temo – improvvide speranze la recente
sparata di Giorgia Meloni contro la
massoneria:
della credibilità prendersela con i “fratelli” e chiudere poi il proprio
intervento (punteggiato peraltro da riferimenti entusiastici proprio al
Risorgimento e ai suoi “fratelli” – come Goffredo
Mameli – che lei chiama “patrioti”) con l’esecuzione di “Fratelli d’Italia”
(come si può verificare dall’ascolto del video integrale della
Meloni):
ma soprattutto a chi pone in lei speranze (peraltro comprensibili, viste le
devastazioni prodotte dai “fratelli” nella politica – e nella società –
italiana), vorrei dedicare la seguente citazione, tratta dall’intervista di Ferruccio Pinotti allo storico (e
studioso di massoneria) Silvano Danesi,
intervista che costituisce uno dei momenti salienti del libro-inchiesta di
Pinotti intitolato, appunto, FRATELLI D’ITALIA[1]:
“A
favorire e proteggere lo sbarco in Sicilia dei Mille c’erano, al largo, le navi
della marina inglese; e si sa che il Gran Maestro della massoneria inglese è il
re. Affrontare la questione dell’influenza della massoneria sullo Stato
unitario è dunque entrare direttamente nel cuore del potere, ossia nel palazzo
del re. I primi passi dell’Italia unita sono guidati da un Parlamento in gran
parte costituito da massoni. Francesco Crispi, Agostino Depretis e Giuseppe
Zanardelli erano fratelli del 33° grado del Grande Oriente d’Italia. Del resto, l’incipit dell’inno nazionale è:
“Fratelli d’Italia …”. Vorrà pur dire qualcosa[2]”[3].
Lo stesso Danesi, sul Goffredo
nazionale, aggiunge:
prendersela con l’orchestra, quando
poi si continua a suonare (e a cantare) lo stesso spartito.
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