Sabato scorso è uscito sulla prima pagina del Foglio, un interessante articolo di Marina Valensise – GARIBALDI DA BUTTARE – che rende conto di due libri, uno uscito da poco e uno che uscirà nel prossimo gennaio, dello storico Alberto Maria Banti. Quello già uscito è costituito da un’antologia di testi – Nel nome dell’Italia, Laterza editore – che intende dimostrare “quanto sia lontano, posticcio e polveroso il Risorgimento, e quanto controversa l’idea di nazione che esso veicolò fin dentro il ventennio mussoliniano”. La tesi più clamorosa[1]: “Le leggi razziali, in fondo, non sono che la gemmazione coerente del fatto che la nazione è sangue e suolo per i fascisti, così come lo era stata per i liberali”.
Quello che andrebbe aggiunto a quest’analisi è che dall’idea risorgimentale di nazione presero le mosse non solo i fascisti ma anche i fondatori del sionismo. Proprio due anni fa, uscì sul Corriere della Sera un articolo parimenti interessante[2] – C’È UN LEGAME TRA SIONISMO E RISORGIMENTO – in cui lo storico Bruno Di Porto ricordava che «Uno dei primi a individuare un modello nell’Italia di Mazzini fu Moses Hess: nel 1862 pubblicò “Roma e Gerusalemme”, libro ammirato anche da Theodor Hertzl». Aggiungeva il Di Porto che «Hess guardava alla Roma di Mazzini e Garibaldi come a un esempio, sostenendo che come si era svegliata l’Italia doveva svegliarsi il popolo ebraico».
Ma c’è di più: sempre secondo l’articolo in questione, “Mazzini piacque non solo a Hess, ai sionisti e alla corrente principale del sionismo, detta «generale» o “«liberale». Fu apprezzato anche da quella «revisionista»: «Mazzini e Garibaldi influirono pure su Vladimiro Jabotinski, russo diventato leader della destra sionista», proprio quella destra sionista che, negli anni ’30, fece parlare a William Zukerman di una “minaccia del fascismo ebraico”[3]. Che abbia ragione Mondher Sfar quando, chiosando[4] il detto articolo di Zukerman, scrive che il sionismo è stato il “primo movimento politico razzista europeo, sul modello del quale si crearono i movimenti nazista e fascista della prima metà del nostro secolo”?
La tesi è forte ma non sembra così infondata: pensiamo, ad esempio, alla Brit HaBirionim[5] (L’Alleanza degli Uomini Forti), la fazione clandestina, dichiaratamente fascista, del Movimento Revisionista il cui fondatore e leader indiscusso era appunto Jabotinski. Dalla voce di Wikipedia relativa alla detta fazione, apprendiamo che “l’ideologia ufficiale dell’organizzazione era il massimalismo revisionista, modellato sul fascismo italiano. Essa si proponeva di creare uno stato corporativo fascista…Esortò il Movimento Revisionista Sionista ad adottare i principi fascisti di Benito Mussolini in Italia per creare tra gli ebrei un integralista “nazionalismo puro”. Il Massimalismo Revisionista rifiuta il comunismo, l’umanismo, l’internazionalismo, il liberalismo, il pacifismo e il socialismo; condannò i sionisti liberali perché lavoravano solo per gli ebrei della classe media piuttosto che per la nazione ebraica come tale…La psicologia del movimento era evidenziata dal motto di ‘conquista o muori’”.
Dalla voce Wikipedia relativa al Sionismo Revisionista[6] apprendiamo poi che l’Irgun – il braccio armato del partito di Jabotinski – e la sua filiazione Lehi (tra i cui capi troviamo il futuro Primo Ministro israeliano Yitzhak Shamir) “furono influenzati dal nazionalismo romantico del nazionalista italiano Giuseppe Garibaldi”. Leggiamo anche che “nel 1940, il Lehi propose di intervenire nella Seconda guerra mondiale a fianco della Germania nazista per ottenere il suo aiuto nel cacciare l’Inghilterra dalla Palestina del Mandato [britannico] e per offrirle assistenza nell’”evacuare” gli ebrei d’Europa”.
D’altra parte, per tornare alle radici risorgimentali del fascismo, le osservazioni di Banti vennero anticipate a suo tempo non solo da Bertrand Russell (il quale constatava “il piano inclinato della cultura che aveva fatto scivolare gli italiani dalla predicazione mazziniana risorgimentale alla ‘ammirazione dei grandi battaglioni mussoliniani’”[7]) ma dallo stesso Palmiro Togliatti (“la tradizione del Risorgimento vive nel fascismo, ed è stata da esso sviluppata all’estremo. Mazzini, se fosse vivo, plaudirebbe alle dottrine corporative, né ripudierebbe i discorsi di Mussolini sulla funzione dell’Italia nel mondo”[8]).
Quindi, le “relazioni pericolose” che il sionismo ebbe a suo tempo non solo con il fascismo italiano ma addirittura con il nazionalsocialismo tedesco – relazioni su cui esiste una bibliografia sottaciuta ma seria[9] – non furono casuali ma nascevano da un’indubbia affinità ideologica: non è quindi sbagliato, in riferimento al sionismo, parlare di fascismo ebraico, anche perché è proprio la sua corrente più oltranzista – il sionismo russo – ad essere quella non solo storicamente dominante ma attualmente egemone in Israele, anche da un punto di vista demografico (“si parla della presenza di circa un milione di immigrati russi trasferitisi in Israele in seguito al 1990”)[10].
A chi avesse dei dubbi in proposito, consiglio la lettura del fondamentale Una minaccia interna – storia dell’opposizione ebraica al sionismo, del professor Yakov Rabkin[11].
[1] Le sottolineature in grassetto sono mie.
[2] http://archiviostorico.corriere.it/2008/novembre/24/legame_tra_sionismo_Risorgimento__co_9_081124051.shtml
[3] https://www.andreacarancini.it/2009/10/la-minaccia-del-fascismo-ebraico/
[4] Ibidem
[5] http://en.wikipedia.org/wiki/Brit_HaBirionim
[6] http://en.wikipedia.org/wiki/Revisionist_Zionism
[7] http://www.centrostudilaruna.it/mazzinipatriotascomodo.html
[8] Ibidem.
[9] Ad esempio i volumi di Lenni Brenner The Iron Wall [Il muro di ferro] (http://www.marxists.org/history/etol/document/mideast/ironwall/index.htm ) e Zionism in the Age of the Dictators (http://www.marxists.de/middleast/brenner/ ) nonché il recente volume di Andrea Giacobazzi Asse Roma–Tel Aviv–Berlino (http://www.lafeltrinelli.it/products/9788884742568/Asse_Roma-Tel_Aviv-Berlino/Giacobazzi_Andrea.html ).
[10] http://www.equilibri.net/nuovo/articolo/israele-la-strana-convergenza-con-la-russia
[11] Disponibile presso l’editore Ombre Corte, Verona, 2005: [email protected]
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