POLITICO-MILITARE
Seconda guerra mondiale, l’8 maggio 1945, tutti i partiti
politici, dalle Alpi alla Sicilia, mantengono in armi le proprie strutture che,
man mano, dovrebbero essere disarmate ma che, in realtà, consegnano solo quel
che basta per dare agli alleati la sensazione di aver provveduto alla
smobilitazione delle formazioni partigiane di partito, comuniste, azioniste,
democristiane, liberali.
impegnate in prima linea in due punti della penisola: la Sicilia, dove si
trovano a dover fronteggiare il movimento separatista, in forma ufficiale; e il
confine orientale con la Jugoslavia, dove non hanno alcuna possibilità
d’intervento perché tutto il Friuli Venezia Giulia permane sotto rigida
occupazione militare alleata.
guerra fra le potenze anglo-sassoni e la Jugoslavia perché quest’ultima non è
assolutamente in grado di sostenerla. Ne sono consapevoli i diplomatici
americani e britannici.
a Mosca invia al Foreign office il resoconto di un colloquio avuto con il suo
collega, americano, Walter Bedell Smith:
Mosca, abbia proposto ai russi di attaccare Trieste, e che questi abbiano
respinto il piano. Secondo il generale, i russi si rendono conto meglio di
chiunque altro, dei limiti delle armate partigiane; di conseguenza sono al
corrente della precarietà dell’attuale situazione jugoslava, soprattutto da un
punto di vista militare. A suo dire, in nessuna circostanza Mosca incoraggerà
Tito a rischiare uno scontro armato con le truppe alleate nella Venezia Giulia.
Sa benissimo che ciò porterebbe a un conflitto fra le truppe sovietiche e
l’esercito angloamericano che è ottimamente equipaggiato. I russi non desiderano in alcun
modo affrontare una simile situazione: non sarebbero così forti da scatenare
una guerra totale, anche se disponessero di un’iniziale superiorità
numerica”.
collega a Belgrado, invia a Londra una relazione nella quale non esita a
scrivere:
fiducia dell’Italia sostenendo le richieste jugoslave in una certa fase delle
trattative, e quelle di Roma in un momento successivo. Mosca non si cura degli
effetti di questo doppio gioco sulla Jugoslavia, che è già un paese a
influenza sovietica. Al contrario, l’Italia è fuori dal blocco russo e assume
quindi, sul lungo periodo, un’importanza maggiore nelle mire moscovite”.
ma il contenzioso con la Jugoslavia che ha pesantissimi riflessi sul piano
interno perché il Partito comunista italiano, diretto da Palmiro Togliatti, in
base alle direttive ricevute da Josip Stalin, sostiene le pretese del
maresciallo Josip Broz, detto “Tito”, su Trieste e Gorizia, consente al governo italiano,
presieduto da Alcide De Gasperi, ed allo Stato maggiore dell’esercito di
iniziare la costituzione di gruppi paramilitari clandestini in Friuli Venezia
Giulia.
irredente permette al governo ed all’esercito di anticipare quanto sarà, poi,
fatto negli anni successivi su tutto il territorio nazionale: inquadrare nei
gruppi clandestini, a fianco dei partigiani “bianchi”, i reduci della
Repubblica sociale italiana, che fanno fronte comune contro gli iugoslavi ed i
comunisti italiani, loro alleati, cementando una alleanza che si era già
formata, riservatamente, nel corso del conflitto quando i soli ad opporsi
all’avanzata del IX Corpus, in modo necessariamente diverso per la militanza
in campi avversi, erano stati i partigiani della divisione
“Osoppo-Friuli” al comando di Candido Grassi, “Verdi”, e i
battaglioni della Repubblica sociale italiana, in particolare quelli della
divisione di fanteria di marina “Decima” agli ordini di Junio Valerio
Borghese.
il nemico esterno (gli jugoslavi) si coniuga con quella contro il nemico
interno (i comunisti italiani) e il fronte interno anticomunista si salda e si
unisce dimenticando la passata contrapposizione politica ed ideologica.
del governo presieduto da Ferruccio Parri (24 novembre 1945) e la costituzione
del primo governo presieduto dal democristiano Alcide De Gasperi (10 dicembre
1945) , a Gorizia, il locale Comitato di liberazione nazionale costituisce la
formazione paramilitare clandestina, denominata “Divisione Gorizia”, forte
di 1.200 uomini, collegata con il 5° Comiliter di Udine.
dicembre 1945, il giorno successivo all’insediamento di Alcide De Gasperi al
governo, sempre a Gorizia, a cura di Primo Cresta, del capitano Barba, di
Bruno Cocianni e con la collaborazione di Candido Grassi, comandante della,
divisione partigiana “Osoppo-Friuli”, è costituita 1’Associazione
partigiani italiani (Api).
l’Api è un’associazione politica composta da reduci partigiani ma rientra a
pieno titolo nel novero delle formazioni paramilitari perché è dotata di una
struttura armata clandestina anch’essa in contatto con gli ufficiali
dell’esercito.
mese di gennaio, a Udine, i comandanti della divisione “Osoppo”
riarmano i reparti dandone notizia al capo di Stato maggiore dell’esercito,
generale Raffaele Cadorna.
28 aprile 1946, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, generale
Brunetto Brunetti, informa personalmente il presidente del Consiglio, Alcide
De Gasperi, che in Friuli è stato costituito il gruppo paramilitare
“Fratelli d’Italia”.
Gorizia, l’11 giugno 1946, è creato, il “Gruppo Brigate Venezia
Giulia”, composto da partigiani anticomunisti.
ancora della costituzione del 3° Corpo volontari della libertà, che può essere
considerata un’unità ausiliaria dell’esercito ufficialmente riconosciuta e
pubblicamente nota, tutti gli altri gruppi clandestini sono dipendenti e
coordinati dallo Stato maggiore dell’esercito che mette a disposizione
ufficiali, armi e sostegno logistico ben consapevole che il loro impiego
contro la Jugoslavia rientra nel novero delle possibilità, mentre è certo quello
contro i comunisti italiani.
la presenza delle Forze armate nei gruppi paramilitari costituiti fin dal
novembre 1945 a ridosso della
frontiera orientale è da tutti accettata ed ampiamente documentata, sfuma fino
ad apparire pressoché inesistente nei gruppi che sono stati creati, sul territorio
nazionale, nel corso del 1946 e, via via,
fino alla primavera del 1948.
prescindere dall’autorizzazione delle autorità politiche che, a loro volta,
demandano a quelle militari l’incarico di coordinare le attività dei vari gruppi
tramite l’Arma dei carabinieri ed i servizi segreti.
l’approvazione dello statuto e del regolamento provvisorio, la Chiesa
ambrosiana ricostituisce la propria formazione paramilitare, il Movimento
dell’avanguardia cattolica (Maci), che ha come requisito primo la segretezza
anche nei confronti delle forze di polizia.
militanti, il 27 marzo 1947, che impongono, nel caso di domande da parte di
agenti e funzionari della Pubblica sicurezza, di “dire che trattasi di
organizzazione cattolica con scopi culturali e divulgazione dei principi
cristiani; che non esiste alcun registro e che non siamo in grado di fornire
altri elementi”.
Maci sia stato un gruppo paramilitare predisposto, sotto la guida di vescovi e
monsignori, a partecipare ad una guerra civile.
esempio, il gruppo “Ariberto” comunica ai propri dirigenti di avere 70 uomini, con una squadra di
pronto impiego di 15 uomini, 2 mitra, 8 pistole e 5 bombe a mano ma, specifica, che
in caso di bisogno può contare su vari gruppi armati dell’Opc a Origgio.
informa di essere privo di munizioni di riserva, e delinea la situazione dei
trasporti, l’ubicazione delle fabbriche, indicando gli obiettivi da difendere
fra i quali la chiesa, l’oratorio, il cinema, la sede delle Acli ed altri ancora.
poche pistole ma segnala di intrattenere ottimi rapporti con i carabinieri.
dei carabinieri Antonio Di Dato consegna ai propri subalterni, fra i quali il
capitano Aldo Altomare, comandante della compagnia di Milano suburbana, un
promemoria a titolo di “orientamento” relativo all’inquadramento,
armamento ed impiego di volontari civili cattolici da parte dell’Arma.
persone “affidabili” del Maci, fra le quali spicca Adamo Degli Occhi
che, nei primi anni Settanta, sarà a Milano uno dei protagonisti
dell’anticomunismo politico e sarà, infine, grottescamente accusato di
“golpismo”.
Maci.
27 febbraio 1948, a Torino. Renato Foietta, responsabile dell’organizzazione
paramilitare cattolica “Vedette” in Piemonte, scrive a tale Pozzati
per informarlo che “il Cs (controspionaggio – Ndr) è disposto a
permettere che qualcuno di voi indossi la divisa di carabiniere…Il Cs è
disposto a mettere in contatto personale uno di voi; e pensavo a te (vedi tu)
con il comando dei carabinieri locale e agire sempre assieme. Mi pare che
questa – conclude Foietta – sia una buona cosa”.
personale di Pio XII, è stato costituito il “Comitato civico”
diretto da Luigi Gedda, che sarà l’organizzazione politica con la quale il
Vaticano contrasterà i social-comunisti del “Fronte popolare”, ed
accanto ad essa, dissimulata e segreta, ci sarà 1’organizzazione paramilitare
pronta ad intervenire con le armi contro i “senza Dio”, anch’essa
debitamente collegata alle Forze armate ed al suo Stato maggiore.
mese di aprile del 1946, a cura del colonnello Ugo Corrado Musco, è fondata
1’Armata italiana della libertà (Ail) che si propone di difendere le
“quattro libertà” proclamate dalla Carta atlantica.
colonnello Ugo Corrado Musco è fratello del colonnello Ettore Musco,
comandante dei servizi segreti militari, così che nonostante la speculazione
fatta sul conto di questa organizzazione che, alla pari di tutte le altre
annoverava fra i suoi gregari numerosi reduci fascisti, l’Ail può essere considerata
una formazione politico-militare governativa.
suo comitato centrale, depositato presso l’ambasciata americana dal colonnello
Ugo Corrado Musco, il 23 ottobre 1947.
composto da 35 persone, delle
quali 10 sono generali, 4 ammiragli e 3 colonnelli, tutti componenti di
quelle gerarchie militari che, l’8 settembre 1943, si erano
schierate con gli alleati.
Da Zara che aveva condotto le
navi italiane, con i segni della resa, da Taranto a Malta; il generale Renato
Sandalli, ministro dell’Aeronautica nel primo governo Badoglio; Gustavo
Reisoli Mathieu; il generale dei carabinieri, Luigi Sabatini, solo per citarne
alcuni.
smentita di quanti continuano a presentare l’Ail come un’organizzazione
“neofascista”, e a confermare la matrice militare delle sue origini
vi è la nota inviata al Dipartimento di stato dall’ambasciatore americano a
Roma, James Clement Dunn, il 5 settembre 1947.
che “esiste una forza anticomunista
organizzata su scala nazionale nota come Armata italiana di liberazione (Ail)
che venne creata nella primavera del 1946. Le domande di
arruolamento sono state 200.000 anche se il dato
viene considerato
ottimistico. Il comitato
centrale dell’Ail ha sede a Roma, opera attraverso alti comandi regionali,
provinciali, comunali. Formata dall’esercito, dalla Marina e dai carabinieri, è
un’organizzazione – scrive Dunn – ancora non bene armata ma potrebbe essere
equipaggiata se da parte dei comunisti ci fossero minacce di violenza attiva”.
prassi e logica vogliono, l’ambasciata americana ufficialmente non partecipa
all’attività dell’Ail, ma una lettera inviata dal massone Frank Gigliotti all’assistente
segretario di Stato, Norman Armour, il 26 settembre 1947, conferma
l’intervento americano.
scrive:
origine italiana e…conosco come lavorano i comunisti da quando sono stato
commissario all’Assistenza pubblica del mio paese e ho potuto vedere le loro
cellule segrete in azione. Non possiamo acconsentire che ciò avvenga in Italia,
ma è proprio questo che avverrà se non faremo qualcosa per i gruppi che sono
all’’immediata sinistra del centro’. Tutti i gruppi liberali e sinceramente democratici,
anticomunisti quanto il nostro stesso governo, si sentono terribilmente
scoraggiati e delusi. Sentono che li abbiamo dimenticati dono averli messi in
piedi, specie quando li abbiamo aiutati a costruire 1’Armata italiana della libertà. E
non possiamo lasciare che succeda questo, perché se dovesse capitare un’altra guerra,
e Dio non voglia
che capiti, allora finiremmo per guadagnarci in Italia la stessa reputazione
che adesso abbiamo in Jugoslavia per aver permesso che Mihajlovic venisse
impiccato da Tito”.
Gigliotti come degli ufficiali che fanno parte del comitato centrale dell’Ail,
la sua dipendenza dai vertici militari, la sua funzione di forza d’urto contro
i comunisti, fanno di questa organizzazione l’esempio al quale si sono ispirati
quanti hanno fatto della loggia Propaganda 2 del Grande Oriente d’Italia, negli
anni Sessanta, e Settanta, una struttura atlantica operante all’interno della
massoneria.
di liberazione e 1a loggia P2 risiede nel fatto che la prima si proponeva di
organizzare un esercito nell’esercito, ovvero una forza paramilitare in grado
di affiancare le Forze armate contro i comunisti, mentre la seconda, mutati i
tempi e le condizioni, ha proceduto ad un arruolamento selettivo dei propri
elementi chiamati a svolgere compiti politici ad alto livello, sul piano
interno ed internazionale, con lo obiettivo dichiarato di impedire al Pci
l’ingresso in una maggioranza governativa.
apertamente anche alle spalle del “Fronte italiano anticomunista”, la
cui imminente costituzione è segnalata in un rapporto del 20 maggio 1946 che attribuisce
l’iniziativa all’ammiraglio Raffaele De Courten, al generale Roberto
Bencivenga e al senatore Alberto Bergamini.
giugno 1946 afferma che “un gruppo di personalità politiche e militari
legate agli ambienti della destra, incoraggiate e perfino finanziate da centri
di osservazione stranieri, hanno iniziato consultazioni con l’obiettivo di
creare un movimento politico di stampo massonico conosciuto come il Fronte
italiano anticomunista…il suo programma politico non è ancora pienamente noto.
È sintomatico, comunque, che il movimento sia aperto a tutti i nemici del
comunismo, specialmente ai circoli militari e agli ex fascisti”.
confermano che il Fronte italiano anticomunista è stato effettivamente,
costituito e ne chiariscono le finalità.
dell’organizzazione si riunirebbero nella sede della Lux Film, a Roma, e che ad
essa aderirebbero molti ufficiali dei carabinieri.
specifica che il “Fronte italiano anticomunista”, fondato
dall’ammiraglio Raffaele De Courten nella primavera del 1946, avrebbe
assunto la denominazione di “Truppe nazionali anticomuniste” e sarebbe in grado di
intervenire in caso di disordini di piazza.
produce anche la creazione di un altro gruppo paramilitare, il “Fronte
antibolscevico”, i cui promotori sono il colonnello dell’Esercito, Oete
Blatto, in servizio presso lo Stato maggiore; il colonnello dell’Aeronautica, ex
responsabile del Sia, Ugo Fischietti, il colonnello del Sia, Angelo Crocetta.
Fronte antibolscevico è occultato sotto la copertura dell’Associazione per il
turismo aereo internazionale (Atai), e giunge ad annoverare fino a 2.500 uomini per
essere, ufficialmente, disciolto nell’estate del 1948.
luogo comune sull’apoliticità delle Forze armate italiane, sul loro distacco
dalle contese politico-ideologiche trova nella storia delle formazioni
paramilitari del secondo dopoguerra la migliore e la più netta delle smentite.
anticomunista che, quando non sia stato promosso da ufficiali delle Forze
armate, rappresentanti di tutte e tre le Armi (Esercito, Marina ed
Aeronautica), non sia in stabile contatto almeno con i carabinieri,
onnipresenti ed onniscienti .
l’anticomunismo italiano si arma sotto il controllo del governo e dei suoi
organismi militari e di polizia per fare fronte ad una minaccia che appare solo
ipotetica.
si possono aggiungere, a titolo di esempio, il “Movimento anticomunista
repubblicano italiano” (Macri), forte, secondo una nota informativa del
31 dicembre 1946, di undicimila uomini e in contatto con il mafioso Salvatore
Giuliano; mentre, nel mese di giugno del 1947, a Roma, è creata 1′”Unione
patriottica anticomunista” (Upa) che fa capo direttamente all’Arma dei
carabinieri.
comunista italiano si trova a dover fronteggiare una miriade di gruppi ed organizzazioni
paramilitari non ufficiali, magari slegate fra esse, prive cioè di
collegamenti orizzontali, ma verticalmente dipendenti, sotto il profilo del
coordinamento, dallo Stato maggiore della Difesa, in forma occulta.
testimonianza del generale Ambrogio Viviani, secondo il quale, nel 1947,
nell’ambito dell’Ufficio operazioni dello Stato maggiore dell’esercito risultava
operante una “sezione informazioni” che non s’identificava con
l’Ufficio informazioni e, nell’ambito del 1° Reparto dello Stato maggiore
dell’Aeronautica risultava in funzione una sezione informazioni distinta dal
Servizio informazioni aeronautica (Sia).
emanato l’ordinamento del ministero della Difesa e, nell’ambito del Gabinetto
del ministro, viene istituito un “Ufficio affari riservati” con compiti che non vengono
specificati.
misterioso ufficio si può forse trovare in un memorandum redatto
dall’ambasciatore britannico in Italia, Victor Mallet, relativo ad un colloquio
fra il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il ministro degli Esteri
Carlo Sforza ed il suo omologo britannico Anthony Eden, del 30 dicembre 1947.
Gasperi, difatti, informa Eden di aver “incaricato il signor Pacciardi,
uno dei nuovi vicepresidenti del Consiglio e leader del Partito repubblicano,
di agire in qualità di presidente di una sorta di comitato per la difesa
civile”.
ci sono solo le formazioni paramilitari create dallo Stato maggiore
dell’esercito in forma più o meno occulta o, comunque, per iniziativa di alti
ufficiali delle tre Armi e dei carabinieri.
lotta politica italiana, infatti, si militarizza ma in forma clandestina perché
è ufficialmente tornata la pace ed i partiti ideologicamente nemici convivono
nello stesso governo, mentre i sostenitori della Repubblica si preparano ad
abbattere la monarchia ed i monarchici a difendere Casa Savoia.
al 2 giugno 1946, la necessità
di restare con le armi in pugno risponde ad una logica ambivalente: da un lato
quella della possibilità dello scontro fra anticomunisti e comunisti, dall’altro,
quella di una guerra civile fra monarchici e repubblicani .
dell’Oss, nel rapporto intitolato “Attività politiche clandestine”,
scrive che al “comando di Pacciardi, i repubblicani hanno probabilmente
nascosto grandi quantità di armi e organizzato forze militari
clandestine”.
dello stesso Oss, relativo ad “Organizzazione monarchica Raam-Reparti
antitotalitari antimarxisti monarchici”, segnala:
una organizzazione anticomunista pro monarchica operante all’interno delle
forze armate italiane e al comando del maresciallo Messe. È formata da piccoli
gruppi di sei o sette persone
guidati da ufficiali dell’esercito, della marina e dei carabinieri. Si contano
anche molti civili…Si dice che prepari in segreto un’insurrezione armata con
l’aiuto di partiti politici e lei legati. I suoi principali centri si trovano a
Roma, a Milano, Napoli, Cesano, Aurelia e Alto Adige”.
maggio 1946, Corrado Bonfantini e Carlo Andreoni distribuiscono armi ai
militanti socialisti in previsione di un colpo di Stato monarchico.
la possibilità di un colpo di mano, in questo caso comunista, in caso di
vittoria monarchica al referendum del 2 giugno 1946.
aprile 1946, in risposta ad una richiesta avanzata dal presidente del
Consiglio, Alcide De Gasperi, appare realistica:
Romagna, si ritiene improbabile il ricorso alla forza se non con tentativi
sporadici e limitati localmente. Nessuna prova di preparativi di colpi di Stato.
I comunisti risultano meglio armati ed organizzati degli altri partiti, ma
anche questi perlomeno a certi livelli risultano armati. Se la monarchia
dovesse vincere il referendum con una maggioranza minima, allora questo
potrebbe costituire lo spunto per un possibile colpo di Stato di
sinistra…”
2 giugno 1946 vince la Repubblica.
così evitato un possibile scontro fra repubblicani e monarchici che avrebbe
affiancati fra i primi, spalla a spalla, gran parte dei reduci della
Repubblica sociale e partigiani delle brigate “Garibaldi” con
conseguenze imprevedibili per la successiva storia italiana.
accetta il risultato, l’Arma dei reali carabinieri fa altrettanto, la regia
Marina militare si limita ad accompagnare la regina Maria José e la sua
famiglia, il 5 giugno 1946, ad Oporto (Portogallo), a bordo dell’incrociatore
“Duca degli Abruzzi”.
13 giugno 1946, dall’aeroporto di Ciampino scongiura definitivamente il
pericolo di uno scontro fra le due opposte fazioni, ma le armi non vengono
riposte.
dell’Assemblea costituente ha, difatti, posto in evidenza la forza elettorale
dei partiti dell’estrema sinistra italiana.
il primo partito italiano con 8.101.404 voti, alle sue spalle però il Partito
socialista conta 4.758.129 voti e quello comunista 4.356.686, per un totale per
i due partiti di 9.114.818 voti, un numero
tale che sgomenta l’anticomunismo italiano ed internazionale.
fra monarchici e repubblicani, dinanzi all’evidenza dei risultati elettorali
sia gli anticomunisti che i comunisti non escludono la possibilità di fare ricorso
alla forza per giungere al potere in Italia.
perfettamente che non sarà Josip Stalin ad autorizzare il Pci, diretto da un
uomo di sua fiducia come Palmiro Togliatti, a tentare la conquista del potere
in Italia per via insurrezionale perché lo vietano gli accordi di Jalta, la cui
violazione nella sfera d’influenza occidentale potrebbe autorizzare gli
anglo-sassoni ad intervenire all’interno dei paesi dell’Europa dell’est, in cui
i partiti comunisti non hanno ancora consolidato il loro potere.
Partito comunista italiano insieme a quello socialista fosse in grado nel giro
di pochi anni di ottenere la maggioranza relativa dei voti, acquisendo il
diritto di formare il governo, come potrebbero le democrazia anglo-sassoni
contestare un potere raggiunto per via elettorale, democratica, basata sul consenso
di gran parte dell’elettorato italiano?
grande paura dell’anticomunismo, quella dell’aggiramento dei patti di Jalta
per via elettorale da parte del Pci e dei suoi alleati, che condizionerà in
modo tragico tutta la vita italiana fino ai primi anni Ottanta.
scongiurare questo pericolo?
costituzione, in forma permanente, di un apparato militare segreto rientra
certamente nel novero delle misure prese dai governi democristiani in accordo
con lo Stato maggiore della difesa, per fronteggiare tre eventualità:
– la possibilità che il Partito comunista tenti un colpo di mano per
impadronirsi del potere.
– La possibile reazione armata dei comunisti dinanzi alla sconfitta elettorale
del 18 aprile 1948, considerata
certa, e alla loro successiva estromissione dal governo;
– una possibile vittoria elettorale del Pci al quale bisognerà impedire di
formare il nuovo governo e, comunque, di governare.
quindi, compiti difensivi ed offensivi ma, nel corso degli anni, naufragate le
ipotesi di una insurrezione comunista per impadronirsi del potere o per reagire
ad una sconfitta elettorale, all’estromissione del partito dal governo o alle
provocazioni dei governi democristiani, resteranno validi solo questi ultimi
che, via via, saranno i soli ad essere considerati ed attuati fino al 1979, quando per la
prima volta nella storia del dopoguerra il Partito comunista inizierà a perdere
consensi elettorali e cesserà di rappresentare una minaccia per l’anticomunismo
interno ed internazionale.
politico-militare occulto diretto dallo Stato maggiore della difesa, sotto il
controllo dei governi democristiani non è una mera ipotesi.
segretario nazionale della Democrazia cristiana, Attilio Piccioni, affida a
Paolo Emilio Taviani l’incarico di coordinare le attività delle formazioni
paramilitari clandestine che fanno capo al partito, e che sono composte nella
quasi totalità da ex partigiani.
1947, l’argomento relativo alla struttura paramilitare viene affrontato nel
corso di una riunione della direzione nazionale.
“sono in grado di massacrare tutti i nostri quadri periferici con pochi
uomini”, e chiede di “inserire il nostro piano nel piano generale del
governo”. Mario Scelba, ministro degli Interni, afferma che occorre
“mettere il partito in assetto di difesa” perché “il governo non può
fronteggiare tutto e dappertutto” e che, inoltre, “bisogna mettersi
d’accordo con i partiti che intendono difendere decisamente le libertà
democratiche”.
Movimento sociale italiano.
doveva il “neofascismo”, secondo la strategia delineata da Pino
Romualdi nel luglio del 1946, riguadagnare i favori della borghesia italiana
“dalla congenita vigliaccheria”, ponendosi alla avanguardia della
battaglia contro il comunismo?
i comunisti esalta Giorgio Almirante che in vita sua non ha mai combattuto, ma
sa di poter contare su diverse migliaia di reduci della Repubblica sociale
addestrati militarmente e disponibili alla battaglia.
Almirante aveva scritto a Franco De Agazio, direttore de “Il Meridiano
d’Italia”, a Milano, per richiedere il suo intervento presso il cardinale di
Torino, Fossati :
Movimento ti prego di una missione urgente ed importantissima. Abbiamo avuta
notizia sicura che il cardinale Fossati di Torino ha convocate parecchie
persone e personalità allo scopo di addivenire alla fondazione in Piemonte di
squadre di resistenza anticomunista. Tu capirai cosa significa e cosa può
significare ciò. Affidiamo quindi a te la missione di andare a Torino,
possibilmente con altra persona di fiducia, di farti ad ogni costo ricevere
dal Fossati e di prospettargli la possibilità che il Msi collabori con
lui…”.
in un suo rapporto, segnala che a Napoli, “come contromisura contro la
violenza comunista…Il Movimento sociale italiano (Msi) ha iniziato a distribuire
armi automatiche ai suoi militanti e ha nominato un generale (la cui identità
è ignota) al comando delle fazioni”.
sul piano locale in vari centri della penisola, la struttura clandestina
paramilitare del Movimento sociale italiano s’identifica con i Fasci di azione
rivoluzionaria, fondati nell’estate del 1946, da Pino Romualdi che è,
contestualmente, uno dei fondatori dello stesso Msi.
il partito che rappresenta la struttura legale, politica ed ufficiale, anche i
Far sono un’emanazione diretta dei servizi segreti americani ed italiani.
29 ottobre 1946, il capo della polizia, Luigi Ferrari, segnala ai questori di
Roma e Frosinone tale Antonio Di Legge, alias Quinto Romani, il quale afferma
di essere al servizio degli anglo- americani per i quali organizza, anche con
la collaborazione di Pino Romualdi, “gruppi armati anticomunisti”.
giorni più tardi, il 31 ottobre, gli ebrei dell’Irgun di Menachem Begin fanno
saltare in aria la sede dell’ambasciata britannica a Roma, con l’esplosivo
fornito dallo stesso Pino Romualdi che collabora con l’organizzazione
terroristica ebraica, su invito dei servizi segreti italiani ed americani, gli
stessi che hanno già stabilito il contatto fra gli uomini di Junio Valerio
Borghese e gli esponenti del sionismo armato.
nota informativa dei servizi segreti militari dell’11 febbraio 1949, che segnala
come l’agente americano Joseph Luongo abbia richiesto a persona non
identificata se il governo italiano si avvale dell’opera dei Fasci di azione
rivoluzionaria per i quali gli americani hanno speso forti somme per
potenziarli e metterli in grado di agire in caso di sollevazioni di sinistra.
del ministero degli Interni segnala che è stato concluso “un importante
accordo… tra il Msi e alcuni industriali dell’Alta Italia, già
sovvenzionatori del fascismo…per l’apporto di fondi per un maggiore
incremento dell’organizzazione del movimento”, nonché la creazione
“a Roma di una brigata composta da ex combattenti ed elementi fascisti per
la difesa esterna della capitale contro gli attacchi comunisti”, affidata
al comando di un ex console della Milizia.
questore di Roma segnala, in un appunto, che la segreteria nazionale del Msi,
“in previsione di possibili aggressioni alle sue sedi”, ha chiesto
alle sezioni periferiche “nominativi di iscritti disposti a costituire
speciali squadre di difesa”.
Movimento sociale italiano non è fine a sé stesso, perché il partito di
Giorgio Almirante procede di comune accordo con la Democrazia cristiana sul
piano attivistico, con squadre formate da militanti di entrambi i partiti, e si
appresta a svolgere propaganda elettorale per il partito di Alcide De Gasperi
rinunciando perfino a una parte di voti che potrebbero confluire sul suo
simbolo, per avere la possibilità di entrare a far parte, a pieno titolo, di
quei partiti politici che intendono difendere decisamente le libertà
democratiche”, come affermato dal ministro degli Interni, Mario Scelba.
infatti, inserito sia nel piano di difesa dello Stato che in quello predisposto
per l’autodifesa dei partiti politici, dei loro uomini e delle loro sedi che
entrerà in funzione nell’imminenza delle elezioni politiche del 18 aprile 1948.
sociale nasce come movimento politico legittimato
ad operare nella nuova Italia post–bellica, democratica
ed antifascista, il 18 aprile 1948 riceve la sua
consacrazione come colonna portante
del sistema parlamentare
sulla cui affidabilità nella
lotta contro il comunismo e
nella fedeltà
agli Stati uniti d’America non ci potranno essere dubbi di sorta.
il Msi a fornire allo Stato ed alle sue strutture segrete e segretissime gli
uomini per condurre la guerra civile che, mediante la destabilizzazione dell’ordine
pubblico, riuscirà a stabilizzare quell’ordine politico di cui è parte
integrante.
ed il Movimento sociale impegnati a prepararsi ad un eventuale scontro
militare, perché il 19 febbraio 1948, a palazzo Drago, a Roma, si svolge una
riunione alla quale prendono parte ventuno persone per studiare i piani da
attuare in caso di vittoria elettorale del Fronte popolare.
generale Gustavo Reisoli Mathieu, il maresciallo Giovanni Messe, l’ammiraglio
Thaon de Revel, il principe Colonna, Sartorio per la Confidustria, ed Emilio
Patrissi.
quei gruppi paramilitari che dovranno affiancare le Forze armate e di polizia
in caso di scontri con i comunisti e, difatti, è chiamato a presiederla il
generale Giuseppe Piechè, primo comandante generale dell’Arma dei carabinieri
sotto il governo diretto dal maresciallo Pietro Badoglio nell’autunno del 1943.
console americano a Milano, Charles Bay, aveva segnalato in un suo rapporto la
tendenza ad unire le forze delle formazioni paramilitari operanti in città e
nella regione come il Movimento di resistenza popolare (Mrp) di Carlo Andreoni,
di matrice socialdemocratica, 1’Armata italiana della libertà, l’Uomo qualunque
ed il gruppo capeggiato da Emilio Patrissi.
governo di centro-sinistra, presieduto da Massimo D’Alema, a quello americano
di non divulgare i documenti della Cia inerenti l’intervento americano in
Italia nel 1948, non consente di procedere ad una ricostruzione esaustiva dei
piani predisposti dal governo di Alcide De Gasperi, dallo Stato maggiore della
difesa e dagli Stati uniti per impedire al Fronte popolare di giungere al
potere, in un modo o nell’altro, ma quanto è emerso nel corso degli anni ci
consente di farla egualmente e di affermare che l’apparato politico-militare
costituito in quel periodo è stato mantenuto negli anni a venire come i piani
di difesa, debitamente aggiornati via via, perché la “minaccia”
comunista è rimasta inalterata, anzi si è accresciuta nel corso degli anni fine
a raggiungere il suo culmine negli anni Settanta.
Interni, Mario Scelba, racconterà al giornalista Antonio Gambino, in sintesi, quali
erano le misure predisposte dal governo, nell’aprile del 1948, per
fronteggiare il “pericolo rosso”:
ricorda Scelba – era stata messa a punto un’infrastruttura capace di far fronte
a un tentativo insurrezionale comunista. L’intero paese era stato diviso in una
serie di grosse circoscrizioni, ognuna delle quali comprendeva varie provincie,
e alla loro testa era stato designato in maniera riservata, per un eventuale
momento di emergenza, una specie di prefetto più anziano o quello della città
più importante, perché in alcuni casi era invece il questore o un altro uomo di
sicura energia e di mia assoluta fiducia.
allargate sarebbe stata automatica, nel momento in cui le comunicazioni con
Roma fossero state, a causa di una sollevazione, interrotte; allora i
super-prefetti da me designati avrebbero assunto i pieni poteri dello Stato
sapendo esattamente, in base a un piano preordinato, che cosa fare.
anche di impedire che si potesse arrivare a un’interruzione delle
comunicazioni. Pensando
che la prima mossa dei promotori di un eventuale colpo di Stato sarebbe stata
di impadronirsi delle centrali telefoniche e delle stazioni radio, o quanto
meno di renderle inutilizzabili, avevamo organizzato un sistema di
comunicazioni alternative, servendoci come punti di appoggio, di un certo
numero di navi italiane e alleate presenti nel Mediterraneo”.
alternativa di comunicazioni che poggia sulla collaborazione delle navi della
VI flotta, la suddivisione del Paese in circoscrizioni che non corrispondono
a quelle delle province: di più Mario Scelba non dice, ma è sufficiente, specie
se ricordiamo la circolare della direzione generale di Ps del 18 marzo 1948
che indicava le misure da prendere in vista delle elezioni politiche.
vigilanza ai seggi”, a quelli di “pattugliamento e riserva”,
compaiono infatti i “servizi straordinari”, non dipendenti dai
prefetti, costituiti da reparti mobili di Ps, carabinieri ed Esercito come
“riserva da impiegare soltanto in casi di gravi necessità”.
intervenire per reprimere eventuali tentativi di rivolta ma non tali, per
numero, da garantire il successo delle operazioni.
reparti inter-forze è necessario affiancare milizie civili i cui componenti
abbiano due requisiti minimi: una fede anticomunista e una preparazione
militare.
armate.
prima testimonianza è quella di Piero Cattaneo:
1948 vennero formati dei gruppi di partigiani cattolici col preciso compito di
opporsi ad un’eventuale presa del potere da parte dei comunisti. La formazione
di questi gruppi armati era non solo conosciuta ma autorizzata e favorita
dalle autorità costituite. Io personalmente sono stato nominato comandante
generale per la provincia di Milano”.
ammissione, al comando dell’Arma dei carabinieri, da un lato, e al questore
Vincenzo Agnesina, dall’altro, nominato quest’ultimo dal ministro degli Interni,
Mario Scelba, responsabile dell’apparato clandestino costituendo 1’alter ego
segreto del prefetto di Milano, in quella che era la doppia struttura di
comando creata per l’occasione.
resa dal colonnello di fanteria in congedo, Giuseppe Falcone, trasmessa per
conoscenza al ministro della Difesa, Luigi Gui, il 3 settembre 1969.
elezioni politiche che si presentavano abbastanza difficoltose ebbi l’incarico
in qualità di comandante del presidio di Sacile, dal comando del V Comiliter di
Udine, di armare alcuni civili fidati nella zona di Sacile, Vittorio Veneto,
Valcellina e limitrofi…Detti armi anche all’Arcivescovado di Udine – mons. Zaffonato
– allora vescovo di Vittorio Veneto. Tutta questa zona era sotto il controllo
diretto. Ad elezioni ultimate ritirai le armi e le versai alla sezione staccata
di Artiglieria di Conegliano…”.
Rosti, componente a Pavia della formazione paramilitare cattolica
“Avanguardia di Cristo Re”, fondata nel 1947 da don Carlo Barcella,
ex cappellano militare degli alpini in Albania e poi della divisione
repubblicana “Monterosa”, che rivela come il 15 aprile 1948 venne
avvicinato da un ufficiale in congedo che gli fornì la parola d’ordine che, in
caso di vittoria comunista alle elezioni, avrebbe dato inizio alla reazione
armata.
tempo, si sono costituite dal 1945, i reduci della Repubblica sociale e i
fascisti in genere hanno rivestito il ruolo che la loro condizione di sconfitti
consentiva: un ruolo subalterno e gregario che, per essi, ha il vantaggio di
facilitarne il reinserimento nella vita civile e politica del Paese operando
nel solo campo il cui il loro contributo è ritenuto utile, spesso sollecitato,
quella della battaglia contro il comunismo.
impiego come forza autonoma e compatta.
dello Stato maggiore delle difesa di disporre di uomini in grado di combattere
rappresenta la grande occasione dei reduci fascisti che assaporano il piacere
– che ha il gusto della rivincita -, dopo tante persecuzioni, di essere
chiamati a schierarsi insieme ai partigiani ‘bianchi’ a difesa dello Stato
repubblicano, democratico ed antifascista.
1948 rappresenta per i reduci della Rsi, che si riconoscono nel Movimento
sociale, il giorno della loro definitiva riabilitazione: dopo quella data non
ci saranno che due Italie contrapposte, quella anticomunista e quella
comunista.
rivincita e si schiera sotto la bandiera dell’anticomunismo di Stato e di
regime attorno al quale si raccolgono, uniti e compatti, militari della
Repubblica sociale e del Regno del sud, marò della divisione Decima e partigiani
autonomi, militi della “Tagliamento” e “fazzoletti verdi”
della “Osoppo”, ognuno convinto di non rinnegare il proprio passato
ma di considerarlo superato dal presente e ancor più dal futuro da ricostruire
uniti nella battaglia, ridivenuta comune contro il nemico
di sempre: il comunismo.
1948, a Milano, all’interno della caserma La Marmora sono ben 400 i reduci
della Rsi che attendono, inquadrati dai carabinieri, di intervenire contro i
“rossi”.
un ex ufficiale della Decima mas viene “avvicinato da un capitano di
polizia che con le credenziali del ministero dell’interno a firma del ministro
Scelba, gli chiede quanti uomini può mobilitare in caso di vittoria dei
comunisti”, ed è quindi informato dal capitano di Ps che sono a loro
disposizione “bracciali della polizia ausiliaria, armi, tessere di
riconoscimento e altra dotazione… presso la caserma S. Ambrogio di
Milano”.
una mitragliatrice pesante Breda 37, fornita dall’esercito. E una seconda è
installata nella sede nazionale nella Dc, a piazza del Gesù, servita da tre ex
fanti di marina della Rsi che, su richiesta di Giorgio Tupini, sono stati
mandati da Giorgio Almirante.
repubblicana, Tommaso Donato, testimonierà in epoca successiva che il 18
aprile 1947, i carabinieri avevano fornito ai reduci della Rsi divise dell’Arma
e uno “speciale tesserino contrassegnato da una lettera dell’alfabeto e
da un numero in codice”.
lo stesso fine, a disposizione nella loro grande maggioranza dell’Arma dei
carabinieri che, per la dislocazione capillare nel territorio, può assolvere
il compito di selezionare gli uomini, armarli, inquadrarli, smobilitarli e,
infine, mantenere con loro un rapporto destinato a durare per sempre.
democristiano riesce a schierare un esercito non ideologicamente omogeneo ma
politicamente compatto che resterà, occultamente, a sua disposizione per tutto
il tempo che la Democrazia cristiana riterrà opportuno.
Ottanta, fino a quando cioè la”minaccia” rappresentata dal Partito
comunista svanisce per le mutate condizioni internazionali e per la pochezza
dei dirigenti comunisti italiani incapaci ormai di distinguersi dai loro
colleghi degli altri partiti, sul piano morale ed ideale.
Ex comunista debitamente riprogrammato come atlantista |
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