Sul sito di una certa “Union royaliste Bretagne Vendée Militaire” si può leggere la presentazione di una riedizione di “La Guerre de Vendée et le systeme de dépopulation” (La guerra di Vandea e il sistema di spopolamento) di Gracchus Babeuf. Bene. Ma il libro è presentato da un signore che non è al suo primo sputo (ci si perdonerà questa familiarità) antirevisionista: Reynald Secher. Questo personaggio, che pur suscita l’ammirazione di una certa “estrema destra”, aveva già commesso verso i revisionisti, nel 1991, quello che noi abbiamo avuto la bontà di definire un “passo falso”[1]. Questa volta, è salito di grado:
Mémoire et mémoricide
(…)
Purtroppo, né il Tribunale internazionale di Norimberga, né la Convenzione per la prevenzione del crimine di genocidio del 1949, né il nostro codice penale trattano il problema della memoria. I redattori pensavano senza dubbio che, a motivo della natura intrinseca di questi crimini, questi non avrebbero potuto essere contestati. A titolo di esempio: chi avrebbe potuto immaginare, alla fine della seconda guerra mondiale, che si potesse dubitare o far dubitare dell’autenticità della Shoah, il più grande genocidio industriale della storia dell’umanità? Eppure! Molto presto, all’inizio in modo insidioso poi più apertamente, le idee revisioniste sono nate qua e là e si sono sviluppate. Se questa posizione ideologica, che tende a minimizzare, anzi a negare il genocidio degli ebrei, e in particolare l’esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio, ha avuto poca eco negli anni 1950-60, essa comincia tuttavia a imporsi come verità ufficiale in certi paesi. Ricordiamoci del colloquio negazionista organizzato dall’Iran nel dicembre 2006. Passato in modo relativamente inavvertito, questo dibattito, che si ritiene organizzato da degli specialisti, segna una tappa importante della storia del negazionismo che non bisogna né sottovalutare né relativizzare.
Degli Stati, come la Francia, coscienti di questa situazione e delle sue conseguenze, si sono dotati di strumenti giuridici per cercare di sradicarle. Tuttavia, le misure prese, per diverse ragioni e in particolare perché esse non riguardano che alcuni paesi senza grandi mezzi di ritorsione, sono difficili da applicare, ed ecco la necessità di cambiare dimensione e di definire a livello internazionale un quarto crimine di genocidio: il memoricidio.
Una tale materia è tutta da concepire e , tra gli altri, i campi d’applicazione, i metodi da utilizzare, le sanzioni, le responsabilità…
Se noi non facciamo nulla gli “assassini della memoria” avranno l’ultima parola e la Shoah avrà lo stesso destino della Vandea, che ci offre uno sconvolgente campo di analisi e di riflessione.
(…)
FINE
[1] LE FAUX PAS DE REYNALD SECHER: http://www.vho.org/F/j/RHR/4/Martin152-164.html
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