a
pensare che il “fanatismo” – in questo caso il fanatismo islamico –
costituisca un pericolo devastante, come se il male fosse una forza in sé,
capace di esprimersi al di là dei mezzi materiali che ha a disposizione. Ma
esisterebbe l’ISIS senza il denaro delle petromonarchie? Tutti i politici e tutti
i giornalisti sanno che Qatar ed Arabia Saudita sono fedeli alleati della NATO
e prediletti partner commerciali del Sacro Occidente, Francia in primis; perciò
è meglio parlare di immigrati.
Senza entrare nel caso specifico del marocchino /cosentino, sarebbe anche il
caso di domandarsi che possibilità abbia un immigrato di opporsi alle pressioni
di gruppi aggressivi e ben finanziati che sono in grado di ricattarlo in tutti
i modi. Non sarebbe molto più logico concentrare l’attenzione mediatica su quei
canali di finanziamento? Ed infatti non se ne parla proprio.
Forse non è casuale la coincidenza temporale della vicenda del presunto
terrorista calabro-marocchino con i processi celebrati in seguito alle
inchieste della Guardia di Finanza contro i dipendenti pubblici assenteisti.
Dal punto di vista mediatico l’operazione ha un carattere subliminale: assimilare
i dipendenti
pubblici fannulloni ai terroristi. La minaccia esterna e la minaccia
interna.
Tanto impiego di mezzi da parte delle forze di polizia sarebbe stato
comprensibile contro spie di una potenza straniera, o contro un’organizzazione
criminale internazionale; ma trattandosi di “fannulloni”, o presunti
tali, ci si chiede perché non bastasse un ispettore. Sono corrotti anche gli
ispettori, anche i dirigenti, anche i ministri? E venti anni di “riforme
strutturali” e di “cure Brunetta” come mai non hanno risolto
nulla?
Allora saremmo di fronte ad uno Stato che accusa e delegittima se stesso, e che
esibisce autorazzisticamente la propria potenza verso i comuni cittadini,
esposti alla gogna nei video confezionati ad uso dei media; ciò soltanto al
fine di prostrare un intero popolo ad una potenza ancora superiore, quella del
colonialismo delle organizzazioni sovranazionali che ci dovrebbero civilizzare
e disciplinare. L’esito scontato del moralismo è il razzismo.
terrorista – anzi, come “foreign fighter” – dell’ISIS, si presta ad
alcune osservazioni. Nietzsche diceva che i poveri non possono rivendicare
nessuna superiorità morale nei confronti dei ricchi. Ed infatti la dicotomia
tra ricchi e poveri, potenti e deboli, non si misura in base al grado di
moralità, ma appunto in base alla ricchezza ed alla potenza, cioè alla
effettiva capacità di nuocere. Più sei ricco e potente, più sei oggettivamente
pericoloso ed inaffidabile, anche perché la tua potenza materiale comporterà il
potere di mistificare e disinformare. Ogni volta che si sposta lo sguardo dalla
questione dei rapporti di forza alla questione morale, si compie il passaggio
non solo dalla sinistra alla destra, ma soprattutto dalla rivoluzione alla
reazione. Il moralismo legalitario infatti si risolve in una santificazione dei
rapporti di forza esistenti. La frustrante ricerca di una mitica
“irreprensibilità” finisce sempre per scoprire che ognuno ha qualche
magagna da nascondere, e perciò, visto che “sono tutti uguali”, tutto
deve rimanere com’è. La vicenda della “Banda degli Onesti”, ovvero
del Movimento Cinque Stelle, e della Giunta Comunale di Quarto in Campania, ha
riconfermato questa eterna verità.
La differenza di Montesquieu rispetto ad un Marco Travaglio sta appunto nel
capire che lo Stato di Diritto non è la “legalità”. Per Montesquieu
il dominio della legge era l’effetto di un equilibrio dei rapporti di forza tra
i vari poteri, i quali trovavano nella legge una linea di compromesso proprio a
causa dell’impossibilità pratica di prevaricare gli uni sugli altri. Mentre per
il moralismo travaglista la mitica “legalità” è un’aspirazione
astratta, che prescinde dai reali rapporti di forza in campo. Non c’è da
stupirsi che le multinazionali vengano sempre assolte in Appello o in
Cassazione, poiché è difficile credere che un giudice sia disposto a farsi
rovinare la vita da un potere sovranazionale troppo più grande di lui.
Il problema è che Marco Travaglio non ha mai preteso di essere di sinistra,
tutt’altro. Travaglio si è soltanto trovato ad ereditare una corrente
d’opinione che era stata avviata alla fine degli anni ’70 dal segretario del
Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer. Il
caso delle tangenti versate dalla Lockheed, la maggiore multinazionale
dell’aeronautica militare, per vendere i propri aerei, costituì uno scandalo
internazionale, che nel 1976 coinvolse anche l’Italia. Si trattò di un evidente
caso di imperialismo commerciale sotto la cappa delle “alleanze”
imposte dagli USA. Per Berlinguer invece lo scandalo fu l’occasione per
dimenticarsi dell’imperialismo e per concentrarsi sulla “questione
morale”, che divenne la parola d’ordine prioritaria del PCI.
Certo che era davvero arduo nel 1979 spremere una lagrimuccia sulla sorte
dell’ex ministro della Difesa condannato per quelle tangenti Lockheed, il
socialdemocratico Mario Tanassi, dato che Tanassi aveva una reputazione di
filo-americano ad oltranza, e per di più di simpatie golpiste. Ma nessuno
allora si chiese quali possibilità concrete avesse a disposizione una mezza
calza come Tanassi per opporsi a quell’operazione di colonialismo commerciale
che era avvenuta sotto l’ombrello della NATO. In realtà il moralismo
berlingueriano costituiva un espediente per congedare l’antimperialismo, e
soprattutto per congedare il PCI dal comunismo. Prendersela con i Tanassi di
turno è molto più facile che prendersela con i veri potenti.
Nel
caso del “foreign fighter” arrestato, proprio l’eccessiva
sproporzione delle forze messe in campo, determina la sensazione che il
marocchino sia stato “impacchettato” dai servizi segreti turchi per
svolgere il ruolo di dono mediatico alle gloriose forze dell’ordine nostrane.
Il “dono” è stato forse elargito dal governo turco per rabbonire i
nostri apparati polizieschi, ormai diffidenti verso l’azione di Erdogan in tema
di immigrazione. I nostri apparati poliziesco-militari erano tanto sospettosi
da costringere Renzi a farsi interprete di queste loro preoccupazioni presso la Commissione Europea,
sino al punto di opporsi al versamento dei tremila miliardi al governo turco
per “gestire” l’emergenza-immigrati. Il “cadeau” turco
alimenterebbe altri sospetti, dati i rapporti ormai evidenti di Erdogan e
famiglia con la vera ISIS, perciò il marocchino/cosentino ha tutta l’aria di
essere stato incastrato; ma le nostre forze dell’ordine non hanno voluto
lasciarsi sfuggire l’occasione del palcoscenico mediatico.
La potenza, e l’esibizione di potenza, sono sempre sospette, tanto più è debole
il bersaglio contro il quale si indirizzano. Il moralista è sempre pronto a
pensare che il “fanatismo” – in questo caso il fanatismo islamico –
costituisca un pericolo devastante, come se il male fosse una forza in sé,
capace di esprimersi al di là dei mezzi materiali che ha a disposizione. Ma
esisterebbe l’ISIS senza il denaro delle petromonarchie? Tutti i politici e tutti
i giornalisti sanno che Qatar ed Arabia Saudita sono fedeli alleati della NATO
e prediletti partner commerciali del Sacro Occidente, Francia in primis; perciò
è meglio parlare di immigrati.
Senza entrare nel caso specifico del marocchino /cosentino, sarebbe anche il
caso di domandarsi che possibilità abbia un immigrato di opporsi alle pressioni
di gruppi aggressivi e ben finanziati che sono in grado di ricattarlo in tutti
i modi. Non sarebbe molto più logico concentrare l’attenzione mediatica su quei
canali di finanziamento? Ed infatti non se ne parla proprio.
Forse non è casuale la coincidenza temporale della vicenda del presunto
terrorista calabro-marocchino con i processi celebrati in seguito alle
inchieste della Guardia di Finanza contro i dipendenti pubblici assenteisti.
Dal punto di vista mediatico l’operazione ha un carattere subliminale: assimilare
i dipendenti
pubblici fannulloni ai terroristi. La minaccia esterna e la minaccia
interna.
Tanto impiego di mezzi da parte delle forze di polizia sarebbe stato
comprensibile contro spie di una potenza straniera, o contro un’organizzazione
criminale internazionale; ma trattandosi di “fannulloni”, o presunti
tali, ci si chiede perché non bastasse un ispettore. Sono corrotti anche gli
ispettori, anche i dirigenti, anche i ministri? E venti anni di “riforme
strutturali” e di “cure Brunetta” come mai non hanno risolto
nulla?
Allora saremmo di fronte ad uno Stato che accusa e delegittima se stesso, e che
esibisce autorazzisticamente la propria potenza verso i comuni cittadini,
esposti alla gogna nei video confezionati ad uso dei media; ciò soltanto al
fine di prostrare un intero popolo ad una potenza ancora superiore, quella del
colonialismo delle organizzazioni sovranazionali che ci dovrebbero civilizzare
e disciplinare. L’esito scontato del moralismo è il razzismo.
Leave a comment