CONVIENE AGLI EBREI CAPEGGIARE LA PIAZZA?
(La Stanza di Montanelli del 10 novembre 1996):
(La Stanza di Montanelli del 10 novembre 1996):
Conviene
agli ebrei capeggiare la piazza? Caro Montanelli, Dispiace, e fa orrore
perfino, dover ricorrere a certi conteggi. Ma quando un padre Augusto Luca di
Parma si chiede perche’ nel reclamare giustizia nel caso Priebke “gli
ebrei sono stati in prima fila se le vittime ebree delle Fosse Ardeatine furono
poco piu’ di 70 su 335” (Corriere, 27 ottobre) allora il ricorso alle
cifre si rende non soltanto utile, ma, direi, necessario. Gli ebrei italiani,
al momento dell’ emanazione delle leggi razziali, erano circa trentamila, un
terzo dei quali, come conseguenza di quelle, presero la via dell’ esilio. Nel
migliore dei casi rappresentavano cioe’ lo 0,06 per cento della popolazione. Il
loro contributo di sangue, in quella spaventosa tragedia, fu dell’ ordine del
20 per cento. Erano stati detenuti e avviati al massacro unicamente perche’
ebrei. Tra essi un’ intera famiglia, compreso un adolescente. Non fu dunque
genocidio, e sia pure uno dei tanti episodi? Come puo’ dubitare lei,
Montanelli, che la strage delle Ardeatine appartenga, anche se non ad essi
soltanto, agli ebrei? E una domanda ancora vorrei rivolgere sia a lei sia al
suo interlocutore di Parma. Hanno mai sentito dalle labbra di quel vecchietto,
oggetto della loro pieta’ , una parola, una sola parola di recriminazione per
l’ accaduto, di pieta’ per le vittime? Ma forse la sua impassibilita’ e’ dovuta
al fatto che sa di venire giudicato in un Paese civile, che ha abolito la pena
di morte e, nel suo caso, anche quella di reclusione. Puo’ temere, al massimo,
una condanna morale, con gli ebrei in prima fila a richiederla, e con essi
tantissimi altri, e non certo in seconda fila. Fabio Della Seta, Roma
agli ebrei capeggiare la piazza? Caro Montanelli, Dispiace, e fa orrore
perfino, dover ricorrere a certi conteggi. Ma quando un padre Augusto Luca di
Parma si chiede perche’ nel reclamare giustizia nel caso Priebke “gli
ebrei sono stati in prima fila se le vittime ebree delle Fosse Ardeatine furono
poco piu’ di 70 su 335” (Corriere, 27 ottobre) allora il ricorso alle
cifre si rende non soltanto utile, ma, direi, necessario. Gli ebrei italiani,
al momento dell’ emanazione delle leggi razziali, erano circa trentamila, un
terzo dei quali, come conseguenza di quelle, presero la via dell’ esilio. Nel
migliore dei casi rappresentavano cioe’ lo 0,06 per cento della popolazione. Il
loro contributo di sangue, in quella spaventosa tragedia, fu dell’ ordine del
20 per cento. Erano stati detenuti e avviati al massacro unicamente perche’
ebrei. Tra essi un’ intera famiglia, compreso un adolescente. Non fu dunque
genocidio, e sia pure uno dei tanti episodi? Come puo’ dubitare lei,
Montanelli, che la strage delle Ardeatine appartenga, anche se non ad essi
soltanto, agli ebrei? E una domanda ancora vorrei rivolgere sia a lei sia al
suo interlocutore di Parma. Hanno mai sentito dalle labbra di quel vecchietto,
oggetto della loro pieta’ , una parola, una sola parola di recriminazione per
l’ accaduto, di pieta’ per le vittime? Ma forse la sua impassibilita’ e’ dovuta
al fatto che sa di venire giudicato in un Paese civile, che ha abolito la pena
di morte e, nel suo caso, anche quella di reclusione. Puo’ temere, al massimo,
una condanna morale, con gli ebrei in prima fila a richiederla, e con essi
tantissimi altri, e non certo in seconda fila. Fabio Della Seta, Roma
Caro Della Seta, Su due punti sono d’ accordo
con lei. Il primo e’ che certi conteggi, piu’ che metterci a disagio, suscitano
orrore. Il secondo e’ che il contributo di vittime dato dagli ebrei ai massacri
di mano nazista di cui anche l’ Italia ha sofferto da’ loro, ad abundantiam, il
diritto di stare in prima fila nella richiesta di giustizia. Viceversa, non
sono affatto d’ accordo con lei nel qualificare le Ardeatine “un episodio
del genocidio” perche’ non lo furono, in quanto i 70 ebrei non furono
uccisi come e perche’ ebrei, ma come e perche’ ostaggi al pari degli altri 265.
Come al solito, e’ vero, gli ebrei pagarono, proporzionalmente, piu’ di tutti
gli altri. Ma non furono scelti, fra gl’ inquilini delle prigioni romane,
perche’ ebrei. Lo ha riconosciuto, se le sue parole sono state esattamente
riferite (e non ricordo che siano state smentite), anche la signora Zevi. Pur
senza mettere in dubbio il diritto degli ebrei alla priorita’ nella gerarchia
delle parti lese, essa ha detto chiaro e tondo che le Ardeatine, anche se fanno
parte dell’ Olocausto, non appartengono al genocidio. E francamente, caro Della
Seta, non vedo perche’ gli ebrei dovrebbero sentirsi offesi da questa
rubricazione che non mi sembra cambi qualcosa al loro sacrificio. In un’ altra
cosa dissento da lei: nel deplorare la mancanza di contrizione da parte del
“vecchietto”. La sincerita’ di certi gesti e’ sempre opinabile. Ma
quello di andare sul luogo del delitto e di chiederne perdono, Priebke lo ha
compiuto. E veniamo a cio’ che di questo affaire conta. Quando si apri’ questo
processo, io scrissi che, non potendosi concludere con una condanna
“effettiva”, esso poteva avere un senso solo: di chiamare sul banco
degl’ imputati la pratica della “rappresaglia”, seguita da tutti gli
eserciti belligeranti, e da cui nascono gli episodi come le Ardeatine. Questo
e’ tanto vero che ora la Corte, intestardita a fare il processo a Priebke come
vuole la piazza, o per lo meno la piazza che si fa sentire, non sa come
uscirne, e lascia l’ imputato in un limbo che non puo’ non far inorridire
chiunque abbia il piu’ elementare senso del Diritto. A questo punto mi
permetta, caro Della Seta, di rivolgerle una domanda rude, se non addirittura
brutale: conviene (dico conviene) agli ebrei italiani capeggiare una simile
piazza? Glielo chiedo da amico degli ebrei, quale lei deve sapere che io sono,
e non da oggi. La esento dal rispondermi. Mi contento che ci pensi e che ci
faccia, se possibile, pensare qualche suo correligionario.
con lei. Il primo e’ che certi conteggi, piu’ che metterci a disagio, suscitano
orrore. Il secondo e’ che il contributo di vittime dato dagli ebrei ai massacri
di mano nazista di cui anche l’ Italia ha sofferto da’ loro, ad abundantiam, il
diritto di stare in prima fila nella richiesta di giustizia. Viceversa, non
sono affatto d’ accordo con lei nel qualificare le Ardeatine “un episodio
del genocidio” perche’ non lo furono, in quanto i 70 ebrei non furono
uccisi come e perche’ ebrei, ma come e perche’ ostaggi al pari degli altri 265.
Come al solito, e’ vero, gli ebrei pagarono, proporzionalmente, piu’ di tutti
gli altri. Ma non furono scelti, fra gl’ inquilini delle prigioni romane,
perche’ ebrei. Lo ha riconosciuto, se le sue parole sono state esattamente
riferite (e non ricordo che siano state smentite), anche la signora Zevi. Pur
senza mettere in dubbio il diritto degli ebrei alla priorita’ nella gerarchia
delle parti lese, essa ha detto chiaro e tondo che le Ardeatine, anche se fanno
parte dell’ Olocausto, non appartengono al genocidio. E francamente, caro Della
Seta, non vedo perche’ gli ebrei dovrebbero sentirsi offesi da questa
rubricazione che non mi sembra cambi qualcosa al loro sacrificio. In un’ altra
cosa dissento da lei: nel deplorare la mancanza di contrizione da parte del
“vecchietto”. La sincerita’ di certi gesti e’ sempre opinabile. Ma
quello di andare sul luogo del delitto e di chiederne perdono, Priebke lo ha
compiuto. E veniamo a cio’ che di questo affaire conta. Quando si apri’ questo
processo, io scrissi che, non potendosi concludere con una condanna
“effettiva”, esso poteva avere un senso solo: di chiamare sul banco
degl’ imputati la pratica della “rappresaglia”, seguita da tutti gli
eserciti belligeranti, e da cui nascono gli episodi come le Ardeatine. Questo
e’ tanto vero che ora la Corte, intestardita a fare il processo a Priebke come
vuole la piazza, o per lo meno la piazza che si fa sentire, non sa come
uscirne, e lascia l’ imputato in un limbo che non puo’ non far inorridire
chiunque abbia il piu’ elementare senso del Diritto. A questo punto mi
permetta, caro Della Seta, di rivolgerle una domanda rude, se non addirittura
brutale: conviene (dico conviene) agli ebrei italiani capeggiare una simile
piazza? Glielo chiedo da amico degli ebrei, quale lei deve sapere che io sono,
e non da oggi. La esento dal rispondermi. Mi contento che ci pensi e che ci
faccia, se possibile, pensare qualche suo correligionario.
Pagina 29
(10 novembre 1996) – Corriere della Sera
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