Intrigo blog (IV): del “ci sono” o “ci fanno” (Miguel Martinez & c.,
ovviamente)
luglio 2007
C’è un limite insormontabile, nelle discussioni su internet, ed è la mala
fede altrui.
Quando c’è, è inutile stare a discutere: ci si incarta e basta. Tu vuoi dire
una cosa e quella cosa viene manipolata fino a che non la riconosci manco più.
Lo sappiamo tutti.
E allora è inutile perdere tempo.
Andiamo al grano e amen.
Fino a che punto ha intenzione di capovolgere la realtà, ‘sta gente?
Lo vogliamo cercare di capire, chi è la persona all’interno di
un gruppo ristrettissimo che fa l’informatore di Magdi Allam, o no?
Ma a parlare chiaro, siete capaci?
O sapete solo spargere fango?
E’ venuto fuori il nome di Omar
Camiletti, nei commenti su Kelebek,
indicato da un commentatore come informatore di Allam.
Siete d’accordo, voi tre?
E’ stato lui?
Miguel: mi vuoi autorizzare o no a pubblicare la email in cui mi racconti di
esserti messo a convincere la
Valent a non dargli gli header della mia email?
Ti vuoi assumere la responsabilità di quello che mi hai scritto, o
no?
E se non te la vuoi assumere, mi spieghi perché?
Io non l’ho mai visto, Camiletti: l’ho trattato amichevolmente per
un periodo perché era amico della Valent. Tantomeno ho mai autorizzato Dacia a
dargli alcuna mia email.
Se Dacia lo afferma, che lo provi.
Se ritenete che la talpa sia lui, ditelo.
E ditemi anche, a quel punto, come mai Dacia lo difendeva tanto, nel suo post di
gennaio.
Se voi lo dite chiaramente, che lui aveva quell’email, gli si chiede
la liberatoria pure a lui.
Ma se voi non parlate chiaro, io non posso andare a chiedere conto ad
altri delle frasette che insinuate tra le righe facendo passare ME per quella
oscuramente coinvolta in chissà cosa.
Perché, siccome non ho mai autorizzato nessuno a dargli alcuna mia
email, non ho nemmeno elementi per comportarmi come se lo considerassi un
destinatario della stessa.
Né per chiedergli liberatorie, quindi.
E quindi: me lo volete dire chiaramente, se lui è un destinatario,
oppure no?
Vedo andare in onda da mesi il peggio di internet, in quella che
dovrebbe essere la parte politicamente impegnata della rete.
I troll, le calunniette, le insinuazioni, i ricattucci, gli anonimati e
ogni possibile campionario di schifezza.
Quella cosa che su internet viene benissimo, che è sollevare polveroni
fino a quando non si capisce più un cavolo di cosa succede.
Ci vuole una malafede ferrea, per portare avanti una cosa del
genere.
Di quale intreccio di grandi vigliaccherie e piccoli interessi si
alimenta, tanta mala fede?
Avete scritto un post in cui manipolate coscientemente cose scritte
negli stralci di
sentenza che io
stessa ho postato, fingendo che ci si riferisca a delle presunte “ulteriori”
corrispondenze da lei scambiate con il giornalista in questione
in quella che è una frase in cui c’è scritto “ricorrente”, non “giornalista”.
Una ve lo spiega,
e fate orecchie da mercante.
Si chiede gentilmente al Martinez di correggere il post, e lui finge di
non capire.
Fingere di non capire la differenza tra “giornalista” e “ricorrente”,
ma a chi la volete dare a bere?
E tutte quelle minacce, le pubblicazioni di nomi e cognomi, il
vantarsi pubblicamente di possedere registrazioni di telefonate come se fosse
normale che, mentre due amiche parlano, l’una registri l’altra per ricattarla
in seguito.
Ma che roba è??
Io ce l’ho, una registrazione: quella della mia intervista a Sherif,
e ce l’ho in rete.
Autorizzatemi, e la linko.
Cosa ci vuole?
Cosa c’è da nascondere?
Perché in quella registrazione emerge chiaramente, la mia posizione
antiscandalo, così come, casualmente, va in onda la diretta della rottura
dell’Ucoii con Dacia, avvenuta proprio mentre stavamo registrando.
E non potrebbe essere più lontana dal clima che dipingete nelle vostre
insinuazioni, la realtà di quello che ci si dice in quella registrazione.
Ed è una registrazione legale, tra l’altro, se la parola ha un
significato per voi.
Fatta con il consenso di tutti coloro che vi compaiono.
Non è una roba illegale, fatta di nascosto.
La capite, la differenza?
Perché, poi, qui mi ritrovo anche a sentirmi chiedere come mai non
la querelo, certa gente.
E cosa la querelo a fare, una Valent che ha già non so quante denunce
sulle spalle, di suo?
Una che spaccia per coraggioso un
post che si può efficacemente sintetizzare così:
Allora, sappiate che il vero nome di Lia di Haramlik è questo che vi
scrivo per esteso e, visto che fa la prof, aggiungo anche che è una
troia-mignotta-che fa tanto sesso sempre-e poi è grassa-brutta-depilata-e-stupra-i-criceti.
Cippalippa. Marameo. E adesso denunciami, dai! Denunciami se hai coraggio!
Perché io sono coraggiosissima, a fare il tuo nome e cognome, e se sei
coraggiosa pure tu mi devi denunciare!
Ma quale coraggio?
Il coraggio si ha quando si rischia qualcosa, a casa mia.
E tu, Dacia, sei vigliacchissima per il semplice motivo che non rischi
niente.
Non hai un lavoro. Non hai un reddito. Sei sotto sfratto in casa e
in ufficio. Coltivi debiti inesigibili e vivi di non si sa cosa: di idee
brillanti, che altri definerebbero “espedienti”.
A cosa ti si condanna, dopo che una ti ha querelato?
Avrebbe la stessa efficacia, e lo stesso significato, di una querela
fatta al barbone alcolizzato che ti insolentisce in metropolitana, una querela
fatta a te.
E mi costerebbe soldi che mi servono per vivere, visto che io non
coltivo l’arte della raccolta di donazioni a sfondo “politico” e non mi invento
identità e associazioni islamiche farlocche.
Avrei trovato molto più coraggioso che tu lo accompagnassi con una
tua foto, quel post: sarebbe stata anche una cortesia nei confronti dei tuoi
lettori, a cui avresti fornito una maggiore completezza di informazioni.
Perché puoi descrivermi come ti pare, Daciuzza – anche se, francamente,
credevo che le donne smettessero di scendere a quei livelli verso i 13 anni –
ma rimane il fatto che, se proprio sono questi, gli argomenti che ti piace
coltivare, faresti meglio a ricordare che un simile metodo, applicato a te,
risulterebbe molto più spietato.
Eccheccavoli.
Dacia: lo vuoi spiegare, come mai dicevi che mi avresti smentito se
io avessi smentito Allam, il giorno in cui uscì l’articolo?
Raccontate un sacco di balle, peraltro in assoluta contraddizione
con tutto ciò che possiedo a livello di email, chat etc.
Ed io che dovrei fare?
Comportarmi come la peggiore feccia di internet e pubblicare cose senza
autorizzazione?
Nah.
Io ve la chiedo, l’autorizzazione.
E non è bello che facciate orecchie da mercante.
Vi ho chiesto di mandare una liberatoria ad Allam che, in una
sentenza del Garante in cui i destinatari della email sono indicati come “il
ricorrente e quattro testimoni esclusivi”, dice di avere avuto la email da uno
dei destinatari, appunto.
E non c’è verso: vi inventate di tutto, pur di non mandarla.
Io dovrei, secondo voi, andare a chiedere al mio avvocato di
scrivere a Magdi Allam – con cui sono in causa e non mi metto a scrivergli
direttamente, quindi – per liberarlo da presunti impegni presi con me quale
“destinataria” della mia stessa email quando ne sono, evidentemente, la
mittente.
Ma che livello di nonsense è?
L’avvocato mi ha preso per pazza, ieri, quando gliel’ho detto al
telefono.
E per dimostrare cosa, poi, quando l’ho già denunciato, Magdi Allam??
Mi chiedete una lista dei destinatari dell’email, come se io
l’avessi fatta circolare chissà dove.
Io, Dacia, ti ho chiesto di inoltrare l’email a una persona, e
quella persona è il presidente dell’Ucoii.
E ti ho chiesto di farlo perché tu lo conoscevi e io no, e tu stessa ti
eri offerta di spiegargli tutta la faccenda giacché desideravo averlo come
mediatore, cosa che peraltro accettò di fare.
Tu stessa glielo ricordi, e in questi termini, nella registrazione che
venne fuori dalla mia intervista a Sherif e che possiedo in file audio. Mi
basta la tua autorizzazione per pubblicarla.
Tu poi decidesti, di tua iniziativa, di spedirla alla responsabile
delle Pari Opportunità dell’Ucoii, e me lo dicesti solo a cosa fatte.
Accolsi la notizia con rassegnazione: c’era di buono che non era una
persona nelle cui mani quell’email corresse rischi.
Hai raccontato a un sacco di gente che io ti avrei chiesto di
inoltrarla anche all’amico tuo: non è vero.
Non avrei avuto nessun motivo per chiedertelo, visto che con lui parlavo
direttamente e che avevo tranquillamente accesso ai computer, come si deduce
dal fatto che ho un blog e che ho gestito personalmente i miei scambi con lui,
a partire dall’intervista che gli feci e che richiese diverse email reciproche.
E mi venite a chiedere di fare liste dei destinatari quando io non
ho la più pallida idea di cosa ne abbia fatto, Dacia, di quella email.
E lo sapete.
Il bello è che lo sapete.
Ce lo siamo detti, ne abbiamo parlato in chat. Le potrei pubblicare
adesso, quelle chat, se sapessi sprofondare ai vostri livelli.
E invece, ancora, vi chiedo di autorizzarmi: avete qualcosa da
nascondere, voi?
Qualcuno mi chiede per quale motivo io mi sia messa ad affrontare
tutta questa porcheria.
Perché lo faccio?
Già.
Perché mi volete spingere a una viltà che mi infastidisce,
francamente.
A un tacere per il quieto vivere, facendo finta di non avere visto la
quantità di schifezze che ho visto in questi mesi.
E non mi sta bene, che volete che vi dica.