Dagli agenti provocatori che scatenarono nel 1963 gli incidenti durante lo sciopero degli edili, ai falsi maoisti del movimento studentesco, ai confidenti inseriti nelle diverse organizzazioni eversive, la storia del terrorismo atlantico è stata sempre segnata dall’attività degli infiltrati che, molto spesso, hanno contribuito ad acuire i fenomeni, mantenendo alto il livello dello scontro, invece di contribuire a debellare completamente le organizzazioni eversive. Il metodo ha dato buoni frutti e non ha subìto variazioni nel corso degli anni. Anche quando le università italiane sono state attraversate dall’ondata di protesta dei giovani della Pantera[1], i servizi segreti hanno deciso di correre ai ripari. Uno dei leader autonomi che svolgevano la loro attività all’interno dell’università di Roma era, ed è, pagato dal Sisde. Quando, nonostante la Pantera sostenesse le ragioni della non violenza, scoppieranno alcuni incidenti tra studenti e polizia, prima all’interno dell’ateneo durante un tentativo di occupazione del Rettorato e in seguito al termine di un sit in in piazza del Pantheon, il ruolo di provocazione svolto da alcuni settori degli autonomi risulterà evidente. A distanza di quasi trenta anni si sono ripetute le dinamiche di piazza Santi Apostoli. Nel 1963 lo scopo era quello di impedire che i lavoratori avanzassero richieste troppo onerose in un settore ritenuto fondamentale come l’edilizia e suscitare la reazione operaia per criminalizzare le lotte sindacali; negli anni Novanta il tentativo sarà quello di gettare discredito sul movimento e di dividere e di disorientare gli studenti. La Pantera scomparirà presto dalla scena; nessuno mostrerà di essersi accorto del lavorìo occulto di confidenti e provocatori mascherati da irriducibili rivoluzionari.[2]
[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Pantera_(movimento_studentesco)
1990-2010: ricordo della Pantera
[2] Dal libro SOVRANITÀ LIMITATA – Storia dell’eversione atlantica in Italia, di Antonio e Gianni Cipriani, Edizioni Associate, Roma, 1991, p. 317.
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