LA TEMPISTICA DEL MASSACRO DI CRISTIANI IN IRAQ DA PARTE DI AL QAEDA SCELTA PER AIUTARE GLI ISRAELIANI[1]
Nota di Michael Hoffman: un giorno, probabilmente in un lontano futuro, vi sarà una rivelazione pubblica sui media che “Al Qaeda” è un’operazione sotto falsa bandiera, creata, guidata e diretta ai vertici da certe agenzie di intelligence occidentali.
Il massacro di cristiani da parte di Al-Qaeda: facilitare e spalleggiare l’occupazione della Palestina
Di Maidhc Ó Cathail/ Dissident Voice[2]/ 20 Novembre 2010
Se dovessimo credere alla voce di quelle registrazioni di Osama bin Laden, il fantomatico leader di Al-Qaeda sarebbe profondamente preoccupato per la Palestina. Eppure, l’azione della rete terroristica che lui presuntamente ancora dirige, smentisce anche troppo spesso le sue proteste di preoccupazione per i suoi “fratelli” sotto l’occupazione israeliana.
Il massacro di cristiani iracheni nella chiesa di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad induce anche a interrogarsi sulle affermazioni che il gruppo “ha un grande senso del tempismo”. Il massacro dei fedeli cattolici è avvenuto solo una settimana dopo che i leader ecclesiastici di tutto il Medio Oriente avevano vigorosamente condannato l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele.
Più di 200 esponenti di 14 chiese diverse si erano riuniti a Roma per un sinodo papale al fine di esprimere la preoccupazione per l’esodo dei cristiani dalla regione. Tuttavia, come ha osservato un commentatore, “Ripetutamente, hanno rivolto il dibattito…verso la questione palestinese”.
Nel loro comunicato finale, i vescovi hanno esortato la comunità internazionale ad applicare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a intraprendere “le necessarie misure legali per porre fine all’occupazione dei vari territori arabi”. È significativo il fatto che abbiano accusato l’occupazione israeliana di aver provocato tensioni che hanno condotto all’esodo dei cristiani dal Medio Oriente.
In una successiva conferenza stampa, l’arcivescovo responsabile della commissione che ha redatto il comunicato, Cyrille Salim Butros, ha respinto tutte le giustificazioni bibliche per il progetto sionista. “Il concetto di terra promessa non può essere usato come base per la giustificazione del ritorno degli ebrei in Israele e per l’espulsione dei palestinesi”, ha detto. “Le sacre scritture non dovrebbero essere usate per giustificare l’occupazione della Palestina da parte di Israele”.
Prevedibilmente, Tel Aviv non è stata punto soddisfatta di questa seria sfida alla legittimità del preteso stato ebraico. Il giorno seguente, il vice-Ministro degli Esteri Danny Ayalon ha rilasciato una dichiarazione di condanna del vescovo. Il sinodo, ha detto, era stato “monopolizzato da una maggioranza anti-israeliana”, che lo aveva ridotto a “forum per attacchi politici contro Israele nella migliore tradizione della propaganda araba”. In particolare, il suo governo era “inorridito” dai “vergognosi commenti” dell’Arcivescovo Butros, descritti come “una calunnia contro il popolo ebraico e lo Stato di Israele”.
Una settimana dopo, l’Anti-Defamation League cercava di portare Papa Benedetto XVI dalla parte di Israele. Esprimendo condoglianze per le uccisioni di Baghdad, i leader dell’ADL hanno chiesto al Papa di “fare fronte comune per eliminare ogni forma di terrorismo compiuto in nome della religione” e di “servirsi dell’autorità morale della Chiesa per impedire che Israele sia fatto diventare un paria dai suoi nemici”.
Ma con l’occupazione israeliana sottoposta ad una tale censura da parte di Roma, era un momento davvero strano – da parte di dichiarati sostenitori della causa palestinese – per massacrare dei cattolici in Medio Oriente. In realtà, molti musulmani iracheni hanno dei “sospetti” sull’opaca scelta dei capi di al-Qaeda di prendere di mira persone “fondamentalmente estranee” allo scontro settario scatenato nel paese dopo l’invasione.
In realtà, se c’è qualcuno che ha tratto vantaggio dal massacro nella chiesa è stato Israele. Questo attacco contro la minoranza cristiana, che ricorda gli attacchi contro gli ebrei iracheni da parte del movimento sionista clandestino negli anni ’50, è stato chiaramente concepito per indurre costoro a fuggire dal paese in cui hanno vissuto per due millenni in relativi pace e benessere.
L’eliminazione di una presenza cristiana dalla regione a maggioranza musulmana eliminerebbe il modello della coesistenza quale alternativa attuabile alla visione del mondo basata sullo “scontro di civiltà”. “Concentrando l’attenzione su un conflitto diretto ed eterno tra l’occidente e l’Islam”, sostiene M. Shahid Alam nel suo nuovo libro, la tesi dello scontro mira ad “assolvere Israele dall’accusa di fungere da principale fonte e vettore di tale conflitto”.
Inoltre, il massacro dà credito alla narrativa israeliana sul motivo per cui i cristiani stanno abbandonando il Medio Oriente. In un rapporto del 2006 della Foundation for the Defense of Democracies – fanaticamente pro-Israele – intitolato “L’esodo dei cristiani dal Medio Oriente”, Jonathan Adelman e Agota Kuperman concludevano: “Il singolo fattore più importante di questa emigrazione è l’Islam radicale”.
Ironicamente, era stato un rappresentante di Baghdad a suggerire, nel sinodo, un modo per incoraggiare i migranti dal Medio Oriente a tornare in Palestina. L’Arcivescovo armeno Emmanuel Dabbaghian ha proposto che ogni vescovo dovrebbe fare una visita annuale in Terra Santa. “Il flusso di pellegrini in Terra Santa”, ha detto, “convincerebbe coloro che sono emigrati a tornare nella loro patria”. Dato il timore per “la minaccia demografica araba”, un tale sviluppo sarebbe visto con angoscia da Tel Aviv.
“Israele, lo Stato ebraico, è fondato su una maggioranza ebraica, decisiva e stabile, di almeno il 70%”, ha scritto Michael Oren, l’ambasciatore di Israele negli stati Uniti, in un articolo del 2009 sulla rivista Commentary. “Qualunque soglia più bassa, e Israele dovrà decidere se essere uno stato ebraico oppure uno stato democratico”. Eppure, tutto ciò è un miglioramento, rispetto all’”almeno l’80% di ebrei” che David Ben-Gurion riteneva necessario per “uno stato attuabile e stabile” alla vigilia della premeditata pulizia etnica dei cristiani e dei musulmani palestinesi.
In contrasto con gli sforzi di al-Qaeda per creare un abisso tra l’Islam e il cristianesimo, la solidarietà in Palestina tra le due religioni più grandi del mondo pone una vera minaccia all’occupazione israeliana. Sabeel, un movimento ecumenico di base dei cristiani palestinesi, fondato sulla teologia della liberazione, nella sua “Dichiarazione di Gerusalemme sul sionismo cristiano” afferma “che i palestinesi sono un popolo solo, sia musulmano che cristiano” e respinge “tutti i tentativi per sovvertire e dividere la sua unità”.
Il massacro della chiesa di Baghdad non può forse essere visto anche come un tentativo di “sovvertire e dividere” l’unità dei palestinesi? Con “fratelli” come Al-Qaeda, chi ha bisogno di nemici?
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://revisionistreview.blogspot.com/2010/11/al-qaedas-massacre-of-christians-in.html
[2] http://dissidentvoice.org/2010/11/al-qaeda%E2%80%99s-christian-massacre-aiding-and-abetting-the-occupation-of-palestine/#more-25238
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