La copertina dell’edizione italiana del Kalendarium |
MA PERCHÉ DUNQUE I BAMBINI EBREI DEPORTATI DA VUGHT (PAESI BASSI) AD AUSCHWITZ IL 3 GIUGNO 1944 NON SONO STATI GASATI?[1]
Di Jean-Marie Boisdefeu, 1998
Il Kalendarium è un’opera redatta da Danuta Czech del Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau e che riassume, giorno per giorno, gli avvenimenti che si sono svolti ad Auschwitz dal 1939 al 1945. Pubblicato per la prima volta in varie dispense all’inizio degli anni 1960 negli Hefte von Auschwitz [Quaderni di Auschwitz] e ripubblicato sotto forma di volume e in una versione aggiornata nel 1989, può essere considerato come riflettente la versione della storia adottata dalle autorità responsabili di questo alto luogo dello sterminio degli ebrei. La sua lettura è nondimeno deprimente, particolarmente per il periodo del giugno 1944, periodo nel corso del quale sono arrivati in massa ad Auschwitz centinaia di migliaia di ebrei ungheresi, polacchi (in particolare dal ghetto di Lodz) e di altre nazionalità che, sostengono gli storici, vi furono gasati e inceneriti ad un ritmo dantesco. Il calcolo mostra che si sarebbero necessariamente dovute raggiungere delle punte di 24.000 deportati al giorno, il che d’altronde oltrepassa di molto le capacità di sterminio ammesse dai medesimi storici. Un ulteriore mistero!
Ora, alla data del 6 giugno 1944, si legge nel detto Kalendarium la seguente entrata: “Arrivo da Vught [Paesi Bassi] di 496 ebrei, uomini e donne. Dopo la selezione, 99 uomini, immatricolati da 188.926 a 189.024, e 397 donne, immatricolate da 78.253 a 81.533, e da 81.735 a 81.850, sono ammessi al campo”. Il Kalendarium non fornisce alcun’altra indicazione. Non segnala in particolare che l’insieme del convoglio è stato immatricolato, dunque risparmiato, cosa che si può verificare facilmente, è vero, poiché 99 e 397 fanno 496. Bisogna dunque pensare che tutti i detenuti del convoglio erano abili [al lavoro]. Ora, la verità è che nel convoglio vi erano dei bambini, dei vecchi e dei malati!
Con lo sviluppo di Internet, anche lo storico dilettante può verificare il fatto facilmente. In effetti, sul sito del Museo dell’Olocausto di Washington (US Holocaust Memorial Museum: http://www.ushmm.org ) si trovano degli estratti di uno schedario microfilmato ad Auschwitz e che contiene un certo numero di schede segnaletiche (Häftlingspersonalbogen) redatte ad Auschwitz prima dell’immatricolazione dei detenuti (e cioè, purtroppo, meno di 5.000 schede che vanno dal maggio 1943 all’ottobre 1944). Esaminando questo schedario alla ricerca di eventuali bambini e cioè alla ricerca di detenuti entrati ad Auschwitz il 6 giugno 1944, si trovano in particolare 4 bambini ebrei olandesi, tutti e quattro arrivati il 6 giugno e appartenenti indubitabilmente al convoglio venuto da Vught, e cioè:
· Jack S., nato il 4 giugno 1933 (aveva dunque esattamente 11 anni). Il fatto che il suo nome non figuri nel volume In Memoriam (Mémorial des Juifs néederlandais morts en déportation) significa dunque che il giovane Jack è tornato dalla deportazione. Si potrà rilevare di passaggio che sua madre, che faceva verosimilmente parte dello stesso convoglio, è morta il 5 maggio 1945 a Czernowitz, nella Bucovina del Nord, ad ovest dell’attuale Ucraina. Si ha il diritto di domandarsi come questa sfortunata donna ha potuto ritrovarsi lì in quella data (alla fine della guerra) e in quel posto lì (ripreso dai russi il 29 marzo 1944, vale a dire un anno prima).
· Jack V., nato il 20 aprile 1938 (aveva dunque 6 anni). Anche lui è tornato e, se i suoi genitori sono stati deportati, sono tornati anch’essi.
· Hans N., nato il 4 dicembre 1934 (aveva dunque meno di 10 anni). Hans è tornato dalla deportazione; suo padre (se è stato deportato) anche; per contro, sua madre è morta ad Auschwitz il 31 dicembre 1944.
· Heinie J., nata il 19 dicembre 1935 (aveva dunque meno di 9 anni). Heinie e i suoi genitori (se sono stati deportati) sono tornati.
Si noterà che in questo schedario si trovano altri 7 adulti del medesimo convoglio: uno di essi è morto il 17 marzo 1945 a Buchenwald, un altro il 31 maggio 1945 a Bergen-Belsen e 5 sono tornati nei Paesi Bassi.
Altra verifica da farsi in una pubblicazione prodotta all’indomani della guerra (dicembre 1953) dalla Het Nederlandsche Roode Kruis (la Croce Rossa olandese) sotto il titolo di Auschwitz-Deel V: De Deportatietransporten in 1944. Nel capitolo dedicato ad un altro convoglio, l’autore (J. Looijenga) precisa che esso comprendeva 17 bambini con meno di 15 anni e che, tra i 60 sopravvissuti conosciuti, si contano 3 bambini di circa 10 anni e 2 bambine di 13 anni, così che sembra che bisogna aggiungervi almeno uno dei quattro bambini citati sopra (Jack V., 6 anni). Looijenga, è vero, non ha contato nessun altro bambino sopravvissuto in nessun altro convoglio ma, tranne un’eccezione, tutti i convogli partiti dai Paesi Bassi sono anteriori: essi datano dunque ad un’epoca nel corso della quale i tedeschi avevano la possibilità di reinsediare gli inabili in Ucraina, il che non era più il caso all’epoca del convoglio venuto da Vught nel giugno 1944: i russi avevano riconquistato la maggior parte dell’Ucraina nella primavera 1944. E allora, quale sarebbe stato l’itinerario ulteriore dei deportati di Vught? Loijenga dice che, poco dopo il loro arrivo, la maggior parte dei deportati del convoglio sono stati trasferiti a Langenbielau/Reichenbach, un campo di lavoro situato a nord-ovest di Auschwitz ma dipendente da Gross-Rosen. Un primo convoglio è partito il 10 giugno, un secondo il 23 agosto e, precisa Loijenga, doveva comprendere “circa 50 donne, anziane, donne malate e mamme accompagnate da bambini”. Di questi 50 donne e bambini, 31 hanno avuto una sorte che la Croce Rossa ancora ignorava nel 1953 e che sono stati arbitrariamente considerati come morti alla data della loro partenza da Auschwitz. In ogni caso, una cosa è certa: nessuno, tra i bambini di questo convoglio, le loro madri, le donne e gli uomini anziani, i malati e gli invalidi che li accompagnavano, è stato gasato e ciò non è conforme al dogma[2]. Lo storico in capo Gayssot dovrebbe fornircene la ragione. Che si tratti di un mistero, e cioè una verità di fede inaccessibile alla sola ragione umana?
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.vho.org/aaargh/fran/bsdf/articlesbdf/bdf_141_143.html
[2] I grassetti sono del traduttore.
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