Fiamma Nirenstein: la trombetta della sinagoga di Satana

Fiamma Nirenstein: la trombetta della sinagoga di Satana

Nel suo ultimo articolo apparso sul GiornaleIL PERICOLO PIÙ GRANDE È LA PAURA DELLA GUERRA[1]Fiamma Frankenstein (pardon, Nirenstein) suona la trombetta della chiamata alle armi contro il perfido dittatore Gheddafi. Eccola quindi lancia in resta a magnificare le nuove idi di marzo, esortando gli italiani a “non avere paura” della guerra: quest’esortazione, spiega Fiamma, “si trova 40 volte solo nel Vecchio Testamento”, ed “è un imperativo fondamentale e indispensabile della cultura del nostro mondo. Lo è nella cultura ebraica, lo è nella cultura cristiana…”.

Ehm, Fiamma, scusa, mi sa che c’è un equivoco: tu, col Vecchio Testamento, che c’entri? Non vorrai mica farci credere che sei ebrea?! Perché, vedi, ammesso – e non concesso – che tu e i tuoi congeneri siete davvero i discendenti etnici degli “ebrei” di 2.000 anni fa (tra i molti che non credono neanche a questo c’è pure un professore tuo connazionale[2]) è da tempo che, come si dice, avete perso questa qualifica: te lo ricordi quel certo testo proprio di – poco più, poco meno – 2.000 anni fa?
Sandro Botticelli: Giovanni a Patmos

Testo originale:

«Καì τῷ ἀγγέλῳ τῆζ ἐν Σμύρνῃ ἐκκλησίαζ γράψον·
Τάδε λέγει ὁ πρῶτοζ καì ὁ ἔσχατοζ, ὃζ ἐγένετο νεκρὸζ καì ἔζησεν· οἶδά σου τὴν
θλῖψιν καì τὴν πτωχείαν, ἀλλà πλούσιοζ εἶ, καì τὴν βλασφημίαν ἐκ τῶν λεγόντων
᾿Ιουδαίουζ εἶναι ἑατούζ, καì οὐκ εἰσìν ἀλλà συναγωγὴ τοῦ σατανᾶ».
Ti ricorda qualcosa, questo vetusto ammonimento? Doesn’t this memento ring a bell to you? Proviamo in latino:

«Et Angelo Smyrnae Ecclesiae scribe:

Haec dicit primus, et novissimus, qui fuit mortuus, et vivit: Scio tribulationem tuam, et paupertatem tuam, sed dives es: et blasphemaris ab his, qui se dicunt Iudaeos esse, et non sunt, sed sunt synagoga satanae».
Il lettore edotto avrà già capito ma, già che ci siamo, riportiamolo pure in italiano:
«E all’angelo della chiesa ch’è a Smirne, scrivi:
Il Primo e l’Ultimo, che fu morto e tornò vivo, dice questo: “Io so la tua tribolazione e la tua povertà; ma [in realtà] sei ricco! E [so che] sei calunniato da parte di coloro che dicon d’essere Giudei e non lo sono; ma [sono invece] sinagoga di Satana».
Così parlò Giovanni nell’Apocalisse (2: 8-10). Per annunciare che gli “ebrei”fino ad allora considerati tali non lo sono più, che il Vecchio Testamento è finito a tutti gli effetti e che, da quel momento, gli unici “ebrei” sono i seguaci del verus Israel che è la Chiesa di Cristo.
Parole che oggi si tende fin troppo a dimenticare e che pure lì stanno, a dispetto delle ricorrenti visite in sinagoga dei Wojtyla e dei Ratzinger!
Detto questo, la seconda osservazione che viene da fare è che l’esortazione di Fiamma Frankestein (pardon, Nirenstein) va assolutamente capovolta: in casi come questi — della solita guerra imperialista camuffata da “democratica”, intendo – bisogna sì avere paura, è giusto avere paura, e della guerra e delle sue trombette. Qualcuno dirà che l’osservazione è peregrina, che non c’è bisogno di preoccuparsi di una Nirenstein, visibilmente snobbata dagli stessi lettori del Giornale (che la devono considerare tediosa e molesta proprio come una vuvuzela, la trombetta degli ultimi mondiali di calcio[3]).
Una cluster bomb: dolcetto o scherzetto?

È vero, gli estimatori di un personaggio così scopertamente guerrafondaio non sono molti (Nirenstein non ha certo l’appeal e il livello intellettuale di giornalisti come Gad Lerner, come Paolo Mieli, come Furio Colombo) ma sono sempre troppi i cristiani tentati di considerare gli “ebrei” di Israele come dei compagni di strada, magari per fare fronte comune contro il “pericolo islamico”. Dovrebbero sapere invece che, proprio in quanto cristiani, saranno sempre considerati dai loro infidi alleati come degli edomiti.

Per capirci, leggiamo cosa scrive Wikipedia alla voce Esaù:
Giotto: Isacco respinge Esaù

“Esaù è anche noto col nome di Edom e i suoi discendenti sono gli idumei, identificati secondo la tarda tradizione ebraica con il popolo principale stanziatosi per primo in Italia, e quindi con l’Impero Romano e successivamente con la Cristianità in generale…”[4].

Per capirci di più, ecco cosa apprendiamo da Gian Pio Mattogno (i grassetti sono miei)[5]:
“Se negli antichi testi biblici Edom è solo un nome gentilizio e il nemico più odiato da Israele, nella letteratura post-biblica esso viene utilizzato per indicare la più grande potenza «empia» e «idolatrica» del tempo, Roma, ritenuta un impero pre-messianico, la cui distruzione è la condizione dell’avvento del regno messianico e del dominio universale di Israele. Dopo il tramonto dell’impero romano «questo nome passa alla Roma cristiana, poi a tutta la cristianità e diviene una parola chiave del vocabolario giudaico medioevale». Gli ebrei pretendevano di essere i figli di Giacobbe e consideravano Esaù il padre di Roma e della Cristianità, i cui figli avrebbero dovuto servire i figli di Giacobbe, vale a dire Israele. […] Oltre a Roma e alla cristianità, i rabbini assimilarono Edom anche alla Germania. […] Ma al di là delle identificazioni contingenti con Roma, la cristianità o la Germania, EsaùEdom indica il nemico escatologico di Israele, cioè tutte le nazioni «idolatriche». […] nell’èra messianica – scrive Maimonide richiamandosi a Ovadia (Abdia) 21 – Edom sarà distrutta (Hilchot melachim 11, 1). Abravanel[6] sottolinea a più riprese le origini edomite della cristianità e la sua futura distruzione. Egli muove dall’equazione Esaù – Edom – Roma – Cristianità. Nel suo commento a Obdia (nell’opera Mashmia Yeshua) egli si esprime in questi termini: «L’intenzione generale della profezia che costituisce questo libro è di annunziare la futura distruzione di Edom…». «Sappi che il profeta…non ha profetizzato solo contro quel paese di Edom che è contiguo ad Israele, ma l’ha fatto anche contro la nazione che ne è derivata per espandersi su tutto il mondo, vale a dire contro i cristiani di oggi, che discendono dai figli di Edom». La «nazione di Edom» è un’espressione «che designa l’insieme della Cristianità, di cui Roma è origine e fondamento». «”Romani” e “cristiani”, pur essendo parole diverse, rinviano ad una sola e unica nazione, la cui lingua è il latino». Si tratta di un’opinione «generalmente accolta presso gli antichi maestri di Israele; fra di loro c’è un consenso assoluto, si tratti del Talmud o di tutta la letteratura esegetica…».        
In Israele, Abravanel è ancora un punto di riferimento…

Che qualcuno non pensi si tratti di polverose e anacronistiche dissertazioni. Non è così: “Il Talmud ha autorità per tutte le generazioni, tant’è che oggi vi è un vero risveglio di studi talmudici”[7]. Ecco in cosa consiste la “cultura ebraica della guerra”: nella distruzione delle “nazioni” non giudaiche, a cominciare dai “cristiani”! 

[3] Confronta la differenza, per numero di commenti, tra gli articoli della Niresntein e quelli, sempre sul Giornale, di Marcello Veneziani.
[5] L’IMPERIALISMO EBRAICO NELLE FONTI DELLA TRADIZIONE RABBINICA, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2009, pp. 74-76.

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