Intrigo blog (VI): Miguel Martinez, la Valent e due cose che avevo ancora da dire
luglio 2007
Puntate precedenti:
1. Haramlik vs.Corriere:
caccia alla “Talpa”
2. Intrigo blog
(I): le sinergie più sorprendenti del mondo
3. Intrigo
blog (II): il caso di Miguel “Gossip” Martinez
4. Intrigo blog
(III): intermezzo riassuntivo
5. Intrigo blog
(IV): del “ci sono” o “ci fanno”
6. Intrigo blog
(V): qui ci vuole una puntualizzazione
Riannodiamo e terminiamo il racconto di quei giorni dello scandalone, che è
l’unico modo per arrivare al dunque.
Al centro della mia attenzione ci sono quindi, in quel momento: 1)
Il censurabile comportamento di Magdi Allam. 2) La necessità
di soffocare uno scandalo bieco e strumentale. 3) Qualche
umano sentimento di preoccupazione per delle persone, anche.
E poi ho da un lato Dacia Valent che è l’unica persona di mia conoscenza che
desiderasse uno scandalo come quello che è esploso e che, nel contempo, aveva
gli strumenti per farlo scoppiare. E che invece – tra una balla e l’altra –
insinua che sia io, la mandante occulta dell’invio della email ad Allam.
Dall’altro ho Miguel
Martinez che, in pubblico, dà man forte alla Valent facendo credere di
essere a conoscenza di cose turpi da me commesse – e che mi sono del tutto
ignote – e dipingendomi come una disturbata a caccia di soldi, e in privato mi
spiega che in Italia “siamo in guerra” anche se non c’è Guantanamo e che il mio blog avrebbe
rappresentato un pericolo per la bandiera e la patria (nonché per il buon
umore di sua moglie a novembre del 2005).
Ma, tra una teorizzazione e l’altra, mi comunica anche che sarebbe stato
l’amico della Valent a inviare per fax la mia email al Corriere.
Quando arriva addiruttura a parlarmi delle sue conversazioni con la Valent sull’opportunità o
meno di far pervenire a costui anche gli header della mia email, io ho solo la
forza di boccheggiare: “Ma ti rendi conto che avresti dovuto avvisare per
tempo almeno Piccardo, se non volevi avvisare me?”
E’ l’ultima frase che gli scrivo.
Poi, non gli rispondo più.
Perché a quel punto, giuro, mi spavento.
Non è che io sia un tipo pauroso, credo.
Fino a quel momento, i miei sentimenti erano stati di sbigottimento,
incazzatura, cose così.
Lo scambio di email con Martinez, invece, riesce a farmi questo effetto assolutamente
inedito: mi sento alle prese con gente che ragiona in termini che mi
risultano del tutto sconosciuti e totalmente imprevedibili, e che non ha
nessuno dei comportamenti che mi sembrerebbe normale avere in una situazione
del genere.
Come essere finiti sul set di
Shining.
Ed era una sensazione che provavo con lui, non certo con la Valent.
Perché la Valent mi appariva fuori di zucca, sostanzialmente,
ma lui no.
L’effetto era molto più inquietante.
Era davvero incongruente, quello che mi ritrovavo ad affrontare.
Cerco di spiegare perché.
C’è una mobilitazione
spontanea in rete contro il comportamento di Magdi Allam, in quel momento,
come non ne avevo mai viste prima. Questa mobilitazione non era dovuta – con
buona pace delle ossessioni di ‘sta gente sulla sottoscritta – al fatto che io
fossi più o meno amata. Era dovuta al fatto che era stato possibile
vedere, in rete, la diretta di una scorrettezza mediatica di notevole portata e
risonanza.
Non succede spesso.
Ora: non c’è alcun bisogno di amarla, una blogger, per capire che certe
scorrettezze riguardano tutti. E’ però necessario crederle, quando dice che lei
non c’entra nulla con la pubblicazione di un’email del genere.
Qua succede, invece, che proprio chi dovrebbe essere “avversario storico” di
Magdi Allam si mette a gettare ombre sulla mia trasparenza in proposito,
in un momento tanto delicato, e dicendomi pure in privato che, in realtà, sa
benissimo che l’email è stata mandata da altri.
Come se colpire me, per Martinez, fosse persino più importante che
prendersela con Magdi Allam e, anzi, meritasse pure il siluramento di una
mobilitazione contro di lui.
Ché poi sarebbe pure “dalla parte di Piccardo”, Miguel. Lo scrive, lo dice,
afferma di difenderlo.
Come fa, contemporaneamente, a sostenere una Valent che era su Libero a
cavalcare la vicenda, e dopo avere discettato con lei sul dare o non dare in
giro gli header della mia email?
Non lo capisco.
Ma devo capirlo per forza, sennò mi viene un accidenti.
In quel momento mi sento come una che, per un anno di fila, ha vissuto in
una specie di teatro popolato di maschere. Cambiavano le situazioni, le
modalità e i personaggi, ma il risultato era sempre quello: una specie di
finzione universale, e il grottesco malinteso per cui le maschere danno
per scontato che io lo sappia già, che di teatro si tratta.
Ed io, invece, non ne ho idea.
Ragionano tutti come se ci fosse sempre stato una specie di accordo implicito
di accettazione di convenzioni comuni. Solo che, per quanto mi riguarda, c’è un
errore: mi manca, questa premessa implicita, e mi manca del tutto.
Questa storia è sempre stata grottesca, dal giorno in cui è nata.
E lo è stata perché ha sempre rivestito di parole molto grandi delle realtà
molto piccole.
Solo che il grottesco fa ridere da un lato ma dall’altro cattura, assorbe, è
qualcosa che vorresti decodificare. Svelare.
Per il tuo stesso equilibrio, per il tuo stesso desiderio di logica.
Solo che non c’è verso: è un continuo oscillare dal piccolo al grande, una
sorta di improbabile zuppa in cui ti scappa da ridere mentre vanno in frantumi
cose che, tuttavia, tu consideri preziose.
Dice Miguel Martinez di
avere capito, a novembre del 2005, che io ero una donna estremamente
pericolosa perché mi ero lamentata sul mio blog, due
mesi dopo il rientro in Italia, perché ero stata apostrofata come “sudafricana
bianca”.
In un mondo normale, tu magari sei antipatica, per questo.
O ipersensibile, villana, chennesò.
Nel mondo di cui parlo, invece, diventi “estremamente pericolosa”.
E te lo dice uno che ha più di 50 anni, che io sappia. Non 13.
Solo che non c’è niente da ridere: va in onda Shining.
E’ vero: sono una donna estremamente pericolosa.
In una cosca mafiosa non durerei due giorni.
In una setta, mi sacrificherebbero al demonio di turno nel giro di un quarto
d’ora.
Non so manco cosa sia, l’omertà: adesso ho imparato che, chessò, se non
esistessero gli omertosi non ci sarebbero manco gli spioni, ma è un dato
culturale come un altro.
Trovo più interessante, in fondo, la ricetta della Vichisoisse.
Settarismo e business: l’operazione “IADL”
Ci sono situazioni da cui non c’è verso di uscire incolumi.
Io ho ringraziato il cielo per tutto quello che mi era capitato a Gennaio, a un
certo punto, perché almeno mi risparmiavo l’assurdo imbarazzo di ciò che poi ho
visto capitare in rete.
Nel senso che, quando ho letto in un paio di blog che la Mezzaluna
d’Oro della IADL veniva annunciata dalla
seguente frase:
Siamo lieti di informarla che i 2.000 grandi elettori
appartenenti alle diverse associazioni e comunità musulmane in Italia l’hanno
eletta etc. etc….
mi sono detta: “Ma ti prego…” e, più che ridere, ho riflettuto
sulle insidie della vita.
In che situazione del cavolo mi sarei trovata, se non avessi già litigato con
‘sta gente?
Che avrei fatto, come ne uscivo?
Poi dice che una è “estremamente pericolosa”.
Ma per forza.
Questa gente ha degli interessi comuni, altrimenti questo delirio non si
spiega.
Per quanto riguarda Dacia, il suo interesse è pompare la visibilità della IADL,
direi.
Non è facile da capire cosa cavolo sia la IADL, esattamente
Nel senso che non se ne sa niente, non si sa nemmeno da chi sia composta.
Dacia firma comunicati con nomi farlocchi e prende iniziative più o meno
situazioniste, come la taglia di 10.000 euro a chi tirerà una torta in faccia a
un leghista.
Però esistono le persone premiate dalla IADL, e capita persino che siano
nomi di un certo rilievo.
Quindi, la IADL
appare in giro come l’organizzazione che ha premiato il Sindaco di Firenze, il
giudice Imposimato, il tale onorevole o la tale istituzione, e magari pure Kilombo.
Tutti costoro si trasformano nella dimostrazione vivente dell’esistenza della
IADL, e ne diventano pure soci onorari. Questi stessi nomi, diffusi grazie a
un’instancabile attività di comunicati stampa, spingono i giornali a parlare
del premio stesso.
Se tu, quindi, vuoi sapere chi è la
IADL, scopri sostanzialmente che è l’organizzazione
che ha premiato Tizio e Caio.
Sono referenze di cui ci si fida, direi.
Per un’organizzazione che dichiara un impegno politico a favore del quale possono
essere rivolte donazioni o finanziamenti, è un bel fiore all’occhiello.
Credo che questi giochini siano anche diffusi, in questo creativo paese
nostro.
Quello che mi colpisce è che vengano portati avanti in assoluto spregio
all’altrui intelligenza.
Ma è che il clima di questo paese è talmente imbevuto di teatro, di finzioni
implicitamente accettate per vere, che l’intelligenza si trasforma in qualcosa
di assolutamente speculativo e la realtà, semplicemente, non si vede più.
Ma chi diavolo può pensare, santo cielo, che in Italia esistano 2000
grandi elettori musulmani “delle diverse organizzazioni o
comunità islamiche“ che vanno in giro a premiare Kilombo,
o Imposimato???
Già è tanto se ci sono 2000 musulmani in rete che sanno cosa sia un blog e che
abbiano sentito parlare del giudice ultra-ottantenne.
Figuriamoci se si mettono a seguire “il metablog delle sinistre” per
premiarlo a nome della IADL.
E il bello è che, invece di porsi questo problema, la
sinistra dei blog si scanna e si spacca perché divisa sull’opportunità di
chiedere all’ente premiatore di “prendere
le distanze dall’antisemitismo“.
Io credo che solo in Italia, possano succedere queste cose.
E a modo suo è persino divertente, la cosa.
Situazionista, di sicuro.
Solo che è anche tragica, e non poco.
Perché questo è un paese del cavolo e non mi pare un caso.
Martinez premiatore occulto della IADL?
Domanda: tu, Miguel, lo sai che è impossibile che questi
2000 “grandi elettori musulmani” possano esistere?
O ci credi pure tu?
A me Dacia disse che li decidevate tu e lei al telefono, i premi della IADL.
E’ vero o mi mentiva? O magari ho capito male io?
Ma che gusto si prova, a sparare balle di questa portata, e per giunta
inutili?
Il gusto di vedere la gente che ci casca, suppongo.
E, in effetti, è buffo.
Con buona pace, per quanto riguarda noi della blogopalla, di tutti i discorsi
sulle capacità critiche dei blog e compagnia bella.
E quindi una vorrebbe ridere, da una parte.
Perché è buffo davvero, grottesco davvero.
Poi no, però.
Perché ti mancava solo quello, dopo avere visto trasformato in microscopica idiozia
l’islam e tante altre cose che ti avevano emozionato, e per un mucchio di
tempo.
Pure la blogosfera, ci voleva.
Duemila
grandi elettori musulmani.
Vabbe’.
E questi che sono capaci di cercare di farti la pelle due anni dopo, se ci ridi
sopra o dici: “Ma siete matti?”
Perché diventi “estremamente pericolosa”, appunto.
La IADL
e i contratti telefonici
Ché poi fossero interessi grandi, dico io…
Almeno avrebbe una sua connotazione eroica, la cosa.
Qui stiamo parlando di stronzate, davvero.
Di cosa viva Dacia Valent, credo che sia il problema.
Ogni tanto trova dei soldi, che io sappia, o dei ‘business‘.
A volte, generosamente, ‘sti ‘business’ li condivide, come quando si mise a
regalare telefonini a un po’ di gente, diversi mesi fa, con tanto di linea
telefonica gratis e di numeri uguali che finivano in 00, 01, 02, 03 etc.
Io, ‘sto telefonino non lo volli (credo di essere stata l’unica a rifiutarlo
tra quelli a cui venne offerto, tra l’altro), e tantomeno mi parve opportuno
mettermi a telefonare gratis e senza sapere chi avrebbe pagato la mia bolletta.
Ero stupita dall’offerta, non capivo e non capivo nemmeno come mai gli altri la
accettassero. Doveva esserci qualche spiegazione che nessuno mi raccontava.
A spizzichi e bocconi, nei mesi successivi, ricostruii che Dacia (o la IADL, boh) aveva fatto un
accordo con una compagnia telefonica che, in cambio della promessa di chissà
quale cifra di abbonamenti – raccolti nella comunità islamica, direi – aveva
accettato di fornire questi telefonini e queste linee gratis, appunto.
Gli abbonamenti non arrivarono mai, ovviamente: la compagnia protestò, poi
staccò le linee, poi le riattaccò, infine le staccò definitivamente. Intanto,
un po’ di persone avevano telefonato gratis per mesi e mesi.
Ecco: io ero molto felice di averlo rifiutato, a suo tempo, il mio
telefonino.
Martinez ne rimase stupito quando glielo dissi: “Ma che problema c’è,
scusa? Io so solo che era un telefono gratis, e tanto mi basta.”
Beato lui.
Forse è per questo, che io ho i problemi economici ricordati su Kelebek: mi
ponevo il problema.
Però, guarda: se allora lo avessi accettato, quel telefonino, ora sarei
ricattabile, per esempio.
Chissà quanta gente lo è.
D’altra parte, fare ‘business’ a nome di un’organizzazione – tramite cui
promettere a vuoto migliaia di abbonamenti a linee di cellulari, per esempio –
è più facile che farli come singole persone.
Ma sono belle anche per tanti altri motivi, le organizzazioni: servono a
ottenere visibilità, status, un ruolo. Se uno è un po’ settario, anche un caldo
senso di appartenenza.
Questa mia vicenda sarebbe stata un modo per tenerla parecchio sui giornali, la IADL.
Ci credo, che la mia testardaggine nel non volere uno
scandalo ispirasse una certa voglia di strozzarmi, qua e là.
“Famo la setta nella blogosfera”
Un cancro tra i blog, siete.
Ed io ho fatto la mia parte nello sponsorizzarvi: non si può avere idea di
quanto sia pentita.
In fin dei conti, credo di avere fondamentalmente desiderato di salvare gli
argomenti di cui mi piaceva parlare, in tutta questa storia.
Li ho visti sprofondare tutti, uno dietro l’altro.
Siete persone a cui è impossibile persino pensare di potere dire le stesse
cose sia in pubblico che in privato.
Tutto un nascondersi, tutto un cambiare linguaggio a secondo del mezzo,
dell’interlocutore.
E’ da quando “conosco” Martinez, che mi sento dire: “Perché non l’hai detto in
privato?”
Persino per avere criticato
un’intervista, mi sentii dire che avrei dovuto “contattare
l’intervistatrice in privato”.
Ma voi siete pazzi, santo cielo.
Io non ho mai voluto entrare in una setta, fare parte di un club, sposare un
gruppuscolo di allucinati opportunisti: io ho un blog.
E basta.
Credo di essermi messa nei guai quando ero ancora in Egitto, tutto sommato.
La volta in cui ero lì a
litigare con Battistini del Corriere (corsi e ricorsi…) a proposito di
Miguel, e arrivò un commento molto personale, molto pesante, molto sopra le
righe e molto anonimo, contro Battistini.
Ed io mi accorsi che era di Miguel.
Feci finta di non accorgermene: gli scrissi dicendogli: “Sai, ho censurato un
commento che ti difendeva a spada tratta ma era troppo anonimo per quello che
diceva…” e sperai che lui recepisse il messaggio.
Suppongo che lo recepì anche troppo: mi rispose impeccabilmente, ma dovetti
cominciare a sembrargli un pelicchio pericolosa fin da allora.
C’è gente preoccupata: mi dicono in molti che, a partire da adesso, dovrò
stare molto attenta a “questi sono dei veri professionisti della parola e
della mistificazione“, e ovviamente è già
spuntata gente che promette (e a nome della “Lega Antidiffamazione
Islamica”, a proposito di cose grottesche) le solite campagne internet da
feccia.
Massì: “Battitene un belin in sci scoggi“, mi diceva un saggio
commentatore l’altro giorno.
Appunto.
Mi preoccupava la scuola, certo.
Poi però ho pensato che la posso usare persino in modo positivo, questa cosa:
un modulo sui pericoli di internet non glielo toglie nessuno, ai miei Peppi.
E ‘fanculo.
La Brigata
Pseudoislamica dei Compagni Antimperialisti non
ha dato una grande prova di sé, devo dire.
Al di là del comportamento da feccia tra i commenti del Compagno Martinez (e
poi osano pure dire che io avrei scritto il nome dell’ex, nei miei post, quando
da Miguel si disquisisce sull’incredibile, moglie compresa, e qui non mi pare che
sia mai avvenuto) c’è da dire che il loro comunicato
congiunto, con cui rispondono alla mia richiesta di rilasciare una
liberatoria a Magdi Allam affinché si senta libero di smascherare la “talpa”,
non è stato il loro post meglio riuscito.
Perde pezzi, quel post.
Ha perso
la vignetta, visto che a nessuno di loro era venuto in mente di chiedere il
permesso a Biani, prima di
mettersi a rimaneggiare i suoi disegni per i loro cavoli.
Ha perso il punto in cui fingevano di confondere la parola “ricorrente” con
“giornalista” per insinuare che io avessi avuto comunicazioni con Allam.
Tra un po’ gli rimane giusto la richiesta di francobolli, direi.
Oh, no: gli rimane anche la richiesta di una mia ricevuta
di versamenti alla Caritas, ovviamente.
Perché hanno un’intelligenza versatile, loro: sono perfettamente capaci di
capire un discorso e, un mese dopo, fingere di capirne uno tutto diverso.
L’Haramlik, Piccardo e la Caritas
Io non credo che questo blog abbia fama di essere particolarmente cattolico.
Credevo fosse filoislamico.
E quindi credevo che le personcine intelligenti lo avessero capito
perfettamente, il mio discorso pro-Caritas.
Perché, insomma: uno degli argomenti forti con cui l’islam si difende dai suoi
detrattori è il malinteso sul “rispetto verso le donne”, giusto?
Ed è un discorso in cui credo, tra l’altro: sono riuscita a litigarci persino
oggi con una collega, quindi figurati con che testardaggine ci credo.
Solo che poi la prassi è un po’ diversa, al di là delle splendide (lo dico senza
ironia) dichiarazioni di principio.
E quindi, nel momento in cui apprendo cha a Torino, per esempio, c’è una
situazione in cui un po’ di immigrate musulmane si ritroverebbero sui
marciapiedi, dopo il divorzio, se
non ci fosse la Caritas ad aiutarle, il mio istinto non è quello di
correre ad essere grata alla Caritas.
Il mio istinto è quello di chiedermi come mai la comunità islamica
nazionale deleghi alla Caritas una simile incombenza.
E me lo chiedo talmente tanto da dire a qualche leader islamico nazionale che,
guarda, ci sono dei soldi che dovresti dare a me, giusto?
Ecco: non me li dare.
Dalli alla Caritas, piuttosto.
Perché così riflettete.
Perché così ve lo chiedete, come mai la Caritas le aiuti, queste donne della comunità, e voi
no.
Mi pareva che il punto fosse questo.
Non mi pareva che il punto fosse una mia improvvisa fregola di
beneficenza cattolicheggiante.
E mi pareva che fosse proprio questo, il motivo per cui era così difficile
trovare un accordo su questo punto con il mio ex: per il significato
simbolico della cosa, con tutta l’assunzione di responsabilità che questo
simbolismo comportava.
E invece no: la Valent,
il Martinez e compagnia erano molto compresi nella beneficenza alla
Caritas in sé, scopro adesso.
Ero io che dovevo versare dei soldi alle suorine, apprendo.
Non era un leader nazionale islamico a doverlo fare, e per giunta con
soldi a cui io rinunciavo.
No: il punto era che le suorine avessero ‘sti soldi, non importa da chi.
Be’: io ho tolto un problema all’ex, invece, quando gli ho detto: “Ok,
lasciamo perdere”.
E, a quel punto, ho deciso di guadagnarmelo sul serio, il paradiso: mica dando
due lire alle suore, però. Denunciando Magdi Allam.
Affrontando ‘sta feccia di compagni.
Ognuno si guadagna il paradiso come vuole.
E, per inciso, alle Bahamas ci vado un altro giorno.
Con i quattrini di qualche nuovo ex marito, spero: noi “tardone sfatte”
combiniamo pur sempre un sacco di casini, a questi livelli, che vuoi che ti
dica: più di quanti ne combinino le morigerate signorine che si sono esibite –
e senza manco l’alzata d’orgoglio di farsi vedere in foto – nel famoso blog di
compagni del Compagno Martinez.
Se penso alle questioni che volevo sollevare, e poi guardo i compagni di
strada che mi ero scelta, non so davvero se ridere o piangere.
Come dicevo, qui non si sfugge dal grottesco.
Però, insomma, mi è successo e me lo vivo.
Semplicemente.
E quindi, concludendo:
1. La
RCS Quotidiani dichiara che Magdi
Allam ha ricevuto la mia email da uno dei suoi destinatari, di cui ho
reso pubblici i nomi.
Torno a chiedere a queste persone di sollevare pubblicamente Allam da ogni
eventuale obbligo di riservatezza nei loro confronti, a salvaguardia del loro
stesso buon nome e per evitare che sospetti infamanti ricadano su chi, tra
questi destinatari, è innocente.
2. Chiedo a Dacia Valent e company di
autorizzarmi a mettere a disposizione il file audio da noi registrato
il 4 dicembre scorso, dal quale emergono in modo chiaro e netto le mie posizioni
anti-scandalo sulla nota vicenda e, incidentalmente, anche la rottura in
diretta telefonica tra la
Valent e l’UCOII che, successivamente, condurrà
quest’ultima alla “caccia al poligamo dell’Ucoii” che tanti problemi ha dato a
tutti noi.
3. Chiedo a Miguel Martinez di
autorizzarmi a pubblicare le email che ci siamo scambiati nel periodo in cui
lui affermava su internet che “lui sapeva come era andata la vicenda”, che “le
cose non erano come sembravano” e che io avevo “disagi psicologici e necessità
di denaro”.
4. Chiedo a tutta ‘sta gente di documentarla, l’esistenza
dei “2000 grandi elettori musulmani”, ché altrimenti rischiano di dovermi dare
ragione e di tenersi tanta balla a mo’ di simbolo di una più generica mancanza
di trasparenza (la chiamiamo così?) che, per la sottoscritta, non
fa altro che rappresentare un problema da oltre un anno della sua vita.
5. Infine: scusate, ragazzi, ma sui blog si usano i link, se posso
ricordarvelo.
Avete scritto un
comunicato congiunto che si riferisce a me.
Vi dispiace linkarlo almeno a questo post, giusto perché i
vostri lettori possano capire di cosa diavolo parlate?
Alla fine, io posso solo dirmi: “Tu pensa in che ambiente sono finita,
per avere scritto un po’ di post carini dall’Egitto…”
Evvabbe’.
E pensa che lo rifarei persino.
Togliendo l’ambiente in questione, ovviamente.
Tenendomi solo il piacere di raccontare quello che vedevo allora.
Infine: tu, Dacia, mi hai pubblicamente minacciato di venire a Genova a fare
chissà che sfaceli.
Pensaci bene.
Perché querelarti, come sai, è inutile e non porta a nulla.
Ma se mi capitasse di vedermi sfiorare anche solo mezzo capello, guarda, io
giuro su Dio che qualcuno di voi ce lo mando, in galera.