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Vittorio Messori |
Rovistando tra le mie carte, ho trovato questo testo del 2003: una lettera inviata a Repubblica, che naturalmente non venne pubblicata. Costituisce una postilla al mio saggio DICONO CHE È CATTOLICO – GLI ERRORI DI MESSORI SULLA RESURREZIONE DI GESÙ[1]. Della serie: per capire chi è…
I trucchi di Messori (2003)
Avendo visto la puntata di “Enigma” di venerdì 11 aprile dedicata alla Resurrezione di Gesù, vorrei sottolineare la scorrettezza dello scrittore Vittorio Messori (e la superficialità degli autori della trasmissione, Augias e Vianello) il quale, nel corso della trasmissione, si è incredibilmente attribuito la paternità di una traduzione dei versetti di Giovanni CHE NON È SUA. Per ben due volte, il conduttore Andrea Vianello ha detto ai telespettatori che, sulla visita di Pietro e Giovanni al sepolcro, Messori aveva una SUA traduzione. La prima volta, Messori ha lasciato dire. La seconda si è limitato ad aggiungere che la traduzione in questione “è seguita da molti biblisti”. Un’affermazione che è ad un tempo un trucco e una falsità. Un trucco, perché la traduzione presentata in trasmissione non è affatto seguita da MOLTI biblisti (perché ben pochi tra gli stessi biblisti la conoscono). Una falsità, perché evitando di correggere l’errore del conduttore, Messori ha ottenuto lo scopo di nascondere al pubblico il VERO autore della traduzione (il parroco di Tivoli, don Antonio Persili) lasciando l’impressione che il merito della medesima sia proprio di Messori. Gli autori, hanno peccato quantomeno di superficialità, perché avrebbero dovuto sapere che Messori, nel suo libro “Dicono che è risorto”, citava invece – per nome e cognome – don Persili e i suoi risultati esegetici (di cui nel volume in questione Messori si è abbondantemente avvalso). Certi scrupoli invece in televisione sono completamente saltati, anche perché, evidentemente, l’apparire in video, sia pure vestendo meriti altrui, è molto più pagante – in termini di popolarità – che scrivere libri, sia pure di successo.
Forse oggi non sono più “ben pochi” i biblisti che conoscono la traduzione Persili di Giovanni 20. Nel frattempo, infatti, tale traduzione ha riscosso gli apprezzamenti di un crescente numero di estimatori
[2]. Eppure, ciononostante – come notavo due anni orsono
[3] — il destino editoriale di don Persili è segnato da una perdurante, quanto ottusa, emarginazione. Corrisponde infatti ad una “pia
fraus” la storiella raccontata a suo tempo da Messori
[4], secondo cui
“un editore importante stampò il libro che don Persili, in tanti anni di tentativi, non era riuscito a far pubblicare se non a sue spese. E ricordo la telefonata che quel sacerdote, divenuto un amico, mi fece – tanto emozionato da avere la voce incrinata, quando, sceso a Roma, vide quelle sue pagine nelle vetrine delle grandi librerie religiose di via della Conciliazione. Quel libro, non solo lo feci stampare ma aiutai a lanciarlo, portando tra l’altro con me don Persili in una trasmissione televisiva molto vista, vincendo la sua timidezza, e dandomi da fare per propiziare recensioni sui giornali”.
Tutto falso, basta consultare il sito dell’OPAC e digitare “Antonio Persili” sul motore di ricerca:
http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/base.jsp , da cui
non risultano ulteriori edizioni del libro oltre alle due stampate in proprio dall’autore.
Per cui, il giornalista torinese ha poco da ironizzare sullo “sfruttamento di un povero autore di provincia, spremuto da me come un limone e rigettato poi nel suo anonimato”
[5]. Certo, oggi don Persili, per fortuna, non è più così “anonimo” ma di questo non deve certo ringraziare
Messori.
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