Da Franco Damiani ricevo (via Facebook) e
pubblico:
pubblico:
“Shoah: se
l’intellettuale finge di non sapere” (nuova risposta a Furio Colombo)
l’intellettuale finge di non sapere” (nuova risposta a Furio Colombo)
Non
contento di averlo proclamato solennemente qualche giorno fa, Furio Colombo
ribadisce sul “Fatto” di domenica 3 novembre il suo anatema nei
confronti del “negazionismo” e il suo favore per la legge,
momentaneamente accantonata, che dovrebbe punirlo. Anzi stavolta, a scanso di
equivoci, l’anatema è esteso, come per ogni scomunica che si rispetti, anche al
semplice agnosticismo (titolo: “Shoah: se l’intellettuale finge di non
sapere”). Dunque, sull'”Olocausto” non è lecito avere neanche il
minimo dubbio, pena la galera. Il riferimento è ovviamente al matematico
Odifreddi, che si è limitato ad ammettere onestamente (lo facessero in tanti)
di avere sul tema informazioni da una sola parte. No, tuona Colombo, tutti
devono avere un’opinione sull'”Olocausto”. Quale? Ma quella di
Colombo, si capisce. Perché, forse Odifreddi non ha opinioni sul Risorgimento,
sul New Deal, sulla guerra italiana in Abissinia, su Cefalonia? domanda
causticamente l’articolista. Quest’ultimo riferimento richiederebbe un commento
a parte, ma per ora soprassediamo. Sento già Odifreddi rispondere: certo, ho
delle opinioni, ma sono consapevole, come per l'”Olocausto”, che di
opinioni si tratta e non di verità assolute. Al rogo! risponde il democratico
Colombo. Infatti l’incredibile assunto dell’articolo è che ci vuole una legge
per “indicare ai giovani che cosa sia il male da non ripetere mai
più” (parole di Liliana Picciotto, autrice di un libro “che lista, nome per nome e circostanza
per circostanza, l’arresto e la deportazione degli ebrei italiani”,
arresto e deportazione che nessuno ovviamente contesta ma che non ha nulla che
vedere con il dibattito sull'”Olocausto”). Viene, o meglio ritorna
prepotente a questo punto il dubbio che Colombo non abbia la più pallida idea
di che cosa sia il revisionismo olocaustico, quali i suoi obiettivi, quali i
suoi contenuti e quali i suoi metodi, e che quindi stia combattendo una
donchisciottesca battaglia contro un nemico inventato e inesistente (in due
articoli non ha fatto un solo nome di revisionista importante) per
“ingessare” la ricerca storica…al livello (infimo) cui sono le sue
conoscenze, cioè per impedire che si sappia in giro quanto lui è ignorante! Che
cos’è l'”Olocausto”, signor Colombo, viene di nuovo da domandargli? E
chi lo “nega”? Che c’entrano il bene e il male? La storia è prima di
tutto ricerca della verità, oppure per combattere il presunto male si può anche
mentire? Si possono attribuire al nemico anche azioni che non ha commesso? Notiamo che potenzialmente il cappio della
legge dovrebbe estendersi agli altri avvenimenti la cui interpretazione il
povero Colombo ritiene inconfutabile: il Risorgimento (figuriamoci), il New
Deal (rifiguriamoci), la guerra italiana in Abissinia, persino Cefalonia, dove
ogni persona onesta sa che da settant’anni si stanno spacciando menzogne per
verità: chiedere all’avv. Massimo Filippini. Insomma la legge dovrebbe
stabilire (ripeto) che l’interpretazione della storia di Furio Colombo è
l’unica lecita. O così o in galera. Se non siamo in piena demenza, ditemi voi
dove siamo. Gli esempi addotti fanno ancor più rabbrividire. “Nel Paese
del Ku Klux Klan e dei prolungati linciaggi dei neri, il Congresso americano,
fin da prima delle leggi sui diritti civili, aveva dichiarato reato negare la
liberazione degli schiavi come scopo della Guerra di Secessione (1868). Nel
1988 una studentessa che aveva esposto alla finestra della sua stanza, nel
campus dell’Università di Harvard, la bandiera schiavista, è stata espulsa dal
presidente di quella università, dopo che la studentessa aveva rifiutato di
rimuovere il vessillo, che chiamava “la sua bandiera”. Non è stata accettata
l’ipotesi dello scherzo o della bravata, sostenuto dai legali della famiglia
(famosa per le donazioni a quella università). È stata dichiarata
“inaccettabile, offensiva e pericolosa” la negazione di un episodio
fondamentale della storia americana”. Che la guerra di Secessione non sia
stata combattuta per la liberazione degli schiavi ma per interessi economici
non lo dico solo io, modesto insegnante, ma fior di storici e, tra i
divulgatori, Rino Cammilleri in “Fregati dalla scuola”. Mi sembra
strano che negli Stati Uniti, paese del Primo Emendamento, sia reato discutere
l’interpretazione di un fatto e dirsi a favore dei Sudisti, ma il punto è che
qui ancora una volta non si tratta di fatti storici, ma della loro
INTERPRETAZIONE, il che conferma che per Colombo la questione olocaustica non è
una questione storica, ma una questione morale. Non conoscendo nulla del
revisionismo (arriva perfino a dire che Shlomo Venezia, ridicolizzato da
Mattogno, non ha ricevuto “alcuna smentita”!) crede, lo sciagurato,
che i revisionisti (molti dei quali, l’avevo scritto l’altra volta – ma Colombo
non ha tempo di leggere le mie lettere – di sinistra o addirittura giudei)
nutrano lo scopo inconfessato di “riabilitare il nazionalsocialismo”
quando il loro intento, molto più modestamente, è di “riabilitare” la
verità, calpestata e ignominiosamente offesa da settant’anni di propaganda. Il
giudizio morale verrà dopo. E la ricerca storica dev’essere il più libera
possibile, specie sugli avvenimenti più vicini e più brucianti, proprio a
garanzia che essa non sia “una continuazione della guerra con altri
mezzi”, come purtroppo il più delle volte avviene.
contento di averlo proclamato solennemente qualche giorno fa, Furio Colombo
ribadisce sul “Fatto” di domenica 3 novembre il suo anatema nei
confronti del “negazionismo” e il suo favore per la legge,
momentaneamente accantonata, che dovrebbe punirlo. Anzi stavolta, a scanso di
equivoci, l’anatema è esteso, come per ogni scomunica che si rispetti, anche al
semplice agnosticismo (titolo: “Shoah: se l’intellettuale finge di non
sapere”). Dunque, sull'”Olocausto” non è lecito avere neanche il
minimo dubbio, pena la galera. Il riferimento è ovviamente al matematico
Odifreddi, che si è limitato ad ammettere onestamente (lo facessero in tanti)
di avere sul tema informazioni da una sola parte. No, tuona Colombo, tutti
devono avere un’opinione sull'”Olocausto”. Quale? Ma quella di
Colombo, si capisce. Perché, forse Odifreddi non ha opinioni sul Risorgimento,
sul New Deal, sulla guerra italiana in Abissinia, su Cefalonia? domanda
causticamente l’articolista. Quest’ultimo riferimento richiederebbe un commento
a parte, ma per ora soprassediamo. Sento già Odifreddi rispondere: certo, ho
delle opinioni, ma sono consapevole, come per l'”Olocausto”, che di
opinioni si tratta e non di verità assolute. Al rogo! risponde il democratico
Colombo. Infatti l’incredibile assunto dell’articolo è che ci vuole una legge
per “indicare ai giovani che cosa sia il male da non ripetere mai
più” (parole di Liliana Picciotto, autrice di un libro “che lista, nome per nome e circostanza
per circostanza, l’arresto e la deportazione degli ebrei italiani”,
arresto e deportazione che nessuno ovviamente contesta ma che non ha nulla che
vedere con il dibattito sull'”Olocausto”). Viene, o meglio ritorna
prepotente a questo punto il dubbio che Colombo non abbia la più pallida idea
di che cosa sia il revisionismo olocaustico, quali i suoi obiettivi, quali i
suoi contenuti e quali i suoi metodi, e che quindi stia combattendo una
donchisciottesca battaglia contro un nemico inventato e inesistente (in due
articoli non ha fatto un solo nome di revisionista importante) per
“ingessare” la ricerca storica…al livello (infimo) cui sono le sue
conoscenze, cioè per impedire che si sappia in giro quanto lui è ignorante! Che
cos’è l'”Olocausto”, signor Colombo, viene di nuovo da domandargli? E
chi lo “nega”? Che c’entrano il bene e il male? La storia è prima di
tutto ricerca della verità, oppure per combattere il presunto male si può anche
mentire? Si possono attribuire al nemico anche azioni che non ha commesso? Notiamo che potenzialmente il cappio della
legge dovrebbe estendersi agli altri avvenimenti la cui interpretazione il
povero Colombo ritiene inconfutabile: il Risorgimento (figuriamoci), il New
Deal (rifiguriamoci), la guerra italiana in Abissinia, persino Cefalonia, dove
ogni persona onesta sa che da settant’anni si stanno spacciando menzogne per
verità: chiedere all’avv. Massimo Filippini. Insomma la legge dovrebbe
stabilire (ripeto) che l’interpretazione della storia di Furio Colombo è
l’unica lecita. O così o in galera. Se non siamo in piena demenza, ditemi voi
dove siamo. Gli esempi addotti fanno ancor più rabbrividire. “Nel Paese
del Ku Klux Klan e dei prolungati linciaggi dei neri, il Congresso americano,
fin da prima delle leggi sui diritti civili, aveva dichiarato reato negare la
liberazione degli schiavi come scopo della Guerra di Secessione (1868). Nel
1988 una studentessa che aveva esposto alla finestra della sua stanza, nel
campus dell’Università di Harvard, la bandiera schiavista, è stata espulsa dal
presidente di quella università, dopo che la studentessa aveva rifiutato di
rimuovere il vessillo, che chiamava “la sua bandiera”. Non è stata accettata
l’ipotesi dello scherzo o della bravata, sostenuto dai legali della famiglia
(famosa per le donazioni a quella università). È stata dichiarata
“inaccettabile, offensiva e pericolosa” la negazione di un episodio
fondamentale della storia americana”. Che la guerra di Secessione non sia
stata combattuta per la liberazione degli schiavi ma per interessi economici
non lo dico solo io, modesto insegnante, ma fior di storici e, tra i
divulgatori, Rino Cammilleri in “Fregati dalla scuola”. Mi sembra
strano che negli Stati Uniti, paese del Primo Emendamento, sia reato discutere
l’interpretazione di un fatto e dirsi a favore dei Sudisti, ma il punto è che
qui ancora una volta non si tratta di fatti storici, ma della loro
INTERPRETAZIONE, il che conferma che per Colombo la questione olocaustica non è
una questione storica, ma una questione morale. Non conoscendo nulla del
revisionismo (arriva perfino a dire che Shlomo Venezia, ridicolizzato da
Mattogno, non ha ricevuto “alcuna smentita”!) crede, lo sciagurato,
che i revisionisti (molti dei quali, l’avevo scritto l’altra volta – ma Colombo
non ha tempo di leggere le mie lettere – di sinistra o addirittura giudei)
nutrano lo scopo inconfessato di “riabilitare il nazionalsocialismo”
quando il loro intento, molto più modestamente, è di “riabilitare” la
verità, calpestata e ignominiosamente offesa da settant’anni di propaganda. Il
giudizio morale verrà dopo. E la ricerca storica dev’essere il più libera
possibile, specie sugli avvenimenti più vicini e più brucianti, proprio a
garanzia che essa non sia “una continuazione della guerra con altri
mezzi”, come purtroppo il più delle volte avviene.
Poniamo
che a qualcuno saltasse in mente di rovesciare la posizione di Colombo, e
convinti della falsità della vulgata olocaustica (e sinceramente fra lo
sprovveduto Colombo e il grande Mattogno o il grande Faurisson non ho il minimo
dubbio su chi sia più attendibile) noi proponessimo la galera per chi la
divulga. Che direbbe il nostro eroe? Quale parametro usare per stabilire che
un’opinione (giacché la sua può girarla quanto vuole ma sempre un’opinione
rimane) è più valida di un’altra, se non l’autorevolezza di chi la sostiene e
la ricchezza e fondatezza delle argomentazioni? Dov’è finito il “dubbio
laico”, “padre del sapere” secondo tutta la scuola di pensiero
che nel “Fatto”, paladino della Costituzione, ha uno degli organi più
tipici? E il principio democratico che le opinioni vanno tutelate perché anche
nella più sordida ci può essere una scintilla di verità? No no, qui siamo come
è evidente ben al di là del tutto questo, siamo nel campo teologico, nel campo
mistico, nel campo metafisico. I nostri eroi vogliono la punizione “come
atto altamente simbolico” per chi si azzarda a mettere in discussione il
Caposaldo Unico del loro pensiero (mai verificato, ma imparato da bambini come
una volta si imparavano le preghiere), per chi bestemmia l’unica religione che
è loro rimasta, a conferma che anche i laici più laici hanno bisogno di porre
un limite, di ipostatizzare un Assoluto, di inventarsi una Divinità cui
compiere sacrifici rituali (in questo caso dei malcapitati revisionisti). Si incominci dunque a spostare il dibattito:
dovrebbe essere evidente a tutti che non si tratta più di dibattito storico ma
di dibattito teologico. I cattolici vogliano prenderne buona nota.
che a qualcuno saltasse in mente di rovesciare la posizione di Colombo, e
convinti della falsità della vulgata olocaustica (e sinceramente fra lo
sprovveduto Colombo e il grande Mattogno o il grande Faurisson non ho il minimo
dubbio su chi sia più attendibile) noi proponessimo la galera per chi la
divulga. Che direbbe il nostro eroe? Quale parametro usare per stabilire che
un’opinione (giacché la sua può girarla quanto vuole ma sempre un’opinione
rimane) è più valida di un’altra, se non l’autorevolezza di chi la sostiene e
la ricchezza e fondatezza delle argomentazioni? Dov’è finito il “dubbio
laico”, “padre del sapere” secondo tutta la scuola di pensiero
che nel “Fatto”, paladino della Costituzione, ha uno degli organi più
tipici? E il principio democratico che le opinioni vanno tutelate perché anche
nella più sordida ci può essere una scintilla di verità? No no, qui siamo come
è evidente ben al di là del tutto questo, siamo nel campo teologico, nel campo
mistico, nel campo metafisico. I nostri eroi vogliono la punizione “come
atto altamente simbolico” per chi si azzarda a mettere in discussione il
Caposaldo Unico del loro pensiero (mai verificato, ma imparato da bambini come
una volta si imparavano le preghiere), per chi bestemmia l’unica religione che
è loro rimasta, a conferma che anche i laici più laici hanno bisogno di porre
un limite, di ipostatizzare un Assoluto, di inventarsi una Divinità cui
compiere sacrifici rituali (in questo caso dei malcapitati revisionisti). Si incominci dunque a spostare il dibattito:
dovrebbe essere evidente a tutti che non si tratta più di dibattito storico ma
di dibattito teologico. I cattolici vogliano prenderne buona nota.
FINE DEL TESTO DI FRANCO DAMIANI
Ricordo che il testo di Carlo
Mattogno su Shlomo Venezia citato
da Damiani è disponibile al seguente link:
Mattogno su Shlomo Venezia citato
da Damiani è disponibile al seguente link:
Credo che sia aberrante e medievale non solo punire la libera interpretazione dei fatti stotici ma anche la stessa negazione degli stessi sia che sia dovuta ad ignoranza sia a mala fede. Se qualcuno fosse così ignorante o ridicolo da negare l'esistenza stessa dell'intera seconda guerra mondiale sarebbe un problema esclusivamente suo e dei quattro gatti che mai dovessero dargli retta. È ciò vale per qualiasi fatto storico che tanto più è vero tanto meno dovrebbe temere di essere negato. Come cristiano non impedirei mai a nessuno di negare la crocifissione o la stessa esistenza storica di Cristo come pure viene fatto da secoli da detrattori d'ogni sorta.