Da Joe Fallisi ricevo e pubblico il seguente intervento in quanto, al di là delle singole valutazioni (opinabili, ma che comunque provengono da uno storico testimone dei fatti in questione) condivido il giudizio sul libro di Cucchiarelli, una pietra miliare da cui partire per ogni futuro studio su Piazza Fontana:
http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/60246,
http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/60588,
http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/60955,
http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/61907, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/67259). Conosco bene quei riflessi condizionati e le calunnie che colpiscono gli spiriti liberi. Ho ritenuto tu fossi un bravo ricercatore, non imboccato o prezzolato da nessuno. Continuo a pensarlo. E, se pure dovesse condurre a conclusioni difformi da quel che può piacermi o far comodo, preferirò sempre la ricerca intrepida della verità. Tuttavia sai che questo non significa, per me, condividere le tue tesi – in particolare quella che riguarda Valpreda -, anche se ritengo debbano essere tenute in seria considerazione, e discusse, vagliate con mente sgombra da pregiudizi. Il segreto di Piazza Fontana ha tre pregi fondamentali ai miei occhi. Da un lato è scritto molto bene (cosa rara ai giorni nostri, tanto più nella letteratura d’inchiesta); dall’altro è evidentemente frutto di un enorme lavoro di prima mano e fornisce una gran mole di documentazione comunque utile; infine, costituisce la più esauriente e valida ricostruzione sin qui fornita dei percorsi degli esplosivi e di tutti gli altri strumenti di strage che girarono per l’Europa in quegli anni come un fiume nero sotterraneo, seminando a tempo debito la morte. Ma è proprio su ciò di cui sei convinto in relazione a Piazza Fontana e a Valpreda e, anche, alla fine di Pinelli che abbiamo idee diverse. Chiarisco subito. Non presumo che le mie ipotesi corrispondano alla verità storica. Il fatto è che anche le tue sono tali. Né io né te possediamo autentiche “prove” a supporto delle nostre diverse congetture. Si tratta di ragionamenti, basati sulla documentazione oggi a disposizione (anche per merito tuo), che presentano caratteristiche variabili di razionalità e verosimiglianza. Ed è certo che spesso la realtà dimostra di superare la fantasia, soprattutto nel male – chi avrebbe immaginato orrori quotidiani e oramai “normali” come quelli che i tiranni succhiasangue odierni continuano a perpetrare in Palestina (ultima notizia d’una catena infinita di crimini dei delinquenti sio-razzisti: http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/78037) o in Iraq, in Afghanistan (cfr. http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/77913), o la ubiqua, mostruosa predazione degli organi (cfr. http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/78089), davvero da inferno in terra, da Kali Yuga?… ma è, appunto, sul grado di verosimiglianza che ci si deve confrontare nell’ambito di differenti ipotesi. Non possiamo escludere, anche se non sembra molto probabile, che in futuro qualche nuova confessione (magari prima di morire – penso, per esempio, a qualcuno dei sopravvissuti di quella stanza maledetta del quarto piano della Questura), o nuova rivelazione o evidenza dicano la parola definitiva. Per ora dobbiamo affidarci all’interpretazione dei dati in nostro possesso.
Cosa non “funziona” in questa ipotesi, secondo il mio giudizio? Moltissimo – anche se, ribadisco, la realtà può in effetti superare ogni supposizione o fantasia.
Innanzi tutto un’osservazione relativa alla catena incredibile di processi, sette, dal Nord al Sud d’Italia, che i fatti di Piazza Fontana generarono nel corso di 38 anni. Come sai nessun pentito vi fu tra gli anarchici, al contrario che nelle file dei neofascisti, di cui uno in particolare, Carlo Digilio di Ordine Nuovo – morto il 12 dicembre (!) del 2005 -, confessò in modo esplicito il proprio ruolo nella preparazione dell’attentato in qualità di esperto di esplosivi. Tutti alla fine risultarono assolti per Piazza Fontana, eccetto lui, riconosciuto colpevole della strage – il reato sarebbe stato poi prescritto in virtù delle attenuanti guadagnate con la collaborazione (alla figura chiave di Digilio tu stesso dedichi 31 pagine – 551-582 – del tuo libro). Se si era deciso di incastrare Valpreda, a parte la storia del “riconoscimento” di Rolandi (che scomparve presto, prima di un vero confronto giudiziario, e che molto probabilmente portò, in quel breve assurdo viaggio in taxi, un sosia, forse Nino Sottosanti), il modo migliore sarebbe stato far dichiarare a Digilio o a chi per lui che nell’abbaino milanese era proprio salito Valpreda per la preparazione dell’innesco e del timer. Di più, e in relazione ai burattinai istituzionali. Quando Valpreda venne arrestato nel Tribunale di Milano e di lì condotto a Roma (il 16 dicembre, immediatamente dopo l’assassinio di Pinelli, sarebbe stato incriminato per Piazza Fontana), NON fu per la strage milanese, ma perché era sospettato di una delle bombe esplose a Roma lo stesso 12 dicembre, che procurarono, per fortuna, solo qualche ferito. Non ti sembra assurdo se già si sapeva – anzi, si era programmato – in alto loco (Ufficio Affari Riservati et similia) che era proprio lui l’autore dell’attentato “importante”? E come spiegare che in tutto l’arco delle sue traversie (ma anche dopo, fino alla sua scomparsa), sottoposto a ogni genere di pressioni, Valpreda abbia mantenuto la sua versione iniziale, mai ammettendo alcuna responsabilità e mai coinvolgendo nessuno? E senza, appunto, che nessun pentito, di nessuna parte, lo indicasse nel frattempo colpevole e lo incastrasse con qualche, anche minimo, riscontro? E ancora. Tu sei convinto che Pinelli avesse rotto con Pietro e ne pensasse ogni male possibile. Posso dirti che ti sbagli sicuramente. Devi credermi sulla parola, come del resto chiedi ai lettori del tuo libro presentando la testimonianza di “Mister X” (ibid., pp. 641-646). Due individui che godono della mia completa fiducia hanno raccolto non molto tempo fa, prima che morisse, la confidenza di una persona che aveva frequentato così Pino come Pietro. Pinelli, ancora a ridosso di quei tragici avvenimenti, si fidava concretamente di Valpreda. Entrambi aiutavano la resistenza greca, questo è il fatto, e la cosa, almeno ai miei occhi, va solo a loro onore. Ma non ha niente a che vedere con Piazza Fontana e l’immonda ciurma di infami e disgraziati che si mosse allo scopo di ottenere la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Di più non posso dire, perché sono anch’io vincolato dalla discrezione. Lo faranno forse, al momento che riterranno opportuno e nella sede debita, gli stessi miei amici di cui sopra. A proposito. Non ti è mai venuto in mente che “Mister X”, il quale sostiene che quel pomeriggio non due, ma tre (!!!) borse (due nere, dei fascisti, una marrone, di Valpreda) furono depositate nella banca a Milano in un viavai tragigrottesco di taxi e di sosia (ibid., p. 643), possa averti reso la sua testimonianza mescolando il vero al falso proprio allo scopo di un depistaggio chimerico e definitivo? Del resto, lo ripeto, come mai Digilio, che sicuramente “informato dei fatti” lo era, e in primissima persona, non confermò neppure a te la presenza di “due borse con due ordigni nella BNA” (ibid., p. 561), né, tantomeno, il ruolo che presumi abbia avuto Valpreda? A parte la faccenda dei “raddoppi” o persino “triplicazioni” di borse a Piazza Fontana, le tue conclusioni sull’attentato sono simili a quelle della contro-inchiesta delle Brigate Rosse (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_piazza_Fontana). Penso che ti sbagli, come si sbagliarono loro.
Leave a comment