Il sequestro Sossi: quando le Br non erano ancora atlantiche

Il sequestro Sossi: quando le Br non erano ancora atlantiche

Da Antonio Cipriani e Gianni Cipriani, SOVRANITÀ LIMITATA – Storia dell’eversione atlantica in Italia, Edizioni Associate, Roma, 1991, capitolo 7 – IL SEQUESTRO SOSSI, p. 201:
Dell’operazione Moro, il sequestro del giudice Sossi aveva rappresentato la prova generale, durante la quale si era sperimentato il potenziale violento dei capi storici delle Brigate rosse. Avrebbe dovuto corrispondere ai canoni teorizzati dal Field manual, in uso alle forze armate americane. Invece il sequestro Sossi si rivelerà un fallimento. Nasceranno aspri conflitti all’interno dei servizi segreti e tra le stesse forze di polizia. La decisione dei brigatisti di non uccidere il loro ostaggio rappresenterà la variabile impazzita del disegno. Proprio per questo in pochi mesi il vertice delle Br, all’interno delle quali agivano numerosi agenti infiltrati, sarà decapitato e la nuova direzione avvierà il cammino che avrebbe trasformato nel giro di due anni le Brigate rosse in quell’organizzazione sanguinaria che avrebbe ucciso Aldo Moro. Nel 1974 sarà mandato allo sbaraglio Silvano Girotto, frate Mitra, con il compito ufficiale di far arrestare Curcio e Franceschini e con quello reale di coprire, con la sua infiltrazione evidente, le altre che erano rimaste occulte. Ma ci penserà un conflitto interno ai servizi segreti per far trapelare, due anni dopo, la notizia di un blitz organizzato da Vito Miceli per uccidere Sossi e i suoi sequestratori e la rivelazione della presenza all’interno delle Br di terroristi addestrati nella base di Capo Marrargiu. Accuse pesanti che saranno lasciate cadere. Ma si trattava di accuse vere e solo molti anni dopo si scoprirà che tra i rapitori di Sossi c’era una sola persona che si è salvata: «Rocco», ex parà addestrato in Toscana e in Sardegna, esperto di armi ed esplosivi e perfetto conoscitore della tecnica di sparare alle gambe. Il ritratto del brigatista atlantico. Quello di «Rocco», chissà perché, è l’unico nome dei partecipanti all’operazione Sossi che non è stato fatto dal pentito Alfredo Bonavita.

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