E intorno a noi il timore e la complicità di un popolo. Quel popolo che disprezzato da regi funzionari e infidi piemontesi sentiva forte sulla pelle che a noi era negato ogni diritto, anche la dignità di uomini. E chi poteva vendicarli se non noi, accomunati dallo stesso destino? Cafoni anche noi, non più disposti a chinare il capo. Calpestati, come l’erba dagli zoccoli dei cavalli, calpestati ci vendicammo. Molti, molti si illusero di poterci usare per le rivoluzioni. Le loro rivoluzioni. Ma libertà non è cambiare padrone. Non è parola vana e astratta. È dire senza timore, È MIO, e sentire forte il possesso di qualcosa, a cominciare dall’anima. È vivere di ciò che si ama. Vento forte e impetuoso, in ogni generazione rinasce. Così è stato, e così sempre sarà.
CARMINE CROCCO, Come divenni brigante[1]
[1] Fonte: Giordano Bruno Guerri, IL SANGUE DEL SUD – Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio, Mondadori, Milano, 2010, p. 185.
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